Siamo fortemente tentati di riaprire il botteghino delle
scommesse, ci è andata bene una volta e chissà che possa andare meglio la seconda.
Poniamo due domande collegate tra loro: il 12 Draghi
presenterà i suoi due nomi e poi il 14 ci sarà la votazione per i quatto nuovi
consiglieri? Noi siamo orientati per il no ad entrambe le domande, con una sola piccola variabile legata al 14.
Siamo indotti a questa scelta perché anche stamattina ci
tocca leggere cose del tipo “…da Palazzo Chigi confermano…” che il Governo
sarebbe intenzionato a tirare dritto e formulare i suoi due nomi il giorno
previsto per l’Assemblea dei soci, il 12 luglio, due giorni prima del probabile
voto alla Camera e al Senato. Per non dire che ci tocca leggere la solita velina
che, evidentemente, è la stessa che circola su tante scrivanie dei colleghi che
continuano a ripetere i soliti nomi noti da mesi. Mannaggia la miseria: ci fosse mai nessuno che si pone il dubbio di come questi nomi sono saltati fuori dal cilindro,
nessuno che si pone il dubbio se sia corretto o meno che la scelta venga fatta “ad
insindacabile giudizio” senza alcuna possibilità di dibattito pubblico, nessuno
che si ponga il dubbio se sia lecito e opportuno che di Tizio e di Caia si
debba leggere che sono “in quota di” o “gradito a…” ??? Nulla di tutto questo.
Come pure, a nessuno viene in mente quanto possa essere opportuna la scelta di
un uomo che viene dal Nord bancario oppure di un altro che sarebbe stato
individuato dai quei geni di cacciatori di teste perché “…esperto nella
commercializzazione all’estero dei prodotti Rai”. Ma soprattutto, nessuno si
pone il dubbio se queste scelte siano dettate da necessità, opportunità e urgenza?
Già, urgenza: sgombrato il campo dai problemi tecnici amministrativi (il
Bilancio) non si vede nessuna particolare urgenza, anzi, al contrario il tempo
potrebbe giocare a favore dell’Azienda per quanto utile a fare scelte più
meditate.
Lo ribadiamo, come abbiamo scritto da mesi si può e si deve cercare tra le risorse interne alla Rai ponendo le sole tre semplici condizioni. 1) autonomia dalla politica, senza nemmeno il sospetto di essere “in quota” a qualcuno. 2) Comprovata capacità, esperienza e conoscenza dell’Azienda e del suo contesto editoriale, tecnologico e normativo di riferimento. 3) Immediata operatività. Il nome, uno solo, c'è !!!
Se si adoperano questi filtri, sarebbe facilissimo far cadere
tante candidature interne ed esterne e ne rimarrebbero a malapena un paio. I partiti
potrebbero approfittare di questa brevissima pausa e tirarli fuori: sarebbe
sufficiente che un solo parlamentare dicesse: “voterò X perché ha queste
caratteristiche” e finirebbe questa ignobile tarantella. Gli stessi nomi di cui
anche stamattina si legge non reggerebbero “l’espace d’un matin” al confronto
con un nome forte e autorevole interno alla Rai. E non ci si venga poi a
parlare del “partito Rai”, argomento utile solo a mascherare quanti invece invocano
un altro partito, quello “contro la Rai”.
Bene, andiamo avanti e torniamo indietro. Premessa d’obbligo:
siamo nel pieno di una crisi politica di carattere “morale”, etico, sul decreto
Zan. In questa circostanza non ci sono in ballo soldi, posti o nomine: c’è in
discussione il sistema di valori morali sui quali poggia il Paese. Se i partiti
non sono in grado di affrontare e risolvere compiutamente questo problema poi con
quale coraggio o faccia si possono presentare
in pubblico dove passerebbero alla storia solo per quelli che trovano accordi
solo quando si tratta di spartire poltrone?
Abbiamo scritto che, al momento, ci appaiono improbabili due
percorsi: il primo è che entro il 14 i partiti possano trovare un accordo prima
al loro interno e poi tra di loro per spartirsi i 4 posti in Cda e, in secondo
luogo, ci appare altrettanto difficile che Draghi possa o voglia fare “la prova
di forza” anticipando i suoi due nomi prima dei partiti. Quale potrebbe essere
la sua convenienza? Ribadire il suo “primato” o la sua capacità di poter andare
avanti anche da solo, senza o contro il loro consenso? Mah, ci sbaglieremo, ma
non ci sembra conveniente per lui stesso (corsa al Quirinale) e per il Governo
che guida. Ci viene obiettato: lo ha già fatto. Si, è vero, ma in circostanze
diverse e per argomenti che non richiedevano un passaggio delicatissimo come la
Vigilanza. L’esempio Figliolo non regge: eravamo in piena emergenza Covid. Si cita
il Copasir ma è proprio questo esempio che illumina come anche per quella
scelta c’è stato un passaggio politico ineludibile tutto interno al dibattito e
agli equilibri del centro destra. Poi, si si obietta: Draghi ha già deciso e
non può attendere oltremodo i tempi dei partiti. Obiezione debole: se così
fosse, avrebbe avuto già da tempo l’occasione buona per mostrare i muscoli e
dare l’esempio ai partiti. Se non lo ha fatto finora, ci potrebbero essere tanti
buoni motivi (e ce ne sono in abbondanza) che lo giustificano. Non siamo tra
gli appassionati di Governi tecnici e men che meno di questo, però non possiamo
non concedergli il riconoscimento della capacità di analisi e comprensione dei
delicati meccanismi della politica della quale, gli piaccia o meno, non gli è
concesso di ignorarli.
bloggorai@gmail.com
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