Abbiamo scritto nei giorni scorsi dell’Anno Zero del Servizio
Pubblico, iniziato con il rinvio del Piano industriale a fine 2020 e, di fatto,
posto sotto una pietra granitica. Oggi proviamo ad immaginare quali potranno
essere gli scenari prossimi venturi in cui si potrà trovare la Rai al termine, speriamo presto, di questa drammatica circostanza.
Iniziamo proprio dal Piano Industriale. La sua durata è
triennale 2018-2021. È stato “validato” in ritardo rispetto a quanto previsto
dal Contratto di Servizio dovuto anzitutto alla coincidenza dell’insediamento
del nuovo vertice e sarà dunque necessario verificare se sarà possibile posticipare
la sua scadenza. Questa ulteriore “sospensione” non depone affatto nella buona
direzione sulla sua possibile applicazione. Il Piano è stato progettato a
partire dal 2017 in uno scenario che, nel frattempo, è cambiato profondamente e
ancora di più lo sarà dopo questo Anno Zero. Alla fine di quest’anno si entrerà
nel “semestre bianco” di questo CdA e nessuno potrà dire se e quanto avranno la
forza di procedere in qualche modo per tentare di applicare qualcosa di quanto
previsto. Non cii sono riusciti in circostanze "normali" figuriamoci in quest eccezionali. Ma sopratutto su questo Piano Industriale peserà in modo drammatico
il tema delle risorse di cui ora parleremo.
Risorse. I pilastri su quali poggia il Piano sono il canone e la
pubblicità. Il primo, come noto e
scritto tante volte, è continuamente sotto “attacco” da parte della politica,
di maggioranza e opposizione e nessuno può sostenere con ragionevole certezza
che potrà rimanere immutato o, nella migliore delle ipotesi ridotto. La
pubblicità da tempo è in trend negativo e questa dinamica si è accentuata
proprio in questo momento (vedi oggi articolo di Claudio Plazzotta su Italia
Oggi “Nonostante le audience crescano del 20-30% molte aziende tagliano i
budget di comunicazione Tv, ascolti boom ma meno spot. Per i broadcaster Rai e
Sky un freno dallo sport senza eventi”). Quindi pilastri fragili sui quali
difficile costruire un progetto senza avere alcuna certezza delle risorse sulle
quali contare.
Tecnologie. Come noto, è iniziata lo scorso gennaio la road map
verso la transizione al DVB-T2 e su questo argomento abbiamo scritto più volte
di come questo processo potrebbe impattare negativamente sulle prospettive del
Servizio Pubblico. Si dovrà “rottamare” un parco televisori per milioni di
famiglie, si dovrà chiedere uno sforzo economico in cambio di poco, o meglio, a favore di altre
modalità di utilizzo dello schermo di casa che sarà sempre più connesso alla
rete. Si potrà utilizzare un apparato
privo di sintonizzatore che, come previsto
dal MISE, potrebbe consentire l’esonero dal pagamento del canone. Ecco allora che
il Coronavirus potrebbe modificare in tutto o in parte i tempi di questa transizione
che, da ricordare, si accompagna allo sviluppo del 5G del quale, da più parti in
Italia e nel resto d’Europa, si suppone possa subire consistenti ritardi.
Normative. Il Governo in carica ha scritto chiaro e tondo nel suo
programma che intende mettere mano alla riforma del sistema radiotelevisivo nel
suo complesso, una specie di nuovo SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni).
Sarà difficile immaginare dopo quanto sta succedendo che potrà avere la forza
per farlo però il problema rimane: l’architettura normativa in cui opera la Rai
è superata da un nuovo sistema che non è stato normato e adeguato ai nuovi paradigmi tecnologici e di mercato dove il Servizio Pubblico fatica a tenere
il passo. Un passaggio fondamentale per quanto riguarda specificamente Rai
riguarda i suoi meccanismi di nomina del vertice: ricordiamo che sono presenti
proposte di nuovi modelli (vedi quello presentato dal Presidente della Camera
Roberto Fico come pure quello presentato nel Manifesto per una nuova Rai vedi https://www.manifestonuovarai.it/ ). A farla
breve: il modello di nomina previsto dalla Legge
Renzi del 2015 per quanto tempo potrà reggere ancora?
Mission del Servizio Pubblico. Difficile non immaginare che la
tempesta scatenata dal Coronavirus non possa coinvolgere anche una ridefinizione
del ruolo, del compito e degli obiettivi sociali della Rai in relazione con i suoi
abbonati, con i cittadini. Il dibattito era aperto già da tempo proprio in
relazione ai punti precedenti: quale Servizio Pubblico sarà necessario e
possibile quando le tecnologie, le risorse e le normative attuali non saranno più
valide? Inoltre, a quale pubblico si
potrà rivolgere? Sarà ancora un Servizio Pubblico universale e generalista? In discussione si pone sostanzialmente la sua
credibilità, la sua autorevolezza, la sua capacità di assolvere al compito di
sostenere la coesione sociale del Paese. Intorno a Viale Mazzini tutto è
cambiato, a partire dal suo pubblico nella composizione anagrafica, sociale e
culturale e sarà sempre più difficile non tenerne conto nella sua offerta editoriale
sempre più aggredita da altre piattaforme, prodotti innovativi e modelli di rapporto
con i telespettatori sempre più dinamici e articolati.
PS: questa mattina si è udita la voce dell'AD, Fabrizio Salini, che ha annunciato di avere costituito una "task force" sulle fake news. Ottima idea come tutte quelle del giorno dopo ... comunque grazie !!!
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