mercoledì 27 febbraio 2019

Il senso delle cose

Weltanschauung: talvolta si capisce molto di più indagando nei dettagli piuttosto che osservando il panorama generale. Chi governa oggi la Rai ha una sua personale  visione del mondo,  della vita e delle persone. Tra loro, ovviamente   ci sono forti diversità e storie personali. Tutti insieme accumulati dalla voglia di cambiamento. 
Vediamo un dettaglio. Non sappiamo con certezza da dove proviene l'idea di affidare la fascia dopo il Tg1 ad una ex dipendente Rai. Sappiamo però, per averla vista  ieri sera  nella diretta FB, cosa avrebbe  detto. 
Ecco allora che tutto su riconduce allo stesso disegno, alla sola idea che si vorrebbe  esprimere di Servizio pubblico: ancor più  avvilito e asservito al Governo di turno. Ecco allora la lettura del nuovo Piano industriale che questa mattina nel Cda informale potrebbe prendere forma. 
Si disattende la Concessione  e il Cda e si sovrappongono  strutture  a strutture, si moltiplicano centri decisionali e direttori i quali saranno nominati con lo stesso criterio, la stessa Weltanschauung appunto,  che ha guidato la nomina dei precedenti. E saranno  gli stessi virtuosi che non hanno e non intendono  fare o dire  nulla sullo scippo  del Canone che vorrebbero proporre nuove (quali e quante) risorse per fronteggiare rilevanti e gravosi impegni. Esempio: il canale in lingua  inglese. Lo si vorrebbe  affidare a RaiCom che notoriamente ha una missione appunto  commerciale, ma il Cds richiede anzitutto  alla Rai e non ad una consociata,  di fare altro. Altro che Weltanschauung ... solo pasticcioni.
Vedremo ora chi tra AD e Presidente subisce e chi impone. Il primo sembra sornione e fiducioso  di portare a casa un risultato immeritato quanto obbligato. Il secondo non è  altrettanto  convinto. Leoni e coccodrilli, gazzelle e fenicotteri sono tutti nella savana, in attesa che il sole inizia a scaldare.
Bloggorai@gmail.com



Risultato

Risultato

Risultato

Trombe e tamburi

Non è necessario essere il Mago Othelma per immaginare cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni a Viale Mazzini. Primo scenario: l'armata Lega si oppone al piano dell'armata M5S (tanto vale ragionare in questi termini) e il consigliere Laganà al fine si salvare il salvabile di un'Azienda sull'orlo del collasso si schiera con i secondi e l'AD, tutto contento, porta a casa il bottino di guerra. Secondo scenario: tutti insieme appassionatamente concordano che il Piano industriale che si apprestano a presentare sarà la panacea di tutti mali possibili, tutti votano a favore e via pedalare per mari, boschi e paludi. Magari il PD voterà contro, tanto per ricordare a qualcuno che ci potrebbe o ci dovrebbe essere una voce critica (non ho scritto opposizione). Seppure andasse in questo modo, alla memoria non resterà nulla. Terzo scenario: la Lega resiste, attacca e vince grazie al voto decisivo del consigliere eletto dal popolo Rai. Il piano non passa e allora cosa potrebbe succedere? l'Apocalisse? L'Azienda si potrebbe paralizzare? Vespa e Fazio non andrebbero più in onda o la Prova del cuoco sospesa? Non ci sono precedenti in tal senso e la legge non prevede sanzioni per il mancato adempimento. Certo, si tratta di uno scenario alquanto improbabile e complicato, peraltro sostenuto da un Presidente la cui nomina è stata pure alquanto "problematica" ... però in amore come in politica tutto è possibile.

Prendiamo la palla di vetro e scrutiamo: nulla di tutto questo, la sfera vede tanta nebbia, fumo e confusione, tanta quanta se ne vede intorno ai palazzi del Governo, il solo luogo dove si decidono le sorti di Viale Mazzini, malgrado la buona o la cattiva volontà di tutti i consiglieri messi insieme.

I fatti della giornata: Riccardo Laganà questa mattina ha scritto su FB " non riesco ad immaginare un motivo concretamente valido per tenere segreto un Piano Industriale. Siamo azienda che vive di soldi pubblici, abbiamo obblighi specifici nei confronti di chi paga il canone e siccome nel contratto di servizio non c'è scritto da nessuna parte che il piano debba essere segretato fino alla presentazione agli organismi competenti non si capisce perché non lo si rende pubblico?" e aggiunge "Per i 13.000 dipendenti non ho voce, non sanno cosa sto facendo, qualcuno dice che è irrituale comunicare con i dipendenti. Io credo sia irrituale continuare a rimanere in silenzio." Era ora !!! Lo abbiamo scritto e sostenuto da tempo. quale è la differenza tra lui e gli altri consiglieri? una fonte di legittimità diversa: essere stato eletto dai dipendenti, essere indipendente dai partiti e, sopratutto, dal Governo. Non è cosa da poco, è il suo grande patrimonio costituito anche da quanto ha sostenuto nella sua campagna elettorale a proposito di trasparenza.

Veniamo al secondo fatto che si incrocia con quanto sopra: articolo su Repubblica firmato da Giovanna Vitale (da quando è arrivato Verdelli in quella redazione ne sanno una più del diavolo) dove si sostiene che il PI si regge su due pilastri: la ristrutturazione per generi e la newsroom unica. Sul primo pilastro c'è molto da dire e obiettare, a partire dalla proliferazione dei centri decisionali e conseguente aumento dei direttori. Che senso ha avere una rete generalista così concepita e strutturata se poi non decide più nulla e il relativo direttore diviene solo una figura che infila il "gettone" della messa in onda senza alcuna voce in capitolo? Comunque, l'argomento è aperto, il dibattito potrebbe avere inizio (nessuno ne ha parlato nel merito!!!) e poniamo pure che potrebbe essere una buona idea ma non è la sola. Sul secondo pilastro, tutti sanno quanto sia necessario affrontare il problema dell'informazione Rai (lo stesso contratto di servizio lo prevede) ma tutti sanno anche che questo non potrà, non dovrà essere solo il frutto di una proposta, un progetto, del quale formalmente nessuno sa nulla ... NULLA ... anzi, si cerca furbescamente di farlo rientrare all'interno del Piano industriale. 

Infine, ancora ci scrive un attentissimo lettore: "Ma ogni giorno nulla accade . Delle cose reali da fare, riavviare la macchina, sburocratizzare, alleggerire, mettere tutti in grado di dare un contributo fattivo, progetti, investimenti (strategia e' proprio una parola troppo grossa) : nulla. Si cerca , si sfoglia, si anela : il nulla. Su quelle poche cose che fanno al settimo, trasparenza zero. Apertura zero. Ascolto zero" e ancora "Ho perso quindi praticamente tutte le speranze, anche alcune che potevano interessarmi da vicino, e pensavo che fosse il tempo di stabilire una linea piu' battagliera verso una gestione (mi riferisco all'AD) che gia' appare totalmente fallimentare. Comunque evanescente, opaca, chiusa, lenta,non comunicante,non innovativa, banale, mediocre, non coraggiosa." Grazie ancora. Senza retorica: occorre solo, semplicemente un pò di coraggio. Hic sunt leones.

Da tenere sotto osservazione la questione Rai Way, la questione canale in lingua inglese e istituzionale e le proposte per le minoranze linguistiche ... per non dire del ricorso contro lo scippo del canone.


bloggorai@gmail.com

martedì 26 febbraio 2019

La vita su Marte

E' passata pressoché inosservata la ricerca di IT media Consulting di Augusto Preta sul futuro prossimo venturo della Tv generalista. Pessimo!!! non ci sarà trippa per gatti. Secondo quanto riportato, mentre il mercato nazionale della televisione in Italia cresce mediamente al 3,4% e nel giro di un anno aumenta il valore di oltre 500 mln di euro, per Rai le previsioni sono decisamente preoccupanti: dalla quota del 28% del 2018 per il 2020 si scenderà sotto il 26%. Per consolare il SP si osserva pure che anche gli altri operatori non se la passeranno meglio. Si tratta di un processo rapido, devastante, che interesserà i contenuti e i telespettatori: nuovi prodotti, offerte più articolare, per un pubblico sempre più sofisticato, attento a come e dove spende i suoi denari. Intendiamoci, nulla di nuovo: che lo streaming, la tv on line, avesse innestato una marcia in più rispetto alle tv generaliste free non è cosa nuova e non da ieri. Il tema è la mancanza assoluta di una strategia idonea a fronteggiare, a tenere testa a questo fenomeno. Nessuno, ragionevolmente, ha idea di come, con quali risorse anzitutto perchè ne occorrono molte, e con quali idee sia possibile immaginare un futuro del Servizio Pubblico in tale contesto.

Questo è quanto sappiamo: nella bozza in lavorazione sul nuovo Piano Industriale si legge che Rai dovrebbe evolvere da "Broadcaster "generalista" prevalentemente televisivo" a "Media company multi-piattaforma" da realizzare con altre modalità dove 
• Ragiona per "personas", media-journey e tempo di ingaggio dell'audience
• Contenuti pensati per piattaforme digitali
• Organizzazione e cultura focalizzati su contenuti ed esigenze degli utenti
• Competenze digital e social diffuse in tutta l'organizzazione ed i processi
• One-company: governance basata su definizione di obiettivi comuni e condivisi
• Produzione: partner strategico dell'editore
• Tecnologie: full-IP

Ieri abbiamo dato notizia di una ricerca SWG commissionata da Rai Canone dove abbiamo riportato considerazioni che gli intervistati hanno rilasciato sul canone. Per la maggioranza degli intervistati la proposta di abolizione dell'imposta è ritenuta molto realizzabile e giusta. Un nostro attento lettore ci ha fatto osservare, a proposito di una ventilata ipotesi di ricondurre il canone nella fiscalità generale che "Fiscalità generale significa compressione dell'autonomia (se ne fosse rimasta) e riduzione certa di risorse". Esattamente quanto sta per succedere: si riducono le risorse a fronte di costi e impegni di spesa rilevanti. Lo abbiamo scritto a proposito del Contratto di servizio e ancor più questo rilievo è valido per questo Piano Industriale. Una manovra a tenaglia è in corso: si riduce l'autonomia (Legge 2015) si concentrano le aree decisionali interne all'Azienda (piano news) e si riducono le entrate (sottrazione canone con Legge di stabilità). C'è vita su Marte?

bloggorai@gmail.com



lunedì 25 febbraio 2019

Il cambiamento, l’orticaria e il coraggio


Ecco dispiegarsi le vele del cambiamento che viene da lontano e andrà ancora più lontano. Per cominciare  c’è stata la riforma della governance Rai fortemente voluta da Renzi con la quale si santificava il passaggio della sfera di riferimento dal Parlamento alla maggioranza di Governo. Era il 2015, l’anno de “l’uomo forte al comando”, preludio ai referendum costituzionali poi presi a sganassoni dall’elettorato. Quella Legge contiene il Lievito madre del cambiamento: l’Amministratore Delegato con ampi poteri rispetto al Consiglio di Amministrazione (ne ricordiamo solo uno: la firma di contratti fino a 10 milioni, vedi contratto a Fazio che ora si ridiscute). Questo cambiamento ha portato alla nomina con il metodo “chissenefrega”: nomino chi mi pare alle direzioni di reti e testate senza alcun criterio di selezione, di valutazione, di comparazione fra curriculum, con metodo trasparente, chiaro, basato sul merito, sulle capacità, sulle esperienze. Ora siamo ad un passaggio cruciale: la stesura del nuovo piano industriale che, sempre secondo questo cambiamento, avviene con metodo nebbioso, confuso, misterioso (la Spectre): sono state comunicate solo le linee guida che hanno detto il nulla ripassato in padella. Da quanto poi si è riusciti a capire, il contenuto del nuovo piano sarà un minestrone dove dentro ci si butterà quel che capita sotto mano: un po’ di avanzi del frigorifero con qualche offerta speciale del supermercato. Il problema è che per quanto abbiamo saputo sarà un Piano Industriale Unico, non un minestrone ma un polpettone, forse anche avvelenato, che contiene al suo interno tutti gli altri piani messi insieme. La settimana scorsa AD e Presidente hanno partecipato ad un Convegno proprio sul tema del cambiamento e abbiamo scritto che non è emerso nulla di significativo. Ci correggiamo e chiediamo scusa: non è emerso nulla in quella sede ma due giorni dopo su Repubblica a firma di Aldo Fontanarosa, solitamente bene informato: in accordo con l’AD  il Presidente Rai ha in mente "un super direttore a capo di tutti i programmi di approfondimento Rai". Eccolo svelato il cambiamento: cambia tutto per non cambiare nulla. Viene l’orticaria quando si leggono queste cose, come pure quando si leggono i nomi di chi si vorrebbe far condurre lo spazio informativo dopo il Tg1. Il piano industriale, il piano editoriale, il piano news e tutti gli adempimenti previsti dal Contratto di servizio per buona parte li stanno già mettendo in atto.
Di quale cambiamento si vorrebbe parlare? Di quale ristrutturazione “per generi” si vorrebbe dare fiducia a questo vertice (anche la direzione Format è stata spacciata come “genere” per non dire della direzione Documentari: vedremo ottimi servizi sul comportamento sessuale degli ippopotami o sulla fabbricazione artigianale delle ocarine nei paesi sperduti del Sud d’Italia, e infatti Netflix o Amazon Prima sono pieni di documentari, a Villa Arzilla non aspettano altro).  
Veniamo al coraggio: nei giorni scorsi abbiamo ricevuto una mail importante da parte di un dipendente Rai che apprezza il nostro lavoro e ci incoraggia “blogga più forte … abbi coraggio e voce alta, se puoi . Si vede che amavi questa Rai ora ridotta a rottame ed allora, facci un favore, aiutaci con un po' meno di moderazione”. Anzitutto Grazie !!! grazie a tante persone come lui che questo piccolo blog ha un senso e sembra essere sempre più apprezzato. Non basta però solo il mio coraggio, occorre anche quello di tutti coloro che sono dentro l’Azienda ad uscire allo scoperto, a parlare, a partecipare. Penso anche ai consiglieri di amministrazione (la mail cita Laganà): cosa fanno? Cosa dicono? Cosa pensano? Come rendono conto pubblicamente del loro operato a chi li ha nominati? del gettone di presenza che percepiscono?
Per la cronaca: nei giorni scorsi sono usciti dati importanti: ricerca Swg sul canone (gli italiani preferiscono che sia pagato con la fiscalità generale) oltre il già citato articolo sulla riduzione della platea televisiva.
bloggorai@gmail.com

venerdì 22 febbraio 2019

Stato confusionale

Grande il disordine sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente.
Ieri si è svolto un incontro al quale ci siamo avvicinati fiduciosi di capire cosa il vertice Rai, AD e presidente, intendono per "cambiamento" riferito al Servizio Pubblico radiotelevisivo. Tanto per non correre rischi di fraintendimenti e lasciare alla storia importanti pensieri strategici, ci siamo portati appresso ben due registratori audio portatili professionali. Inoltre, non volevamo correre rischi di essere interpretati come prevenuti, antiqualchecosa a priori. Carta canta.

Sintesi assoluta: NULLA, il nulla allo stato puro, una somma imbarazzante di luoghi comuni triti e ritriti in decenni di DG e presidenti che si sono succeduti in quel ruolo. Ulteriore imbarazzo: la netta sensazione che loro erano li sotto processo da parte del M5S (alcuni, pochi in verità, giornali che ne hanno parlato hanno titolato giustamente "processo alla Rai") e la loro unica difesa, esitante, è stata "abbiamo poco tempo, la Rai è un'Azienda complessa, i cambiamenti richiedono procedure etcetcetcetcetcetce... "Fateci vedere questo cambiamento !!!!" e giù uno scroscio di applausi!!!

Per chi ha voglia e tempo, ci può scrivere e gli verranno inviati i file audio in Mp3.

Conclusione: come abbiamo scritto, non hanno una idea, una strategia, un pensiero evoluto meritevole di attenzione, una visione in grado di andare oltre dopodomani. Non si avverte un segno di vita su Marte e, quei pochi e flebili che giungono, sono opachi e senza supporto economico.  Nota a margine: al convegno è intervenuto il Presidente della Camera Roberto Fico: ascoltare per credere, ha rivendicato l'intangibilità del canone !!! da non credere: era Presidente della vigilanza quando è avvenuto lo scippo dei 150 milioni ed è presidente della camera di questa legislatura dove è avvenuto il recente ulteriore scippo dell'extragettito. Ascoltare per credere.

Comunque, non è stato tempo perso andare a questo appuntamento: da fonti autorevoli abbiamo avuto conferma di una manovra terzomondista in corso: si vorrebbe spacciare al MISE il Piano industriale in corso di definizione come omnicomprensivo degli altri piani. Come abbiamo scritto ieri: il Contratto di servizio parla di piani differenti tra loro che ovviamente vivono un contesto e un legame comune, ma debbono avere identità e operatività propria.

Notizia del giorno: la televisione generalista (riguarda più Mediaset che Rai) perde un milione di telespettatori in un anno. La maggioranza giovani.

bloggorai@gmail.com

giovedì 21 febbraio 2019

Spectre 2

A Viale Mazzini la Spectre è viva e lotta insieme a noi. La Spectre non esiste, è una fake news. La Spectre forse esiste ma non sa che pesci prendere. Questa, in sintesi, la situazione che si avverte intorno al settimo piano della Rai.

Andiamo con ordine: detto e ripetuto che mancano pochi giorni alla presentazione dei Piani (plurale), non sembra del tutto chiaro di quali altri piani e obblighi previsti dal Contratto di servizio si debba parlare.

Ricominciamo: art. 4 Entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta ufficiale, nell’ambito dei piani industriale, editoriale e dell’informazione la Rai è tenuta a presentare
alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi un piano di riorganizzazione e di rilancio della Radiofonia.
art. 7, d) rendere operativa la risoluzione approvata dalla Commissione di vigilanza in materia di
conflitti di interesse degli agenti di spettacolo
art. 12 1. La Rai, coerentemente a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, lett. f) della Convenzione, è tenuta a garantire la produzione, la distribuzione e la trasmissione di contenuti audiovisivi all’estero, finalizzati alla conoscenza e alla valorizzazione della lingua, della cultura e dell'impresa italiana attraverso l'utilizzazione e la diffusione delle più significative produzioni audiovisive nazionali, nonché di programmi specifici.
art. 12 3. La Rai è tenuta a presentare al Ministero, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta ufficiale, un progetto di canale in lingua inglese di carattere informativo, di promozione dei valori e della cultura italiana, mediante la produzione di programmi originali e opere realizzate appositamente per un pubblico straniero, nonché volto alla diffusione dei prodotti rappresentativi delle eccellenze del sistema produttivo italiano e di opere cinematografiche, documentaristiche e televisive selezionate per valorizzare l’identità del Paese e sottotitolate, garantendone la divulgazione anche in forma non criptata. La Rai è tenuta a realizzare tale progetto entro i successivi sei mesi dalla presentazione al Ministero. (attenzione, questo è un passaggio importante)
art. 14 La Rai è tenuta a presentare al Ministero e alla Commissione entro sei mesi dalla pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale un piano, con indicazione dei tempi per la sua realizzazione, volto a garantire la completa digitalizzazione, la conservazione e la promozione degli archivi storici, radiofonici e televisivi, quale patrimonio essenziale per un efficace sviluppo della complessiva missione di servizio pubblico.
art. 25 ...(piano informazione) ...un piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento dell’offerta
informativa sul web;
(istituzioni)  ... un progetto di canale tematico dedicato alla comunicazione concernente le
Istituzioni
(diffusione) ... diffusione di tutti i contenuti audiovisivi di pubblico servizio assicurando la
ricevibilità gratuita del segnale al 100% della popolazione via etere o, quando non possibile, via
cavo e via satellite ...
(minoranze linguistiche) ... La Rai è tenuta a presentare al Ministero, per le determinazioni di
competenza, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta
Ufficiale, un progetto operativo concordato con le regioni interessate
(estero) ... la Rai è tenuta a presentare al Ministero, per le determinazioni di competenza, entro sei
mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un progetto
complessivo sui canali dedicati alle offerte di cui all’articolo 12
(piano industriale) ... abbiamo già scritto
(piano editoriale)  ....possa prevedere la rimodulazione del numero dei canali non generalisti e l’eventuale rimodulazione della comunicazione commerciale nell’ambito dei medesimi canali, nonché la ridefinizione della missione dei canali generalisti;

Se qualcuno ritiene che tutto questo possa essere contrabbandato all'interno di un unico documento denominato Piano Industriale forse commette un errore. Si tratta del gioco delle tre carte dove, forse, la Spectre non sembra molto abile. Al momento, a quanto sembra, in Cda, è stato presentato un solo documento.

bloggorai@gmail.com


mercoledì 20 febbraio 2019

La Spectre di Viale Mazzini

Anzitutto ancora una volta Grazie alle centinaia di lettori che pure ieri hanno avuto tempo e interesse a leggere questo blog. Dall'inizio del mese circa 1600 e oltre 22 mila le visualizzazioni che provengono anche da Stati Uniti (12), Germania (54) e persino dall'India (2).

Allora: se avete voglia di saperne di più su Viale Mazzini non dovete fare altro che chiedere alla nuova capa dell'US, Claudia Mazzola, oppure a Giovanni Pasciucco, CFO, oppure a Stefano Ciccotti (CTO) e compagnia cantando. Un muro di gomma, al confronto, è meglio. E se pure riuscite a sapere qualcosa, anche per pura fatalità, e provate a verificare ne potete stare certi, si alza un velo di omertà, silenzio, smentite ufficiose, di mezzi ammiccamenti. Per non dire di messaggi espliciti dove ti si esprime il pensiero "del tutto personale" che su quel tema, forse, è meglio lasciare perdere.
La Spectre, a confronto, è una sana Associazione di chierichetti in pensione, educande.
Nei giorni scorsi il consigliere Laganà nel suo FB ha scritto "Prima di un piano industriale, prima di un piano editoriale abbiamo la necessità di un piano culturale aziendale che ridefinisca il concetto di servizio pubblico prossimo venturo." La riteniamo una felice intuizione: anzitutto una visione di Servizio Pubblico che sia valida non tanto per i prossimi 2 anni e mezzo, quanto invece almeno per i prossimi 10. Cioè il tempo necessario a definire mutamenti e trasformazioni strutturali e non transitorie. Il tema è capire se qualcuno, in questo momento, ha qualche straccio di idea di come potrebbe o dovrebbe essere un Servizio Pubblico Radiotelevisivo adeguato ai nuovi paradigmi sociali, culturali e tecnologici? Le sole ancore disponibili alle quali tenersi legati sono quelle espresse dalla Concessione e dal conseguente Contratto di servizio. In questo contesto si colloca il timone centrale che dovrebbe dirigere il cambiamento: il tema delle risorse. Si dice che "chi paga comanda". Dove sono le risorse? a quali fonti si dovrebbe attingere per sostenere non tanto il nuovo PI quanto gli impegni di gestione semplici semplici (una stima fatta al mercato del pesce sostiene di circa 600 mln). Non vedere denaro, non vendere cammello. E' noioso ripeterlo: la questione del canone è un "modello organizzativo" come piace sostenere ad alcuni nostri amici che la dice lunghissima su come l'attuale vertice vorrebbe impostare il PI. 

Abbiamo letto su come il nuovo PI intende finanziare la trasformazione: "    Individuare risorse economico-finanziarie (attraverso riduzioni di costo o sviluppo dei ricavi) per finanziare le iniziative strategiche descritte nelle 2 aree precedenti, su cui si basano le prospettive di sviluppo del Piano 2019-2021 e l'ottemperanza agli obblighi del Contratto di Servizio

Ottimizzazione attuali costi contenuti e struttura

Evoluzione del ruolo di Produzione TV da fornitore a partner dell'Editore
Sviluppo Ricavi:  Sviluppo Ricavi Pubblicitari  –  Sviluppo Altri Ricavi

Il precedente PI 2016-18 invece era così articolato:

bloggoraai@gmail.com



martedì 19 febbraio 2019

Le leggi del caso

Nulla avviene per combinazione casuale: anche un elettrone che "esposto ad un raggio, possa scegliere in tutta libertà, il momento e la direzione di emissione" può apparire insopportabile, anche agli occhi di Einstein.
Questa mattina leggiamo sul Fatto, a firma Gianluca Roselli, solitamente ben informato, che al settimo piano di Viale Mazzini inizia a serpeggiare un sottile malumore, preludio alla solita guerra per bande tra i due lati del corridoio. In questo blog lo abbiamo scritto da tempo.

Cosa si legge: l'AD si occupa del piano editoriale e il Presidente del piano news. Interessante osservare un possibile schieramento delle forze in campo: da un lato il presidente e due consiglieri di nomina fonte Lega, Rossi e De Blasio; sul versante AD con fonte M5S la Coletti e la Borioni. Al centro Laganà, eletto dai dipendenti che non fà mistero di seguire con attenzione l'operato di Salini e apprezzare quello che ritiene di buono nel Piano Industriale sul quale lavora. Teoricamente, in caso di conflitto, le forze sarebbero 3 contro 4. Con l'aria che tira nelle forze di Governo dove invece il vento di poppa è tutto dalla parte di Salvini, qualcosa potrebbe non tornare. Da osservare il low profile della nominata di fonte PD. Acuti analisti non nascondono un retro pensiero: ipotizzare eventuali cambi di schieramento in caso di crisi politica.
La posta in gioco, in questi giorni, come abbiamo scritto più volte, è la consegna dei piani al MISE. Ieri abbiamo titolato il post con "silenzio" e ci stiamo ancora interrogando sul perchè, alla vigilia di una scadenza così importante per la Rai non vola una mosca sull'argomento e nessuno ha voglia di prendere iniziative, proporre idee o riflessioni, quali che esse siano, sia pure per sostenere eventuali aspetti positivi. Niente, nada, nisba ... il nulla pneumatico. In ordine sparso: Usigrai, Adrai, i vari sindacati interni, Associazioni di varia natura politica, culturale, accademica. Nulla, silenzio totale. Tutti improvvisamente afoni e proprio in una occasione di tale importanza? Qualcosa non torna.

Proviamo a fare un confronto cronologico tra quanto dispone a proposito della missione di SP il precedente piano industriale,la Concessione e il nuovo piano attualmente in corso di definizione. 

PI 2016-18Il nostro principale obiettivo è il pieno sviluppo del ruolo nel Paese di servizio pubblico universale per §  Informare in modo completo e pluralista §  Raccontare il territorio e la realtà contemporanea §  Intrattenere tutti gli italiani §  Garantire l’accesso alla conoscenza §  Diffondere la cultura e l’inclusione digitale del Paese Promuovere l’Italia all’estero 

Concessione, Art. 1: La concessione ha per oggetto il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale da intendersi come servizio di interesse generale, consistente nell’attività di produzione e diffusione su tutte le piattaforme distributive di contenuti audiovisivi e multimediali diretti, anche
attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, a garantire un’informazione completa e imparziale, nonché a favorire l’istruzione, la crescita civile, la facoltà di giudizio e di critica, il progresso e la coesione sociale, promuovere la lingua italiana, la cultura, la creatività e l’educazione ambientale, salvaguardare l’identità nazionale e assicurare prestazioni di utilità sociale.

PI 2019-20Vision: in un mondo sempre più globalizzato e complesso media pubblici rilevanti, autorevoli e indipendenti saranno fondamentali per tutelare le radici culturali locali, l'inclusione sociale e l'evoluzione dell'identità nazionale, la formazione, la crescita culturale e il progresso socio-economico dei cittadini. 
Mission: Evolvere da Broadcaster radio-televisivo a Public Service Media (PSM) in grado di informare, educare e intrattenere tutte le diverse componenti della società declinando la propria offerta in diverse forme e linguaggi attraverso le differenti piattaforme disponibili

Tutto questo merita un dibattito?
bloggorai@gmail.com

lunedì 18 febbraio 2019

Silenzio

Ossimoro: nei giorni scorsi sulla Rai c'è stato un silenzio assordante. Eppure, qualcosa di dire c'era, c'è. Lo scorso giovedì si è svolto un Cda dove è stato aggiornato il nuovo Piano Industriale ed è stato approvato il budget 2019 "che prevede un passivo di 15 milioni di euro gravato da ben 37 milioni di investimenti richiesti dal contratto di servizio come il canale inglese, il canale istituzionale, l’aggiornamento delle frequenze e quant’altro." come si legge su Lo Specialista. 

Mancano pochi giorni alla scadenza del 7 marzo, data prevista per la consegna al MISE non solo del Piano Industriale ma anche di quello editoriale, del quale invece nessuno ne parla, salvo vederlo realizzato nei fatti giorno per giorno, da tempo (vedi la nomina dei direttori di rete).

Breve pro memoria sul Contratto di servizio: 

All’articolo 25, dopo aver dettagliatamente specificato gli obblighi specifici sull’offerta televisiva, radiofonica e multimediale, si prevede che per quanto riguarda l’informazione, “La Rai è tenuta a:
i) presentare alla Commissione, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento dell’offerta informativa sul web;

Nello stesso articolo, ai commi u e v, si prevede che la Rai debba “ … presentare al Ministero, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi dalla data pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un piano industriale di durata triennale che, sulla base della definizione di adeguate risorse, rese disponibili dalle quote di canone destinate al servizio pubblico, per lo svolgimento delle attività di cui al presente Contratto, preveda – in coerenza con le previsioni della Convenzione - interventi finalizzati a conseguire:

i) obiettivi di efficientamento e razionalizzazione attinenti agli assetti industriali, finanziari e di produttività aziendale anche al fine di recuperare risorse da destinare al finanziamento dei progetti di cui al successivo punto iv);
ii) la definizione di un coerente modello organizzativo che preveda anche l’istituzione di uno specifico ufficio studi incaricato di realizzare studi e indagini inerenti l’attività dei media di servizio pubblico;
iii) un processo di riorganizzazione e di rilancio della radiofonia;
iv) l’individuazione di una road map per lo sviluppo dei progetti previsti dal presente Contratto, ivi compreso quello della digitalizzazione di cui all’articolo 14 con evidenza dei necessari interventi di compatibilità economica complessiva.
v) Piano editoriale: la Rai è tenuta a presentare al Ministero, per le determinazioni di cui all’articolo 13, comma 2, della Convenzione, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un piano editoriale che:
i) sia coerente con la missione e gli obblighi del servizio pubblico;
ii) possa prevedere la rimodulazione del numero dei canali non generalisti, l’eventuale rimodulazione della comunicazione commerciale nell’ambito dei medesimi canali nonché ridefinizione della missione dei canali generalisti;
iii) sviluppi un’offerta complessiva che, attraverso la varietà dei generi e dei linguaggi, consenta di rispondere alle esigenze del pubblico nelle sue diverse articolazioni;
iv) definisca una specifica quota di risorse per lo sviluppo di format originali; l’importo di tale quota deve essere non inferiore a 2 milioni di euro nel primo anno di applicazione del presente Contratto e di entità progressivamente crescente negli anni successivi”.

Di tutto questo (segnatamente quanto evidenziato in rosso) per quanto è noto, nel nuovo piano industriale non sappiamo bene quanto corrisponda e, per quanto sappiamo sulla premessa relativa alle risorse (ricorso contro il prelievo forzoso del canone) al consigliere Laganà non è stata degnata neppure una risposta. Ci vuole coraggio e fantasia per sostenere che questa sia una strada giusta.
bloggorai@gmail.com 

giovedì 14 febbraio 2019

affari di famiglia

Succede, nelle grandi occasioni, che tutta la famiglia si riunisce intorno al tavolo e inizia a discutere sulle faccende di casa. Vediamo come è composta. Al primo posto, per onore e per merito, siedono gli "anziani" saggi e dotti, pensionati o sfaccendati, sempre pronti a pontificare e bacchettare sulle dita i giovani sprovveduti che non capiscono nulla delle cose della vita. E' una parte della famiglia importante, difficile lasciarli fuori: in fin dei conti la famiglia è cresciuta grazie a loro (qualcuno ritiene che, al contrario, non è cresciuta proprio per la loro manifesta incapacità). Fatto sta che non si rassegnano e, seppure hanno le stesse idee di trent'anni fa, ancora si ostinano a ritenere che siano quelle giuste per cambiare le sorti del mondo. Però, guai a non invitarli, si offendono.

Al secondo posto siedono i "capi famiglia", cioè coloro ancora in Servizio Permanente Effettivo, autorevoli e impegnati, portano a casa la pagnotta dentro la baracca, ne fanno parte, la dirigono, ne sono in parte responsabili, nel bene e nel male. Il loro parere è importante e ben ascoltato. Molti di loro soffrono un pò di orticaria e avvertono il prurito della loro condizione ibrida: vorrebbero ma non possono, Sono sempre sotto botta di qualcuno o di qualcosa che, solitamente, è esterno a loro. Comunque, meritano sempre un posto di riguardo.

Poi ci sono i "parenti poveri": si tratta di quei rami della famiglia aggregati, ancora attivi e portatori sani di idee, proposte e progetti ma, spesso, animati solo di belle speranze e poca fortuna. Cercano con vigore di conquistare un posto di riguardo ma le "elite" della famiglia si guardano bene di cedere potere a loro vantaggio. In genere, abitano in periferia e lavorano presso Istituti, Associazioni e consorterie varie. Interessanti e interessati.

Ancora, ci sono i "parenti ricchi", quelli che si presentano sempre con le mani occupate da doni preziosi e godono di amicizie e relazioni ben organizzate. Sono quelli che, quando parlano, lasciano intendere di saperla lunga, di sapere come fare, di aver capito tutto dalla vita. Sono ascoltati attentamente anche se, con un leggero fastidio. Talvolta, si presentano al tavolo accompagnati da qualche amico/a che rappresentano una sottocategoria: "spettatori interessati".  Si tratta di gruppi molto eterogenei, di solito abitano nei palazzi della politica, in pieno centro. Sono persone che appaiono e scompaiono a seconda delle convenienze e opportunità dettate dagli equilibri di governo o di opposizione. Non sono soliti parlare direttamente.

Una buona categoria è rappresentata da i "vicini di casa". Non si può non invitarli, ormai da tempo, fanno parte della famiglia. Sanno tutto di tutti, un pò impiccioni ma animati da uno spirito sano: hanno a cuore il benessere della baracca/famiglia alla quale credono di appartenere. Sono ben accolti ma  fanno fatica a prendere parola. Qualcuno di loro ha ambizioni giornalistiche.

Tutti costoro, anche stamattina, stanno discutendo delle linee guida del nuovo Piano Industriale della Rai

bloggorai@gmail.com


mercoledì 13 febbraio 2019

tecno

oggi riposo: ho comprato un assistente vocale su Amazon, ho appena installato sul nuovo cellulare una nuova app e relativo Smart watch (contapassi, pressione, battiti cardiaci, messaggi, foto etc), ho sottoscritto un abbonamento a Netflix, sto installando interruttori wi-fi per la casa domotica, sono andato in giro per Roma con un motorino elettrico Motor Sharing e, fra poco, mi dedicherò alla collezione di farfalle giapponesi.
Per oggi, è sufficiente ...il Servizio Pubblico Radiotelevisivo può attendere

martedì 12 febbraio 2019

Wittgenstein e Amleto

In questi giorni, spesso, abbiamo sentito ripetere la nota citazione di Wittgenstein“su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”. Il riferimento è al problema se dire o meno pubblicamente qualcosa a proposito del Piano industriale (e nondimeno del Piano editoriale che dovrebbe essere presentato congiuntamente) del quale sappiamo qualcosa. A questa considerazione,alcuni aggiungono: "siamo in una fase molto delicata e potrebbe essere poco utile parlarne".  Altri ancora: "tanto, comunque, non si può incidere in alcun modo e allora inutile impiegare energie" etc.

Quindi, non solo "se" dire qualcosa ma anche "quando" e "cosa" dire.

Con ordine: sappiamo, poco, ma sappiamo. Questo poco ci consente e, per certi aspetti, ci impone di parlare. La Rai non produce bulloni o ferri da stiro. Ciò di cui sappiamo e ciò di cui vogliamo e dobbiamo parlare è un atto, un documento, che si riferisce ad un'Azienda di carattere pubblico che opera sul mercato. Si tratta di un dualismo ancora irrisolto che la rende un eccezione, che rende la sua natura ibrida quasi un unicum del suo genere, non foss'altro per le caratteristiche del prodotto che fornisce a quanti sono obbligati a pagare il canone. Il tema, dunque, è sostenere che si possa o si debba "parlare". Per amore delle citazioni e per rimanere in tema aggiungiamo dall'Amleto: "Ma si proceda subito al da farsi, mentre gli animi sono ancora scossi, così che altri intrighi ed altri errori non abbiano a recarci altre sventure".

Esattamente per questo è necessario parlare: cercare di arginare la possibilità che possa avvenire l'ennesima nefandezza ai danni del Servizio Pubblico, che lo si possa privare di uno strumento formidabile per le sue, forse poche, possibilità di sviluppo. I nemici che assediano Viale Mazzini sono forti, potenti, dotati di armi formidabili, mezzi devastanti e sarà sempre più difficile fronteggiarli son la sola forza della ragione e del diritto. Ciò di cui sappiamo su questo nuovo Piano industriale che si appresta a diventare la road map del futuro della Rai è poca cosa, debole, povero e privo di alcun senso strategico in grado di mirare non ai prossimi tre anni, ma almeno ai prossimi 10, periodo entro il quale potrebbe avvenire di tutto. A meno che non si voglia sostenere che ciò di cui sappiamo, abbiamo letto, è una fake news, un maldestro tentativo di depistaggio perché invece il vero Piano industriale che sarà presentato al MISE il prossimo 7 marzo sarà un capolavoro di ingegneria, un punto di svolta epocale da lasciare sbalorditi. In questo caso ci cospargeremo il capo di cenere. Intanto, ci sia consentito qualche dubbio.

Sul primo punto, si rafforza l'orientamento di dire pubblicamente quanto sappiamo e riteniamo utile far sapere per cercare di far valere quel poco che i pochi che in questo momento che hanno a cuore le sorti del Servizio pubblico possono dire.
Sul quando, dovrebbe essere certamente prima del 7 marzo. Dopo, sarebbe come mettere una pezza più piccola del buco. Su "cosa" dire invece il dibattito è aperto. Sono interessate a questo dibattito anche i sindacati, associazioni, gruppi di studio. Nei prossimi giorni si potrà fare un passo avanti.

bloggorai@gmail.com

lunedì 11 febbraio 2019

polvere di stelle

Piccolo mondo antico: chi vi scrive ha avuto negli anni '90 quell'istante di gloria e celebrità (non si nega a nessuno una volta nella vita) quando, per pochi istanti, è stato inquadrato in primo piano comodamente seduto in prima fila al Festival di Sanremo. Che brivido sublime, che goduria,  quando il giorno dopo molti mi fermavano per avermi riconosciuto (a quel tempo non c'erano molti cellulari) !!! ahhh ... bei tempi... la Rai di una volta ... allora si che era Servizio Pubblico ... etc etc etc etc etc, quando c'era mio nonno e si andava in carrozzella ...

Tutto questo per tornare alla brutale normalità del Contratto di servizio, del Piano industriale, di quello editoriale, della voglia di vendere qualche pezzo di Rai.

Il tema è: uscire allo scoperto subito con una iniziativa pubblica e affrontare la proposta di piano industriale per quanto è noto e confrontarlo con gli impegni previsti dalla Concessione e Contratto di servizio prima della scadenza del prossimo 7 marzo per avere qualche vaga possibilità di poter proporre aggiustamenti o integrazioni? oppure, attendere l'occasione della presentazione ufficiale per poi poter esprimere valutazioni più ponderate? Gli orientamenti sono articolati: alcuni pensano che questa bozza o traccia di cui si è a conoscenza sia troppo labile per essere vera, ai limiti della bufala o fake news che dir si voglia. Se fosse vero, rasenta l'incredibile per quanto leggero e privo di alcun fondamento industriale. Per non dire della mancanza del relativo piano editoriale che lo dovrebbe accompagnare. Altri, invece, ritengono che quanto del Piano industriale è noto contiene elementi positivi, in particolare la "ristrutturazione per generi" e quindi relativamente apprezzabile e relativamente sostenibile. Inoltre, a proposito della voce, non confermata e non smentita, diffusa da Aldo Fontanarosa sulla possibile vendita della quota restante, il 13%, di Rai Way, abbiamo letto da Franco De Chiara su Key4Biz che "E’ invece possibile e auspicabile che Rai (way) e F2i concordino nei prossimi mesi un’operazione parallela e gemella a quella Eitower. Per Rai si tratterebbe di una entrata straordinaria di diverse centinaia di milioni, ... ll ricavo di una operazione straordinaria non potrebbe essere utilizzato dalla Rai per spese correnti, ma per investimenti (e troppi e urgenti ne vengono in mente: dal turn over del personale, al rinnovo della bassa frequenza, all’estensione del magazzino diritti)."

In questo contesto, molto sintetico, a partire da oggi pomeriggio si svilupperà il dibattito.

Per quanto abbiamo scritto molte volte su questo blog, il problema non è fare cassa con i propri soldi (quello che si guadagna da un verso si spende dall'altro: dalla vendita si potrebbero incassare circa 160 mln mentre Rai versa nelle casse della quotata circa 180 mln anno) ma cosa si intende fare del cosiddetto "polo delle torri" e sotto quale proprietà e controllo debba essere. Ancora una volta: il dibattito è su quale debba essere il ruolo dello Stato: regolatore o gestore di beni pubblici.

bloggorai@gmail.com

venerdì 8 febbraio 2019

la pappa e l'acqua calda

Non potendo, non volendo, non dovendo occuparci di Sanremo, torniamo ad occuparci dei "misteri gloriosi" che si aggirano tra Viale Mazzini e Via Teulada. Tra le tante ombre, da tempo, si nasconde il fantasma del palcoscenico aggrappato sulle torri di trasmissione e ogni tanto fa capolino.

E' interessante osservare che la sua comparsa non è casuale: torna a farsi vedere ogni qual volta che c'è da mettere le mani sul "malloppo" di mamma Rai. In questo caso si tratta della vendita di quel che resta delle azioni nelle disponibilità dell'azionista di maggioranza (Rai) al netto della quota di legge del 51%, cioè il 13% circa.

Ancora a proposito delle notizie lette sull'articolo di Fontanarosa lunedì sul piano industriale: ieri ci siamo posti degli interrogativi e stamattina ne aggiungiamo altri, suggeriti da lettori esperti:
come è possibile comprare quei 168 milioni di azioni teoricamente in vendita? facile, con gli stessi soldi incassati da Rai Way (poco più di 180 mln) attraverso il pagamento della quota annuale che Rai riversa nelle casse di Via Teulada per la fornitura del servizio grazie a un MOL di quasi il 60%. Non si può dimenticare, infatti, che Rai è il cliente pressochè unico di Rai Way. Il gioco delle tre carte ... niente di nuovo ...

Ancora, si può ricordare una strana cosa risaputa lo scorso dicembre e mai emersa ufficialmente, quando era in ballo il tema dell'extragettito e a Viale Mazzini, qualche genio della finanza creativa, sembra, pare, che avesse fatto circolare l'idea del ritiro del ricorso al Consiglio di Stato dove pende la questione dell'incostituzionalità dei 150 milioni sottratti nel 2014 (da dove scaturisce la successiva cendita del 34% di Rai Way). Eppoi, magari qualcuno si stupisce del "Gomblotto" ... non ha mai fine ...molti dei soggetti che lo hanno architettato sono tutti in pista ... e gira che ti rigira va sempre a parare dalle parti di Via Teulada.

Sempre ieri AgCom ha pubblicato il nuovo PNAF e allora torniamo a tanti giorni addietro, quando abbiamo sottoposto ad autorevoli £esperti" di Viale Mazzini alcuni interrogativi che ci sembra utile riproporre nel clima del nuovo Piano industriale prossimo venturo:

 rete pubblica pan-europea: un canale integrato multilingue trasportato nei multiplex delle principali tv pubbliche europee con palinsesto innovativo;

- avvio delle applicazioni integrate broadcast- broadband (HBB - IBB) da parte della Rai con convergenza tra reti e digital;

- Horizon 2020, reti a banda ultralarga, TV connesse, integrazione open fiber - telecom

- polo delle torri con integrazione di RW in 2i-tower;

- reti virtuali 5G;  

chissà se questa può essere la volta buona che qualcuno gli degna attenzione?

bloggorai@gmail.com

giovedì 7 febbraio 2019

Voltaire

A pensare male si commette gran peccato ma si corre il rischio di indovinare il vero peccatore.
Oggi eravamo indotti ad una sana pausa di silenzio e dedicarci a portare a spasso il gatto e invece, sempre colpa di questi dannatissimi fermacarte di telefoni, siano stati indotti a scrivere qualcosa, così, tanto per tenerci allenati e non far incrostare polvere sulla tastiera.

Lasciamo perdere Sanremo, per carità di Patria, e torniamo sul tema Rai Way che in queste ore sembra tanto a cuore a molte persone. Quanto abbiamo letto lunedi scorso, a firma Aldo Fontanarosa (che se ne intende di piani industriali) è molto interessante. Per evitare errori, citiamo per intero: "Decisioni non ce ne sono. Ma le "province dell'Impero" più ricche sono due: la società delle antenne RaiWay (quotata in Borsa dal 2014) e il patrimonio immobiliare di Milano, a partire dalla storica sede di Corso Sempione. 

La televisione di Stato è socio di maggioranza di RaiWay, di cui controlla il 64,97 per cento. Il decreto del governo Renzi - che fissò i paletti della quotazione in Borsa, nel 2014 - prevede che la Rai conservi almeno il 51 per cento, così da mantenere in mano pubblica la società delle antenne e dei ripetitori.

Ora, anche uno studente del primo anno di Economia sarebbe in grado di ingaggiare una banca di affari come consulente (advisor) con l'obiettivo di mettere sul mercato un'altra quota di RaiWay. Una quota del 13,97 per cento che lascerebbe a Viale Mazzini il 51 per cento di RaiWay.

Questa operazione - che non è decisa e non è ipotizzata al momento in alcun documento della Rai - in teoria porterebbe a un incasso di 168 milioni 606 mila euro. Un discreto tesoretto.

Che l'ad Salini percorra questa strada non è scontato. Prima di spostare anche solo una sedia a RaiWay, il vertice della tv di Stato dovrà ragionare con i ministri dell'Economia, Tria, e dello Sviluppo Economico, Di Maio"
.

Ora, posto che chi ha suggerito questa ardita operazione sia una mente geniale, le domandine semplici semplici potrebbero essere le seguenti. Anzitutto a chi gioverebbe vendere oggi quel 13%? L'azionista di maggioranza (che detiene le azioni potenzialmente in vendita) certamente potrebbe portare in cassa un po di denari (come è stato calcolato tanto millimetricamente quell'importo dalla possibile vendita?) ma, di fatto, perderebbe ulteriore il peso e il valore attuale dell'asset. Si potrà obiettare: meglio vendere oggi che fra un paio di anni quando le antenne potranno essere solo ferro vecchio. Certo che si, ma proprio quest'anno che si profila come quello buono per la costituzione del famigerato "polo delle torri" conviene o no presentarsi al tavolo della trattativa con un valore ridotto?  
Sappiamo che tra i lettori di questo blog ci sono molti autorevoli esperti sull'argomento. Speriamo di poter capire qualcosa di più.
bloggorai@gmail.com

mercoledì 6 febbraio 2019

Nervi

Cosa sarà che genera tanto nervosismo, apprensione, malumore, quando si tocca il tasto "nuovo piano industriale"? cosa potrà mai contenere di tanto grave e rilevante da far minacciare il ricorso a audit interni a Viale Mazzini per le tante persone che lo hanno scritto, letto,  sfogliato e fotocopiato? Quali grandi segreti industriali si celano dietro quelle paginette? cosa sarà mai scritto (o forse non scritto) da suscitare tanto allarme?
Breve riassunto: il Contratto di servizio prevede che si debba elaborare un piano industriale e uno editoriale entro X dall'entrata in vigore del contratto stesso; il vertice appena insediato non sa nemmeno di cosa si tratta e chiede un rinvio: concesso fino al 7 marzo. Tutti al lavoro: il CFO insieme ad una nota società di consulenza predispongono una bozza di lavoro che sarà poi l'armatura del documento presentato in Cda lo scorso 24 gennaio. Viene diffuso un comunicato dove si leggono alcune cose. Sarà dovere, almeno giornalistico,  per chiunque cercare di leggere il documento per intero. I telefoni diventano incandescenti e qualcuno, temendo  le intercettazioni, usa anche Sim anonime. IradidDio, apriticielo, mammasantissima !!!e che ci sarà mai ??? Nei giorni successivi al 24 la ricerca è lenta e quieta, qualche battuta lasciata cadere a casaccio. Fino a sabato sera, quando sul volgere della notte, si sparge la voce che un collega autorevole sta mettendo in campo tutte le risorse per saperne qualcosa di più. Domenica ci riesce. Come perchè e come per quando, riesce a sapere, leggere o ascoltare il contenuto del documento (o quello che si presume possa essere originale) fatto sta che pubblica nel suo blog "anticipazioni" suggestive. Una su tutte colpisce: una mente geniale ha suggerito, ma  non scritto da nessuna parte, che si vorrebbe far cassa e sostenere almeno in parte i cospicui impegni previsti non  solo e non tanto dal piano industriale ma dal Contratto di servizio riproponendo la vendita dalle quota residua di proprietà Rai Way potenzialmente disponibile sul mercato: cioè il 13% su quanto attualmente 64% ma con il vincolo al 51%. Le quote sono possedute da Rai. A questo punto, ancora, apriti cielo: tutti abbottonatissimi, tutti che cadono come pere dal rispettivo albero "non ne sapevo nulla"  oppure "non sta scritto da nessuna parte " etc etc etc etc. Anime candide! delle due l'una: o qualcuno sapeva ed è complice o non sapeva e allora è "ignorante". In entrambe i casi, si tratta di una tema delicato, grave e significativo e, forse svela, il perchè del nervosismo.
Ci viene in soccorso Aldo Grasso sul Corriere di oggi a proposito del Festival: "Sanremo ha questo di bello: l'incapacità di immaginare il futuro". Questa frase è la chiave di lettura del Piano industriale. Se qualcuno ritiene a ragione che possa contenere in se tutti gli elementi in grado da proporre una dimensione positiva per lo sviluppo del Servizio Pubblico, avrebbe il totale interesse a renderlo pubblico e farsene vanto. Oppure, viceversa, qualora si temesse che si tratta di una "sola" come si dice dalle nostre parti, ha tutto l'interessa a intorbidare i pozzi e avvelenare le acque.

Ora, si da il caso, che il corrente anno di grazia sia lo stesso dove, sullo scenario competitivo di Rai e non solo stanno per avvenire fenomeni complessi, impegnativi, costosi: l'applicazione del nuovo PNAF in adempimento a quanto previsto in sede comunitaria, il dispiegamento del 5G e il possibile avvio del progetto fibra unica. Robetta  da poco! e come si affronta tutto questo, con quali risorse (domanda first shot): per quanto ne sappiamo facendo ricorso a "sviluppo ricavi pubblicitari - sviluppo altri ricavi". Da rimanere senza fiato: o sono a conoscenza di dinamiche sui mercati pubblicitari che a noi sfuggono e che ci sono "altri" ricavi che ignoriamo dove possano essere individuati (questo sarebbe il vero segreto industriale) o altrimenti, temiamo, sia tutto solo semplicemente fumo, aria fresca.
Suvvia, un pò di coraggio!!! se qualcuno ha voglia di dire o fare qualcosa, questo il momento.
bloggorai@gmail.com
 

martedì 5 febbraio 2019

Sanremo

Eppure ... " Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia". Oppure, nella versione più moderna : «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser!"

Allora: oggi leggiamo un interessante contributo sul tema piano industriale sul sito di repubblica. A parte ricordare i noti precedenti, di quando l'ex DG rilasciava interviste "interessanti e interessate" (ricordate quando su questo stesso blog abbiamo scritto spesso e volentieri del "gomblotto" sulla vendita di parte di Rai Way ?) oggi osserviamo compiaciuti che, a volte ritornano, seppur sotto altre spoglie. Cosa leggiamo? Leggiamo che a qualcuno viene in mente che, per fare cassa e supportare scelte strategiche del piano industriale (evidentemente ben noto a chi ha scritto il pezzo) si vorrebbe procedere alla vendita di quel che resta della quotata di Via Teulada, al netto dell'obbligo di legge al mantenimento del 51% in mano pubblica.  Che genialità! Perchè nessuno ci ha mai pensato prima???
Lasciamo perdere le quisquillie della vendita di beni immobiliari (Corso Sempione etc) rimane il problema di fondo: l'interesse privato nella sfera pubblica. A chi giova mettere le mani ora sul quel che è e su quello che sarà nei prossimi anni degli impianti di Rai Way? chi, come e quando metterà mano al cosiddetto "polo delle torri"? controllato da chi? con quali progetti? con quali prospettive? é parte del progetto che lo stesso Gubitosi, salvatore della Patria, persegue all'interno di Tim? In questo senso si legge la notizia trapelata e mai confermata di Mario Orfeo, ex Dg, nominato presidente alla prossima Assemblea degli azionisti perche "è in grado di parlare con la politica" come ci ha riferito una nostra fonte? Se proprio qualcuno ha voglia di dire o fare qualcosa di serio, in tal senso, è rivedere per intero la politica dissennata di privilegiare la redistribuzione dei dividendi agli azionisti invece che investire in ricerca, innovazione e sviluppo (come invece non sembra avvenuto negli ultimi anni).
Altro capitolo interessante è la questione canone. E' noto che il Governo in carica, ancora una volta e in fotocopia su quanto ha fatto incostituzionalmente (come hanno scritto ben tre autorevoli costituzionalisti: Pace, Ainis e Cheli) il governo Renzi, ha messo mano sul canone appropriandosene illegittimamente in quanto  risorsa economica non disponile per scopo diverso da quello previsto dalla Legge. Il vertice attuale, leggiamo sull'articolo citato, "non ha voglia di entrare in rotta di collisione con il governo" acciperbacco !!! che notiziona !!! non lo sapeva nessuno ...grazie per averci informato !!! La novità, peraltro, potrebbe essere che si minaccia l'ennesimo ricorso al Tar che, sappiamo bene, è come il prezzemolo: non si nega a nessuno, tanto poi nessuno se lo fila. Altra storia sarebbe il ricorso alla Corte Costituzionale, ma questo è altro argomento.

Ancora allora (vedi post di ieri): c'è, o ci dovrebbe essere un piano industriale reale, fattuale, in corso di attuazione e uno virtuale, fittizio, fantasioso che tanto poi non applicherà nessuno. Sarebbe in interessante esercizio di merito misurare il precedente piano industriale e dare un numero alla sua validità, agli obiettivi che si era prefissato e a quelli che ha poi concretamente raggiunto (a proposito, molto utile il confronto: quanto è uguale e quanto è diverso) Metti poi che il Governo va a scatafascio, metti che Salvini e Di Maio vanno a finire a pesci in faccia? che ne sarà di Salini e Foa e compagnia cantando? Saranno loro gli artefici del nuovo piano industriale? chi si assumerà la responsabilità di aver proposto (oppure di aver annaquato, insabbiato) una possibile ipotesi di sviluppo del Servizio Pubblico?

Nota a margine a favore dei "gomblottisti": chi sta per essere nominato oggi come direttore di Repubblica? che ruolo ha ricoperto e da chi era sostenuto quanto era in Rai?


bloggorai@gmail.com

lunedì 4 febbraio 2019

di fatto e di diritto

Ripetiamo cosa nota: entro i primi giorni di marzo dovrebbero essere presentati al MISE sia il  piano industriale, sia quello editoriale.

Sul primo, sappiamo per certo solo quanto comunicato ufficialmente dalla Rai con il comunicato stampa del 24 gennaio. Sarebbe stato utile, necessario, doveroso, che venisse reso pubblico l'intero documento. Ci sono due buone ragioni: la prima è che non è scritto da nessuna parte (Legge, Concessione o Contratto di servizio) che questo debba essere "secretato". Non valgono ragioni su i rischi connessi al possibile vantaggio rispetto alla "concorrenza": si tratta di due aziende che pur competendo sullo stesso mercato, hanno caratteristiche e peculiarità  del tutto originali tali per cui non è mai avvenuto che i piani industriali/editoriali dell'uno potessero influire uno sull'altro o viceversa. Salvo, come pure è avvenuto, le azioni di governo delle rispettive aziende venivano coordinate telefonicamente tra i diretti interessati, ma questo è un altro tema. Non valgono poi ragioni in ordine ai contenuti perchè si tratta a quanto si legge di "linee di azione" prive di alcun riferimento operativo "sensibile",  posto che individuare una fonte di ricavo o sostenere un progetto possa ritenersi  rilevante per la tutela degli interessi aziendali.

Diciamocela ora tutta in altri termini: o i piani sono fondamentali, di assoluta rilevanza rispetto all'interesse pubblico e quindi debbono necessariamente riferiti a questo ambito, oppure sono acqua fresca e allora ancor più, proprio per questo hanno ancor più interesse pubblico ad essere noti, conosciuti e dibattuti per il danno potenziale che ne potrebbe derivare. Tertium non datur. Tutto il resto sembra appartenere a quella melma fosca, oscura, privata ed arbitraria dove ognuno fa quello che cavolo vuole, ignaro, al di sopra e al di fuori, di qualsivoglia spirito di trasparenza e pubblicità. E' proprio in questo ambiente, nell'ombra, nel detto e non detto, dell' "auhmmmm ...auhmmmm", degli amici degli amici, dei parenti e dei conoscenti che è cresciuto e sviluppato quel malmostio di malaffare che rende il Servizio pubblico quello che conosciamo e quello che è percepito da chi paga il canone.

Il piano industriale e quello editoriale sono già noti e operativi prima ancora di essere ordinati e messi in bella copia. Sono quelli che, forse già prima del loro insediamento, sono attuati millimetricamente ogni giorno che il sole illumina la terra. Sono le scelte compiute e ancor più quelle non compiute ogni momento, ogni istante, della vita aziendale che compongono di fatto, più che di diritto, il piano industriale e quello editoriale. Qualche esempio a raffica: i format e il loro rinnovo (vedi Fazio, oppure la fascia dopo il Tg1); il contenimento delle spese e i conflitti di interesse (vedi Sanremo), le risorse pubblicitarie e quelle da canone (vedi Legge finanziaria); innovazione tecnologica (vedi Rai Way); gestione delle risorse umane (vedi i criteri di nomina dei vari direttori) e così via.

Siamo solidali con chi si preoccupa di tutelare gli interessi del Servizio Pubblico. Difficile non pensare a loro quando la sera, al termine di dure giornate di lavoro, sono costretti a farsi un velocissimo esame di coscienza e magari  pure ad interrogarsi su quali siano i limiti di ciò che interessa tutti e di ciò che interessa pochi. Nel silenzio del bosco, anche quando cade una foglia produce grande rumore. E' proprio vero: il silenzio della ragione genera mostri.
bloggorai@gmail.com

venerdì 1 febbraio 2019

Il sonno della ragione

Il sonno della ragione produce mostri. E' venuto in mente questo pensiero quando, ieri, abbiamo scritto di aver letto il testo del nuovo Piano industriale Rai e ne abbiamo parlato con alcuni fedelissimi lettori del blog. Ci sono state due tipi di reazioni: la prima è quella del timore ed è riconducibile al danno potenziale che se ne potrebbe ricavare rendendo pubblico un progetto, seppure molto parziale, sommario, abbozzato, del quale si potrebbe "profittare" la concorrenza (???). La seconda reazione è di segno opposto: si tratta di Servizio Pubblico, di interesse nazionale, collettivo, dove impegni e conseguenze interessano, debbono, interessare tutti e, anzi, proprio renderlo pubblico dovrebbe avvantaggiare, rafforzare, migliorare, il senso generale del piano industriale.

Per quanto ci riguarda, siamo dichiaratamente schierati per quest'ultima lettura: abbiamo scritto che il piano industriale di qualsiasi azienda e, ancor più, quello del Servizio Pubblico, dovrebbe poggiare su una visione strategica di lungo respiro, di proiezione verso un prossimo futuro che non sarà più semplicemente quello di un operatore "privilegiato" dal fatto di essere supportato, in parte, dal canone pagato dai cittadini. "Tanto il piano industriale non serve a niente ... vedi quello precedente:a cosa è servito, a quali risultati ha portato?" ci ha detto un lettore. Forse, ha ragione, nell'epoca della responsabilità marginale e relativa degli amministratori in ordine al tempo di governo (qualcuno, in Rai, lo stimava mediamente in 14 mesi), non si fa in tempo ad impostarlo (Gubitosi) e poi vederlo approvare dal successore (campo Dall'Orto) per poi essere misurato dal successore (Orfeo) e infine messo nel cassetto dall'ultimo arrivato (Salini) divenuto AD a sua insaputa. Lo stesso potrebbe avvenire per questo Piano: il contratto di servizio prevedeva la sua presentazione già da sei mesi e la data è stata posticipata al prossimo 7 marzo (si ipotizza un possibile rinvio). Al momento in Cda è stata presentata solo una bozza di poche pagine (preliminare), quello precedente era di 112 pagine (interessante lavorare sulle similitudini). La società di revisione e il CFO di Viale Mazzini sono impegnate alacremente.

Sappiamo bene come funziona il meccanismo di produzione del Piano: ci lavorano gli "esperti" delle direzioni interessate con il supporto dei consulenti esterni (ben retribuiti) che raccolgono i dati e li sistematizzano nei contesti, le bozze vengono "lavorate" e poi condivise (in alcuni casi anche all'esterno "politico") per essere poi sottoposta ad una prima lettura in CdA, dopo la supervisione dei rispettivi Staff di Presidente, AD e Segreteria del Consiglio. Insomma, sono molti coloro che dovrebbero o potrebbero essere  direttamente interessati a coinvolgere, ad aprire quanto possibile il dibattito. Il Servizio Pubblico, per certi aspetti fondamentali, non ha concorrenti.
Il dibattito è aperto

bloggorai@gmail.com