giovedì 30 novembre 2023

FLASH Notturno .. molto sommario ...

 

La giornata comincia storta sia per la pioggia e sia per la lettura dei giornali. La rassegna stampa è inquietante: ci aspetta tanta roba e, in testa, campeggiano i titoli sui prossimi conduttori di Sanremo con un brivido che corre acido e sottile lungo la schiena: saranno tutti “garantiti” Doc e a chiudere ci sarà Fiorello. Brrrrrrr … un sospiro di sollievo.. Andiamo avanti e … zacchete … leggiamo di Pier Silvio Berlusconi che gongola: “Mediaset si sta infatti avviando a chiudere l’anno come primo gruppo televisivo italiano per ascolti su tutto il pubblico: 38,3% di share nelle 24 ore contro il 35,6% della Rai”. Porca miseria! Ci torna in mente un pensiero nostalgico, ahhhh bei temi andati, quando recentemente l’Ufficio Stampa Rai diffondeva uno nota dove si inneggiava “Mai in discussione leadership del servizio pubblico” (2 novembre u.s.). Qualcuno pesca nel torbido.

Avevamo in mente un bel Post sulla “nuova narrazione” del Paese che i “nuovi programmi” di approfondimento, di inchiesta (sic!) e di intrattenimento socio/politico  stanno mandando in onda sugli schermi RAI. Ce lo teniamo in serbo.

Andiamo, è tempo di migrare e ci dirigiamo verso l’Assemblea per i 10 anni di Confindustria RadioTv dove, guarda caso, prima interviene (legge il “gobbo”) la presidente Rai Marinella Soldi e, a seguire, l’unico che interviene a braccio, sorridente e accattivante ancora lui: Pier Silvio. La relazione del presidente Siddi è ricca di spunti e ci vorrebbero tre o quattro pagine di Bloggorai per affrontarli tutte. Il ritornello, il filo conduttore è binario: da un lato il confronto tra la televisione “tradizionale” universale, generalista e digitale terrestre  e dall’altro le piattaforme, lo streaming, le nuove modalità di fruizione del mezzo e dei contenuti che incombono. Un termine spesso usato è resilienza che, più o meno, sta a dire “mi piego ma non mi spezzo”. Il “mezzo” tv ancora resiste, richiede “supporti” (altro temine spesso usato) normativi ma anzitutto economici (il famigerato tax credit esteso anche ai  broadcasters). Questo è l’altro aspetto che ha tenuto banco: le risorse, poche per tutti, specie sul fronte della pubblicità che è e sarà il campo di battaglia dove le emittenti soccomberanno o sopravvivranno. Certo, poi ci sono le normative, i famigerati lacci e laccioli, specie imposti da Bruxelles con cui, però, si dialoga. E la RAI? Bella domanda. Dipende, vedremo, chissà. Da che dipende? Dipende dalla politica anzitutto che annaspa a brancola nel buio. Nel migliore dei casi si limita a intervenire sul canone (e se ne guarda bene dal toccare il famigerato extragettito che spetterebbe alla RAI) ma non gli si chieda di progetti e visioni di cosa dovrebbe essere l’Azienda di Servizio Pubblico prossimo venturo. Lasciamo perdere.  La riflessione binaria scorre veloce e rimane un dubbio atroce: per quanto tempo ancora la televisione resisterà all’assalto del futuro che incombe ? Tanto per capirci: è stato fatto il riferimento al tema della “prominence” (la posizione dei tasti sul telecomando che nelle nuove smart tv  ha visto sparire i numeri dei canali per lasciare posto ai logo delle piattaforme). Battaglia già persa? Il colosso sudocreano ha dettato una regola dalla quale non si torna più indietro? Abbiamo idea che sia così: si tratta solo di capire quando  succederà il sorpasso definitivo e conclusivo della partita. Per rimanere sul tema, questa mattina ci è stato ricordato che a Dubai si dibatte sul futuro delle frequenze ”… della cosiddetta banda sb-700 attualmente utilizzata dalla Tv”. E se a Dubai, malauguratamente, si decidesse che quelle frequenze dovranno essere destinata alle TLC a scapito dei broadcasters? Boh !!! la BBC ha cominciato ad occuparsene nel 2017. Ci sarebbe tanto ancora da riferire però fuori ha smesso di piovere … la giornata ancora è lunga.

Pomeriggio, scena seconda. Abbiamo intuito che sarà complicata da descrivere e sintetizzare con poche battute: bisogna andare, esserci, osservare le movenze, gli sguardi, le battute per capire. Non sarà, forse, una data storica però … però… qualcuno lo teme. L’appuntamento è per la presentazione della nuova Associazione (non ancora sindacato) denominata AgiRAI (Associazione Liberi Giornalisti RAI). Il tema proposto è legittimamente ambizioso “La RAI che verrà, insieme per il cambiamento”. E già … si tratta del clamoroso “nuovo che avanza” ovvero di coloro che vanno speditamente a coprire la voragine lasciata da chi li ha preceduti, sindacato o meno che sia. In sala tanta gente, un pizzico di entusiasmo con “ … anvedi quanti semo …” e tanti volti noti, non proprio freschi di giornata (la vera vecchia destra di una volta a Viale Mazzini… quella che ha mangiato pane e politica dalla sua più tenera età).

Diciamo pure che abbiamo sentito parlare tanto di “cambiamento” . Tutti vorrebbero cambiare ma pochi sanno cosa, dove e quando. Come pure “difendiamo il Servizio Pubblico”. Va bene, ok, siamo d’accordo. È stato scritto, erroneamente, che si tratta della “nuova destra di Governo” che ha preso piede in RAI da qualche mese. Da qualche mese? Anzitutto di “nuovo” abbiamo visto ben poco, a partire dalla “benedizione” di Bruno Vespa e, a seguire, dall’entusiasmo di altri “giovani” raiofoni alla Giorgino per intenderci, in buona compagnia di tutti i “nuovi” (tanti) direttori che compongono l’organigramma di quanti sono o si presume che siano, bene che vada, di “area” o in “quota”governativa (alla Pionati o alla Chiocci, per intenderci).  Prima sono comparsi in scena tutti  i “direttori” pesanti , quelli che contano, di “genere” e testate, felici di esserci e di sentirsi tutti insieme, plasticamente riuniti sotto lo stesso tetto. Poi è stata la volta della “politica” ma questo è un capitolo a parte. Merita un altro convegno.

Chiudiamo: si commette un grave errore a liquidare tutto con facili battute e sommarie allegorie sul senso e il significato di questa iniziativa. Quello andato in onda oggi pomeriggio è stato un appuntamento importante, del quale non si potrà fare a meno di tenere in debita considerazione per il prossimo futuro che attende la RAI. Ne riparleremo.    

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mercoledì 29 novembre 2023

giovedì 30 novembre: lavori in corso ...

Oggi sarà una giornata impegnativa. Anzitutto perché abbiamo diversi temi da proporre e poi perché si svolgeranno due appuntamenti interessanti. Il primo, questa mattina, sarà con Confindustria Radio Tv e il secondo, nel pomeriggio, con l’assemblea di fondazione del nuovo sindacato dei giornalisti RAI.

Rimanete sintonizzati, se possibile il Post uscirà in tarda serata.

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RAI e Servizio Pubblico: un Puzzle difficile da comporre


Un puzzle molto complicato con le tessere sparse sul tavolo che faticano ad andare al loro posto. Il problema più rilevante è intuire la figura che si intende far emergere. La RAI e, distintamente il Servizio Pubblico, è tutto questo. Le tessere poi appartengono a categorie disparate: politica, economia, società, cultura, informazione, intrattenimento, tecnologia etc. ed ognuna di loro non combacia sempre bene con le altre. Per aggiunta, le tessere hanno una loro specifica dimensione temporale e spaziale della quale non si può non tenere conto.

Il puzzle è un gioco ma anche un altro si presta bene alla metafora: il Jenga dove si tratta di togliere un pezzo alla volta da una torre di mattoncini fintanto che non crolla.

Vedi oggi: si legge sul Sole che “Bollette, in ballo 9,5 milioni di clienti per il fine tutela” e noi sappiamo che “A causa dell’aumento del prezzo dell’energia 4,7 milioni di italiani hanno saltato il pagamento di una o più bollette luce e gas negli ultimi 9 mesi … Un numero destinato ad aumentare se i prezzi continueranno a crescere. Come si legge dall’indagine – realizzata su un campione rappresentativo della popolazione nazionale – ci sono 3,3 milioni di italiani che hanno dichiarato che, in caso di ulteriori rincari, potrebbero trovarsi nell’impossibilità di far fronte alle prossime bollette energetiche”. Sappiamo pure che questo numero incide, e non poco, su quanto si potrà riscuotere in quota parte relativa al canone TV. In soldoni: il rischio che ci possa essere una quota di canone inferiore nelle cassa di Viale Mazzini è già forte si suo e, per di più, grava la  proposta di riduzione da 90 a 70 euro.

Qualche volta lo abbiamo accennato: il disegno che si vede in filigrana è quello che vede la RAI, e di conseguenza il Servizio Pubblico, ridimensionato, ridotto di peso, di ruolo e di interesse tra i telespettatori e nel mercato. Ad una sola specifica condizione: che rimanga nel suo recinto, anzi possibilmente ridotto a sufficienza. E dove si potrebbe e dovrebbe ridurre? Nella raccolta pubblicitaria. La vicenda della riduzione del canone è tutta qui: la quota tolta dalla raccolta del canone si compenserà con la fiscalità generale mentre la proposta di alzare il tetto della raccolta pubblicitaria è durata l’espace d’un matin … Mediaset non era molto d’accordo.

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martedì 28 novembre 2023

Perchè ??? La risposta è sbagliata, a priori


Scettici per natura, laici per tradizione, prevenuti per formazione e interrogativi per cultura. Questo il sentiero sul quale si muove Bloggorai, a priori. Se non fossimo nati scettici e dubbiosi, i nostri antenati erano ancora sugli alberi a raccogliere teneri germogli. Per ogni cosa, per ogni fenomeno, per ogni vicenda, chiediamo subito “perché” e a seguire chi, come, dove e quando. Ma il “perché” domina e guida il percorso.

Quando si parla di RAI i “perché” si sprecano e difficile metterli in ordine. Ne ribadiamo almeno due.

Perché numero uno. Che fine ha fatto la proposta di riduzione del canone? Verrà approvata così come è stata presentata all’art.8 della Legge di Bilancio? I 430 milioni verranno erogati solo per un anno? Ma il “perché” fondamentale è relativo all’atteggiamento del vertice RAI. La richiesta dei 110 milioni dell’extragettito che fine ha fatto? Il ventilato contributo straordinario di 100 milioni promesso a supporto del Piano industriale dove è finito? Con RAIWay che intenzioni hanno? Attendono fiduciosi.

Perché numero due. Che fine ha fatto il Contratto di Servizio? Dalla sua entrata in vigore dovrebbero scattare impegni rilevanti, compreso quello imminente del 10 gennaio sul trasferimento di un MUX. Perché ancora non si sa quali canali andranno su questo MUX e perché la RAI, visto che ne è direttamente interessata e da sola potrebbe pagare pegno in termini di perdita di telespettatori, non avvia una campagna di comunicazione per sensibilizzare i propri utenti?

Veniamo alla cronaca di oggi. Come vi abbiamo riportato ieri, i titoli dei principali quotidiani erano tutti incentrati sula chiusura della trasmissione “Avanti Popolo” di RAIDue. Oggi, dopo il comunicato stampa di Sergio con il titolo “…nessuna chiusura anticipata programmi…” sui titoli del giorno la vicenda appare annegata nella palude del silenzio: solo Repubblica.it (attenzione, NON il cartaceo) titolaRai, i programmi in bilico, l’ad Sergio frena su Nunzia De Girolamo. Tra i sorvegliati speciali i talk di Serena Bortone e Luisella Costamagna” mentre Corriere e Stampa tacciono. Delle due l’una: o la notizia pubblicata ieri era una bufala oppure era vera.

Andiamo avanti. La vicenda Gasparri assume sempre più contorni misteriosi. O è tutta una bufala anche questa e Report sta prendendo una cantonata oppure è stato sollevato un caso istituzionale molto grave che merita grande attenzione. Non si capisce il silenzio mediatico e lo squilibrio ingiustificato rispetto ad altre notizie di rango certamente e infinitamente minore (ad esempio il treno che si ferma a Ciampino, certamente grave ma non di pari livello). Se è buona la prima, ovvero Report sta prendendo un granchio, tanto vale finirla subito e chiudere il problema. Se invece è buona la seconda allora è necessario chiedersi perché quasi tutti tacciono e non sollevano il problema nelle sedi parlamentari necessarie.  

Rimanete sintonizzati … non si sa mai che oggi possa arrivare qualche notizia.

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ps: "... la risposta è dentro di te ... e però è sbagliata!"

https://www.facebook.com/watch/?v=360356438161436


 

lunedì 27 novembre 2023

FLASH. Confusi e bruciati intorno a Viale Mazzini


 RAI: chi comunica cosa a chi? Chi decide cosa si deve o non si deve comunicare? 

Titoli dei quotidiani oggi in edicola:

La Repubblica: “Il grande flop di Nunzia De Girolamo. La Rai ferma "Avanti Popolo”.

Corriere della Sera: “«Avanti Popolo» Ascolti bassi e costi alti, la Rai ferma De Girolamo”

La Stampa: “Chiude "Avanti popolo" di Nunzia De Girolamo”

Il FattoQuotidiano.itvip: “Stop dal 2024 a Il Mercante in Fiera di Pino Insegno e Avanti Popolo di Nunzia De Girolamo: nei palinsesti Rai solo fino a Natale” con una precisazione: “E’ LaPresse a dare la notizia cintando fonti Rai”.

Fonte RAI, Ufficio Stampa, ore 14.46 “Roberto Sergio, nessuna chiusura anticipata programmi” dove si precisa poi che “… i palinsesti autunnali terminano nel mese di dicembre”. Come dire: i soliti giornalisti che prendono lucciole per lanterne.

C’è qualcosa che non torna, oppure tutto torna benissimo. Quello che è certo è che qualcuno vaga nei giardini di Viale Mazzini in pieno stato confusionale. Non è dato sapere chi sia, però mostra evidenti segni di turbamento psico/socio/relazionale. Occhio e croce, riteniamo che possa essere qualche giornalista sfaccendato.

Però, fintato che si parla della chiusura di un programma, seppure di lusso, ci può stare qualche “errore” di comunicazione, può anche succedere. Quello che non torna invece è quanto accaduto ieri sera con la messa inonda su RAITre della puntata di Report dedicata alla vicenda Gasparri. 

Per ora ci limitiamo a porre solo domande: da tempo, settimane, era noto e si leggeva che Ranucci stava indagando sul senatore. Il vertice RAI ne era informato e aggiornato? Chi ha fatto uscire la notizia del servizio in anticipo e perché? Che relazione c’è tra la convocazione di Ranucci in Vigilanza l’8 novembre (ricordata come quella della carota mostrata da Gasparri) e il servizio giornalistico in corso di realizzazione su di lui? C’è qualche relazione sulle “dimissioni” di Gasparri da vicepresidente del Senato lo scorso 22 novembre, proprio alla vigilia della messa in onda della trasmissione? Il 23 novembre scorso sul profilo FB di Ranucci compare l’anticipazione del servizio su Gasparri. Ieri sera viene presentata solo la “prima parte” e si rinvia alla settimana prossima la seconda parte. Perché non dire tutto subito? Chi ha deciso la “spezzatura” del servizio e perché? Una nostra fonte, rigorosamente riservata ci ha detto “E’ stato indotto per un verso ad anticipare e per altro verso a rinviare”. Semmai fosse vero, cosa anticipare cosa posticipare e poi da chi? Fuga di notizie? Opportunità politica? Il servizio non era “completo” e andavano fatte ulteriori verifiche? Quali, a favore di chi e, ancora una volta, perché? Infine, oggi pomeriggio si legge un comunicato della società interessata, Cyberealm, con il quale si afferma che “ …  non condivide la ricostruzione effettuata da "Report" nella puntata mandata in onda il 26 novembre u.s. e in alcune notizie stampa pubblicate nei giorni scorsi, inerenti anche all'attività dalla stessa svolta”.

Nei giorni scorsi abbiamo avvertito puzza di bruciato. Confermiamo.

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La Televisione e il Colosseo dentro di noi


Popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori 

(si legge sul Colosseo quadrato dell’Eur).

Si richiede un aggiornamento: si tratta di un popolo di velisti, di golfisti, oggi di tennisti e, ora che arriva l’inverno se occorre  e necessario pure di “curlingisti”. I telespettatori accorrono a milioni e non ci facciamo mancare nulla quando si tratta di dedicare lo sguardo a qualche fenomeno che riscuote attenzione e facile consenso mediatico e ci riferiamo a eventi non solo sportivi. Si tratta di fenomeni sociali, culturali e politici noti da millenni e il Colosseo dietro l’angolo e dentro di noi, nel nostro antico DNA, ce lo ricorda costantemente. 

La domanda è se questo consenso sia endogeno o indotto da una pressione/tensione esterna che porta questi fenomeni in prima pagina e li rende particolarmente rilevanti, forse più di quanto sia reale, significativo e permanente il loro rilievo. Più specificamente: quale ruolo assume anzitutto la televisione nella definizione sociale di questo fenomeno con la forza potente delle sue immagini in diretta? Si tratta di interrogativi ai quali non è semplice rispondere, specie poi quando si estendono ad altri perimetri di interesse pubblico. Abbiamo sempre sotto gli occhi e non perdiamo mai di vista i contenuti del preziosissimo testo di Susan Sontag "Davanti al dolore degli altri".

Vedi, ad esempio, il fortissimo clamore sociale e mediatico che ha avuto il recente femminicidio di Giulia (il numero 106 dall’inizio dell’anno). È un numero drammatico e impressionante che pure era ed è sotto gli occhi di tutti da anni (mediamente 150 l’anno). La domanda è perché solo ora, per questa particolare circostanza, si è levata questa doverosa indignazione e protesta con larghissima eco mediatica? L’omicidio di Giulia non è stato meno brutale e violento delle tante altre donne che sono cadute vittime dei loro aguzzini parenti, mariti o fidanzati. È il fenomeno specifico che accende i riflettori della telecamere televisive o sono i riflettori che accendono/evidenziano il fenomeno? Quali sono i delicati meccanismi che si attivano nel racconto, nella percezione e nella formazione della coscienza collettiva quando succedono questi fatti? Non abbiamo una risposta pronta e sufficiente a comprendere il fenomeno, però ne avvertiamo l’esistenza specie per quanto riguarda l’influenza che esercita il mezzo televisivo nel determinare l’agenda dei temi all’ordine del giorno.

Come pure, in altro campo, ci riferiamo alla recente vicenda del ministro e del treno che si ferma a Ciampino. Ha avuto, giustamente, una grandissima attenzione che però non sembra equilibrata con l’attenzione che invece meritano altre notizie che pure non sono di rango inferiore per il rilievo “istituzionale” che rivestono. Vedi, ad esempio, il caso Gasparri: da settimane era noto che intorno al suo nome stava girando un’inchiesta di Report che, per una prima parte, è andata in onda ieri sera su Rai Tre dopo che, peraltro, era stata anticipata nei contenuti e nelle immagini, nei giorni precedenti. Per quanto abbiamo letto noi, solo stamattina alcuni quotidiani gli dedicano attenzione e spazio di pagina che però appare imparagonabile nelle proporzioni rispetto al caso Lollobrigida. Lo stesso fenomeno si avverte su radio e televisione: il “circo mediatico” per questa occasione è di serie B seppure si parla di un senatore che sino a pochi giorni addietro era vicepresidente del Senato e oggi è componente della Commissione di Vigilanza Tv, quella dove Gasparri si è presentato con la carota in mano. Perché questo fenomeno non sembra meritare almeno pari attenzione mediatica?

Infine, allarghiamo il campo: quanto sta avvenendo a Gaza in un così breve arco di tempo potrebbe essere di livello ben superiore alle tante atrocità alle quali abbiamo assistito negli ultimi anni: a fronte di circa 40 bambini massacrati dai terroristici Hamas, l’Unicef ha contato fino a ieri 4.609 bambini massacrati sotto i bombardamenti. La contabilità del terrore e dell’orrore sembra non finire qui perché, purtroppo, viste le condizioni delle strutture sanitarie di Gaza ridotte in macerie se ne dovranno aggiungere molti altri. Eppure, questi bambini sembrano fare “meno” notizia, sembrano avere “meno peso”, questi bambini sembrano essere “meno rilevanti” e pressoché imparagonabili nelle dimensioni spaziali e temporali non solo nel racconto di questa guerra ma anche rispetto ad altre guerre in corso (Ucraina) e altre recenti. Perché? Cosa è necessario oltre queste dimensioni per fare accendere i riflettori televisivi e attirare l’attenzione della pubblica opinione? 5.000 bambini morti in pochi giorni sono già troppi perché parlarne potrebbe suscitare reazioni politicamente poco sopportabili o sono troppo pochi per meritare adeguata attenzione mediatica? Anche in questo caso non abbiamo una risposta pronta e di facile consumo: avvertiamo solo l’esistenza del fenomeno e registriamo uno scarso interesse.

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domenica 26 novembre 2023

domenica 16 novembre

 Care lettrici, cari lettori ...

anche oggi non ce la sentiamo di riproporre, seppure con qualche piccolo aggiornamento, le solite cose che leggete solitamente. 

Avvertiamo, e ci giungono segnalazioni / riflessioni, un rumore di fondo dentro e intorno alla RAI non facile da decifrare. 

Riguarda tanti temi che fatalmente si intrecciano tra loro: le risorse (canone), l'attuale e il prossimo Cda, i vari Contratti di Servizio e collegati e subordinati Piano Industriale e immobiliare, gli ascolti, le tecnologie (passaggio di un MUX previsto il 10 gennaio)  e così via. 

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ps: of course .. stasera tutti a vedere Report sulla vicenda Gasparri !!! e a chiederci pure perché pochi la stanno seguendo

sabato 25 novembre 2023

sabato 25 novembre

Oggi speriamo di prendercela comoda ... 

ma, rimanete sempre sintonizzati: 

le sorprese sono dietro l'angolo!

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venerdì 24 novembre 2023

La RAI al Banco dei Pegni

Foto di Anna da Pixabay
Cosa succede in una famiglia normale, oppure un’azienda, quando le cose non vanno gran che bene dal punto di vista economico? Succede che si inizia a fare qualche debituccio con la speranza che le cose possano migliorare. E se poi le cose non migliorano? Che succede? Succede che i debitucci crescono e bisogna farne altri per ripagare i primi … oppure … oppure… si cerca di tappare qualche buco vendendo o portando al Banco dei Pegni (oggi si chiamano “compro Oro) qualche “gioiello di famiglia”. Altrimenti, un saggio capo famiglia e dirigente di azienda, chiama i suoi familiari o collaboratori e gli fa un discorsetto semplice e chiaro: “O riduciamo le spese e conteniamo i costi oppure la baracca fallisce, decidiamo quale dovrà essere il nostro futuro”.

Più o meno a Viale Mazzini stanno messi così: il debito è alto, il bond dei 300 mln del 2019 si dovrà rinnovare, il canone è minacciato e la pubblicità ben che vada è incerta o la raccolta potrebbe pure peggiorare. Ecco che allora si profila e si comprende il “blitz” (come è stato titolato oggi sui quotidiani) di Sergio (Rossi no?) sulla frenesia di approvazione del Piano Immobiliare con il quale si prevede di fare cassa per circa 240 mln (salvo poi dover pagare gli affitti degli immobili che si venderanno cioè il famigerato lease back)

Passo indietro, a luglio dello scorso anno quando compare la prima bozza di questo Piano si legge, alle pag. 7 e 8, che il Piano Industriale poggia su 4 pilastri (distribuzione, contenuti, ricavi, aree operative) e relative 16 16 iniziative strategiche prioritarie. Poi si legge che “Il Piano prevede in parallelo una profonda evoluzione di tutti i principali Fattori Abilitanti: immobiliare, risorse umane, tecnologie ed organizzazione”. Appunto, anzitutto il Piano Industriale dove quello Immobiliare è un “fattore abilitante”. Punto. Allora come è mai possibile approvare con tutta fretta il suo esatto contrario? Ovvero prima il Piano Immobiliare poi quello industriale che, notoriamente, non si sa da che parte inizia e, ancora di più non si sa che fine ha fatto il Contratto di servizio???

Ma, andiamo avanti con il ragionamento di fondo. È del tutto evidente che Rai si trova di fronte a un momento cruciale della definizione del suo ruolo o missione. Poniamo che presto, speriamo, si possa cominciare a mettere in discussione il suo perimetro di attività e il suo rapporto tra costi e risorse? Che senso ha allora smobilitare risorse senza un contesto, un quadro, un indirizzo, una visione strategica? E se proprio vogliamo scendere nei bassifondi della bruta contabilità, volgiamo dire un’eresia? Vogliamo immaginare che Viale Mazzini possa non avere più senso per come è e per come dovrebbe essere (almeno ripulito dall’amianto)? Quanto costa per quante sono le persone che ci lavorano (e quante tra queste oggi sono in Smart working)? Vogliamo dire un’altra eresia: che 12 mila dipendenti, 2000 giornalisti per tre reti generaliste e qualche canale specializzato non regge il conto delle risorse sulle quali contare?

Ribadiamo quanto abbiamo scritto ieri: questa fretta di approvare il Piano Immobiliare è poco convincente.

Torniamo all’attualità. Ieri abbiamo scritto che il prossimo CdA del 5 dicembre dovrebbe procedere alla “nomina” del nuovo consigliere DI Pietro e abbiamo scritto chiaro e tondo che non ci sembra nelle sue competenze. Anzi! Ci sono stati obiettati due articoli del Codice Civile dai quali si potrebbe evincere questa possibilità cioè che il Cda possa “ratificare” la nomina. E ancora una volta NO! Al Cda RAI la Legge non assegna nessuna possibilità né di “nomina” e tantomeno di “ratifica” di un atto giuridico compiuto da altro soggetto, cioè l’Assemblea dei dipendenti che nulla ha che vedere con l’Assemblea degli azionisti convocata dalla Soldi. Purtroppo, però ci dobbiamo limitare in questo campo: se non c’è nessuno interessato a far valere il diritto e nessuno obietta e si oppone e, al contrario si lascia sfuggire una importante occasione di fare valere l’autonomia dell’Azienda dall’ esecutivo (l’azionista di maggioranza, ovvero il Governo). Come già successo in passato sulle obiezioni di costituzionalità etc (vedi legge per rimuovere Fuortes) o nel presente (vedi dubbi di costituzionalità sulla riduzione del canone) se non c’è nessuno che si oppone e soll8eva il problema… si capisce bene perché poi si fermano i treni a piacimento.

Ultima nota: da giorni si legge della vicenda Report e Gasparri. Su La Stampa di oggi si legge che “… il senatore azzurro sapeva delle scoperte fatte dalla trasmissione. «Si tratta di Cyberealm – rivela Report nell'inchiesta che dovrebbe andare in onda tra un paio di settimane - una misteriosa società di sicurezza informatica, di cui Gasparri è presidente. Ne fanno parte manager e collaboratori, sia ufficiali che occulti, con un passato imbarazzante e legati ai servizi segreti di altri Paesi”. Poi, oggi, leggiamo su Dagospia che “… Gasparri avrebbe preso la decisione di dimettersi dalla società prima della messa in onda dell’inchiesta della trasmissione di Sigfrido Ranucci (domenica è prevista la prima parte ormai resa pubblica da “la notizia”)”. Bene, la vicenda non è irrilevante o inferiore di interesse a quella che occupa tanto spazio sul treno fermato a Ciampino. Anzi!!! Perché allora la RAI non anticipa la trasmissione per intero già dalla prossima domenica? È diritto essere informati e dover informare correttamente, subito e non tra 10 giorni.

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giovedì 23 novembre 2023

RAI: quanta puzza di bruciato


Ci sono persone che “sentono” voci, vedono oltre il visibile, avvertono odori e profumi apparentemente inesistenti. Alcune di queste persone diventano anche Sante perché magari “parlano” con il Divino o sovrannaturale. Bloggorai è laico, scettico e solitamente pessimista. Salvo incontrare qualcuno che possa esporre argomentazioni solide e robuste e allora è pronto a cambiare idea. Però, al momento, abbiamo ragionevoli dubbi e sentiamo forte una certa puzza di bruciato.

Dubbio Uno. Poco fa è stata diffusa una nota stampa da Viale Mazzini sulle decisioni del Cda dove si legge “Il Consiglio di Amministrazione della Rai, riunito oggi a Roma, ha preso atto dell’elezione di Davide Di Pietro a Consigliere espresso dai dipendenti e ha dato mandato alla Presidente Marinella Soldi di convocare l’Assemblea degli azionisti il prossimo 5 dicembre, per procedere alla relativa nomina. E noooo…non si potrebbe fare !!! Non sembra proprio esser così perché la Legge (art. 63 comma 17 Legge 208/21) a proposito della fonte di nomina del Consigliere espresso dai dipendenti  è molto chiara: comma 15, lettera c: “ … designato   dall'assemblea   dei   dipendenti    della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a.” e successivamente, stesso comma  17 “… componente  espresso  dall'assemblea  dei dipendenti della RAI Radiotelevisione  italiana  S.p.a”. sembra di poter sostenere legittimamente che il Cda non deve “nominare” proprio nessuno ma deve solo prendere atto che è l’Assemblea dei dipendenti che “nomina” ovvero "esprime" ovvero elegge e ancora più non sembra proprio necessaria l’Assemblea degli azionisti per procedere ad un atto che non gli compete. Per il nuovo consigliere Di Pietro un problemino da porre subito subito, giusto per mettere le cose in chiaro.

Dubbio Due (con grande puzza di bruciato). Che Report su Rai Tre fosse una trasmissione “indigesta” a tanti è cosa nota, da anni. Che lo spostamento alla domenica sera fosse in “odore” di bruciato lo abbiamo avvertito subito in tanti. Che quando Gasparri si è presentato in Vigilanza RAI con una carota in mano quando è stato audito Ranucci la puzzetta di bruciato si cominciava ad avvertire sempre più forte. Quando poi, questa mattina, leggiamo sul quotidiano La Notizia  che “Gasparri presidente di una società di Cybersecurity. All'insaputa del Senato Il capogruppo FI nella Cyberealm dal 2021 Ma ha omesso di dichiararlo a Palazzo Madama” e poi “… neo presidente dei senatori di Forza Italia che è invece assai preoccupato: fra due settimane al massimo andrà in onda Report il programma di Sigfrido Ranucci che lo stesso Gasparri ha incalzato di fronte alla Commissione di Vigilanza Rai dove il conduttore era stato trascinato per volontà del centrodestra” questa strana e curiosa puzza di bruciato comincia a farsi assai densa.  

Dubbio Tre. Ieri vi abbiamo riferito dei due report sulla diffusione degli apparati televisivi abilitati alla ricezione dei nuovi standard digitali presenti nella famiglie italiane secondo quanto riportato sia dal recente Rapporto Auditel Censis sia dal recentissimo (ne abbiamo avuto copia giusto ieri) Report della FUB “Diffusione degli apparati TV in Italia e scenari evolutivi. Aggiornamento ottobre 2023”. I dati tra i due report non concordano e, in primo luogo, sembrano discordanti le metodologie di indagine e ricerca. Evidente che se cambia il metodo e l’oggetto di rilevazione cambia anche il risultato. Quale è il senso di evidenziare un dato rispetto ad un’altro? Sommariamente con il Report Auditel la transizione al DVB-T2 a genanio si prospett come una catastrofe per RAI, con la ricerca FUB no. Dal nostro semplice e modesto punto di vista è e rimane sempre lo stesso: avvantaggiare la concorrenza RAI. E allora la domanda che poniamo è ancora una volta semplice e radicale: perché RAI non “agisce” a tutela dei suoi interessi che, in questo caso, significa il rischio potenziale quanto reale di perdere un numero rilevante di telespettatori che se non sarà il prossimo 10 gennaio, potrà essere solo rinviato di sei mesi? Altro che puzza di bruciato!

Dubbio Quattro. Come abbiamo scritto la fretta di chiudere il Piano Immobiliare è in odore di bruciato nel tempo e nel merito. Nel tempo perché, come abbiamo scritto e ribadiamo, il Piano Industriale dovrebbe essere subordinato in ordine A al Contratto di Servizio non ancora ratificato e B al Piano Industriale che ancora è in fase di “discussione” (avviato lo scorso 6 novembre). E dunque? Come si colloca questo piano immobiliare nel merito di un contesto di pianificazione strategica dell’Azienda tutto ancora da decifrare in relazione alle risorse di cui potrà disporre? Ricordiamo, giusto per la cronaca, che lo scorso 20 giugno è stata avviata Indagine di mercato invito a manifestare interesse per immobili da locare in Roma… La RAI - Radiotelevisione italiana Spa (di seguito "RAI") ha in corso un programma di razionalizzazione e rinnovamento delle proprie sedi in Roma e, a tale fine, ha interesse ad individuare uno o più immobili ad uso ufficio, ubicati nel territorio di Roma Capitale, da condurre in locazione al fine di trasferire temporaneamente alcune strutture aziendali del Gruppo RAI”.

Apriamo le finestre anche se non è primavera, la puzza di bruciato si avverte forte e chiara. Magari ci sbagliamo, però non si sa mai!

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mercoledì 22 novembre 2023

Puzza di bruciato

 Stand by

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RAI: oggi diamo i numeri

Oggi diamo i numeri (succede). Nota bene: Bloggorai, notoriamente, non ha competenze e conoscenze in materia … anzi!!! Appartiene a quella specie umana convinta che 2+2 potrebbe fare anche 5. Quindi, perdonateci se ci sfugge qualche strafalcione.

Numero uno. Ieri ci siamo chiesti perché tanta fretta che SergioRossi pongono nel volere approvare il Piano Immobiliare prima ancora del Piano Industriale e prima ancora dell’entrata in vigore del nuovo Contratto di Servizio. La stessa fretta posta nella approvazione dello stesso in Vigilanza quando hanno sostenuto la scadenza del 30 settembre senza alcun fondamento. Una fretta sospetta e, apparentemente, ingiustificabile. Ora però, ci viene segnalato, che siamo in presenza di un valido e possibile motivo per cui è necessario “fare in fretta”. Bisogna però fare qualche passo indietro, di circa 5 anni, quando la RAI venne “costretta” o indotta (una vera novità!) a fare un prestito ovvero emettere un bond per 300 milioni. Parliamo del 27 novembre 2019 e parliamo di una cedola annuale fissa pari al 1,375%. Altri tempi e anche allora dubbi sulla legittimità di fare un’operazione del genere: non si dovrebbero utilizzare soldi pubblici per ripagare interessi “privati”. Fatto sta che ora siamo alla scadenza e occorre fare qualcosa, ad esempio rinegoziarlo. E non è cosa facile: occorrono garanzie che, al momento, sembra difficile sostanziare. Ecco allora avanzare l’idea del Piano Immobiliare che, in mancanza di meglio, potrebbe costituire un segnale interessante per gli investitori interessati. Si vende qualcosa? Corso Sempione è sufficiente? Perché tanta fretta a smentire l’ipotesi di Viale Mazzini?

Numero due. Su Rai Way si rincorrono voci e ipotesi da anni, dalla sua quotazione in poi c’è sempre stato un susseguirsi di ipotesi di fusione con Ei Towers, di “polo delle torri” etc.. Appena insediato il nuvo AD Cecatto ha subito detto di voler riaprire il dossier e dibattere con gli stakeholders, i maggior interessati ai lauti dividendi che la Società distribuisce (con i soldi del canone che RAI paga a Rai Way, circa 200 mln anno). A marzo dello scorso anni Giorgetti dichiarò in Vigilanza RAI: “Il messaggio è chiaro: non si vendono i gioielli di famiglia (come RaiWay) perché ci si è indebitati in passato. Al contrario, il governo vuole che i ricavi della parziale privatizzazione della società pubblica delle antenne siano destinati ad "attività proprie" del servizio radiotelevisivo”. Pochi giorni addietro, lo scorso 15 novembre, La Stampa titola: “Rispunta la fusione delle torri tv, 150 milioni da Rai Way-Ei Towers”.

Appare del tutto evidente che la pentola della carenza/mancanza di risorse per il futuro della RAI ribolle e che giocoforza ne debba uscire qualcosa presto. Siamo in attesa di sorprese e la manovra del canone è ancora nebulosa (oltre che di lecito dubbio di costituzionalità che però nessuno sembra intenzionato a sollevare).

Numero tre. I numeri sugli ascolti, sulle modalità di fruizione e di diffusione del segnale televisivo traballano e non sono sotto il segno positivo per tutta la televisione generalista e più segnatamente per RAI. Lo ha detto il recente Rapporto Auditel Censis e, da questa mattina (noi lo abbiamo e lo stiamo visionando) lo ha detto il Report della FUB “Diffusione degli apparati TV in Italia e scenari evolutivi. Aggiornamento ottobre 2023”. Vengono pubblicati numeri non in linea con quelli pubblicati recentemente da Auditel Censis sui televisori nella famiglie italiane. Da leggere poi con attenzione la riflessione proposta da Clelia Pallotta e Francesco Siliato con il titolo “Televisione e televisori. Tutto cambia ma la tv resta al centro del discorso pubblico” dove si pone particolare attenzione al temine “non riconosciuto” che “… definisce quindi trasmissioni, visioni, utilizzi del televisore differenti: seguire le piattaforme streaming, l’on-demand, usare game console; computer; lettori multimediali; set box e smart tv anche non connesse alla rete e altri usi di minor peso. Nelle prime dieci settimane della stagione televisiva 2023- 24 questo insieme ha raggiunto 1,7 milioni di audience nel giorno medio e ha pesato per il 17,5% sull’audience da televisore”. È in questo contesto, in questa arena che si consumerà lo scontro tecnologico del prossimo anno, quando se verrà applicata la disposizione dell’art. 8 del nuovo Contratto di Servizio, la RAI (e solo la RAI) dovrà spostare il prossimo 10 gennaio un proprio MUX sul DVB-T2 con la paventata emorragia di telespettatori. Come abbiamo già detto, non sappiamo ancora se la data verrà rispettata o rinviata di sei mesi, non sono stimati quanti telespettatori si perderanno e quali canali verranno inseriti nel MUX.

L’un per l’altro, non sono numeri da poco conto e saranno questi più che ogni altro che decideranno le sorti della RAI e di chi la governerà nel prossimo futuro.

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In attesa

 Rimanete sintonizzati...presto arriva un post molto interessante 

martedì 21 novembre 2023

Il Popolo RAI e chi va di corsa



Le elezioni del rappresentante dei dipendenti RAI hanno dato un risultato forte e chiaro: circa un terzo dei votanti, 2372 su 6482, ha promosso Davide Di Pietro, già vicepresidente di Indignerai al fianco di Riccardo Laganà. Un importante segno di continuità. Auguri di buon lavoro!!!

Cosa ci dice questa elezione? Tante cose. La prima si riferisce al numero dei votanti pari a più della metà degli aventi diritto (57,6%): sta dire che la maggioranza del “popolo RAI” non è indifferente a chi lo governa e questo “popolo” è più di sinistra che di destra (battuti i due candidati di destra la cui somma dei voti è inferiore a quelli ottenuti da Di Pietro). Abbiamo sentito spesso sostenere che serpeggiava un’aria di delusione e rassegnazione che, evidentemente, non è del tutto vera. La seconda osservazione si riferisce a chi ha vinto che ha goduto certamente di una preziosa eredità lasciata da Riccardo che, evidentemente, è stata riconosciuta ed apprezzata. Non era facile e tantomeno scontato. La sua prematura scomparsa ha privato l’apertura di un dibattito, di una riflessione, che si poteva e doveva fare al termine del suo secondo mandato sul ruolo e i compiti del rappresentante dei dipendenti.  La terza osservazione si riferisce al contesto temporale: questo Cda durerà in carica ancora pochi mesi e questo ha indotto alcuni a sottrarsi dalla competizione (“tanto serve a poco”) così compiendo un grande errore strategico. Pochi mesi saranno sufficienti a porre tante basi di mutazioni genetiche di forte impatto sull’Azienda (vedi Contratto, Piano industriale e immobiliare). La quarta osservazione si riferisce ai contendenti: che fine hanno fatto gli storici sindacati RAI? L’Usigrai chi ha sostenuto? Nessuno tra i candidati ne era espressione diretta. L’ultima osservazione l’abbiamo già anticipata: quanto tempo sarà necessario prima che Di Pietro potrà leggere, studiare, metabolizzare i tanti dossier strategici che sono sul tavolo del Cda e l’ambiente del VII piano? Tanto, tanto tempo. Il nuovo consigliere si insedierà il prossimo 5 dicembre, poi viene Natale. Vedremo. Intanto ancora un forte augurio di buon lavoro!

Nel frattempo, registriamo un fattore che da mesi si sta evidenziando: questo Cda vuole andare “di corsa” e, possibilmente, in gran segreto. La dimostrazione più evidente e clamorosa si è avuta con il Contratto di servizio che scientificamente si è voluto secretare fino allo scorso 12 luglio, salvo poi voler imprimere una sospetta velocità per chiudere il dibattito in Vigilanza entro il 30 settembre. Ora è la volta del Piano immobiliare che si vorrebbe votare “subito” prima ancora dell’insediamento del nuovo consigliere ma anzitutto prima ancora che venga sottoscritto formalmente il nuovo Contratto di Servizio e il conseguente Piano industriale del quale, è lecito supporre, che il Piano immobiliare si una derivazione. Perché? Poi, necessario ricordare che a luglio 2022 è stato presentata una bozza di “Piano Industriale 2023-25 e Focus sul Piano Immobiliare” prima ancora che prendesse forma il Contratto di Servizio. Quel documento aveva una sua “ratio” molto forte nell’inquadrare il Piano Immobiliare nel contesto del Piano industriale , tant’è che a pag. 8 si legge “Il Piano prevede in parallelo una profonda evoluzione di tutti i principali Fattori Abilitanti: immobiliare, risorse umane, tecnologie ed organizzazione”. Perché allora oggi forzare la mano sul Piano Immobiliare quando non c’è nessuna traccia all’orizzonte del nuovo Piano industriale la cui discussione è appena iniziata lo scorso 16 novembre? 

Infine, aspetto più importante, nonostante le fantasiose smentite e nonostante i precedenti, leggendo e dibattendo, si avverte una certa “fretta” nel voler chiudere rapidamente la storia di questo Cda per dare presto avvio ad una nuova stagione. Qualcuno ha scritto e ipotizzato una sostituzione di Sergio con Rossi (vedi il precedente poco fortunato di Fuortes) per rimescolare le carte prima possibile e formare un nuovo Cda maggiore immagine e somiglianza del Governo in carica.

Chiudiamo con due riflessioni: nei giorni scorsi è stato presentato il Rapporto Caritas 2023 con il titolo “Tutto da perdere” dove si legge che ad oggi “Si contano oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione; un residente su dieci oggi non ha accesso dunque a un livello di vita dignitoso”. Si tratta di un numero che accompagna giusto quello di ottobre dello scorso anno quando abbiamo letto che sono circa 5 milioni gli italiani che non pagano o sono forti ritardatari delle bollette elettriche, sulle quali insiste il canone RAI. Preoccupante.

Infine, ieri sera è andata inonda la nuova trasmissione di RAIUno di “approfondimento giornalistico”. Una vera fonte di idee, di proposte innovative e sperimentali con tanto di “data expert”, un pozzo di rara saggezza informativa da far tremare i polsi alla concorrenza. Auguri.

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lunedì 20 novembre 2023

RAI: nessun passo avanti ... dieci passi indietro


Che tocca fa per campà! Mannaggia la miseria, non si riesce a fare un microscopico passetto avanti che subito, zacchete, tocca farne 10 indietro. E così, fresca di giornata, ecco che il Messaggero ti scodella una intervista alla consigliera Agnes che non merita attenzione più di una riga, se non per ricordare che quando si afferma la teoria della Digital Media Company si dovrebbe premettere una parolina determinante per comprenderne bene il senso relativo alla RAI: “Pubblic”. Se non ché, la dimenticanza della Agnes viene da lontano: già prima questo termine era stato "dimenticato " dalle bozze di lavoro elaborate dal gruppo di lavoro RAI, sotto il coordinamento della presidente Soldi, e dopo lo stesso nuovo Contratto di Servizio all’art. 3 ha beatamente ignorato questo termine, che pure era tra gli emendamenti qualificanti presentati da tutti i partiti di opposizione (... Articolo 3 nella rubrica aggiungere “di servizio pubblico” e conseguentemente nell’articolo aggiungere “di servizio pubblico” ad ogni richiamo del “digital media company”) e poi regolarmente cassato. 

Ecco, se poi qualcuno viene a sostenere che questo è “un buon Contratto di servizio” è lecito porsi qualche dubbio sulle capacità di intendere e distinguere cosa è buono e cosa cattivo, appunto cosa è vero da cosa è falso!

Bloggorai ha poi la tastiera avvelenata sui KPI (che viene sempre dallo stesso ambiente) e non si capacita come pure menti illuminate e autorevoli siano cadute in questo trabocchetto micidiale. Non bisogna essere geni di economia e finanza per intendere bene di cosa si tratta: non dovete fare altro che digitare l’acronimo KPI su Google per rendervi subito edotti sul fatto che si entra in un mondo che ha poco o nulla a che fare con il Servizio Pubblico.       

Riassumiamo e sintetizziamo: cosa sono i KPI? Sono un valore misurabile, quantificabile, con i quali si dimostra l’efficacia con cui un’azienda sta raggiungendo i propri obiettivi strategici.  E quali sono gli obiettivi strategici della RAI? Quelli fissati, in ordine, dalla Convenzione (DPCM del 28/4/2017), della successiva Convenzione e del conseguente Contratto di servizio (ancora non approvato in via definitiva). In primo luogo la RAI ha l’obiettivo di svolgere un “… servizio di interesse generale, consistente nell'attività di produzione e diffusione su tutte le piattaforme distributive di contenuti audiovisivi e multimediali diretti, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, a garantire un’informazione completa e imparziale, nonché a favorire l'istruzione, la crescita civile, la facoltà di giudizio e di critica, il progresso e la coesione sociale, promuovere la lingua italiana, la cultura, la creatività e l'educazione ambientale, salvaguardare l'identità nazionale e assicurare prestazioni di utilità sociale” (art. 1 Conv.). E come si misura “l’interesse generale” di un Servizio Pubblico??? Vedi quanto succede in questo periodo dove la Meloni occupa quasi tutti i notiziari al 62% dello spazio disponibile. Che si fa? Si pone un limite, metti al 30% e se il Governo lo sfora che succede? Qualcuno poi dovrà fare una multa a Palazzo Chigi  per “mancato raggiungimento del KPI n.1” ???  E poi “ … favorire l’istruzione, la crescita civile etc” come si misura? Con quali parametri si definisce la “crescita civile”? E chi li definirebbe questi parametri? Il Parlamento, la Vigilanza RAI, l'Agcom? Si dovrà fare una nuova Legge in supporto alla Convenzione (rango di Legge primaria) ??? No, basta, non ce la sentiamo di approfondire. Troppo distinto e troppo distante un argomento del genere dalla natura essenziale di un Servizio Pubblico che non deve realizzare profitti come un’azienda qualsiasi. La differenza tra un Azienda di interesse Pubblico e una di interesse privato è e deve essere forte, chiara e necessaria. Se la prima e assume le caratteristiche e assorbe la cultura della seconda non è più tale.

Oggi si vota per il rappresentante dei dipendenti: speriamo stasera di farvi sapere i risultati.

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domenica 19 novembre 2023

RAI: Vota Antonia ... Vota Antonio

Foto di Mohamed Hassan da Pixabay

Ascolta, si fa sera … (storica trasmissione religiosa radiofonica di Radio Uno) e vi proponiamo qualche piccola riflessione, tanto per prepararci la prossima settimana.

Anzitutto domani si vota per l’elezione del/della rappresentante dei dipendenti al posto del compianto Riccardo Laganà. Non è un voto irrilevante seppure durerà in carica solo per sei mesi (salvo proroga in vista della elezioni europee) e nonostante alcuni sindacati (due in particolare) l’hanno preso sottogamba ostacolando la candidatura (già formulata) di un nome autorevole ed esperto. Hanno preferito lasciare il campo libero in nome di non si sa bene cosa: “Non è conosciuto” hanno obiettato ma forse è vero il contrario “E’ molto conosciuto” e proprio per questo per molti indigesto. Staremo a vedere.

Intanto, sempre sul terreno del prossimo Cda, si affilano i coltelli e il prossimo 30 novembre si terrà l’Assemblea costitutiva del nuovo sindacato dei giornalisti RAI, considerato di destra in opposizione all’UsigrRAI di sinistra. 

I prossimi mesi saranno importanti per molti buoni motivi: anzitutto si predisporranno scelte che, direttamente o indirettamente, influiranno in modo rilevante sulla formazione del nuovo consiglio. Come noto, come abbiamo scritto e per quanto si legge, Sergio e Rossi andranno pure d’amore e d’accordo, ma non c’è alcun ragionevole dubbio che entrambi potranno/vorranno/dovranno concorrere a guidare ancora la nuova Rai della prossima consiliatura, seppure in ruoli diversi. In questo quadro, un/a consigliere/a potrà far valere un voto pesante che non sarà indifferente per il destino dei due personaggi.

Poi, è verosimile che presto (non si sa ancora quando) possa essere approvato definitivamente il nuovo Contratto di Servizio e il conseguente Piano Industriale ovvero il percorso obbligato che la RAI dovrà compiere nel suo prossimo futuro.  Si dovranno fare scelte che impegneranno non poco il progetto editoriale ed economico dell’Azienda. In genere, si dice che già dai mesi precedenti la scadenza il Cda si mette in “sonno”, pronto a fare le valigie visto che nessuno dei consiglieri attuali potrà essere ricandidato. Visto il contesto governativo entro il quale avverrà la prossima tornata di nomine di Viale Mazzini appare del tutto verosimile che Palazzo Chigi, oggi più di prima, non si lascerà sfuggire l’occasione di rafforzare ulteriormente la presa sulla RAI, magari raddrizzando la rotta rispetto a quanto finora avvenuto (che non sembra aver dato grandi soddisfazioni alla Meloni).

Dunque, per la nuova consigliera o il nuovo consigliere si prospettano due soluzioni esistenziali: la prima è capire dove è capitato, studiare i “dossier” e prendere le misura della nuova stanza del VII piano. Ci vuole tempo, tanto ...tanto tempo e fatica. La seconda soluzione riguarda se stesso: cosa ci faccio qui? Chi sono, quale il mio futuro? Quale il mio ruolo? Un semplice “sindacalista” di lusso, con un canale privilegiato con il vertice aziendale o l’espressione di un interesse collettivo che potrebbe non essere solo dei lavoratori che hanno votato. In gioco, nei prossimi tempi, non c’è solo il destino dell’Azienda ma quella del Servizio Pubblico. Gli sarà tutto chiaro? C’è solo da fare gli auguri.

Per quanto riguarda il nuovo sindacato c’è poco da dire: si immagina solo che si potrebbe incrinare la storica prevalenza dell’Usigrai tra i giornalisti di Saxa Rubra. In verità, non c’è nulla di nuovo: anzitutto è noto che, ovviamente, nella categoria sono rappresentati diversi orientamenti politici e dunque nessuna sorpresa se nasce un sindacato di destra che possa rappresentare quell’area politica. Poi, nessuna novità: già in passato c’è stata una iniziativa analoga che non ha avuto molta fortuna, giusto il tempo di consumare la permanenza del governo di riferimento. Tanto per dire che la destra in RAI c’è sempre stata, anzi, per certi aspetti quella di prima era più forte e forse autorevole. Vedremo.

Infine: noterella sulle recenti dichiarazioni della Presidente Soldi. Come abbiamo più volte scritto, a noi risulta che sia stata lei l’artefice della “ideazione” di alcune parti significative del nuovo Contratto di Servizio: la Digital Media Company e i famigerati KPI. Ne abbiamo già parlato ma vale la pena un breve cenno di ritorno. Nei giorni scorsi la Soldi ha dichiarato “… è importante, in generale, avere dei KPI (indicatori chiave di prestazione, ndr) che ci aiutino a capire la salute della nostra azienda …”. Fa tornare alla mente quando qualcuno che in passato ha immaginato la Rai come un fabbrica di bulloni, una impresa qualsiasi che si confronta con il “mercato” dimenticando la natura ontologicamente diversa del Servizio Pubblico dove si fa grande fatica a comprendere come e dove si misurano gli obiettivi: quali? fissati da chi? E cosa succede se non vengono raggiunti? Poi, aggiunge la Soldi “La situazione è delicata, abbiamo bisogno di certezza, è un tema che ha impatto sui conti aziendali e dunque un arco temporale congruo alla pianificazione di un’azienda che deve trasformarsi digitalmente è decisamente importante”. Delicata? Importante?  Complimenti, se la cava con poco come se si trattasse di un cosetta passeggera: è in ballo la riduzione delle risorse da canone di centinaia di milioni e tutto si semplifica con “delicata” e “importante”? Ottimista. Chiudiamo in bellezza con la battuta finale “Siamo in attesa di avere il confronto con il Mimit”. Siamo in attesa? La Vigilanza ha espresso il suo parere già da quasi due mesi ed ora non resta che la firma congiunta. Di quale confronto parla? Cosa c’è altro da dibattere o confrontare? E dunque, perché attendere e non battere i pugni sul tavolo ed esprimere tutto il disappunto per il grave danno che questo ritardo sulla firma del Contratto di Servizio comporta (Contratto sciagurato a parer nostro) ??? Boh! Tanto lei si è assicurata un posto nel board della BBC. Alla RAI ci penserà qualcun altro.

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ps: seguite Report stasera ... ne parleremo!!!

sabato 18 novembre 2023

Le mele avvelenate sugli alberi di Viale Mazzini

Foto di Tracy Lundgren da Pixabay

Anche Bloggorai non vuole essere da meno e farà Debunking!!!

Poniamo domande esistenziali, fondamentali, ontologiche su alcuni grandi Miti d’Oggi (R. Barthes rivisto e corretto):

Una mela al giorno toglie il medico di torno? FALSO! I medici, in genere, fanno quello che vogliono.

Rosso di sera, buon tempo si spera? FALSO! Il tempo di domani lo decide Meteo.it e non il colore del cielo.

Chi va piano va sano e va lontano? FALSO! Bene che vada, arriva tardi e magari, ad una certa età, con affanno.

Non c’è due senza tre? FALSO! Ci può essere solo il due senza che ci sia pure il tre.

Patti chiari e amicizia lunga? FALSO! Ci sono in giro un sacco di fetenti pronti a tradire pure i genitori.

La madre degli imbecilli è sempre in cinta? VERO! Il problema è che spesso non si sa bene chi sia il padre.

“Fake news” significa “false notizie”. Se le notizie sono ritenute false non sono notizie e quindi non meritano nemmeno essere considerate come tali e quindi riportate. Se viceversa le “fake news” sono vere diventano notizie e quindi debbono essere riportate come tali e non sono più “fake news”.  Il problema si pone quando qualche buontempone non riesce più a distinguere il grano dall’oglio ovvero le notizie vere da quelle false.

Bene, parliamo di cose serie ora che è passato il momento di crisi di sbellicamento di risate acuto che ci ha preso ieri pomeriggio. Quale è stato il senso profondo di questa operazione “fake news”? Dove andava a parare oltre la forma squinternata? Il maldestro tentativo puntava a due obiettivi precisi: il primo è cercare di ribadire una immagine dei rapporti tra Sergio e Rossi in temini felici, affettuosi, cordiali e sereni. Il secondo obiettivo è cercare di ribaltare la “narrazione” sulla RAI che ormai stava diventando insopportabile dentro e fuori Viale Mazzini. Da oltre un anno, un giorno si e l’altro pure, si leggono indiscrezioni e voci poi esattamente avverate su tutto lo scibile raiotico immaginabile (vedi, appunto, la nomina di Rossi annunciata mesi prima e puntualmente poi realizzata). Un giorno si e l’altro pure si assiste ad un progressivo sgretolamento non tanto e non solo degli ascolti in prima serata delle reti generaliste (di questo si sono preoccupati) sui quali pure c’è molto da dibattere, ma sostanzialmente sul ruolo e la funzione dell’Azienda che vorrebbe avere o dovrebbe essere di Servizio Pubblico.

Il “debunking” proposto ieri non tocca lontanamente tutto il vero o tutto il falso che interessa in modo strategico la RAI.

E’ vero o falso che questo nuovo Contratto di Servizio indebolisce la RAI?

E’ vero o falso che non si riesce ad immaginare un nuovo Piano Industriale (è solo “iniziato” il dibattito in Cda l’altro ieri …sic !!!) perché non sono certe le risorse sulle quali puntare???

E’ vero o falso che la minacciata riduzione del canone taglia le gambe al futuro della RAI?

E’ vero o falso che la prossima transizione al DVB-T2 potrebbe far perdere un numero imprecisato ma certamente rilevante di telespettatori?

E’ vero o falso che le fiction RAI costano tre o quattro volte di più di quelle Mediaset con risultati di ascolto pressoché simili?

E’ vero o falso che RAINews24 con oltre 200 giornalisti in carico riscuote uno share da prefisso telefonico?

E’ vero o falso che è stata proposto la riduzione dei budget del 10% a tutte le strutture di produzione?

E’ vero o falso che il Governo di Centro Destra gode del 62% delle attenzioni dei notiziari RAI (Osservatorio di Pavia, novembre 2023)???

E così via trotterellando …

La Rai, non il Servizio Pubblico, questa RAI e non il Servizio Pubblico, sgretola la sua credibilità se non riesce a dare risposte su questi interrogativi. Cosa cambia o cosa interessa se RAIUno manda in onda per due serate di seguito le repliche di Montalbano come avvenuto questa settimana? Ci teniamo da parte le recenti dichiarazioni della presidente Soldi: perle di assoluta saggezza che la dicono lunga,, molto lunga su come alcuni immaginano la RAI del prossimo futuro.

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venerdì 17 novembre 2023

Sbatti la Fake News in Prima Pagina ... e sganasciati dalle risate

Foto di John Iglar da Pixabay

La bellezza e la ricchezza di questo Blog sono anzitutto le sue lettrici e i suoi lettori. Bloggorai resiste e insiste da oltre 5 anni, ogni benedetto giorno che scende sulla terra, senza pubblicità e a gratisss.

Oggi ci eravamo ripromessi di prendercela comoda ma due elementi ci hanno “turbato”. Il primo è stato questa mattina quando Google Analytics ci ha segnalato che centinaia di persone hanno “cercato” il Post del giorno pur se non aveva ancora pubblicato una riga. Il secondo elemento turbante ci è arrivato fresco fresco da pochi minuti e ancora stentiamo a credere che sia vero.

Partiamo da questo ultimo perché è oggettivamente divertente e imbarazzante. Allora è successo che prima ci è pervenuto un PDF anonimo con un titolo sibillino: “E’ vero che?” con un sottotitolo inquietante “Debunking delle principali Fake News sulla RAI” e poco dopo abbiamo letto un comunicato dell’Ufficio Stampa RAI con il titolo “AD Sergio: Troppe fake news girano sull’Azienda”.

Debunking ???

Allora, chi vi scrive ha cominciato a giocare a fare il “giornalista” quando aveva ancora i calzoncini corti e ne abbiamo lette, viste e sentite di tutti i colori. Diciamo pure che abbiamo rafforzato i tondini di ferro sullo stomaco, specie dopo 30 anni di RAI. Sicché, una meraviglia del genere la abbiamo vista solo nei film o, come ci viene suggerito, da roba tipo “Russia Today” ovvero “Il Bollettino della Parrocchietta” o meglio ancora “Oste com’è il vino??? E’booono…è boonooo!”. Anche nei momenti più bui e tenebrosi della storia Rai (e ce ne sono stati) nessuno si è mai azzardato a fare una operazione del genere.

Ma di cosa si tratta? Si tratta di un file PDF non si sa bene ispirato da chi e rivolto presumibilmente all’interno dell’Azienda perché invece all’esterno è stato distribuito solo il comunicato stampa. Si elencano una serie di domande alle quali, ovviamente, la risposta è sempre una sola: “falso”. Fenomenale. Ne citiamo solo una, forse la migliore, che da sola merita di essere ritagliata e incorniciata perché, in fin dei conti, è la domanda da un milione di dollari, quella più rilevante e che più preme comunicare (il veleno sta sempre nella coda) a chi vuole e dovrebbe intendere:

“Excusatio non petita accusatio manifesta” … forse … chissà … magari … vai a sapere come stanno le cose? Che i due possano “legati da profonda stima e sincera amicizia” nessuno ragionevolmente è in grado di saperlo con assoluta certezza. Dobbiamo prendere atto ci quanto si legge. Stop. Che i due possano avere interessi e visioni divergenti sul loro presente e il loro futuro, ragionevolmente, invece si può dubitare. Nessuno, ragionevolmente, possiede prove provate di quanto si sente dire o ragionare “colà dove si puote ciò che si vuole… e più non dimandare”. Tutti, o molti, in verità possiedono ragionevoli capacità di mettere insieme acqua calda e pan bagnato da dove viene fuori la minestrina di cui si dibatte: Sergio e Rossi tra pochi mesi lasceranno il loro posto e, così come si è letto per mesi che Rossi sarebbe diventato DG solo in virtu’ di “grazie” terrene, allo stesso modo ora si legge che lo stesso Rossi potrebbe non essere più nelle stesse grazie mentre altri si candidano al suo posto. Quale è la differenza sostanziale tra Sergio e Rossi? Il primo, si legge, dicono i soliti bene informati, gode di supporti “molto” trasversali, il secondo no. Il primo, dicono, è una "vecchia volpe aziendale" di antico stampo democristiano e il secondo no. Semplice, elementare Watson! Se sarà vero o no quanto si legge (Il Foglio docet, e non è il giornale della parrocchietta) sarà la cronaca dei prossime mesi a dimostrarlo ma, se tanto mi dà tanto per quanto già avvenuto con Rossi (senza che quasi nessuno battesse un colpo di ciglio sulla fondatezza istituzionale della sua nomina come DG dopo che la Legge 220 del 2015 ha abolito questa figura), ragionevolmente la “fake news” ha un fondamento alquanto solido. Poi, certo, stiamo scherzando, le "fake news" sono banalmente tali perché altrimenti sarebbero solo "news". Chiudiamo in bellezza: se sono solo “fake news” perché dedicargli tanta attenzione? Non ti curar di lor ma guarda e passa…

Nota a margine. Ci sarebbero altre cosette interessanti da commentare, tra cui amene dichiarazioni della Presidente Soldi, ma per oggi abbiamo esaurito le energie.

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