mercoledì 30 settembre 2020

USA: la catastrofe apocalittica e il paragone con l'Italia


Dannata insonnia !!! Oppure, forse, benedetta! Durante quelle ore buie, ora anche alquanto fredde, succede che ci si aggira come fantasmi nella casa alla ricerca di qualcosa che possa ricondurre al sonno. La dannazione consiste nella sofferenza anche fisica, la benedizione invece consiste nella possibilità di accedere a mondi che durante il giorno sarebbero più lontani. 

È successo così che stanotte ho avuto modo di guardare in diretta il dibattito televisivo tra Donald Trump e lo sfidante Joe Biden. La sintesi? Una catastrofe apocalittica. Si è trattato di uno spettacolo talmente indecente che pure uno scazzo tipico di Uomini e donne di Maria De Filippi a confronto sarebbe spiccato come un dibattito all’Accademia dei Lincei che argomenta sui pigmenti di colore usati da Raffaello.

Da un lato uno sbruffone, arrogante e indispettito interruttore compulsivo (nel senso che non gli veniva proprio di rispettare il suo turno di parola) e dall’altro un signore un po’ compassato, a volte balbettante e stonato non in grado di tenergli testa e assumere un fisionomia autorevole e credibile. La cosa drammatica è che questi due signori hanno in mano le sorti del mondo, il destino dell’umanità. Hanno trattato di Coronavirus come forse gli sciamani africani avrebbero potuto fare meglio; hanno parlato di ambiente come fosse una partita di hockey su ghiaccio, hanno affrontato i problemi di economia come se in ballo ci fossero solo gli interessi di Wall Street. Il tutto sbattendosi in faccia accuse pesanti come macigni: Trump di avere frodato il fisco per milioni di dollari, Biden di avere un figlio stipendiato dalla famiglia di Putin. 

Come al solito, le verità sono semplici e facili da individuare. Trump ha vinto e forse vincerà ancora per manifesta incapacità a fronteggiarlo con un avversario capace. I democratici non sono stati in grado di far emergere un candidato forte, competente, attendibile e attrezzato con tondini di ferro da carpenteria pesante al posto dei pelucci sullo stomaco. Come in tutti i campi delle scienze, il vuoto non esiste. Laddove si crea uno spazio libero, immediatamente qualcosa di altro lo occupa. Nota a margine sul tema Covid: Trump si pone come alfiere dei “liberisti” e Biden per gli “allarmisti”. Da osservare che nel mezzo tra queste due posizioni c’è uno spazio infinito e, paradossale che possa apparire, questo spazio si definisce proprio nella sintesi delle due posizioni quando hanno affrontato il problema del vaccino che nessuno al mondo è in grado di dire se ci sarà, quando, per quanti, a quali costi, prodotto da chi e con quali protocolli di sicurezza. A sentirne parlare loro due c’è da essere seriamente preoccupati.   

A questo punto, se avete proprio voglia di divertirvi, fate un paragone con il nostro Paese: ne possiamo essere veramente orgogliosi. La nostra sarà pure una politica sparpagliata, arruffona, pigra e indolente ma non ha paragoni con quella che vorrebbe essere la Democrazia paladina del mondo. Il loro Presidente, quando va bene, viene eletto con meno della metà degli aventi diritto al voto dove vince chi prende il consenso di circa il 25% degli elettori e spesso pure con dati contestati come forse potrà avvenire anche per queste prossime elezioni di novembre. 
Per  similitudine, vale lo stesso principio di cui sopra: se una certa destra vince e si afferma in questo Paese è solo perché una certa sinistra (o quella che ne resta) non è da tempo in grado di intercettare e comprendere i grandi fenomeni che interessano le persone, i milioni di cittadini che ogni dannato giorno devono fare la spesa ma anche informarsi, educarsi e divertirsi.  E qui veniamo a giocare in casa: se la Rai, il Servizio Pubblico è in difficoltà oggi per domani è solo perché ha tanti avversari e pochi amici.  Se sentite qualcuno  che si sta battendo con forza e tenacia in sua difesa, potete inviarci una mail ...ne terremo conto.  

Detto questo, recuperata l’insonnia, apriamo i giornali di oggi alla disperata ricerca di qualcosa di interessante sui temi e problemi del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Nulla !!! del Cda di ieri imbarazzante  silenzio totale con un piccolo mistero in coda a quanto abbiamo scritto ieri. Di rete unica, di 5G, di riforme o innovazioni meno che niente. Di programmi, di prodotti, di contenuti non ne parliamo proprio.

Per consolarci, riprendiamo un articolo che abbiamo conservato e tratto dal Quotidiano del Sud di due giorni addietro con il titolo “Quando la televisione si sintonizzò sul futuro: la nascita di Canale 5”. Correva l’anno 1980 e in quella data è iniziata la rivoluzione copernicana del sistema radiotelevisivo nazionale. Vale la pena ricordarlo e vale la pena ripercorrere le tappe di quanto è successo e capire perché e per come oggi ci troviamo al punto cui siamo giunti. Istruttivo.

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martedì 29 settembre 2020

Rai: piccole storie, grandi verità

ooooopsssss....sorry ... il post non era stato pubblicato. rimediamo con ritardo !!!

Come spesso succede, dietro storie  piccole e apparentemente insignificanti si celano grandi verità che potranno pure appassionare poco ma insegnare molto. Riduciamo tutto ai minimi termini, cercando di evitare complottismi e fantapolitichese. 

Allora, succede che c’è una importante struttura Rai la cui direzione è vacante da mesi. Nei giorni scorsi, per fatal combinazione, fuori dal Palazzo di Viale Mazzini, tra autorevoli personaggi della politica sembra raggiunto un accordo su un nome e, domenica mattina, viene fatto “uscire” e reso pubblico. Passa il pomeriggio e il vertice Rai ne viene coinvolto perché il giorno successivo (cioè ieri), era in calendario il Cda che avrebbe dovuto esprimere un parere seppur non vincolante. Succede poi che su questo nome circolano perplessità e, ad un certo punto, viene lasciato cadere e oggi, forse, si potrà procedere con altro nome. Tutto sta a capire se è stato fatto uscire per bruciarlo o per sostenerlo, per preparare il terreno. Ci dicono da buone fonti che sia buona la prima ipotesi.

Perché questa storiella è significativa? Per il solito, semplice e banale motivo: il Cda non è in grado di decidere nulla se prima non ha il timbro della politica, se prima non si stipula il patto di sangue tra le parti in causa che, evidentemente, in questo caso non erano tutte presenti. Già, perché, per quanto abbiamo capito, sono stati fatti i conti senza tutti gli osti, interni ed esterni all’Azienda, politici e imprenditoriali. Tutto questo, per buona pace di quanti auspicano la proroga di questa dirigenza del Servizio Pubblico.

Per oggi basta e avanza. Si capisce perché certe volte verrebbe voglia di spianare tutto con il sale grosso e ricominciare tutto daccapo.

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lunedì 28 settembre 2020

Premiata Ditta Trame e Complotti


Anzitutto un consueto ringraziamento ai lettori di questo blog: ci stiamo avvicinando velocemente ad un numero di visualizzazioni di assoluto rilievo. Poche? Tante? Non lo sappiamo. Però sappiamo con certezza che Bloggorai è, al momento, uno dei pochi luoghi virtuali dove si cerca di riflettere, dibattere, proporre temi e analizzare problemi che interessano il futuro del Servizio Pubblico radiotelevisivo. Sappiamo pure con certezza che questo Blog può certificare i suoi lettori, altri no.

Spesso e poco volentieri “spariamo sulla Croce Rossa” rivolgendoci ai dirigenti Rai che per vario motivo o titolo non escono allo scoperto, non prendono coraggio e affrontano di petto chi li dirige, o almeno dovrebbe. Non espongono le loro idee, i loro progetti, rimanendo sempre in attesa che qualcuno li autorizzi per poi lamentarsi in privato del fatto che l’Azienda non funziona o è paralizzata. Poi, ovviamente, dedichiamo molta attenzione esattamente  al vertice di Viale Mazzini: all’AD Fabrizio Salini, al DG Alberto Matassino (che abbiamo definito abusivo perché la sua figura non è prevista da alcuna Legge e perché un ruolo del genere avrebbe dovuto essere occupato da chi conosce perfettamente l’Azienda e non da una persona alla quale è stato necessario insegnare pure da che parte stavano gli ascensori) e, infine, al responsabile della Comunicazione Marcello Giannotti per quanto ha fatto, o non ha fatto, per comunicare al pubblico, ai cittadini, quanto era doveroso e necessario (gli ricordiamo ancora una volta l’art.17 del CdS). Non sono esenti di attenzione i componenti del Cda dai quali è lecito attendersi segnali di fumo sui tanti problemi che si pongono sul futuro della Rai, in particolare economici. Ci riferiamo al canone, alla pubblicità, alle risorse tecnologiche, a Rai Way etc.

Ieri abbiamo cercato di ragionare sulla possibile proroga di questo Consiglio. Staremo a vedere quanto gli aderenti alla Premiata Ditta Trame e Complotti saranno in grado di convincere che sia opportuno percorrere questa strada (sulla sua liceità e sulla giustezza, lasciamo perdere, per ora). Si tratta di allungare i tempi di una agonia che non porta benefici a nessuno. Viceversa, ci verrebbe da aggiungere un punto sesto a quelli di ieri: perché non valutare una scorciatoia che consenta di anticipare la scadenza, andare subito ad un nuovo consiglio magari eletto anche con nuove regole (vedi www.manifestonuovarai.it) che possa prendere in mano i vari problemi sul tappeto e avere un arco di tempo ragionevole per affrontarli? Ipotesi difficile, ma non impossibile: ricordate quando alcuni mesi addietro il Ministro Gualtieri aveva pronta carta e penna per “licenziare” Salini? 

Per quanti Onorevoli Senatori e Deputati che leggono questo Blog, e che ogni tanto provano a fare una difesa d’ufficio del suo operato, è sufficiente ricordare almeno tre perimetri con i quali misurare concretamente quanto avvenuto durante questi due anni (indipendentemente dall’emergenza Covid): il Piano industriale congelato quando era già fermo da oltre un anno, le risorse economiche (il ricorso sul canone), l’efficientamento dei conti industriali (ancora nessuno ha mai detto una parola sul fatto che Rai paga 184 milioni l’anno a Rai Way per un servizio che messo a gara potrebbe costare molto molto meno) e l’innovazione di prodotti e sistemi editoriali, informativi e tecnologici (vedi Rai Play come pure vedi RaiNews24) e, infine, il mancato adempimento di obblighi previsti dal Contratto di Servizio (uno tra tutti: la rimodulazione delle testate giornalistiche). A proposito di Rai Way e delle polemiche di queste ore sul compenso del Presidente INPS: qualcuno è a conoscenza dei compensi degli amministratori strategici della quotata e controllata Rai di Via Teulada? sono pubblici: basta leggere sul sito, cioè l'AD si porta a casa oltre 450 mila euro l'anno, quasi il doppio del suo "controllante" Salini e quasi il triplo del Presidente INPS che, forse, ha qualche responsabilità pubblica di altro rilievo. 

Ovviamente, oggi non si sono letture consigliate sui quotidiani. Però abbiamo trovato una chicca interessante: leggiamo su https://www.ibc.org/trends/whats-next-for-the-bbcs-technology-strategy/ che la BBC non sta messa molto meglio di noi: in questo momento l’emittente di Servizio Pubblico britannica non ha il CTO e non sembra avere un strategia tecnologica adeguata alla sua missione. Chissà se il nostro CTO, Stefano Ciccotti, fosse mai interessato a candidarsi? In alternativa, si può sempre pensare a farlo tornare dall’esilio dorato di Via Teulada. In fin dei conti, come si legge nell’articolo, non si capisce perché uno stratega tecnologico non sia, anche fisicamente, nel cuore dell’Azienda. Loro pensano a cooptarlo in Cda, noi ci potremmo accontentare di molto meno: farci sapere quali “rischi ed opportunità” si aprono per la Rai in merito alla rete unica in UBB.

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domenica 27 settembre 2020

La pioggia, le trame e i complotti


Piove… tutta colpa del Governo… però aiuta a rimettere a posto qualche riflessione visto pure che sulla stampa c’è poco da leggere.

Ne avevano scritto da mesi e anche recentemente (lo scorso 17 settembre): qualcuno sta pensando, diciamo pure tramando, più o meno seriamente e segretamente a rinnovare l’attuale Cda Rai. In un primo momento la sola idea poteva far venire l’orticaria, poi riflettendo e dibattendo con vari interlocutori sono emersi elementi che vale la pena tenere in considerazione. Ovviamente, non si tratta di condividerli ma di avere qualche tondino di ferro da carpentiere sullo stomaco per ragionare con freddezza.

Punto primo: l’attuale CdA scade  a cavallo del prossimo giugno. La coincidenza temporale non è irrilevante: a fine luglio 2021 inizia il semestre bianco preludio all’elezione del Presidente della Repubblica. Evidente che si tratta di un passaggio di assoluto rilievo. L’informazione pubblica potrà giocare un ruolo molto rilevante nello spostare significativi aghi della bilancia da una parte piuttosto che dall’altra. La partita è troppo considerevole per lasciare senza controllo la direzione delle testate giornalistiche. Pd e 5S sono in grado di tenere la posizione ed evitare brutti scherzi da un Parlamento già stressato da un esito referendario le cui conseguenze sono ancora tutte da decifrare? La risposta a questo interrogativo è una buona chiave di lettura e potrebbe fornire argomenti a sostegno o contro di questa ipotesi.

Punto secondo: una parte non ancora ben definita nella composizione e nel peso politico ed economico, ma certamente significativa, vorrebbe (e in parte dovrebbe) procedere ad avviare qualcosa che somiglia ad una riforma del’intero sistema delle TLC o almeno di quella parte di Legge (del 2015) che determina la governance di Viale Mazzini. Si può pensare a riformare solo la Legge Renzi senza toccare tutto il resto? Tutto si può fare, basta volerlo. Lo si vuole veramente? Si tratta solo di capire quali delle parti in gioco nelle prossime settimane avrà più peso, chi avrà maggiore visibilità e sostegno più o meno pubblico. La partita non è solo politica ma anche economica e tecnologica. Economica perché in gioco ci sono interessi poderosi intorno alle grandi sfide che si stanno definendo sulla questione della rete unica, del 5G e della transizione al DVB-T2 e  poi politica perché riguarda la posizione dell’Italia nello scacchiere geopolitico internazionale. Questo invece potrebbe essere, al contrario, un buon argomento per indurre a chiudere la partita prima del tempo naturale e insediare un nuovo consiglio con maggiore ”presa” sull’Azienda.

Punto terzo: il Piano industriale. Come abbiamo scritto, è nato come una macchina con almeno una ruota bucata: le risorse. Non c’erano quando è stato approvato e men che meno ce ne sono oggi. È stato congelato fino alla fine di dicembre e quando verrà scongelato già si dovrà fare una nuova gara (milionaria come la precedente) per impostare quello nuovo perché quello attuale scade appunto il prossimo anno. Qualcuno potrà argomentare che, essendo stato congelato, potrebbe essere ancora buono, visto che per almeno un anno non si è potuto “mettere a terra” per colpa del Covid (aggiungiamo pure la singolare combinazione tale per cui è uscita la persona – Piero Gaffuri - che era stata appunto incaricata proprio di attuare questo obiettivo e ancora non è stato reso pubblico perché sia stato indotto ad uscire).

Punto quarto: le persone. Oltre tutti gli aspetti di natura normativa, politica ed economica, ci sono in ballo i diretti e indiretti interessati. I diretti sono segnatamente i componenti il CdA e un paio di loro collaboratori che, alla scadenza, dovrebbero tornare a casa salvo che nel frattempo si decida di trasformare il loro contratto da tempo determinato a indeterminato (DG e Dir.Com.). Per quanto riguarda il CdA poco da dire: non sappiamo se passerà alla storia della Rai per qualcosa di significativo realizzato sotto il loro segno. Certo è che a qualcuno potrebbe anche fare piacere rimanere a galla. Poi ci sono gli indiretti, tutte le persone interne all’Azienda che potrebbero pure avere qualcosa da dire su come viene gestita l’Azienda ma, diciamo pure che per vari motivi, preferiscono tacere in pubblico e dannare in privato (con noi succede ma ovviamente non riportiamo e giriamo sempre nel famoso file criptato in DES e AES). Infine, ci sono le persone esterne alla Rai che pure possono avere qualcosa da dire sul tema: è ben curioso che di questa storia se ne parla sottotraccia ma finora nessuno è venuto allo scoperto. Nessuno ha speso una parola ufficiale per sostenere questa ipotesi.

Punto quinto: il quadro normativo. Come potrebbe avvenire un siffatta proroga? Una ipotesi è quella dell’inserimento in un prossimo decreto “mille proroghe”. Non è un percorso proprio facile ma nemmeno improbabile. Sarà pure necessario trovare una buona e solida argomentazione e, al momento, non se ne vedono all’orizzonte. La seconda ipotesi potrebbe essere più praticabile e meno “dispendiosa” politicamente: alla scadenza naturale il Parlamento e i ministri competenti rinviano, allungano, tentennano come hanno già dato prova di saper fare benissimo con le Autorità di Garanzia (vedi AgCom).

Domandina finale da porre a chi si diverte con queste ipotesi: questa attuale governance gode della fiducia e  viene ritenuta in grado di sostenere e gestire il peso di una inevitabile transizione del ruolo del Servizio Pubblico prossimo venturo in un contesto normativo e tecnologico di tali dimensioni come quello che si sta predisponendo? Se qualcuno esce allo scoperto con solide argomentazioni, se ne potrà discutere. Intanto però, occhio al calendario, il tempo scorre.   

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sabato 26 settembre 2020

Riforma Rai: le carte in tavola


Timidamente, qualche carta sulla possibilità di riformare la Rai comincia ad essere messa in tavola. Il tema  di questi giorni è la sola riforma della governance del Servizio Pubblico. Non è una grande novità, sono anni infatti che se ne parla un po’ alla “come capita capita”. Però, questa volta, ci potrebbe, forse, pare, dicono, qualcosa di diverso. Anzitutto i protagonisti: ha iniziato il presidente della Camera,  Roberto Fico, a sostenere che “Dobbiamo liberare la Rai dalla politica e dai partiti. Departitizzare la Rai è fondamentale, perché se cambia la Rai può cambiare anche il Paese”. Detto da un autorevole esponente di un partito di Governo che su questo argomento in Rai non si può certo dire che sia stato un esempio è tutto dire. Però, ci accontentiamo delle sue buone intenzioni, ne prendiamo atto a vediamo le sue carte. Poi, inaspettatamente, si è aggiunto il sottosegretario Andrea Martella (PD) che, pur precisando con evidenza che si tratta di “opinione personale” ha sostenuto che è giunta l’ora di riformare la Rai (detto dal suo partito ...sic !!!). Infine, pochi giorni prima si è ripetuto il senatore Primo Di Nicola che già lo scorso anno aveva promosso un incontro su questo tema. Tutto un pò poco ma forse sufficiente sollevare ancora una volta il problema. 

Tutto un po’ poco perchè si tratta ancora di posizioni che potrebbero non rispondere ad un progetto, ad una visione del Servizio Pubblico ampia e condivisa. I due principali partiti di Governo non hanno mai espresso con chiarezza non tanto e non solo l’intendimento di “liberare la Rai” da loro stessi occupata quanto più non hanno, mai, espresso cosa intendono fare del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, con quali risorse farlo funzionare e in quale contesto tecnologico renderlo accessibile.  Tanto perchè piace a molti il riferimentto: la BBC ha avviato questo dibattito da oltre 10 anni !!!
Se non ci si dice chiaro e tondo che tipo di Rai il PD e il M5S vogliono per i prossimi anni, che tipo di offerta di informazione, formazione sociale e culturale e intrattenimento hanno in mente e, in maniera netta e radicale, con quali soldi farla funzionare, l’impressione è che si tratta ancora una volta di fumo negli occhi, di voler pestare l’acqua nel mortaio, di prendere e perdere tempo e che non sono sufficienti i vari Fico, Martella e Di Nicola a cambiare di una virgola una deriva ormai pericolosa sulla quale è messa la Rai.

Allora, se qualcuno ha in mente di fare qualcosa di serio e ragionevole, promuova, organizzi un confronto, un dibattito, un seminario, un "quellochevipare" dove in modo diretto e frontale si dica chiaro e tondo se il canone dovrà ancora avere ragion d’essere e se dovrà essere  pagato in cambio di cosa. Si dovrà dire chiaro e tondo se la Rai dovrà competere nel nuovo panorama tecnologico di 5G, di rete unica, di nuovo digitale terrestre oppure, come sembra, ne debba restare fuori perché così conviene a molti. Di dovrà poi dire se e quanto dovrà contare su una quota di pubblicità e a quali condizioni e con quei soldi che tipo di programmi si dovranno realizzare. Si dovrà poi dire se il numero delle reti e testate sono sufficienti, adeguate e necessarie rispetto al pubblico che le segue, rispetto alle risorse necessarie a sostenerle. Si dovrà poi dire, infine e una volta per tutte, se il Contatto di Servizio ha un senso e validità oppure è una semplice “opinione” destinata a mutare a seconda di chi lo interpreta in un modo o nell’altro.

C’è spazio allora, oggi, subito, domattina, per convocare una specie di Stati generali sul Servizio Pubblico dove chiedere a tutti cosa si vuole e come si immagina la Rai prossima ventura, quella di domani perché già dopodomani potrebbe essere troppo tardi. Ogni ritardo è colpevole.

A questo proposito, ripetiamo ancora una volta: Fabrizio Salini, Alberto Matassino e Marcello Giannotti, e insieme a loro i vari Direttori competenti e interessati, hanno presente l’art.17 del Contratto di Servizio dove si legge che “La Rai garantisce l'informazione al pubblico in ciascuna area tecnica nel corso dell’attuazione della tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, utilizzando le emissioni televisive e radiofoniche e il web. Tale informazione dovrà essere fornita senza interruzioni fino a quando le attività non saranno ultimate in tutto il territorio nazionale” ??? Non ci sono dubbi o incertezze o possibilità di interpretare: si deve fare e, ancora di  più, conviene farlo ora, subito, domattina e non c’è alcun motivo  ragionevole perché si debba attendere il coordinamento con il MISE che potrebbe avere anche altri motivi di azione, il ritardo non è più razionale. Appare invece ancora del tutto irragionevole e incomprensibile il silenzio totale, ottuso e miope su questo argomento. Quando a partire da settembre 2021 qualche milione di telespettatore si potrà trovare con lo schermo nero sarà pure la colpa e responsabilità di qualcuno...o no ??? 

Non è difficile immaginare e sapere, si legge ogni giorno, che i ministri Patuanelli e Gualtieri stanno giocando partite sulle TLC (appunto rete UBB e 5G)  dove il ritardo sulla transizione al DVB-T2 potrebbe essere strumentale, fortuito o meno che sia e che quindi Rai sia giocoforza “costretta” a giocare una sua specifica e autonoma partita, magari, per paradossale che possa apparire, alleata con il suo diretto competitor Mediaset. Inutile ricordare le precedenti dichiarazioni dei due ministri (oltre che Boccia) sulla Rai, sul canone etc tc etc.. Inutile poi ricordare un pensiero sottile quanto inespresso pubblicamente (anche da presunti “amici”della Rai) che magari ragionano “… ma si … privatizziamola e non ci pensiamo più … poi se la vedranno con il mercato”.

Ciononostante, si troviamo in una circostanza di tempi particolare che potrebbe rendere utile e forse possibile, fare un passo in avanti. Anzitutto la recente sentenza della Corte di Giustizia che,di fatto, impone il superamento della Legge 112; poi il vincolo di recepire le disposizioni comunitarie come previsto dalla Legge di  Delegazione sui serizi media audiovisivi e, nello stesso contesto, la definizione del nuovo TUSMAR entro il 31 dicembre. Si tratta ancora del ”perimetro”e non tanto della governance Rai che, in un tale contesto, assume un carattere secondario e subordinato. Difficile supporre che si possa cambiare solo una parte dell’ingranaggio se non si compie la revisione all’intero motore.

Comunque, chi vi scrive sostiene convintamente l’iniziativa https://www.manifestonuovarai.it/ finalizzata a definire nuovi criteri di nomina della governance Rai sottratta all’influenza dei partiti. In questo momento è la sola iniziativa concreta sulla quale discutere.

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giovedì 24 settembre 2020

stand by

Oggi il post verrà pubblicato nel pomeriggio: work in progress su alcuni temi importanti.

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La Rai e il canale di ritorno



Tranquilli: oggi meno di niente sulla stampa da segnalare, a meno che vi possa interessare il fatto che Bianca Berlinguer su Rai Tre sia stata insultata in diretta da un suo ospite. Vi proponiamo allora qualcosa di meglio.

“Content is the King …” (Bill Gates, 11996) e aggiungiamo noi “Money and tecnology the Queens”. Difficile produrre e competere senza risorse e piattaforme di distribuzione adeguate.  Tutto qui, come al solito, i grandi problemi si semplificano quando si riducono ai minimi termini.

Questo piccolo blog deve parte della sua fortuna al fatto di avere costantemente una presa diretta con i suoi lettori. Ogni giorno telefonate, mail e messaggi Whatsup lo arricchiscono e lo riforniscono di argomenti utili al dibattito e alla riflessione. Ovviamente, ci sono anche tanti messaggi che ci raccontano la Rai dal suo interno, su cosa avviene e cosa non avviene. Spesso non si tratta di notizie ma di commenti, di letture sulle dinamiche interne, sui contenuti, sulle procedure, sulle relazioni tra le persone. Tutto questo fornisce un patrimonio di conoscenza, un quadro dinamico, mutevole, di grande interesse (tutto rigorosamente custodito in un file criptato con DES a 64 Bit) in grado di consentire la lettura dell’Azienda di Servizio Pubblico per come è più che per come la si vorrebbe che sia.

Sono infatti le persone, con i loro caratteri, le loro pulsioni, le loro capacità di essere in sintonia con il proprio ambiente umano e professionale, a determinare l’evoluzione o la stagnazione dei processi. A sua volta, è l’Azienda Rai che si misura con la sua “connessione” con la rete sociale, non virtuale, con le persone, con i cittadini che ancora pagano il canone. Se dovessimo solo dar conto di una parte di quanto ci viene riportato, la sintesi sarebbe molto semplice: l’Azienda Rai riesce a vivere con fatica il presente ma non riesce a comprendere e intervenire sul suo futuro. Il suo vertice, il management, non sembra in grado di intercettare le grandi sfide, appunto, sui contenuti, sulle risorse economiche e sulle tecnologie che potrebbero impattare sul suo futuro. 

Provate a misurare: quali riflessioni, quale dibattito è in corso sulle nuove produzioni, sui nuovi linguaggi televisivi (non solo quelli delle fiction ma anche dell’informazione e dell’intrattenimento)? Come si intende affrontare la grave crisi economica che già è nota sui conti dei prossimi anni? Quando avverrà il recupero dei famosi 40+40 milioni di canone “scippato”? Come si potrà compensare la diminuzione degli introiti pubblicitari che non sembrano dare segnali di ripresa? Infine, repetita iuvant, come e quando si intende affrontare il cataclisma prossimo venturo del passaggio al DVB-T2 e, come abbiamo scritto ieri, con quali risorse economiche?
L’altro giorno abbiamo usato la metafora dell’auto che viaggia nella corsia centrale dell’autostrada, superata a destra (non si deve fare) e a sinistra. Ci viene fatto notare, sempre in metafora, che questa macchina in realtà è rimasta ferma al casello e non riesce a partire, mentre tutti gli altri competitors dotati di formidabili Telepass sfrecciano come siluri.

Cosa contraddistingue la Tv lineare da quella non lineare? Semplifichiamo: la presenza di un canale di ritorno. Con la diffusione digitale terrestre o satellitare al telespettatore tutt’al più è concesso di cambiare canale, aumentare il volume o modificare l’intensità di colore. Con la connessione in rete, il “consumatore di tempo” può giocare in tempo reale con un avversario dall’altra parte del mondo, interrompere un film e riprenderlo dove e quando vuole e non solo su un televisore, esprimere un gradimento su un determinato prodotto o personaggio e in qualche modo indirizzare lo svolgimento di un racconto e così via. Più o meno, succede la stessa cosa con Viale Mazzini. Quale pensate possa essere il più efficiente “canale di ritorno” utile a comprendere cosa succede intorno al Palazzo? Ben che vada è il bollettino Auditel delle 10 del mattino quando si leggono gli ascolti della sera precedente per sapere se la 28a replica di Montalbano ha battuto Maria De Filippi. 
A proposito, date un occhio al grafico allegato e confrontatelo con quelli dei mesi precedenti).



Quando poi si cerca di interpretare il comportamento futuro degli italiani, stendiamo un velo pietoso (vedi recenti sondaggi elettorali, sballati oltre ogni ragionevole misura). Anche in questo caso semplifichiamo: la Rai possiede adeguati e sufficienti “canali di ritorno” in grado di percepire e quindi accompagnare la temperatura sociale del Paese?

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mercoledì 23 settembre 2020

Coraggio


Per nostra fortuna, l’Europa chiede molto ma spesso restituisce altrettanto e lo fa anzitutto laddove nel nostro Paese si intravvedono buchi di analisi e riflessioni grandi come voragini. Su segnalazione di un nostro attento lettore, abbiamo ricevuto The European audiovisual industry in the time of COVID-19, una pubblicazione realizzata dall’Osservatorio Europeo sull’Audiovisivo in collaborazione con il Consiglio d’Europa. Leggiamo in premessa “The global health crisis induced by the COVID-19 pandemic risks becoming an economic disaster with a dramatic impact on the audiovisual sector if nothing is done to prevent it” e più avanti “Key characteristics include a stagnation of resources: TV advertising, although resisting better than print, is challenged by Internet advertising; Linear pay TV is challenged by SVOD; and a massive number of consumers switching from pay TV to SVOD may have the following impacts: …SVOD prices are lower than the linear pay-TV prices … and the “programming mix” of SVOD services is not necessarily the same as linear pay-TV services (for example, no sports, or more TV series and less films), and public service broadcasters’ revenues rely (by more than 85%) on public funding (or licence fees) and, to a much lesser extent, on advertising; additionally, their revenues have, on average, been decreasing in real terms over the past few years”. Si tratta di 90 pagine di grande interesse che, qualora non lo avessero già sotto mano, consigliamo molto ai tanti autorevoli colleghi residenti a Viale Mazzini e dintorni. 

Questo il link:
https://rm.coe.int/iris-plus-2020-2-the-european-audiovisual-industry-in-the-time-of-covi/16809f9a46

Questo argomento si accompagna al nostro preferito da tante settimane a questa parte: la transizione al DVB-T2. Oggi lungo articolo a firma Andrea Biondi e Carmine Fotina sul Sole 24 Ore con il titolo: “Bonus per i televisori a rilento. Rischi sul passaggio al digitale T2” e si legge un dettagliato resoconto di quanti incentivi sono stati utilizzati dagli utenti per la sostituzione del vecchio televisore o per l’acquisto di un nuovo decoder. Pochi, terribilmente pochi mentre siamo a distanza ravvicinata per il primo “spegnimento” in programma a settembre 2021, prima di quello definitivo a giugno 2022. Ora il tema sembra essere tutto nella campagna di comunicazione che il MISE sta coordinando (ne abbiamo parlato del documento di consultazione tra gli operatori, conclusa nei giorni scorsi) concentrata sull’utilizzo, appunto, del bonus di 50 euro destinata ai consumatori con reddito ISEE inferiore a 20 mila Euro. Le leve che si intendono attivare sono così congiunte: comprate un nuovo televisore e, per chi ha difficoltà, vi diamo 50 euro. Tutto troppo poco e tutto molto complesso in queste determinate circostanze sociali ed economiche dettate, appunto, dall’emergenza Covid. Nell’articolo si legge di una speranza, del tutto remota e improbabile, che ci possa essere una deroga sullo svolgimento della road map. Non si vede infatti alcun motivo plausibile perchè gli operatori telefonici che hanno pagato 6.5 mld di euro debbano accettare un rinvio dal quale non traggono alcun vantaggio. Conclude l’articolo “Di tempo fino al 2022 ce n'è, ma accelerare inizia ad apparire sempre di più come un imperativo”. 

Evidente però che non si tratta solo di accelerare ma di individuare la direzione che si intende sostenere, definire una strategia che invece sembra essere del tutto fumosa se non del tutto assente, almeno da parte del Servizio Pubblico che, sull’argomento, continua ostinatamente a tacere. Non solo tace ma si priva pure delle persone che sul tema avrebbero potuto dire e dare un contributo importante: nei giorni scorsi ha lasciato l’incarico Luca Balestrieri, già Direttore Reti e Piattaforme, e prima di lui Roberto Serafini, già Direttore Servizi Broadcast e gestione frequenze, le cui competenze erano state assorbite ad interim dallo stesso Balestrieri ed ora tutto riportato sotto il CTO Stefano Ciccotti. Attenzione: da non dimenticare che, nel non tanto lontano giugno 2018, lo stesso Ciccotti presentò un dettagliato documento dove si legge “Abbiamo così la previsione di una riduzione della capacità diffusiva del sistema televisivo nel suo insieme e di ogni singolo operatore senza la certezza del guadagno di efficienza dovuto alla tecnologia che potrebbe in parte compensare questa riduzione” per poi precisare che questa operazione per Rai comporterebbe che “I costi di ristrutturazione del mux VHF si avvicinerebbero ai 200 milioni di euro, dati i vincoli tecnici del mux stesso”. Già… 200 milioni, proprio la stessa cifra prevista nel deficit di bilancio per il prossimo anno. Sono trascorsi due anni e sarebbe utile sapere se e in quale direzione sono stati fatti passi avanti. Nel frattempo, per non farci mancare nulla, si dovrà pur sapere quali saranno i rischi e le opportunità della rete unica in banda UBB, come il recente Cda di Viale Mazzini si è preoccupato di far sapere. 

Parafrasando Flaiano: “la situazione … è grave ma non è seria”. Coraggio, ce la faremo !!!

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martedì 22 settembre 2020

Transizione


Risultato consultazione elettorale e referendaria: il Governo esce rafforzato. Punto, a capo. Per quanto ci riguarda e ci interessa, si tratta ora di capire quali prospettive si possono intravvedere sul percorso della riforma dell’intero perimetro delle TLC, come peraltro previsto dal programma dello stesso Governo Conte.

Le circostanze sono favorevoli sia sul terreno legislativo nazionale ed europeo, sia su quello tecnologico per la congiunzione della transizione al DVB-T2 e alla possibile nascita della rete unica UBB, sia infine perché (in particolare per Rai) sarà necessario definire dove trovare le risorse per affrontare le nuove sfide.

Abbiamo cercato tante volte di interpretare fenomeni complessi… con scarso risultato. Forse perché li leggevamo proprio con la chiave della complessità quando invece, sostanzialmente, erano molto semplici. tutto sembra più accessibile quanto i problemi si pongono ai loro minimi termini, un po’ come avviene quando si deve spiegare qualcosa ai bambini: devi ridurre, sottrarre, sintetizzare.
Come vi abbiamo accennato, stiamo cercando di capire bene l’impatto che potrà produrre per la Rai l’introduzione nell’ordinamento italiano della Direttiva Europea sui servizi audiovisivi. Ieri abbiamo fatto un significativo passo in avanti che così sintetizziamo: il mercato degli audiovisivi in Europa è molto regolamentato (in Italia in modo più rilevante), quello dei servizi e prodotti in rete no. La direttiva vorrebbe porre maggiore equilibrio tra i due settori e rendere il mercato, in tutte le sue componenti, più omogeneo ed equilibrato. Evidente che da alcuni anni è in corso uno scontro poderoso e gli schieramenti in campo sono molto eterogenei. Ora, semplicemente, si tratta di capire se l’applicazione di questa direttiva sarà in grado di spostare gli equilibri a vantaggio dell’una  dell’altra parte. Si tratta di capire se vinceranno le lobby di un settore o dell’altro. Per  il prossimo 24 settembre  è prevista alla Camera la discussione della cosiddetta Legge di delegazione Europea, che comprende tutti gli atti che dovranno essere recepiti nel nostro ordinamento. Sarà tutta da leggere e interpretare.

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lunedì 21 settembre 2020

La Rai aspetta Godot


Oggi saremo tutti concentrati sugli esiti della consultazione elettorale e referendaria. Difficile immaginare che, quali che essi siano, non sortiranno effetti sul quadro politico e, di conseguenza, difficile immaginare che questi possibili mutamenti non possano influenzare il percorso di trasformazione del sistema delle TLC.

Se andate a rileggere il post di sabato, trovate la notizia sulla data (appunto il 19 settembre) entro la quale gli Stati membri dell’UE avrebbero dovuto recepire nei loro ordinamenti la direttiva del 2018 sui servizi media audiovisivi. Cosa che, ovviamente, non è avvenuta e non è affatto chiaro quando potrà avvenire (forse la settimana prossima in Aula della Camera). Il ministro Patuanelli ha ricordato, lo scorso 4 settembre, che entro il 31 dicembre si dovrà completare l’iter di ratifica del Testo unico sulle radiotelevisioni (TUSMAR) oggi ancora fermo al Senato. Si tratta di un argomento sul quale dobbiamo studiare e comprendere bene quali potranno essere gli impatti per il Servizio Pubblico.

Intanto però il calendario corre implacabile e questa mattina ce lo ricorda una pagina del supplemento economia del Corriere, a firma Maria Elena Zanini, con il titolo “Poche frequenze ma di qualità la next generation della tv digitale” e leggiamo “«Dal punto di vista degli utenti questo cambiamento porterà un concreto miglioramento della qualità visiva e sonora. Ma in Italia c'è ancora un'alta percentuale di televisori che non sono in grado di supportare un livello tecnologico così alto. Su un totale di 40 milioni di apparecchi, stando alle rilevazioni fatte dall'Auditel per le prime case, 9 milioni non supportano ancora l'Hd. Per i broadcaster è importante riuscire a raggiungere anche questa fetta di utenti». «C'è giusto il tempo necessario per comunicare agli utenti che avverrà lo spegnimento di alcune frequenze, in modo che sostituiscano il televisore o che comprino un nuovo decoder. L'obiettivo è che il passaggio al nuovo digitale terrestre sia il più indolore possibile”. Che possa essere niente affatto indolore è quindi assolutamente chiaro. 

Rimane oscuro invece il silenzio tombale che Rai anzitutto continua ad ostentare su questo tema, mascherandosi dietro un imbarazzante “… dobbiamo agire in coordinamento con il MISE” che nessuno (vedi Contratto di Servizio) gli ha mai chiesto di fare. In altre parole, il MISE agisce con un logica “politica” e di compensazione delle parti in causa dove gli interessi del Servizio Pubblico potrebbero non essere per nulla coincidenti con gli altri soggetti, cioè, in soldoni, ognuno per se e Dio per tutti. Questo argomento, traslato modo, si riferisce anche alla partita banda larga che, negli ultimi giorni, sembra avere preso un aderiva “lenta”, annacquata dall’eterno indecisionismo di chi non riesce a decidere da che parte stare.

Ma torniamo su un tema che lambisce il cambiamento legislativo, il percorso delle riforme e l’innovazione tecnologica. Possiamo tutti convenire che da alcuni anni è in corso una profonda trasformazione delle abitudini, dei linguaggi, degli stili di vita  e dei comportamenti di chi fruisce dei servizi audiovisivi. Non parliamo quasi più di “telespettatori” ma di consumatori di tempo speso con un device in modo non lineare. Parliamo di un pubblico fortemente frammentato e sostanzialmente diviso in due grandi  schieramenti: da un lato gli affezionati ad un prodotto televisivo tradizionale (Un posto al sole, Montalbano etc…) tendenzialmente persone mature e poco inclini al cambiamento. Dall’altro le nuove generazioni ormai cresciute in piena era non lineare che hanno modificato il senso stesso del termine palinsesto. Questi processi stanno incidendo sulla produzione dei contenuti che contendono sul mercato proprio per la loro intrinseca capacità di intercettare “nuovi pubblici” ed erodere costantemente la platea dello storico “telespettatore”. Il problema è che questi nuovi contenuti, questi nuovi prodotti, destinati ad un nuovo mercato, rivolti ad un nuovo pubblico, stentano ad apparire anzitutto sul Servizio Pubblico e, in parte, anche in casa Mediaset.  A gennaio 2019 era stato varato il Piano industriale e, al suo interno, erano previste due nuove direzioni: Rai Format e Rai Doc con l’obiettivo di essere di stimolo all’industria creativa italiana etc etc… Come pure sarebbero dovuti nascere i canali istituzionale, quello inglese e quello “femminile”. È pur vero che il Piano industriale è stato congelato, ma rimane il fatto che di idee nuove non ne è venuta fuori neanche una tirata via con le tenaglie.

Avete presente quelli che viaggiano in autostrada occupando costantemente la corsia centrale che vengono superati a destra e sinistra, con grave pericolo per tutti? Ecco, la metafora usata giusto per dire che la Rai si troverà esattamente nella stessa posizione: da un lato superata dalle nuove tecnologie, dalle nuove regole del mercato nazionale e internazionale, mentre dall’altro si troverà povera di proposte editoriali, di contenuti, di idee.

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domenica 20 settembre 2020

Pausa elettorale e referendaria

Un momento di pausa ...anche perchè non c'è quasi nulla da leggre.

Da segnalare solo Luca De Blase sul Sole 24 Ore un articolo dal titolo "Effetti collaterali: epidemia e infodemia" . Ne abbiamo parlato all'inizio dell'emergenza Covid. Un tema di grande interesse che dovrebbe interessare molto il Servizio Pubblico.

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venerdì 18 settembre 2020

l'Europa chiede e impone


Chi vi scrive si apprestava a passare un ameno fine settimana agricolo tra i filari d’uva e invece … zacchete… gli casca tra mani e piedi il fatto che proprio oggi, 19 settembre 2020, scade il giorno entro il quale gli Stati membri aderenti all’UE avrebbero dovuto recepire le direttive comunitarie come previsto dalla Direttiva  2018/1808 del Parlamento Europeo e del Consiglio approvata nel novembre 2018. Il documento si riferisce e modifica la precedente direttiva 2010/13/UE sui servizi di media audiovisivi in Europa. Ovviamente  nessun giornale ne parla !!!

A su tempo, il Ministro Patuanelli, su questo tema a dicembre 2019 ha dichiarato: “… avremo la possibilità di incidere profondamente su un assetto regolamentare ormai non più in grado di sostenere gli operatori nel processo di trasformazione in atto. Si tratta di un’occasione storica che come Paese non possiamo perdere. Occasione da sfruttare intervenendo con decisione sull’attuale assetto regolamentare, in coordinamento con le autorità indipendenti di settore, per assicurare un mercato più concorrenziale ed un complessivo assetto maggiormente rispettoso del pluralismo informativo. Una sfida che come MISE raccoglieremo coinvolgendo i migliori esperti del settore nell’intento di ammodernare un sistema analogico e non più al passo con i tempi.”

I lettori più esperti e attenti ci potranno perdonare se non lo avevamo appuntato nel calendario delle scadenze, però siamo in buona compagnia: solo Danimarca, Germania, Svezia e Regno Unito hanno recepito la direttiva mentre tutti gli altri … forse lo hanno dimenticato . Ora si tratta di studiare e comprendere bene quali conseguenze e impatti potrà avere in tutto il sistema delle TLC nazionali proprio nel momento in cui si dovrebbe iniziare a dibattere di una revisione globale di tutto il perimetro delle comunicazioni audiovisive. Comunque, leggeremo, studieremo e nei prossimi giorni ne parleremo. Certo è che si tratta di un ulteriore tassello che spinge verso la necessità di porre mano alla  riforma di tutto il sistema delle TLC e, al suo interno, a quella della Rai.

Note a margine: PrimaOnline ha pubblicato i dati sugli andamenti pubblicitari di luglio comparati con quelli dell’anno precedente: il mercato in generale flette aa -23% e la televisione in particolare a -19%. Attenzione: Zingaretti passa a Sky e si trascina l’immagine di Montalbano. Da ora in poi ogni volta che Rai manda in onda una replica del Commissario sarà un piccolo spot a favore della concorrenza.

Visto che non c’è altro da aggiungere e la stampa non ci viene di aiuto … i filari di uva ci attendono.

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giovedì 17 settembre 2020

La Rai oltre la Tv


Sulla stampa di oggi, tanto per cambiare, pressoché nulla di significativo e allora tanto vale fare un passo avanti su alcuni temi che stiamo seguendo con attenzione.

Ieri abbiamo omesso di citare una dichiarazione di Dario Franceschini, ministro della cultura PD e influente e papabile a tanti incarichi, rilasciata a Il Foglio “A volte si ha l'impressione che emittenti private come La7 facciano più "servizio pubblico" della Rai che incassa il canone. "Io sono da sempre per una Rai pubblica e mi rallegro che sia stata accantonata ogni idea di privatizzazione. Certi settori vanno sottratti alla dittatura dello share. Mi aspetto che la Rai investa di più e meglio in cultura. Altre tv possono scegliere la cultura come ragione commerciale o vocazionale ma restano aziende private. Per la Rai è la ragione sociale".

Ecco, appunto quale è e quale dovrebbe essere la “ragione sociale”, ovvero la sua missione, in un contesto ormai sostanzialmente mutato da quello già di alcuni anni passati? Credo ci siano pochi dubbi sul fatto che la tipologia dei contenuti, i generi televisivi, siano sostanzialmente mutati e mutanti rispetto al mercato di riferimento e ai diversi atteggiamenti di consumo di chi li fruisce. Nonché, è bene ribadirlo, rispetto alle diverse piattaforme tecnologiche. Questo argomento ci porta ad aggiustare il tiro su alcune riflessioni che abbiamo proposto nei giorni scorsi a proposito di rete unica, DVB-T2, 5G e quant’altro. Argomenti sui quali, peraltro, alcuni lettori hanno sollevato obiezioni di vario genere.

Allora in ordine: insistiamo sul DVB-T2 perché senza mezzi termini la consideriamo una minaccia  grave, incombente, oggi, subito, immediata, per il futuro della Rai e perché comunque con la mancata comunicazione al pubblico viene disatteso un preciso obbligo del Contratto di servizio al quale nessuno ha diritto di opporsi. Continuiamo a seguire la partita sulla rete unica perché rappresenta una grande opportunità per la Rai di entrare in un mondo nel quale finora è stata marginale e che invece rappresenta una grande opportunità. 

Detto questo, proponiamo un piccolo passo avanti: le tecnologie di diffusione non sono neutre rispetto ai prodotti editoriali. Linguaggi, modalità espressive, e quindi contenuti viaggiano di pari passo con il contesto di riferimento al quale sono destinati. Tanto per intenderci: il genere intrattenimento leggero, quello del sabato sera destinato al grande pubblico di prima serata, non è indifferente se viene trasmesso in digitale terrestre o sulla rete in streaming come pure non è indifferente se il pubblico lo fruisce su un tablet o smartphone o sul classico schermo tv di casa. Alcune settimane addietro un nostro lettore ci ha scritto sostenendo fortemente che “la televisione è ciò che manda in onda … tutto il resto è accessorio”. Poniamo l’interrogativo se invece possa essere vero il contrario: “la televisione è il modo tecnologico con il quale viene fruita e il contenuto è  subordinato (non irrilevante)”. In altre parole: si produce in funzione di come, dove e quando verrà consumato il prodotto televisivo.

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Un tema molto, molto spinoso


Lo scorso 6  marzo eravamo all’inizio del periodo più buio e drammatico del Coronavirus ed eravamo tutti inquieti ed appannati per quanto stava succedendo. E’ probabile quindi che tante notizie ci siano sfuggite o non abbiano ricevuto l’attenzione che meritavano. Ieri, rivedendo vecchi documenti e rileggendo ritagli vari, ci è tornato il Rapporto dell’Area Studi di Mediobanca sulla Tv pubblicato appunto il 5 marzo che merita di essere ricordato in alcuni punti proprio nel momento in cui si dibatte sulla rete unica e sulla transizione al DVB-T2. I pochi giornali che se ne sono occupati (La Stampa, Prima Online, Italia Oggi) hanno titolato: “Nel 2021 la Tv  via internet supererà il digitale terrestre”. All’interno del rapporto (fonte Auditel) si leggono numeri significativi: lo share medio complessivo (reti generaliste e specializzate) dal 2014 al 2019 cala dal 37,5 al 35,7 per Rai e dal 32,6 al 31, 6 per Mediaset a vantaggio anzitutto di Sky che passa dal 5,8 al 7,4.  Nel giorno medio lo share segue una curva analoga: Rai cala dal 30,6 al 28,6 e Mediaset dal 26,2 al 24,3 e così via. 

Il Report conclude: “The role of content aggregators will become extremely relevant to help customers in managing the huge number of platforms. In our view, Sky Italia and TIM are best candidate to play this game in Italy. We encourage publishers to speed up their transition towards digital: we believe flagship brands should explore marketing opportunities abroad and simultaneously reducing free content available on their platform Finally, while we continue to see TV as central in the media mix, we expect a flattish trend for the sector in 2020, also thanks to the contribution of sports events. In such a context, with ongoing structural pressure, we continue to believe sector consolidation will remain central to fighting the increasing relevance of OTTs. Mediaset has launched its pan-European project, aimed at integrating the Italian and Spanish businesses as a first step”. Tutto torna e pensare che il documento si riferisce a rilevazioni effettuate in periodo ante Covid.

Veniamo ora ad un tema molto, molto spinoso. Da tempo abbiamo accennato ad una notizia che ci risulta attendibile: da più parti qualcuno sta pensando a prolungare la vita dell’attuale Cda  a causa della sospensione fino al 31 dicembre del Piano industriale dovuto al Covid. Ora a questa argomentazione si aggiunge pure la partita banda larga perché si vorrebbe dar modo alla Rai di partecipare alle trattative in corso per la costituzione della rete unica. Riferiamo una sintesi di un colloquio interessante avvenuto ieri pomeriggio con un autorevolissimo protagonista interno a Viale Mazzini: “Potrebbe non essere un’eresia pensare ad una ipotesi del genere. Mi spiego: la contingenza politica attuale non è in grado di affrontare un dibattito sulla riforma dell’intero sistema delle TLC e tantomeno mettere in calendario una nuova legge per superare la precedente del 2015. Il rischio concreto che si corre è di dover procedere a giugno prossimo a nominare un nuovo consiglio con la vecchia legge, appunto, e, di conseguenza trovarci con una nuova govenance che nascerebbe mezza azzoppata dalla minaccia incombente di essere rimandata a casa entro breve. Tanto vale allora, per il bene dell’Azienda, estendere pro tempore l’attuale Cda e permettere alla politica di fare un passo avanti, forse non sufficiente a varare una riforma complessiva ma almeno quella dei criteri di nomina e formazione di un nuovo Cda Rai”. Il ragionamento è suggestivo e, come dicono chi parla la  lingua della finanza, è “razionale”. Difficile invece capire quanto potrà essere praticabile, anche perché una eventuale proroga dell’attuale Cda non sembra affatto facile da ottenere, con i chiari di luna che si aggirano tra le forze politiche. Un altro nostro interlocutore aggiunge: “… a partire dal secondo semestre 2021 si entra nel tunnel del rinnovo del Presidente della Repubblica, dove il controllo dell’informazione pubblica potrà giocare un ruolo rilevante”. Interessante.

Di certo c’è che la sentenza della Corte di Giustizia europea  e l’obbligo del Parlamento di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie entro il prossimo dicembre potrebbe dare un colpo di acceleratore. Si tratta ora di capire a quale modello di riforma ci si vuole ispirare, sia per la parte di sistema delle TLC e quindi partita rete unica, sia per la parte Rai, cioè a quale modello di servizio pubblico ci si vuole ispirare del tutto evidente che la governance di Viale Mazzini è un tutt’uno con la sua missione con le risorse che gli si debbano assegnare per il suo svolgimento. Aggiungiamo pure che la quarta componente, le tecnologie con le quali si dovrà svolgere la sua missione non saranno irrilevanti. I giochi sono tutti aperti e il momento sembra propizio ad immaginare anche mosse azzardate. Vedremo.

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mercoledì 16 settembre 2020

Salini Dixit


Oggi lasciamo da parte per un attimo tutto il vario ambaradam sul 5G, la rete unica, il DVB-T2 e altre amenità tecnologiche e ci occupiamo di televisione, quella vera, quella che va in onda.

È successo raramente di trovarci d’accordo con l’AD Salini e oggi ci siamo. “Sanremo 2021 non può non esserci” ha dichiarato lapidario, lasciando solo qualche dubbio sullo spostamento della data. Bel colpo! Autorevole, credibile, necessario!!! Se  RaiUno gli togli pure Sanremo gli rimangono solo le repliche di Montalbano. “Business is business and the show must go on” come sembra giusto che sia, la vita nonostante il Covid deve proseguire. Se proprio vogliamo dirla tutta, ci appare un tantinello azzardato, però ci potrebbe anche stare un’affermazione del genere se magari fosse stata fatta anche per tutti gli altri avvenimenti sociali che pure interessano la Rai, il Servizio Pubblico: vedi anzitutto lo sport. E poi, sarebbe stata un’affermazione ancora più autorevole e forte se magari fosse stata accompagnata da altre per tutto il resto del perimetro di sua competenza. Sui grandi temi e problemi, attuali e futuri, della Rai sappiamo poco e nulla di sua fonte. Da tempo non rilascia interviste o dichiarazioni su tutto il perimetro degli argomenti di sua competenza e responsabilità. Non sappiamo nulla di quale possa essere la sua visione della Rai per i prossimi anni e, in particolare dove trovare le risorse economiche necessarie alla sua sopravvivenza, ancor più dopo quanto sta avvenendo con la crisi del Coronavirus epperò non ha perso l’occasione di intervenire a gamba tesa su Sanremo. Sarà che forse c’è qualcosa che a noi profani sfugge. Però, ribadiamo, siamo tra coloro che pensano che in qualche modo dalla crisi del Covid bisognerà pur uscirne e presto.

Su questo tema ci giunge una riflessione di Aldo Grasso sul corriere di oggi: “I mille interrogativi (irrisolti) dell'inchiesta sul Covid di Presadiretta, a cura di Riccardo Iacona, ha proposto un'inchiesta di Lisa Iotti piena di colpi di scena per provare a rispondere alle domande che l'opinione pubblica mondiale si pone da mesi”. Interrogativi senza risposta, se c’è un punto fermo in tutta questa storia è la frammentazione della comunità scientifica internazionale e, conclude Grasso: “A quel punto, dopo aver visto i danni che il virus fa al nostro organismo, ci si aspetta solo che Iacona dica qualcosa sulle cure per capire se le numerose terapie sperimentate durante i primi mesi della pandemia, dall'idrossiclorochina al remdesivir, dal tocilizumab al plasma iperimmune, abbiano funzionato oppure no. Si, no, non lo so, rispondono gli esperti (meglio i tg: ce l'ha fatta Berlusconi, speriamo che Zangrillo pensi anche a noi!). Alla fine, il saggio Silvio Garattini ci suggerisce che bisogna imparare a convivere con il virus, che il vaccino non risolverà tutto, che non è finita”. Ecco che torniamo al ruolo del Servizio Pubblico, alla sua capacità e possibilità di essere, appunto, di servizio al pubblico. Cioè fornire elementi utili a comprendere, a distinguere, a formarsi una propria opinione indipendente dalle pressioni mediatiche o, peggio ancora, alle suggestioni fantapolitiche economiche, cui le persone sono sottoposte. La conclusione di Garattini è illuminante: il vaccino potrebbe non risolvere tutto (come del resto è avvenuto anche per la precedente pandemia Sars, quando furono comprati quasi 35 milioni di vaccini e mai utilizzati). E allora perché in molte trasmissioni e servizi giornalistici Rai si continua a sostenere che sarà solo il vaccino a  risolvere la crisi del Covid escludendo a priori le terapie farmacologiche che pure, a quanto sembra, sono in grado di curare in modo efficace le persone colpite dal virus?

Ci aspettiamo che Salini possa dichiarare solennemente: “Il vaccino non potrà non esserci e magari dovrà essere già pronto prima dell’inizio di Sanremo”. Ipse dixit.

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martedì 15 settembre 2020

Rai e Mediaset: il tempo della pace


La guerra è anzitutto un dramma e una tragedia ma è anche arte e scienza nonché politica. In tutti i casi si richiede abilità e conoscenza, capacità diplomatiche e di intelligenza, sul luogo e sul tempo dove ingaggiare o evitare il nemico e, infine, quando dichiarare una tregua o firmare la pace. Un pilastro delle tante teorie sulla conduzione dei conflitti sostiene che la vittoria migliore è quella di una guerra non combattuta.

Tutto questo per aprire una riflessione sulle contingenze in cui si trovano le relazioni tra Rai e Mediaset all’indomani della sentenza della Corte Europea che, di fatto, potrebbe cancellare la vituperata Legge Gasparri. Per inciso, c’è sempre un terzo invitato del quale poco si parla: La 7. I principali broadcasters si trovano accumunati dallo stesso insolito e inedito destino, con prospettive che potrebbero vederli oggi alleati almeno in parte a difendere interessi simili. In primo luogo la transizione al DVB-T2 (speriamo che i lettori più affezionati ci potranno perdonare per la continua insistenza su questo argomento) laddove l’orologio del passaggio alla nuova tecnologia di trasmissione non farà sconti a nessuno. Abbiamo più volte scritto che la più penalizzata sarà Rai ma anche Mediaset potrà subire serie conseguenze per la drastica riduzione della platea televisiva che avverrà alla conclusione del passaggio. In secondo luogo, la possibile creazione di una società di gestione della rete unica in fibra li dovrebbe vedere congiunti nel sostenere che non si tratta solo di indipendenza e efficienza ma del mantenimento della propria presenza sul mercato, altrimenti penalizzata dallo spostamento sempre più rilevante verso la fruizione di prodotti audiovisivi attraverso il Web. Rileggete il post di ieri e conservate il supplemento AF di Repubblica: ormai è incessante il ritornello con il quale si sostiene che la Tv è solo in rete e, per ulteriore curiosità, date un occhio alla campagna stampa di Netflix dei giorni scorsi con un impegno anche economico senza precedenti. Il tema è entrare in partita.


Già, ma come e a quale campionato iscriversi? In casa Mediaset hanno già le idee chiare ed hanno ben capito che oltre al tema dell’indipendenza della rete (e quindi il controllo), altro terreno di scontro con TIM è sui contenuti. Una possibile ipotesi consiste nel rafforzare la proposizione di un modello simile a Terna, dove il gestore è puramente tecnico e gli operatori forniscono i contenuti e saranno poi gli utenti, il mercato, a scegliere. 

Di tutto questo però non si avverte traccia dalle parti di Viale Mazzini, trincerati dietro un imbarazzante comunicato che nel punto più rilevante chiede di essere invitato a partecipare a tavoli e iniziative, senza dire una parola con quali proposte industriale (vedi Rai Way) oppure con quali risorse affrontare questo confronto (che non ci sono) oppure, come si legge sempre nel comunicato “quali rischi ed opportunità” si prospettano per il Servizio Pubblico. Insomma, a farla breve, ancora una volta “vorrei ma non posso” o a scelta “potrei ma non voglio” cioè la sagra delle occasioni mancate.

E, a proposito di occasioni, è bene sottolineare che ci stiamo trovando in una contingenza assolutamente favorevole alla ripresa di una iniziativa sulla riforma dell’intero sistema delle TLC dove trovare posto a quella conseguente del Servizio Pubblico e, segnatamente, della sua governance. Non abbiamo molta fiducia nelle reali intenzioni di questo Governo di mettere mano ad un argomento di tale rilevanza e il calendario non ci aiuta. La legislatura, se tutto va bene ...se ...se... si dovrebbe concludere entro marzo 2023. Teoricamente ci sarebbe tutto il tempo. Una legge di sistema dell’intero comparto delle telecomunicazioni peraltro previsto dal programma del Governo Conte al punto 14), sul modello di quella che si vorrebbe sostituire richiede tempi parlamentari lunghi e soprattutto un dibattito ampio e in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati. Facciamo grande fatica ad immaginare tutto questo e anche la più fervida immaginazione non ci aiuta. Ci potremmo accontentare di arrivare alla prossima scadenza dell’attuale Cda Rai prevista per il prossimo giugno con una proposta di revisione della Legge del 2015, dichiarando già da ora, pubblicamente, che non ci saranno sotterfugi o scappatoie come qualcuno già immagina (e trama) per eventuali proroghe per causa Covid. Ci rivolgiamo direttamente a quanti stanno sostenendo una proposta di riforma della governance (in particolare al senatore Primo di Nicola). C’è spazio e c’è tempo per agire subito.

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lunedì 14 settembre 2020

La Televisione RAi non va in Rete


Oggi da leggere e conservare l’inserto AF di Repubblica di oggi: diversi articoli interessanti. Il primo lo firma Giovanni Pons e titola “La televisione va in rete. Dopo la bocciatura della legge Gasparri quell'incrocio non è più pericoloso: le mosse di Mediaset, Vivendi e Tim. Caduto il divieto agli incroci azionari, si rimescolano tutte le carte a cominciare dalla rete unica”. E già dalle prime battute si coglie un’anomalia: perché ci si riferisce alla televisione in rete con  le mosse degli altri operatori e non si cita Rai che pure, giovedì scorso, ha rilasciato un comunicato dove intende “partecipare a tavoli e iniziative”??? all’interno dell’articolo non una volta è citato il servizio pubblico che pure dovrebbe far parte della “televisione che va in rete”. Così van le cose del mondo … magari il collega non ha saputo per tempo del comunicato stampa Rai di giovedì scorso.

Da incorniciare invece l’articolo firmato da Sergio Rizzo, sempre su Repubblica AF : “Le nomine all'Agcom: Così i partiti hanno scelto l'arbitro per la grande partita di tv e TLC. II settore è in grandissimo fermento, la legge va riscritta. Eppure la scelta dei membri dell'Authority ha seguito i criteri di sempre: competenze scarse, appartenenze politiche certe. Dura a morire, la logica della spartizione politica. E durissima a morire anche quando si tratta di nominare i componenti delle Autorità cosiddette indipendenti. Dove la parola `indipendenti" starebbe per indipendenti dal governo, dai partiti e dagli interessi economici”. Quando a suo tempo abbiamo affrontato il tema nomine all’AGCom eravamo perfettamente a conoscenza del carico di lavoro che sarebbe stato a carico del nuovo consiglio, per la quantità e per la qualità dei dossier aperti. Ora abbiamo prova provata di come la politica ha inteso affrontare il problema che, per altro, ancora non si è chiuso definitivamente con il  mancato insediamento del nuovo presidente Giacomo Lasorella. Certo che poi Rai si trova in difficoltà già di suo: se i suoi interlocutori stanno combinati in questo modo, sarà dura…

In genere, ci occupiamo poco di aspetti editoriali però in questo caso si può fare eccezione. Nei giorni scorsi è stato sollevato il problema della prossima edizione di Sanremo che corre il rischio di andare in onda senza pubblico in sala. Condividiamo le obiezioni sollevate da Amadeus e Fiorello: il pubblico è la componente fondamentale dello spettacolo e il pubblico non è solo quello dietro gli schermi della televisione. Lo stesso ragionamento vale per il calcio: una partita, lo stadio, sono un tutt’uno con lo spettacolo sportivo e non ci saranno riprese fantascientifiche in Ultra 4K che pssono rendere il calore e la passione del tifo a bordo campo che, comunque, anche seduti in salotto si percepisce chiaramente. Qualcuno ha presente le ultime partite trasmesse in Tv senza pubblico sugli spalti? Sembra la Play Station, senza anima, senza passione, senza umanità. Certo, non è il pubblico in sala a Sanremo a fare la differenza rispetto ai 10 milioni di telespettatori comodamente seduti sul divano. Però difficile negare che si tratta di altra cosa, una cosa diversa che nessuno ancora è in grado di percepire esattamente per quanto potrà significare nei meccanismi di percezione che il pubblico, tutto il pubblico, tutta la società italiana, potrà modificare.

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domenica 13 settembre 2020

Pausa tecnica

Oggi, visto anche che sulla stampa non c'è quasi nulla di significativo, ci prendiamo una pausa tecnica necessaria ad approfondire temi e problemi di questi giorni.

Graditi commenti e riflessioni

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sabato 12 settembre 2020

Una mano delicata


Se mai ci fosse stato qualche dubbio sul senso, sui tempi e sui contenuti di quanto approvato dal Cda Rai dei giorni scorsi sulle iniziative da intraprendere sulla rete unica, basta leggere i giornali di oggi: nulla. Non c’è traccia dell’argomento.

Intanto leggiamo il comunicato ufficiale di Viale Mazzini “Il Cda ha dato mandato all’unanimità all’AD di chiedere di partecipare a iniziative e tavoli, in particolare della componente pubblica, sulla Rete Unica perché la Rai abbia un ruolo a garanzia della neutralità della rete e dello sviluppo delle infrastrutture. La decisione è stata presa dopo l’audizione del Chief technology officer, Stefano Ciccotti. Il Cda ha approfondito i temi relativi allo sviluppo della banda ultralarga attraverso le varie iniziative sulle quali la Rai è impegnata, tra cui la content delivery network, la sperimentazione del trasporto attraverso la partnership di Open Fiber dei contenuti in altissima definizione su reti in fibra ottica, l’estensione dei servizi RAI nelle cosiddette aree bianche del Paese e la partecipazione dell’Azienda nelle attività di sviluppo del 5G nonché i rischi e le opportunità future che il progetto di Rete Unica UBB rappresenta per la RAI”. 

Si tratta di un  testo tutto da decifrare e interpretare con due chiavi di lettura: la direzione strategica (non finanziaria) dell’operazione e le risorse necessarie per entrare a far parte della partita. Argomenti sui quali il comunicato la prende molto, molto da lontano. Ad esempio: a quali "iniziative o tavoli" si vorrebbe partecipare? A quale CDN si riferisce? La “sperimentazione” di RaiWay con Open Fiber avviata da oltre un anno a che punto è giunta, quando si concluderà e in quali direzioni di sta prospettando? Quante risorse sono necessarie e da dove si dovranno attingere? E così via. In sintesi, un comunicato timido e debole che non lascia tracce rilevanti del dibattito in corso e si può anche comprendere il perché. 

Una volta, quando si partecipava ai dibattiti politici,  si iniziava con  un incipit del tipo “La situazione politica internazionale e i nostri compiti”. Oggi nulla è cambiato. La partita rete unica è sotto botta di un quadro politico oggi più che mai confuso e incerto con prospettive di stabilità spesse come una foglia di rosmarino. Le carte in tavola sono state rimescolate profondamente nei giorni scorsi e proprio alla vigilia di appuntamenti elettorali dagli esiti incerti ed è difficile supporre che, almeno per diverse settimane, qualcuno possa avere la forza di riproporre questo tema all’ordine del giorno. Ardua domanda: a chi rivolgere appelli di partecipazione a tavoli e iniziative (posto che si avvieranno ed è tutto da  verificare) e a chi chiedere risorse economiche necessarie per qualsiasi iniziativa si volesse avviare? Da non dimenticare mai la drammatica situazione in cui versano le casse di Viale Mazzini.

Dunque, la sortita di Rai, seppure tardiva e di impatto relativo, avrebbe meritato maggiore attenzione. Colpa solo di un comunicato debole e incompleto? No, certo che no. Una buona parte della partita si gioca  tutta tra Viale Mazzini e Via Teulada: la palla al piede dovrebbe averla Salini, è lui il capo Azienda ed è a lui che si dovrebbe guardare per trovare indicazioni strategiche. Ciccotti è un suo “collaboratore” e, per quanto abbiamo scritto, gioca una partita molto, molto, particolare. Infine, c’è un partecipante alla partita, l’AD di RaiWay,  che per ora si tiene “inguattato” e gode dell’andamento delle sue azioni, in bilico su un futuro  incerto.

Eppure, la posizione espressa da Rai non è meno rilevante di quanto ha dichiarato il diretto concorrente di Viale Mazzini (nei giorni scorsi Marco Giordani, CFO di Mediasset lo ha detto chiaro e tondo: “Riteniamo cruciale la neutralità, l'indipendenza e l'efficienza in termini di costi della rete in modo che i nostri contenuti possano essere trasmessi e si potranno considerare investimenti nel momento in cui la situazione si renderà più chiara”.

E se il primo tavolo di confronto e dibattito lo avviasse proprio l’operatore pubblico proponendo lui stesso agli altri operatori di sviluppare un percorso comune, magari proprio a partire della definizione puntuale di “neutralità della rete” che è un punto sul quale tutti sembrano concordare?

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venerdì 11 settembre 2020

Strettamente Riservato


Tutto previsto, tutto scritto. Questo blog non ha la palla di vetro e non legge i fondi di caffè ma le carte si, quelle cerca di studiarle e segue sempre quanto scrivono autorevoli colleghi. Inoltre, questo blog cerca costantemente di mettere insieme frammenti di verità che tutta insieme, come al solito, difficilmente si presta ad essere veduta. Non ci aspettiamo ringraziamenti o riconoscimenti, ma qualcuno del VII piano almeno un caffè al baretto della signora napoletana potrebbe anche pagarcelo: siamo stati tra i primi e soli a sollevare il problema della partecipazione alla rete quando tutti erano accecati dalla tensione TIM vs Cdp, quando si stava ponendo al centro del dibattito il ruolo del soggetto pubblico rispetto a quello privato e quando abbiamo scritto con scandalo che agli incontri dove pure partecipava SKY la Rai non fosse nemmeno  invitata.

Bene. Ieri si è svolto il Cda di Viale Mazzini e, come previsto, il CTO Stefano Ciccotti ha svolto una relazione presentando lo stato dell’arte sul tema rete unica e prospettive per la Rai. Come pure abbiamo scritto, non è stato presentato un progetto ma solo esposte “linee di interesse” tanto vaghe quanto poco impegnative per la partecipazione alla costituenda AccessCo. Scrive il solito bene informato Andrea Biondi sul Sole di oggi: “La Rai bussa ufficialmente alla porta della Rete unica TLC. Viale Mazzini vuole entrare nella partita che ha come protagonisti Tim e Open Fiber… Mandato unanime del Cda all'AD Salini «a partecipare a iniziative e tavoli». L'accelerazione dopo la decisione di Mediaset di entrare nella… E vuole farlo accelerando al massimo i tempi“. Questa accelerazione, come abbiamo scritto, non è caduta dall’albero delle pere ma da quello delle mele, allorquando a Viale Mazzini hanno capito (speriamo una volta per tutte) che non potevano continuare a rimanere arroccati dietro il paravento dell’Azienda solo di produzione di contenuti e chissenefrega delle piattaforme di distribuzione (come abbiamo sentito dire da un autorevole ex collega). Ora il Cda di ieri ha dato mandato a Salini di scrivere una lettera più o meno esattamente come l’abbiamo anticipata noi: “Gentile Ministro, qualora nei prossimi giorni intendesse avviare un tavolo di confronto, di iniziative di dibattito, di approfondimento o di solo scambio di idee, Le saremo grati di tenerci in considerazione. Ci siamo anche noi e verremo molto volentieri, magari portiamo i dolcetti!!! Un cordiale saluto, Fabrizio Salini”. Ca va sans dire: nel merito, nella proposizione siamo ancora in alto mare per due buoni motivi: il primo riguarda lo stato della trattativa  che è ora tutta impantanata sulle “regole di ingaggio”, cioè anzitutto su chi comanda. Rai ha ribadito un concetto importante sulla neutralità della rete. Scrive Biondi :” … il considerare la rete come l'autostrada del futuro per il transito dei contenuti porta Rai come Mediaset a insistere sulla richiesta di un'infrastruttura neutrale che non abbia Tim in maggioranza”. Su questo punto la mediazione sarà assai ardua. Gubi non ne vorrebbe sentire parlare,  l’idea  che  lui e i fondi americani che rappresenta debba stare sotto bastone di qualcun altro gli potrebbe far venire l’orticaria e se poi se questo qualcun altro si chiama “soggetto pubblico” che potrebbe non avere gli stessi interessi finanziari che guidano il suo operato, allora la partita sarebbe assai più complicata. 
Il secondo buon motivo, anche questo lo abbiamo scritto chiaro e tondo, è che Rai non ha  un progetto industriale sulla rete. O meglio, poniamo pure che si possa trarre qualche spunto (attenzione, ma solo di spunto si tratta) da qualche idea del CTO, ci si deve fermare lì per due motivi subordinati: il  primo è il Piano industriale congelato fino al prossimo 31 dicembre, il secondo è che non ci sono soldi per entrare nella partita. Nel senso che un conto è partecipare ad un tavolo di confronto, di idee, di dibattito, altro conto è mettere una fiche sul tavolo e andare a vedere le carte. La fiche, in questo momento non c’è e non ci sono nemmeno tante possibilità  che ci potrà essere. Ieri abbiamo scritto: che fine ha fatto il ricorso sugli 80 mln di extragettito del canone? Silenzio. E chissà per quale curioso motivo ogni tanto (anche oggi su MF si legge un titolo come “proposta di Legge  per una Rai  senza pubblicità”) qualcuno torna sul tema risorse scarse da ripartire in tutto il  mercato. Infine, c'è un terzo e forse più importante motivo, ma questo, al momento ce lo teniamo strettamente riservato.

Tornando sul Cda di ieri, è stato fatto un passaggio sul ruolo di Rai Way che proprio in questi giorni  rende  particolarmente euforici gli azionisti. La quotata di Viale Mazzini ha in carico oltre 2300 torri, molte delle quali con un destino segnato nell’attuale processo di evoluzione tecnologica: fra poco saranno poco più di ferro vecchio buone per la rottamazione. Rai Way ha in corso una intesa con Open Fiber siglata ad aprile 2019 per “una partnership tecnologica per lo sviluppo di servizi video Ultra HD su reti Ultrabroadband”. Nel MoU  si legge che “In Italia si stima che nel 2022 l’80% del traffico internet sarà video. In questo contesto, nuove piattaforme basate sulle reti a banda ultra larga, come quella che sta realizzando Open Fiber, rappresentano una realtà complementare rispetto alle reti di distribuzione tradizionali (digitale terrestre o satellite)”. Attenzione: nel 2022 si dovrebbe completare lo switch of al DVB-T2 sul quale, pare, sembra, dicono, forse, probabile che Rai sia alquanto indietro. Qualcosa non torna.

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giovedì 10 settembre 2020

La Guerra è iniziata: il Cda, Il CTO, Vodafone e l'irreversibile inquinamento degli animi


À la guerre comme à la guerre … e, tanto per essere ancora più chiari: non si faranno prigionieri! Le armate scendono in campo e dispiegano le truppe, rullano i tamburi e si prepara l’artiglieria. Ma tutto questo frastuono di guerra non preannuncia l’immediata battaglia, serve solo a rimandare il confronto. I fini strateghi stanno applicando un principio fondamentale delle teoria dei conflitti: la migliore vittoria viene da una battaglia non combattuta.

Oggi leggiamo un nuovo capitolo sul fronte della rete unica: Nick Read, amministratore delegato di Vodafone, si compra una  pagina su Politico e spara a palle incatenate sostenendo che “Digital infrastructure must look forward, not back. Monopolies and forced competition are bad for consumers” (https://www.politico.eu/sponsored-content/digital-infrastructure-must-look-forward-not-back/ ). Tutto chiaro? La battaglia per costituire una società per la rete unica in Italia così come è stata concepita nelle scorse settimane nei desideri di TIM e di parte del Governo sarà lunga e irta di ostacoli e per qualcuno potrebbe anche prefigurare una nuova Waterloo  (che non a caso si trova in Belgio, non molto lontano da Bruxelles).  Ed è li infatti che potrebbe cadere il castelletto laddove, una volta  costituita la società, le autorità europee potrebbero, solo a posteriori, dichiarare che così come si sta definendo l’operazione della rete unica non si può fare. A  rincarare la dose si aggiunge un commento del Financial Times che dice chiaro e tondo che la rete unica rappresenta  "un suicidio perfetto per la fibra”. Bene. Punto e a capo.

Traduciamo in soldoni: se mai la società dovesse prendere forma la sua piena operatività difficilmente potrebbe prendere avvio prima di 18-24 mesi, durante i quali può succedere di tutto. Ed ecco che scende il cielo sulla terra di Viale Mazzini.

Oggi si dovrebbe svolgere un importante Cda dove il CTO Stefano Ciccotti si  dovrebbe presentare con un non si sa bene cosa: un dossier, una nota, un appunto, un pensiero il libertà. Proviamo a leggere nella mente di chi parlerà e di chi ascolterà (beninteso, abbiamo fatto prima le prove tecniche). Il CTO non potrà andare oltre le buone intenzioni: per entrare nella partita occorrono due condizioni. La prima è brutalmente economica, ci vogliono soldi e tanti e nessuno sa bene dove tirarli fuori (a proposito: che fine ha fatto il ricorso per il recupero degli 80 milioni dell’extragettito???); la seconda richiede un progetto, una visione, un’idea che lui in quanto tale potrebbe pure avere (magari ben nascosta nel cassetto)  ma che in verità si attende dal suo AD che dovrebbe essere la guida e ispiratore. 
Il solito autorevole (quanto malizioso) osservatore interno commenta: “Perché mai Ciccotti dovrebbe regalare un progetto a Salini quando poi a goderne i possibili vantaggi non sarebbe lui stesso?" La domanda è lecita e ponderata bene, anche perché guarda lontano, molto lontano, quando a giugno prossimo le carte in tavola potrebbero cambiare e a gestire la partita ci potrebbero essere altri amministratori. Dalla parte di chi ascolterà (i consiglieri) invece le cose potrebbero essere più articolate: va bene essere della partita sulla rete unica, però intano è in corso un’altra partita dagli effetti più immediati e potenzialmente più rilevanti a danno del Servizio Pubblico, cioè la tanto temuta transizione al DVB-T2 sulla quale Rai è tuttora inadempiente per quanto previsto dal Contratto di Servizio a proposito dell’informazione al suo pubblico. Nota a margine: nei prossimi giorni un altro dirigente di rilievo lascia ICT (o meglio...il CTO  ???) ed è proprio quello che avrebbe dovuto seguire il tema della transizione al DVB-T2 prima seguito da Serafini, pure lui "incentivato" all'esodo.

Detto questo passiamo ad un punto correlato: il quadro politico che sostiene Viale Mazzini. Oggi leggiamo un intervento sul Sole 24 Ore del senatore Primo Di Nicola, M5S, che dopo aver fatto un panegirico dell’attuale dirigenza, già nel titolo molla la botta: “La Rai ha bisogno di una governance indipendente” e riprende il ragionamento avviato qualche giorno addietro dalla sottosegretaria Bonaccorsi “… I nodi che oggi vengono al pettine, nel bel mezzo di una crisi globale, richiedono discontinuità e riaprono interrogativi sulle scelte del recente passato…”. 

Cerchiamo di tradurre: Di Nicola già aveva avviato una riflessione sul tema governance alla quale, in un certo senso, ci siamo associati. Lo abbiamo scritto tante volte: la Legge Renzi del 2015 è nefasta e va cambiata. È evidente però che anche ciò che ne è derivato assume le stesse caratteristiche (abbiamo scritto di frutto avvelenato di un albero malato). Se ne può dedurre, semplificando e sintetizzando, che l’attuale governance non è indipendente e che, di conseguenza, va cambiata prima possibile con una nuova legge. Magari ci sbagliamo, ma quando leggiamo certe cose come quelle che sostiene Di Nicola ci sorgono dubbi e sospetti non facili da fugare.

Infine, un attentissimo lettore ci segnala un tema delicato che invita alla riflessione e ci scrive “… i grandi temi strutturali sono importantissimi. I temi editoriali sono fatti da tanti piccoli spezzoni minuti che depositandosi nel tempo diventano impalpabile e irreversibile inquinamento degli animi” e si riferisce a come i servizi giornalistici Rai hanno trattato il caso di Willy, il ragazzo assassinato dal branco di belve a Colleferro. Il racconto sociale, la formazione della coscienza collettiva, il sentimento condiviso, passa anche attraverso le immagini del Servizio Pubblico e, purtroppo, questo non sembra essere un tema di grande interesse.  


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