sabato 17 luglio 2021

Rai: l'Uomo "Fuortes" al comando. La genesi di un concetto.

Basta con i complottismi, le dietrologie, le sofisticate e dotte analisi sul perché e sul per come avvengono certi strani fenomeni politici. Da ora in poi solo fatti certi, verificati, indiscutibili, al di sopra di ogni ragionevole dubbio o interpretazione arbitraria.

Ieri si è riunito il primo Cda Rai della Nuova Era: tutto secondo i piani, tutti hanno votato a favore di Fuortes AD e Soldi Presidente, con la sola eccezione di Riccardo Laganà che si è astenuto. Da ora in poi si dovrà ragionare con questo punto fermo, almeno fino alle prime ore di mercoledì 21 aprile quando è stata convocata la Vigilanza dove si consumerà l’ultimo rito sacrificale di questa nuova stagione Rai. Si vedrà in quella sede se e come i partiti si accomoderanno alla fase successiva della predazione dell’Azienda Rai. Si vedrà in quella occasione se alcuni avranno voglia, forza e coraggio di mettersi di traverso al “Draghi pensiero” più di quanto già non avviene sulla riforma della giustizia, sul decreto Zan, sul passaporto vaccinale e sull’ondata di licenziamenti che si sta abbattendo sul Paese.  Come scrive la Vitale questa mattina su Repubblica: “Draghi avrebbe già fatto sapere di considerare un atto ostile ogni comportamento contrario”. Pensieri che appaiono come minacce, occulte e indirette, sull’autonomia e sovranità di un organo parlamentare, giusta o sbagliata che sia la sua natura o funzione.

Dunque, oggi affrontiamo uno solo fatto certo che ha origini lontane, molto lontane e, temiamo, potrà avere ancora molta strada da fare. Nel nostro Paese alberga da secoli un Virus antico, robusto e persistente ad ogni vaccino. Non miete vittime sul campo, non riempie le rianimazioni degli ospedali (per fortuna) ma opera danni profondi nella coscienza civile e democratica delle persone. Ci riferiamo alla teoria e alla prassi cosiddetta di “uomo solo al comando”. Non c’è bisogno di spolverare libri di storia, gelosamente custoditi in libreria, ed è sufficiente recuperare qualche ritaglio di giornale oppure fare un breve giro su Internet. Ci riferiamo ovviamente a Draghi in primo luogo e a Fuortes che ne esprime in Rai la sua propaggine. Ci sia consentita prima una citazione alla quale siamo molto affezionati: “Quando la politica abdica al suo ruolo di levatrice dei valori per farsi puro strumento del consenso, sulla vita pubblica scende il sonno della ragione”(Massimo Riva su Repubblica, febbraio 1994).

Draghi ha bisogno di consenso e, a sua volta, ha bisogno di persone a sua immagine e somiglianza per conquistarlo e rafforzarlo. Ecco, esattamente in questo pensiero risiede l’origine della diffusione del virus. Proprio quando la politica lascia libere praterie sconfinate dove cavalcano liberi i predatori della civiltà democratica che sorge spontanea e si diffonde la voglia di un “uomo solo al comando” capace di riportare ordine, rigore ed efficienza nella macchina dello Stato. Senza andare troppo lontano, riportiamo quanto emerso da un sondaggio Censis del 2017, dove si leggeva chiaro e tondo che circa il 76% degli italiani non hanno fiducia verso i partiti. Tra questi, circa il 48,2% vorrebbe un "uomo forte al potere". Cosa ne consegue? “Questo ha finito con l'aumentare nella percezione degli italiani la perdita di reputazione, la sfiducia nei partiti e nella stessa democrazia parlamentare è sprofondata”. Dunque, in questo alveo, in questa palude di confusione, di incertezza e difficoltà ad avere una visione sul futuro del Paese che nasce il “draghismo”, il commissariamento di tutto ciò che la politica non sembra più capace di governare. Da ricordare che si tratta di un fenomeno con precedenti illustri: da Ciampi a Monti, passando a Conte per finire a Draghi. Da sempre il virus della delega o deroga dei partiti al “tecnico” di turno si è scatenato quando la “politica” si manifestava nei suoi momenti di più acuta debolezza. La politica, proprio come la fisica, non ammette il vuoto: laddove si crea uno spazio, qualcuno o qualcosa lo occupa.

L’elemento che poniamo alla riflessione è esattamente all’interno di questo perimetro: quanto è lecito accettare che possa proseguire questo sconfinamento del “tecnico” sulla Politica? Al primo non viene richiesto un progetto, un programma, una visione con i quali richiedere il consenso elettorale. Al “tecnico”, non gli si richiede la responsabilità morale (mores, regole) delle sue scelte, deve operare subito e, possibilmente, senza dibattito. Non deve rispondere a nessuno per quanto agisce: al più gli è consentito di “fiutare l’aria” e muoversi di conseguenza. Draghi sa bene che la Rai non produce bulloni e che non è sufficiente aver messo in piedi un cartellone di opere liriche per giustificare una nomina. Ma sa bene pure che di fronte al sentire comune degli italiani la Rai non gode di stima particolarmente esaltante ed è quindi sufficiente, a suo giudizio, far passare il concetto di un uomo forte in grado di risanarla per risolvere il groviglio dei suoi problemi. Nessuno ha chiesto a Fuortes che progetti ha sulla Rai, cosa ne intende fare. Nella carenza o peggio totale assenza di dibattito sul criterio di scelta dell’AD, il Parlamento diventa un Ufficio notarile chiamato solo a ratificare, a registrare la volontà espressa dal Consiglio dei Ministri.

Con questa chiave di lettura arriva la proposta e la ratifica di Fuortes (nomen omen) che proprio nel suo cognome ha il suo programma e il suo destino. Come ha scritto ieri Laganà motivando la sua astensione al voto (per fortuna che Riccardo c’è, con buona pace dei suoi detrattori): “La legge non prevede un dibattito sulla missione prima della nomina dei vertici, ma nemmeno lo vieta. Così ci troviamo oggi qui a votare sapendo chi ha effettuato le nomine, ma non con quale missione". Già, esattamente, all’uomo “Fuortes” non si richiede il progetto, la visione, il programma. È sufficiente che nel cosiddetto “immaginario collettivo” sia in grado di risolvere problemi. Come, quando, con quali risorse e strumenti sembra essere irrilevante, subordinato e comunque successivo: “Sono Carlo (chiamatemi pure Sig. Wolf) e risolvo problemi”.

Tutto questo avviene in un contesto che appare a dir poco “anomalo”: il silenzio complice e colpevole di tanta parte della sinistra o di ciò che resta di essa. “Ha fatto bene al Teatro dell’Opera, al Petruzzelli, e potrà far bene anche in Rai” è la frase più forte e significativa che si ascolta. Di notevole spessore, non c’è che dire, pregna di tanta storia e filosofia. Ma non ci stupisce più di tanto: ci è stato ricordato il retroterra culturale dal quale proviene, appunto, una certa idea di uomo “Fuortes” al comando. Viene esattamente dallo stesso mondo nel quale è cresciuto e si è formato: proprio dal quel mondo di “sinistra” che ne ha segnato le fortune. Abbiamo ripescato un titolo di Repubblica del 2010: “Veltroni: Abolire il Cda della Rai, servono un manager svincolato dalla politica". A parte l’errore di scrittura ma il concetto sembra essere molto chiaro. E su questa pista si è formata e consolidata la corrente di pensiero, sempre interna ad una certa “sinistra” che ha condotto successivamente, nel 2015, alla formulazione della nefasta Legge 220 di renziana memoria che istituiva l’AD al posto del DG e al quale venivano affidati quasi i pieni poteri di gestione dell’Azienda e la cui fonte di nomina veniva sottratta al Parlamento per affidarla al Governo e al suo capo di turno. Che poi Camera e Senato abbiano dato prova di meritarsi quanto di loro competenza è altro discorso: anche in questo caso la nomina dei quattro consiglieri è avvenuta nel più semplice ed elementare principio della spartizione opaca e misteriosa delle poltrone in palio, operata nelle segrete stanze dei “commissari ad acta” senza confronto e dibattito alcuno, seppure, appunto, la legge non lo vietava. Per di più, operando una grave inadempienza: tagliare fuori dagli equilibri “obbligatori” la rappresentanza dell’opposizione. La Meloni, sentitamente, ringrazia: un regalo così non se lo aspettava di certo. Si tratta, a nostro avviso, di un grave errore, ancor più se avvallato o tacitamente condiviso sempre da quella stessa “sinistra” o di ciò che ne rimane di essa.

Bene. Le chiacchere stanno a zero. Mercoledì 21 sarà un altro giorno e ragioneremo sui fatti certi che si potranno evidenziare.

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