giovedì 31 marzo 2022

La complessità matematica di Fuortes e il Tg1

Foto di Ulrike Leone da Pixabay

Oggi clamorosa intervista dell’AD Rai, Carlo Fuortes, sul Corriere. Da incorniciare e tramandare ai posteri. Superata l’estasi per tanta cristallina lungimiranza, visione e progettualità sul futuro del Servizio pubblico, ci soffermiamo su un microscopico aspetto. Nel testo dell’intervista, ad un certo punto, la giornalista Antonella Baccaro chiede: 


Questo è un piccolo dettaglio, potenza e mistero dei numeri, dei segni e dei simboli. Allora, il dettaglio merita attenzione. Se ti chiedo quanto fa 1+1 hai una sola risposta: 2. Se ti chiedo se gli ascolti ripagano e rispondi “si” devi poi aggiungere che i numeri che fornisci sono positivi mentre se hanno il segno negativo come fanno ad essere positivi? Non siamo particolarmente esperti con la matematica ma, fino a prova contraria, il segno  - dovrebbe indicare un numero negativo. Si osserva: si però uno dei due numeri è positivo... ahhhh... vero... almeno quello.
Ma lasciamo perdere per un momento l’interpretazione dei segni ed entriamo nel merito delle due varianti sullo 0,01% dell'edizione serale. Variante Numero A: errore tipografico, cioè il segno - è sfuggito autonomamente dalla tastiera ed è comparso a sua insaputa. Fuortes voleva dire il contrario, cioè 0,01% che, notoriamente, se non specificato con il segno - sta ad indicare un numero positivo. Mannaggia chi scrive. Variante Numero B: Fuortes ha detto esattamente quello che a lui è noto, cioè che il Tg1, rispetto al marzo dello scorso anno, ha “guadagnato” -0,01%. Cioè, leggiamo noi, ha “perso” lo 0,01%… o no??? Qualcosa non torna e lasciamo agli esperti di interpretazione dei segni, dei numeri, delle carte, delle stelle o dei fondi di caffè cosa intendesse dire con quel “Si” alla domanda specifica. 

Ma ancora meglio, il tema è capire se una “crescita” o meno dello 0,01% si possa considerare “positiva” anche indipendentemente dal segno positivo e negativo sfuggito al tastierista. L’AD si vorrebbe riferire all’edizione delle 20, la più seguita e la più rilevante. La domanda è allora: come si può considerare un fatto positivo che proprio durante un momento così grave e importante, quando si presume che i telespettatori siano fortemente motivati ed interessati a seguire quanto succede nella guerra in Ucraina, i telespettatori “crescono” (o meno) dello 0,01%. Chissà cosa direbbe Totò... ma ci faccia il piacere!!!! Per quanto risulta a noi, almeno nell’edizione delle 20 delle ultime domeniche, a confronto con lo scorso anno, come abbiamo scritto chiaramente nei giorni scorsi i numeri sono impietosi e ben diversi e non lasciano spazi a dubbi sul segno da anteporre: mancano centinaia di migliaia di telespettatori.

Ma abbandoniamo il sentiero dei numeri ed entriamo invece nell’autostrada dei contenuti, in particolare del Tg1. Nella mappa di questi percorsi di informazione televisiva non esiste un “navigatore” e non esistono segnali indicatori per indicare un percorso, quale che sia, verso una “verità” che non è e non sarà mai oggettiva. Ognuno va per se e risponde solo ad una “preminenza” dell’indicazione “politica” alla quale risponde la testata giornalistica, ovvero il Governo. Esiste un “metodo” o un “sistema” per misurare il “peso” o il “valore” delle parole e delle immagini messe in onda? Ovviamente, ci riferiamo ad un sistema scientifico, dove si possa assegnare una valore che possa poi essere codificato e confrontato con altri. La riposta è no. Non esiste un “metodo oggettivo” e l’analisi si può ricondurre semplicemente alla “percezione” soggettiva, individuale o collettiva, che si può avere ascoltando i servizi ovvero tutto il “racconto” ovvero ancora la “percezione” di quanto viene diffuso con tutto il "pacchetto" Tg. In altri termini, il solo elemento sul quale si potrebbe avere, attraverso specifici strumenti di rilevazione, qualche elemento di riflessione di riferisce al senso generale, alla “narrazione” che il Tg1 propone su questi giorni di guerra.

Allora, tanto per proporre una sommaria esercitazione, provate a mettere in ordine la “gerarchia” delle notizie per la loro rilevanza (trattative o “notizie sul campo di battaglia), provate a contare le volte in cui si ripetono frasi, concetti e immagini (bambini, ospedali, morti, feriti etc), oppure le tipologie di domande (tg1 edizione delle 20 di ieri 30 marzo,l’inviata del Tg1 Stefania Battistini chiede al sindaco di Iripn  “Quanti civili sono stati uccisi dai russi?”) oppure il rapporto tra quanti inviati Rai e quanti “giornalisti collaboratori esterni” e così via. In queste ore in cui Draghi parla con Putin e le delegazioni si incontrano in Turchia lasciando intravvedere microscopiche speranze di pace, difficili e complicatissime, provate ad ascoltare i commenti che riferisce il Tg1 dove si percepisce chiaramente, si lascia intendere in modo evidente che… si va bene, si tratta ma tanto… non servono a nulla. Chissà, forse, Palazzo Chigi  non ha informato la Palazzina A di Saxa Rubra di come stanno andando le cose.

Ecco allora la madre di tutte le domande sugli ascolti del Tg1 e del “+”o “-“ dello 0,01% degli ascolti in prima serata. Quale credibilità e attendibilità può avere una “narrazione” del genere? Quale senso generale può trarre il grande pubblico da una narrazione concepita, costruita, strutturata nel modo che ne viene fuori?

Torniamo brevemente all’intervista di Fuortes perché più la rileggi e più diventa buona, come il cacio stagionato. Vi riportiamo l’immagine così non ci sono dubbi di trascrizione:

Ritagliate l’intervista a Fuortes, un giorno sarà utile.

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mercoledì 30 marzo 2022

La grande Bufala di Rai Way e il breve Cap.4: la Vergogna

Foto di Antony Trivet da Pixabay

Oggi non ci sono argomenti interessanti sulla Rai e non si sa mai se è una buona notizia o meno. Sappiamo però che c’è tanto lavoro sotto traccia che molti ritengono giusto tenere ben nascosto. Si lavora sul Piano Industriale, fermo ancora alle bozze di cui vi abbiamo scritto. Si lavora al nuovo Contratto di Servizio che ne dovrebbe essere la traccia prioritaria. Si lavora poi a tracciare il percorso di quella che abbiamo ritenuto la “grande bufala” di Rai Way. Una bufala controversa  e dai disegni oscuri: nessuno ha capito bene se e quando il DPCM che autorizza la cessione della quota di maggioranza di Rai Way potrà produrre i suoi effetti e, qualora fosse, da che parte potranno emergere gli interessi della Rai, ovvero quelli di prevalente interesse pubblico rispetto a quelli di interesse privato. 
Giacchè, per quanto è noto e dato sapere, di questo si tratta: in mancanza totale di una visione e di un progetto, quale che sia, l’operazione Rai Way si sta presentando sempre più come una banale e rozza operazione di bassa cucina finanziaria e di industriale si vede ben poco. Da tenere sempre bene a mente le pietre d’inciampo del DPCM: la governance e il meccanismo di validazione previsto dall’art.2. In particolare, esattamente la governance della futura società delle torri sarà il Vietnam della Rai: chi comanderà, chi tutelerà gli interessi del Servizio Pubblico, chi deciderà le scelte strategiche che si dovranno compiere? Saranno sufficienti i patti “parasociali” a mettere sotto tutela gli interesse pubblici rispetto a quelli privati i quali non parteciperanno alla Società solo per fare beneficienza ai bambini poveri (vedi recente lettera dei Fondi a Draghi dove sollecitano l’operazione … ne hanno buon motivo).

Intanto però, si è proceduto celermente a mettere a punto un tassello importante: la sostituzione di Pasciucco e Ciccotti dal Cda di Rai Way necessaria a predisporre un nuovo Cda ad immagine e somiglianza della “nuova era” della Società quotata di Via Teulada. Da riportare che il consigliere Riccardo Laganà non ha partcipato al voto perchè " ... mancano elementi chiari e trasparenti sull'intera operazione e gli impatti che potrà avere su Rai...".

Le nuove persone nominate, pure molto stimate ed apprezzate in Azienda, di questo settore specifico non sembrano avere particolare esperienza, competenza e conoscenza. Vi abbiamo riportato un parere di una nostra fonte: “… Ciccotti, in particolare, era fuori dal progetto della nuova Rai Way…”. Si può bene capire e sapere. Già, ma allora come e in che termini questo “progetto Rai Way” si colloca all’interno del più vasto “progetto” del Servizio Pubblico su questo argomento e chi lo governerà? Attenzione ad un passaggio: nei giorni scorsi, esattamente il 29, era prevista l’audizione dei vertici di Rai Way in Vigilanza RAI e proprio a seguito delle dimissioni di Pasciucco e Ciccotti l’incontro è stato disdetto senza fissare una nuova data. È ragionevole presumere che sarà difficile che possa avvenire prima del 27 aprile, data di convocazione dell’Assemblea degli azionisti di Rai Way. Essendo la Vigilanza uno dei quattro organi previsti per validare il “procedimento” (insieme ad AgCom Consob e Antitrust) si può bene immaginare in quale pantano ci si potrà perdere nei mesi a venire.   

In questa storia si avverte il silenzio assordante di tutti i soggetti che dovrebbero essere coinvolti e interessati e, tra questi, la Politica. Dopo lo “stupore” espresso in Vigilanza la settimana scorsa quando è intervenuto Giorgetti, nel merito della questione tutti zitti. Da riportare che il consigliere Riccardo Laganà non ha partcipato al voto perchè " ... mancano elementi chiari e trasparenti sull'intera operazione e gi impatti che potrà avere su Rai...". Per il resto, quasi nessuno ha aperto bocca, a parte il solito Anzaldi che ha sollecitato l’audizione di Ciccotti… figurati!!! Si può comprendere: i commissari dovranno studiare attentamente prima, la materia è troppo vasta e complicata anche perché si intreccia fatalmente con l’altra della rete unica che già di suo è assai complessa e non a caso dopo anni sia ancora nel cassetto delle buone intenzioni.

Oggi terminiamo sommariamente la riflessione sul quarto termine che vi abbiamo proposto, la vergogna. Il tema è assai complesso e lo è a tal punto che giocoforza ci dobbiamo limitare solo a ricordare la sua drammatica attualità. La parola è balzata agli onori della cronaca contemporanea nei giorni scorsi quando il Papa l’ha riesumata da un vecchio cassetto di famiglia dove, da tempo, giaceva impolverata e inutilizzata. “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta [succedendo] adesso … la pazzia, eh?”. Il Papa ha toccato un nervo scoperto della nostra coscienza collettiva e la vergogna è il sentimento, o meglio l’emozione, che meglio lo rappresenta. Grosso modo, a spanne, si può affermare che la vergogna interessa l’ambito collettivo e il senso di colpa quello privato, intimo. La vergogna, a differenza del senso di colpa che pure è un potente motore dell’anima e delle azioni umane, viene considerata spesso come un’emozione sociale, riferita al sistema di valori morali (art. 11 della Costituzione ... L'Italia ripudia la guerra etc.) verso i quali si nutre sacrale timore e la cui violazione, genera, appunto vergogna. La vergogna ci porta direttamente nel cuore della morale, delle “mores” ovvero regole, alle quali gli individui si dovrebbero attenere nel rispetto della convivenza nella collettività alla quale appartengono.

Abbiamo il fondato motivo di ritenere che buona parte degli italiani la pensa come lui: vedi l’ultimo sondaggio di SWG per il Tg di La7 dei giorni scorsi dove emerge chiaro e forte che il 54% degli intervistati NON è d’accordo sull’aumento delle spese per armamenti. 



Il problema è che molti, al Governo, fanno finta di non saperlo e il Tg1 se ne guarda bene dal farlo sapere.

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martedì 29 marzo 2022

Cap.3: la Prudenza ... ovvero la Guerra, il Tg1 e non solo

 

Foto di morhamedufmg da Pixabay

“Non sien le genti ancor troppo sicure a giudicar, sì come quei che stima le biade in campo pria che sien mature.”

Dante Alighieri

“Ci vogliono vent'anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se pensi a questo, farai le cose in modo diverso.”

Warren Buffett

Oggi è previsto il capitolo 3°  dei termini sui quali vi abbiamo proposto di riflettere: la prudenza (nei Post precedenti la Memoria e la Menzogna). La notizia del giorno, peraltro già da noi anticipata, è che il Cda Rai si è riunito ieri ed ha proceduto alla sostituzione di Pasciucco e Ciccotti con Rastrello e Enni rispettivamente come presidente e consigliera di Rai Way in vista della prossima Assemblea degli azionisti della Società quotata Rai del 27 aprile e a valle del DPCM sulla vendita di parte della società. Repubblica di oggi, in un breve trafiletto, titola: “…l’amaro addio di Ciccotti”. Già, molto amaro e non solo per lui. C’è da dire di più, molto di più e poi vi diremo.

Come noto a tutti, da sempre: nulla avviene mai per caso e quindi l’Italia che viene esclusa dai mondiali di calcio, il mancato Oscar al film di Sorrentino e la Guerra in Ucraina non sono pere cadute dal melo … era tutto già noto, previsto e scritto da tempo, e nessuno può affermare che si tratta di sorprese. In ordine: l’Italia ha vinto gli europei di calcio ai rigori (finale e semifinale) e non perché avesse espresso un gioco di particolare bellezza o efficacia. Sorrentino esce con il suo film, E’ stata la mano di Dio, forse nel momento più basso del cinema italiano quando, lo scorso settembre, quasi in contemporanea usciva Tre piani di Nanni Moretti e Vita da Carlo di Carlo Verdone che, bene che si possa dire, avevano come più elevata punta espressiva la loro autobiografia. Un po’ poco per competere con scritture “globali” come quelle che si presentano agli Oscar. La Guerra infine, era scritta nei libri di storia da decenni e pure nelle settimane e mesi precedenti lo scorso 24 febbraio, era noto pure ai sassi che sarebbe scoppiata e ciononostante nessuno, ha fatto nulla per impedirla e anzi sembrava quasi ineluttabile.

Tutto questo per introdurre il tema di oggi, la prudenza, e proseguire quello dei giorni scorsi, l’informazione Rai durante questi giorni drammatici.

La Prudenza è anzitutto la prima delle quattro laiche Virtù cardinali (le altre sono Giustizia, Fortezza e Temperanza) troppo spesso dimenticata e altrettanto poco applicata ben distinta dalle tre virtù teologali, Fede, Speranza e Carità che pure non sempre godono di buona fortuna. Come al solito, si tratta di materia antica e da millenni ce ne occupiamo già sui banchi del liceo: nella nostra cultura hanno iniziato prima Platone e poi Aristotele che su questo tema hanno fatto a sportellate e passando attraverso Cicerone e poi S. Tommaso D’Aquino siamo arrivati all’era moderna con Kant e poi la Arendt e infine a Gadamer per sistemare, almeno in parte, la faccenda. Di quest’ultimo ci può essere utile una affermazione necessaria per l’esercizio dell’arte della prudenza, almeno verbale: “Un’interpretazione definitiva sarebbe in sé una contraddizione. L’interpretazione è sempre in cammino” che, in un certo senso, si può definire un pilastro delle Scienze Diplomatiche. Da tenere sempre a portata di mano “Oracolo manuale ovvero l'arte della prudenza” di Baltasar Graciàn. Ecco allora tutta la contemporaneità e la necessità di utilizzare bene questo concetto laddove, proprio in questi giorni di Guerra, per molti sembra tanto facile  e comodo utilizzare scorciatoie linguistiche poco “prudenti”. È stato prudente il nostro ministro degli esteri Di Maio quando ha definito Putin un animale (salvo poi pentirsene)? È stato prudente nei giorni scorsi Biden quando ha definito sempre Putin un “macellaio” (salvo poi la Casa Bianca rettificare e lui invece a ribadire il concetto)?

Facciamo calare il cielo sulla terra e veniamo alle vicende Rai. Come noto una storia, quale che sia, per essere bene compresa necessita ed ha sempre un prologo ed un epilogo. Nel mezzo si colloca il fatto per comprendere il quale, appunto, solitamente si cerca di definire l’antefatto e intravvedere il possibile postfatto, ovvero le conseguenze. Dove casca l’asino dell’informazione Rai e, a nostro modesto avviso, quello del Tg1? Esattamente nella difficoltà intrinseca a spiegare il prologo e il possibile epilogo della guerra in corso. Perché comunque, e lo speriamo presto, ci sarà una fine, un termine delle ostilità e si dovrà giocoforza ricostruire le macerie che si sono prodotte.  La domanda allora è: la narrazione del Tg1 della guerra in Ucraina è “prudente” o no?

Abbiamo affrontato il “problema” del Tg1 ma è ben chiaro a tutti che A) non è un tema delle ultime ore ma viene da ben oltre e lontano B) non riguarda solo la testa diretta dalla Maggioni.

Vediamo in dettaglio il punto A. Nel fine luglio 2018 ai nuovi consiglieri appena insediati a Viale Mazzini viene consegnato un “malloppo” composto da 1 fascicolo e 5 allegati: il primo di circa 280 pagine si riferisce al Piano Industriale che dovrà entrare in vigore per i successivi 3 anni e gli altri cinque si riferiscono, in ordine, a 1: Piano editoriale dell’Offerta televisiva 2: Progettazione per la realizzazione canali esteri 3: Piano informazione istituzionale 4: Piano per l’informazione 5: Progetto tutela minoranze linguistiche. Attenzione: l’allegato 4 è composto di 117 pagine, tutte concentrate sull’analisi dettagliata dello “stato dell’arte” sull’informazione del Servizio Pubblico e con dati e tabelle illustrative nonché confronti con gli altri SP europei dove si legge chiaramente cosa si potrebbe e dovrebbe fare. 

Che succede allora? Molto semplice: l’allegato 4 viene “smarrito”, dimenticato e ancora vaga come un fantasma nei corridoi del VII piano di Viale Mazzini. Succede pure che, sempre a luglio dello scorso anno, si insediano Fuortes &C e nel mazzo delle carte di tutti i problemi della Rai riesumano dal frigorifero la mummia di quel Piano e si concentrano solo su una parte di esso, la riorganizzazione per generi dei canali tv, e si dimenticano casualmente del famigerato “allegato 4” sulla riforma dell’informazione del Servizio Pubblico. Questo il contesto entro il quale si legge la crisi dell’informazione Rai: non aver voluto perseguire un progetto, giusto o sbagliato che fosse, e non concentrarsi per dotarsene uno nuovo e aggiornato.

Dettaglio punto B: non c’è solo la crisi del Tg1 ma c’è una crisi endemica interna all’Azienda mai affrontata e risolta e si riferisce a quella che si potrebbe definire una delle testate giornalistiche televisive più “rilevanti” del panorama italiano e forse europeo: RaiNews24. Lo abbiamo scritto da tempo: Nel citato allegato 4 si legge, a pag.49, che a RaiNews24 lavorano 190 giornalisti e 56 tra quadri, impiegati e operai di testata a fronte del Tg1 dove ce ne sono invece 146 giornalisti e 65 quadri, impiegati e operai di testata. Il tutto con ascolti da prefisso telefonico e la differenza è che il Tg1 si rivolge a milioni telespettatori e Rai News a poche decine di migliaia. Vediamo qualche numero  a confronto tra lo scorso venerdì 25 marzo e lo stesso giorno dell’anno precedente, giovedì 25 marzo 2021.   

Qualcosa è cresciuto ma parliamo sempre di numeri inadeguati e spropositati rispetto alle risorse (anche economiche, nell'ordine di centiaia di milioni di Euro) impiegate.

Ecco allora che il buio, almeno in parte, si illumina e la nebbia, almeno in parte, si dirada. In questo modo, forse, è più facile comprendere i fatti, gli antefatti e gli epiloghi.

A seguire, forse in giornata, riprenderemo la vicenda di Rai Way. Rimanete sintonizzati.

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lunedì 28 marzo 2022

ATTENZIONE: Tg1 e Rai Way

Succede che dallo scoppio della Guerra, ogni maledetta domenica per il Tg1 (e per la Rai) quando arrivano i primi minuti dopo le 10 del lunedì mattina si prospetta un incubo: rispetto a domenica scorsa dall’edizione delle 13.30 sono scappati circa 200 mila telespettatori e circa 600 mila dall’edizione delle 20. Rispetto alla corrispondente domenica dello scorso anno (domenica 21 marzo 2021) ne sono scomparsi rispettivamente 1.725.000 alle 13.30 e 1.228.000 per l’edizione delle 20. Da ricordare che nei giorni scorsi è circolato un documento “riservato” per modo di dire con il quale il Marketing Rai ha lanciato un allarme sugli ascolti e non solo per il Tg1 ma per tutta la proposta Rai.

Allora siamo andati a vedere di cosa si tratta e questo è quanto sappiamo:

Rai                      8-26 mar/17 feb Tot. aud. -293.217    sh. - 1,26%    contatti  -970.224

Mediaset            8-26 mar/17 feb Tot. aud. -156.176    sh. + 0, 03      contatti  -449.818

(fonte Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel)

Ce n’è ben d’onde da essere preoccupati a Viale Mazzini e torna in mente, appunto, il monologo di Al Pacino nel film citato “Ogni maledetta domenica” consigliato da rivedere: http://www.webste.it/ogni_maledetta_domenica_al_pacino.html e da incorniciare la frase “…cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l'altro fino alla disfatta … siamo all'inferno adesso signori miei credetemi...”.

Prima di riferivi della notizia del giorno, un breve aggiornamento su quanto abbiamo scritto nei post precedenti.

Da un po’ di tempo a questa parte gli astri non sembrano essere dalla parte giusta sui cieli di Viale Mazzini. “Preferisco un generale fortunato ad uno bravo": chissà se mai gli è passato per la mente questo pensiero quando a Draghi gli è stato proposto il nome di Fuortes per fare l’AD Rai. Comunque, oltre che la simpatia (“Mi dia del Lei”) a quanto sembra all’AD Rai gli difetta pure un pizzico di fortuna mentre delle sue capacità e competenze professionali leggeremo sui libri di storia.

Da quando si è insediato non gli è andato bene quasi nulla: nemmeno il tempo di capire e di sapere dove si trova e gli arriva tra capo e collo il DL 208 con il quale gli tagliano sotto il naso decine di milioni di pubblicità; poi gli sventolano sotto il naso il ritorno alla riscossione del canone con il vecchio metodo e gli paventano lo spettro del ritorno massiccio all’evasione; poi gli arriva la sintesi dei progetti di riforma della governance e gli bacchettano pure Rai Play; poi prova a toccare il nervo scoperto dell’informazione con la TgR e viene condannato dal Giudice per comportamento antisindacale; poi nel mentre e nel quando che inizia la guerra e deve constatare che centinaia di migliaia di telespettatori fuggono dalla Rai e, in particolare dal Tg1, dal quale deve parare i colpi delle copertine fake, dell’uso disinvolto della storia (la scalinata di Odessa), dello spropositato numero di “giornalisti esterni”, della “dimenticanza” delle parole del Papa  e per finire ci si è messa pure la sconfitta della Nazionale che farà perdere a Rai un sacco di milioni di euro. Chissà, forse un giorno qualcuno ci dirà che sarà stato pure “bravo”  ma per ora dobbiamo constatare che è poco fortunato.

Notizia di poco fa: è stato convocato un Cda straordinario a Viale Mazzini per nominare i sostituti di Pasciucco e Ciccotti rispettivamente come Presidente e consigliere di Rai Way a poche ore dall’audizione in Vigilanza di Fuortes e Soldi  la convocazione era per il vertice di Rai Way e comunque è stata sconvocata e in vista della prossima Assemblea degli azionisti del 27 aprile. Vi abbiamo già riferito quanto sappiamo e abbiamo cercato di approfondire e questo ci riferisce la nostra fonte “Tutti e due, per motivi diversi, erano fuori dal progetto della "nuova Rai Way" come sarebbe nelle intenzioni del Governo. Il primo perché non poteva cantare e portare la croce (Piano industriale cessione di quote secondo il DPCM, ovvero essere editore e proprietario di Rai Way come Giorgetti dixit in Vigilanza la settimana scorsa) e il secondo perché in dissenso sull’operazione”. Per quanto ci riguarda su Ciccotti ci fermiamo a leggere che si tratta di “motivi personali” che rispettiamo ma che facciamo fatica a ritenere plausibili. 

Ora il tema è: chi saranno i sostituti e che ruolo dovranno assolvere nel progetto di “Nuova Rai Way”? Per quanto tempo dovranno/potranno rimanere in carica? Un nostro osservatore aggiunge: “Sarà riconfermato anche l’AD di Rai Way, Aldo Mancino?”. Bella domanda. Si sente parlare di Maurizio Rastrello come presidente e Roberta Enni come consigliera dove il primo è prossimo alla pensione (15 dicembre) anche se nelle controllate non si applica il criterio dell’età, e la seconda stimata ingegnere di lungo corso Rai (1987). Ma è del tutto evidente come l’uscita di Ciccotti dal board di Rai Way priva la società della sola ed unica risorsa di tutta l’Azienda Rai in grado di padroneggiare con esperienza e conoscenza tutto il perimetro dei problemi tecnologici e gestionali della Società. Chissà se forse proprio per questo motivo la sua uscita “per motivi personali” potrebbe essere stata bene accolta … in certi ambienti.

rimanete ancora sintonizzati...la pentola bolle...

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Cap. 2: la Menzogna in televisione, da Socrate al Tg1


“Spacciare deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché ridiventa necessario, trarlo dall'oblio per tutto quel tempo che abbisogna, negare l'esistenza della realtà obiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata... tutto ciò è indispensabile, in modo assoluto.”

George Orwell

“Anche le cose vere gridate dagli altoparlanti cominciano a suonare come menzogne.”

Leonardo Sciascia

“Il giornalismo è un inferno, un abisso d'iniquità, di menzogne, di tradimenti, che non si può traversare e dal quale non si può uscire puri a meno di essere protetti, come Dante, dal divino alloro di Virgilio.”

Honoré De Balzac

Come promesso, oggi vi proporremo una riflessione sulla menzogna (ieri vi abbiamo proposto quella sulla memoria con grande apprezzamento da parte dei nostri lettori… grazie). Ci sono altri argomenti di più diretto interesse Rai e ve li proporremo più avanti.

Rimanete sintonizzati, ci sono notizie interessanti.

Qual è la favola più diffusa tra quelle raccontate ai nostri bambini? E qual è uno dei suoi temi centrali? Pinocchio e la menzogna, ovvero la bugia.

Cosa hanno in comune i due termini “memoria” e “menzogna”? Apparentemente solo una consonante all’inizio e una vocale alla fine nonché una forte consonanza. Sostanzialmente si riferiscono a quel nostro stesso mondo della mente dove abitano spettri e anime confuse. La menzogna è tanto radicata nel profondo intimo della nostra cultura, della nostra storia, da essere considerata parte fondamentale della nostra strategia di sopravvivenza e convivenza. La storia sociale e religiosa della menzogna si comincia a scrivere dai primordi dell’umanità sulla terra e per delimitarne i territori sarà necessario incidere sulla pietra a caratteri cubitali i suoi principi ispiratori: nei Dieci Comandamenti la condanna della menzogna occupa l’8° o il 9° posto a seconda della tradizione Ebraica o Cristiana mente nel Corano si legge che “…astenetevi dal mentire, perché la menzogna porta all’abiezione e l’abiezione conduce nelle fiamme dell’Inferno, e colui che preserva nella menzogna sarà ricordato da Allah come un uomo falso” (Sahih Muslim – Libro 32, numero 6309) anche se, specie nel mondo sciita, la Taqiyya (controversa traduzione ma la più diffusa è prudenza, paura o kitmān "atto di nascondere, velare) viene ritenuta la Santa ipocrisia benedetta dal Corano, talvolta utile e necessaria.

Sulla menzogna si sono cimentati Socrate, Platone e Aristotele. Per il primo la menzogna è come un farmaco utile da somministrare ai nemici e al proprio popolo a “fin di bene”. Platone è un po’ più sofisticato e ancora ci ha lasciato il dubbio, irrisolto, se la menzogna possa essere utilizzata a favore del popolo mentre Aristotele nella Metafisica ha le idee molto chiare “Il falso e il vero non sono nelle cose, come se il bene fosse vero e il male senz'altro falso, ma nel pensiero”. Sarà poi necessario, nel nostro mondo cristiano, arrivare ad Agostino di Ippona, per mettere un punto fermo sulla menzogna: “Molte sono le specie di menzogna, e noi le dobbiamo odiare tutte, senza distinzioni, poiché non c’è menzogna che non sia in contrapposizione con la verità. Verità e menzogna sono infatti cose contrarie fra loro come luce e tenebre, pietà ed empietà, giustizia e ingiustizia, peccato e opere buone, salute e infermità, vita e morte” (Contra Mendacio) e, allo stesso tempo, fa emergere la scappatoia che ci porta alla nostra contemporaneità: la menzogna come male necessario (“Succede infatti che noi a cuor leggero chiamiamo menzogna ciò che menzogna non è, mentre poi riteniamo lecito il mentire quando si tratta di una menzogna giustificata, come quando è detta a fin di bene o per misericordia”).

Il complemento opposto della menzogna è la verità e questo termine ci porta direttamente nel mondo delle immagini, fotografiche o televisive. Una immagine coglie un momento, un fatto, per come si manifesta in quel determinato istante di fronte all’obiettivo e, in questi termini, si può considerare “verità oggettiva”. È tale ed immutabile in quel frammento di tempo misurabile in centesimi di secondo. Un attimo dopo potrebbe non essere più la stessa cosa. La “verità” attraverso le immagini potrebbe essere sempre molto relativa, mutabile a seconda dell’angolo di ripresa, del momento in cui viene colta e dalle intenzioni (ovvero la cultura) di chi opera lo scatto.

In questi giorni il Tg1 ci sta fornendo un ampio campionario di questi esercizi. Ne abbiamo già riportato alcune perle di saggezza giornalistica come questa del Tg1 delle 13.30 del 27 marzo: da studio “… secondo quanto denuncia Kiev sarebbe stato colpito ancora una volta un centro di ricerca nucleare … in diretta per noi c'è il giornalista Mattia Sorbi che è andato sul luogo “ … secondo l'esercito ucraino l'istituto di fisica e tecnologia con all'interno un reattore nucleare è stato bombardato durante la notte. Noi siamo andati sul posto l'istituto di fisica nucleare è completamente in buono stato come le immagini dimostrano. Le teste ucraino in questo caso ha giocato su un gioco di parole. Forse è stato un bombardata l'area di questo istituto di tecnologia. Forse le bombe sono cadute molto lontane in un bosco adiacente a 1 - 2 km quindi la situazione è completamente sotto controllo. Ciò che rimane è il dato che se fossero che se i russi continuassero a bombardare in questa zona ci sarebbe questo rischio nucleare in atto”. Una vera lezione di giornalismo: se mia nonna non moriva ancora campava. Ma quello che è più interessante osservare nelle due edizioni del Tg1 del 26 alle 20 e del 27 alle 13.30 è che non c’è traccia del “dissenso” sulle parole di Biden pronunciate a Varsavia contro Putin (“un macellaio”). Di questo e del ruolo della nostra “diplomazia” per come la riporta il Tg1 ne riparleremo più approfonditamente.  

Eccoci allora al punto sulla menzogna al tempo della guerra in Ucraina. Ieri vi abbiamo riferito della più grande menzogna bellica dell’era moderna, l’invasione dell’Iraq fondata su un falso clamoroso. La domanda che poniamo è allora: come si può dar credito a chi è uso gestire le informazioni con colpevole disinvoltura e su queste stesse indurre a compiere scelte a danno degli interessi collettivi?

bloggorai@gmail.com

ps: rimanete sintonizzati … notizie in arrivo

 

 

 

domenica 27 marzo 2022

La Memoria corta e i flagelli Rai (Way)

Foto di Melk Hagelslag da Pixabay

“Se non riesci a ricordare dove hai messo le chiavi, non pensare subito all'Alzheimer; inizia invece a preoccuparti se non riesci a ricordare a cosa servono le chiavi.”

Rita Levi Montalcini

“Mai memorizzare quello che puoi comodamente trovare in un libro.”

Albert Einstein

La memoria non solo è fallace perché viene meno quando più ce ne sarebbe bisogno, ma è anche sciocca perché vigila quando meno dovrebbe: è fedelissima nelle cose che possono causare pena ed è invece labile in quelle che potrebbero fare piacere.

Baltasar Gracián

Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo.

(La frase si trova incisa in trenta lingue su un monumento nel campo di concentramento di Dachau.)

Se il destino del mondo, le sorti della Pace e la speranza di porre fine alla guerra sono nelle mani di questi signori, siamo messi bene, molto bene. “Putin è un animale” Di Maio dixit, salvo poi chiedere scusa, ovvero “Putin è un macellaio” Biden dixit salvo poi una nota della Casa Bianca correggere il tiro con una pezza più piccola del buco : “Il Presidente non stava parlando del potere di Putin in Russia..." vedi https://www.rainews.it/articoli/ultimora/Casa-Bianca-precisa-su-parole-di-Biden--acc78722-b3d5-4ef9-87b1-e326bb7e4926.html 

Già, chissà cosa voleva dire Biden e se poi ci spiega con chi e come si potranno avviare trattative per terminare la Guerra senza dover rischiare missili atomici ci farà un grande favore. Veri geni della diplomazia internazionale... c’è da avere piena fiducia in loro. Quando ieri abbiamo ascoltato le dichiarazioni di Biden in Polonia e in serata su La7, quelle del nostro Ministro degli esteri Di Maio, oltre che sobbalzare sulla sedia e fare venire uno stranguglione di paura, è venuto in mente uno dei quattro termini su quali vogliamo fare un piccolo accenno: oggi proponiamo la memoria. Ci poniamo il dubbio se ne avranno a sufficienza quei pii e devoti parlamentari (nonché pacifisti da combattimento, quelli delle armi a fin di bene) che dovranno superare quel vago e fastidioso senso di vergogna così bene espresso dal Papa quando saranno chiamati a sostenere al Senato nei prossimi giorni la scelta di aumentare le spese militari al 2% del PIL “...perché ce lo ha chiesto la NATO da tanto tempo ... anzi…siamo pure in ritardo”.

«I Cretesi sono sempre bugiardi, brutte bestie e fannulloni». Questa testimonianza è vera.» disse Epimenide. Se non che, egli stesso è cretese. Da allora il paradosso del mentitore si aggira nelle nostre menti confuse. Evitiamo di imbarcarci nel quesito correlato: cosa è la “verità”? Abbiamo ancora negli occhi “Ceci n'est pas une pipe” e non siamo ancora in grado di dare una risposta compiuta, figuriamoci quanto possiamo essere in grado di credere ciecamente a quanto ci viene raccontato in questi giorni. Allora, tanto per rimanere nel clima di chi ha il missile più lungo o potente, e tanto perché ci stanno facendo tornare alla memoria avvenimenti di un passato non tanto lontano. Correva il giorno 5 febbraio 2003, quando l’allora segretario di Stato degli USA Colin Powell si rivolse al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con un discorso, supportato da immagini, che entrerà nella storia. Mostrando una fialetta con polverina bianca con alle spalle un cartone animato dove si vedevano laboratori chimici mobili, autorizzò una delle più violente e aggressive guerre dell’era moderna alla quale molti paesi NATO hanno dato fervente e incondizionato appoggio. La bufala bellica più clamorosa che mai si ricordi. La memoria, in questo caso, è un optional.

Bene, ora veniamo alla notizia del giorno che interessa la Rai: AgCom esprime un indirizzo “a futura memoria”. L’Autorità ha reso noto un documento importante: “Linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, ai sensi dell’articolo 59, comma 6, del testo unico dei servizi di media audiovisivi (quinquennio 2023-2027)” cioè il periodo di vigore del prossimo Contratto di Servizio.

Aldo Fontanarosa titola su Repubblica: “Rai come DAZN, investa sul segnale Web” e scrive “La RAI dovrà offrire tutti i suoi programmi su ogni dispositivo: dai televisori del pensionato alla Smart TV, dagli smartphone ai PC, dalle auto connesse fino alle radio più evolute di generazione Dab+. La RAI è tenuta poi a garantire una qualità di visione ottima in ogni angolo del Paese. Anche via Internet. Per questo dovrà fare investimenti analoghi a quelli che DAZN ha sopportato per proporre le partite di calcio via web”. Bum !!! Risposta dei ragazzi del Bar sotto casa: e con quali soldi potrebbe/dovrebbe fare questi investimenti che non c’è una lira in cassa, anzi? A nessuno sfugge che si parla “a nuora perché suocera intenda” e che ci troviamo nel piano di un passaggio cruciale che interessa Rai e Rai Way già a partire dai prossimi giorni e questi i punti essenziali: ieri dimissioni di Pasciucco da presidente e di Ciccotti da consigliere, il prossimo 29 marzo Fuortes e Soldi in Vigilanza sulla vendita di Rai Way e il 27 aprile l’Assemblea degli azionisti  di Rai Way. Sullo sfondo il DPCM che autorizza Rai a scendere dalla quota di controllo di Rai Way. Torniamo alle “raccomandazioni di Agcom” e leggiamolo in connessione con l’art. 2 del DPCM. L’Autorità si concentra sugli obblighi specifici inderogabili del Servizio Pubblico che potrebbero contrastare con gli orientamenti di una società terza che invece potrebbe avere altri indirizzi, ovvero il profitto. Non a caso questo parere emerge proprio a valle di quanto disposto dall’art.2 del DPCM che recita: “… il perfezionamento delle operazioni di cui all’art.1 è condizionato all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni da parte delle Autorità di garanzia e di vigilanza” cioè la stessa AgCom, Consob, Antitrust e Vigilanza Rai. In altre parole, per come leggiamo noi, il parere positivo dell’Autorità potrebbe non essere per nulla scontato. Non a caso poi questo indirizzo di AgCom pone in luce la centralità del passaggio più rilevante: il Contratto di Servizio attualmente in gestazione dal quale, solo successivamente, si dovrebbe evincere il nuovo Piano Industriale.

Sempre a proposito di Rai Way, nel frattempo registriamo quanto di cui siamo a conoscenza: le opinioni dentro e fuori Viale Mazzini sulle dimissioni di Pasciucco e ancora più su quelle di Ciccotti sono articolate ma pressoché tutte riconducibili a due sole domande: sono state… indotte e/o sollecitate??? Al fine di…??? Sempre con tutto il dovuto rispetto per i “motivi personali” ma i conti non tornano per tanti buoni motivi. Come abbiamo già scritto: scriviamo tutto quello che vogliamo, ma non sempre scriviamo tutto quello che sappiamo. Almeno per ora.

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sabato 26 marzo 2022

La guerra, il calcio e Rai Way: i tomenti di Viale Mazzini


Da oggi e per i prossimi post proponiamo una riflessione su quattro termini che di questi tempi hanno assunto un significato intenso e profondo: memoria, menzogna, prudenza e vergogna (si accettano volentieri contributi e suggerimenti). Li pubblicheremo a margine delle notizie di cronaca e oggi ce ne sono almeno due che meritano di essere riportate e commentate: il Calcio e Rai Way.

Prima però vi dobbiamo riferire quanto sappiamo per quanto successo nei giorni scorsi e lo facciamo allo stesso modo con cui lo fanno tanti disinvolti “giornalisti” esterni e interni che del “forse” del “pare” e del “sembra” ne hanno fatto una sacrale trimurti della comunicazione televisiva. Bloggorai, dopo quasi cinque anni di onorato servizio, si è creato un suo piccolo spazio ed è “probabile” che venga letto laddove si fa ciò che si puote si vuole e più non dimandare. Dunque, rivendichiamo di essere stati tra i primi ad aver sollevato la gravissima “dimenticanza” del Tg1 sulle parole del Papa (“mi vergogno”) pronunciate proprio mentre Draghi a Bruxelles si sperticava per aderire e sostenere la scelta di aderire alla richiesta NATO di aumentare le spese militari. Dal che, ci riferiscono di “vivo malumore” (eufemismo) tra Palazzo Chigi, Viale Mazzini e la Palazzina A di Saxa Rubra al netto di un comprensibile (“ovviamente” direbbe Fuortes) giramento di scatole dalle parti del Vaticano. Qualcuno sta avvertendo l’aria che tira e i sondaggi non lasciano intravvedere nulla di buono: i pacifisti da combattimento cominciano ad avere le idee annebbiate. Questa corrente di pensiero ha portato forte fibrillazione e ad un rapidissimo cambio di rotta: ascoltate bene l’enfasi con la quale Draghi ieri ha ribadito “cerco la Pace” magari caricata sull’affusto di un cannone o in groppa a qualche missile. Dichiarazione che si è bene accompagnata al servizio di apertura del Tg1 con le immagini e l’audio del Papa che si vergogna per quanti sostengono l’aumento delle spese per armi al 2%. Chissà a chi si riferiva Bergoglio e chissà cosa mai gli potrà dire il giorno in cui Draghi in buona compagnia di Letta&C. andranno al suo cospetto per spiegargli i loro pii e devoti intendimenti e sentimenti. C’è stato pure, in una certa sinistra, chi ha invocato la dissociazione tra cuore e cervello: il primo concorda con il Papa, il secondo mette mano al grilletto ovvero il primo è animato da pulsioni religiose mentre il secondo da impulsi elettrici.

Bene, le notizie del giorno, sono due. La prima si riferisce alla esclusione dell’Italia dai prossimi campionati mondiali di calcio. E la seconda si riferisce alle dimissioni simultanee di Giuseppe Pasciucco, CFO Rai e Presidente di Rai Way e di Stefano Ciccotti, attuale CTO di Viale Mazzini e consigliere di Ray Way (ex AD). Le due notizie sono in un certo senso intrecciate tra loro, seppure per fili sottili e di non facile interpretazione. Sul calcio la questione è molto semplice: per Rai si prospetta un ulteriore bagno di sangue. Le stime sono diverse: il Sole di oggi scrive di “20 milioni di raccolta pubblicitaria in meno” a fronte di un costo di poco meno di 180 milioni pagati per avere tutte le partire del campionato. Nostre fonti ci riferiscono di importi ben superiori e di molto, con l'incognita di non poter ancora valutare correttamente i ricavi della possibile rivendita dei diritti. Gli strateghi degli ascolti si consolano (se ne parlerà in autunno…”). Rimane il tema e il rumore di fondo: il Piano Industriale e le poche risorse con le quale si potrà sostenerlo. Questa vicenda è un altro macigno sul suo segno distintivo: non ci saranno soldi per investimenti e sviluppo e il solo percorso virtuoso potrà essere “lacrime e sangue”. Amen. 

Il Governo, per ora, sembra aver fatto il massimo delle sue possibilità con il DPCM su Rai Way per “dare una mano” a Fuortes e alla suo mantra sul “pareggio di bilancio” che però, come abbiamo scritto, si potrà rivelare una mezza bufala. E su questo livello si potrebbero incrociare i destini per certo di Pasciucco, attuale capo staff di Fuortes, mentre un capitolo a parte meritano le dimissioni di Ciccotti, formalmente per “motivi personali”. Il primo avrebbe lasciato la presidenza di Rai Way perché si dovrebbe occupare, appunto, del nuovo Piano Industriale. Qualcosa non torna e non convince. Premessa: siamo alla vigilia di una Assemblea degli azionisti di Rai Way di assoluto rilievo strategico e a valle del recente DPCM del Governo che rende possibile la cessione della quota di maggioranza Rai nel pacchetto di Rai Way.

Questi tre elementi rendono tutto alquanto complicato da decifrare ma qualche traccia si intravvede. Da ricordare poi la presidenza della quotata di Via Teulada è poco più di una formalità in quanto viene utilizzata come un elastichetto e si tira o si accorcia a seconda delle convenienze e quindi si assegna ad un interno Rai o un esterno a seconda di come e quanto può essere utile. Si tratta di un ruolo di poco superiore alla “rappresentanza” dell’azionista che, però, come è appunto è avvenuto anche recentemente, si può dare benissimo in mano ad un esterno come avvenuto con Agrusti. Dunque: Piano industriale e Rai Way fatalmente si intrecciano e in questo crocevia si trova Pasciucco, da alcuni accreditato (indebitamente) come lo “stratega” del DPCM e proprio ora lascia Rai Way per occuparsi di altro? Stano, molto strano e questa anomalia non sfugge a molti, dentro e fuori la Rai.  Le contemporanee dimissioni di Ciccotti rendono tutto ancora più complesso. Al netto del rispetto per i “motivi personali” su quali non si può e non si deve valutare e obiettare, difficile non interrogarsi sul suo ruolo attuale e sulla sua storia: Ciccotti è stato il “padre” di Rai Way ed è tutt’ora in tutta l’Azienda Rai il solo in grado di esprimere compiutamente tutta la complessità e le difficoltà delle grandi sfide e impegni tecnologici che l’Azienda sta sostenendo (vedi transizione al DVB-T2) e dovrà sostenere nel suo immediato futuro. La sua assenza dal Cda di Rai Way in questo momento pesa e non poco. Chi altri potrà guidare con la stessa autorevolezza e competenza la possibile transizione verso la vendita di ciò che resta di Rai Way? Quel che ne resta dei tralici e delel frequenze, al netto della quota azionaria, come si interseca nel nuovo Piano industriale? Ci stiamo interrogando se mai queste “dimissioni per motivi personali” possano celare altro che magari per qualcuno potrebbero essere pure benvenute. La solita fonte assai maligna ci ha detto “… in tutta questa vicenda Stefano sarebbe stato un problema …”. Non abbiamo difficoltà a credergli. Anche il Piano Industriale potrà esserlo. ronza una domanda: chi mai potrà essere il nuovo Presidente di Rai Way?

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venerdì 25 marzo 2022

La più Grande Vergogna del Tg1 ... e non solo

                                       


 

Questa notizia è stata completamente ignorata, dimenticata, trascurata e sconosciuta dal Tg1, nell’edizione delle 13.30 e in quella delle 20. 

Ci sarebbe da scrivere un trattato, un capitolo di enciclopedia su questo argomento ma ci vergogniamo anche noi. Si potrà pure non essere d’accordo con quanto sostiene il Papa ma NON si può ignorare una frase del genere, un pensiero di tale rilievo e spessore proprio nel giorno in cui il Governo e i partiti che lo sostengono ribadiscono la volontà di “onorare gli impegni con la NATO”. 

Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo: una larga parte dell’opinione pubblica è contraria all’intendimento del Governo e il Tg1 lo dimentica, la Rai lo dimentica. O meglio, non lo dimentica affatto: ne sono tutti perfettamente a conoscenza ma sono tanto presi dal delirio bellico che tutto il resto non ha più alcuna importanza.  

Si potrà pure non condividere una virgola di quanto sostengono i cosiddetti “pifferai di Putin” tra i quali forse è stato arruolato anche il Papa, saranno pure antipatici, noiosi e confusi ma abbiamo tutti noi il sacrosanto diritto di sapere, di conoscere, di approfondire tutto su tutti, compreso quanto afferma “il paladino di Putin” Orsini come viene definito con sprezzo e senza vergogna da tanta parte di una certa “sinistra” che poi aggiunge e sostiene “ha fatto bene la Rai a stracciare il suo contratto”. Si certo, ha fatto bene… senza vergogna. 

Si capisce bene che se si ha il coraggio e la forza di spernacchiare quanto afferma il Papa si può avere il coraggio di fare ogni altra nefandezza, in televisione e non solo. Sia detto per inciso: il Tg1 è in buona compagnia perché i tre grandi giornali nazionali stamattina non dedicano UNA riga in prima pagina per quanto dichiarato dal Papa. Condividiamo quanto sostiene il Papa: “Mi sono vergognato”.

Comunque, per la cronaca, questo il Tg1 di ieri:

Edizione delle 13.30: servizio di Ilario Piagnerelli “… i russi messi alle strette attaccano dal cielo con missili e artiglieria, droni e perfino forse l'uso di quel fosforo bianco che è stato denunciato proprio dal sindaco di Irpin…”.

A seguire, servizio da studio su Mariupol con immagini di appoggio tratte da MariupolNow. Di chi sono le immagini che vanno in onda? Chi le ha girate?  

Poco dopo la linea va al “giornalista” Mattia Sorbi con il cellulare in mano al quale si chiede cosa succede e lui risponde “…questo centro commerciale piccolo è stato preso di mira e anche una scuola con dei bambini dentro un asilo adesso penso che i bambini non ci fossero al momento dell'attacco intendo che hanno distrutto un asilo e le ambulanze sono già venute sul posto a prendere un cadavere che purtroppo”.

Come commentare? L’uso del “forse” in un tale contesto e su tale argomento rasenta il reato di procurato allarme. Dire che ci sono i bambini per poi subito aggiungere che “ … penso che non ci fossero …”O ne sei certo delle notizie gravissime di cui riferisci, lo hai verificato, ne hai le prove o taci e parli solo di quanto sei a conoscenza!!! Non è solo grave violazione della deontologia professionale ma è molto, molto più grave, per chi lo sostiene e per chi lo autorizza a farlo sul telegiornale del Servizio Pubblico.

Senza vergogna …

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giovedì 24 marzo 2022

FLASH ...


Provate a mettere insieme queste due notizie e trarne qualche conclusione:





"La Direzione di Rai 3, d’intesa con l’Amministratore Delegato della Rai, ha ritenuto opportuno non dar seguito al contratto originato su iniziativa del programma “Cartabianca” che prevedeva un compenso per la presenza del Professor Alessandro Orsini nella trasmissione."

Comunicato Stampa Rai 24 marzo

nota bene: non si cita il nome dell'AD e non si specifica se Orsini 
potrà andare a gratis !!!



I Gladiatori della Guerra moderna: Giletti, il PD e il Tg1

Foto di ArtCoreStudios da Pixabay

Ogni Paese ha i partiti che si elegge e merita, il Governo che li guida e le televisioni che li rappresentano. In genere non ci occupiamo delle televisioni degli altri, ma quanto abbiamo visto domenica sera su La7 merita un cenno da conservare in archivio: Giletti in diretta dall’Ucraina è stato un raro esempio di orrore in prima serata dove pure di raccattare qualche mezzo punto di share non si indugia a sbattere in faccia ai telespettatori le immagini della morte in diretta.  

Susan Sontag, nel suo indispensabile testo “Davanti al dolore degli altri”, lo ha ricordato benissimo con “Il sangue in prima pagina” ovvero l’iconografia della sofferenza, che da secoli accompagna la storia umana quando rappresenta se stessa e le sue nefandezze. Scrive la Sontag: “Il desiderio di immagini che mostrano corpi sofferenti sembra essere forte quasi quanto la bramosia di immagini che mostrano corpi nudi”. Ricorda i fondamentali sociali, religiosi, antropologici di questo “racconto” che inizia con le visioni delle rappresentazioni bibliche, le decapitazioni di Oloferne e di Giovanni Battista, i neonati ebrei e così via. A pochi passi da casa nostra c’è sempre il Colosseo a ricordarci come, poche decine di generazioni addietro, i nostri antenati pagavano il biglietto per vedere squartare persone tra loro con il supporto di belve sanguinarie oppure lo spettacolo gli veniva offerto “gratis” dall’imperatore di turno che in tal modo ne se voleva ingraziare i favori. Nulla di nuovo: c’è sempre stato un filo nemmeno tanto sottile tra chi “propone” lo spettacolo di morte e chi ne usufruisce: la televisione, nell’era moderna, diventa la tela dove si dipinge questo spettacolo. Le immagini di morte e di sofferenza si sintetizzano con quelle di quando si assiste ad un incidente in autostrada che provoca l’ingorgo a causa di chi vuole assistere in “diretta” a quanto avvenuto (qualcuno ricorda i successo della trasmissione “Car Crash” ?). 

Si direbbe una specie di pornografia televisiva dell’orrore che sembra godere di molta attenzione.   

Un tanto al chilo, a spanna, grosso modo ma ci sembra che almeno un terzo degli italiani (per quanto sappiamo dai diversi sondaggi che pure abbiamo riportato almeno due volte su Bloggorai) non è d’accordo sull’orientamento assunto dal Governo sulla guerra in Ucraina. In particolare c’è un vasto dissenso su due scelte: la prima è l’invio di armi e la seconda è l’aumento delle spese militari oltre il 2% del PIL. 

Il tema è molto semplice: questa parte rilevante dell’opinione pubblica non trova visibilità nei telegiornali Rai e, in particolare, nel Tg1. Pericolosi “estremisti” come Barbara Spinelli, Luciano Canfora e Carlo Rovelli diventano “putinisti” e si cancellano dell’agenda telefonica degli “esperti” da invitare in trasmissione o ai quali chiedere un parere discorde dal “comune sentimento” della narrazione di maggioranza governativa. E' la stessa che pure quando Zelensky alla Camera assume toni moderati senza chiedere più la No Fly Zone, supporta e applaude Draghi che lo scavalca a “destra” mentre invoca più armi da inviare in Ucraina con lo sguardo soddisfatto di quel "colombo" del ministro della Difesa. 

Succede poi che la Berlinguer mette sotto contratto quel “pifferaio” di Putin come Orsini e un certo PD ringhioso si mette l’elmetto, come ha fatto già prima con il corrispondente da Mosca Marc Innaro, colpevole di aver fatto vedere una mappa geografica, e ne chiede il confino, magari pure in Siberia. I cannoni di Twitter tuonano. Berlusconi, a confronto con il famoso “editto bulgaro” è stato un chierichetto, un ancella delle Orsoline. Il “modello” di gestione del dissenso che Putin utilizza con i suoi oppositori evidentemente trova consenso e simpatia. Mai sentita una parola da parte dei vari esponenti di un certo PD su come il Tg1 usa le “fonti” dei nazifascisti del Battaglione Azov per spacciarle come “notizie” in prima pagina alle 20 (vedi nostro post dei giorni scorsi) oppure sollevare un battito di ciglio sulle copertine false del Time, sui filmati taroccati o sui “giornalisti” esterni Rai con il cellulare che ogni giorno imperversano indisturbati a mezzo servizio tra il Tg1 e altre emittenti.  

C’è una forte corrente di pensiero in onda sui teleschermi Rai che avverte il confronto, il dibattito tra opinioni diverse, l’analisi e l’approfondimento come un fastidioso prurito facile da eliminare semplicemente, banalmente, con il bollino “putiniano”. Tutto e tutti coloro che non sono tali, che pure avversano e condannano fermamente la guerra di Putin, a priori ne diventano solidali. NO, non è così e non deve essere così.  Noi riteniamo sia necessario esattamente il contrario: avere sempre tante voci diverse e avverse a confronto tra loro, seppure fossero le più distanti dalle nostre. Non c’è bisogno di scomodare Voltaire per ricordarcelo, sempre.

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mercoledì 23 marzo 2022

Il Tg1, gli italiani e la guerra

Foto di mohamed Hassan da Pixabay

Nei giorni scorsi ci siamo concentrati sul Tg1 e abbiamo scritto chiaro e tondo che va male. Va male non solo per i numeri (che sono significativi e rilevanti) ma ancora più per i contenuti che propone o meglio per quelli che NON propone. Ieri sera, nell’edizione delle 20, ne abbiamo avuto ancora prova provata. La notizia del giorno è stata l’intervento del Presidente ucraino Zelensky alla Camera e quello successivo di Draghi. All’interno della notizia ce n’era una che il Tg1 si è ben guardato da riferire: alla seduta comune dei due rami del Parlamento non hanno partecipato circa 300 tra deputati e senatori (AGI: “Secondo alcuni segretari d'Aula si aggirerebbero intorno a quota 300-350 le assenze). Non sono quattro gatti come qualcuno vorrebbe sostenere (vedi Stefano Folli su Repubblica che li accusa di avere “… offeso la dignità del mandato dei loro elettori “) e si dimentica quanto invece è noto a tutti su cosa pensano gli italiani a proposito della guerra in Ucraina e della partecipazione “attiva” del nostro Paese anche con l’invio di armi.

Lo abbiamo già scritto ma è bene ripeterlo:  “…sondaggio Ipsos pubblicato martedì sera, secondo cui “solo” il 48% degli italiani promuove l’azione internazionale del premier, con il 40% che invece lo boccia: nonostante la prevalenza di giudizi positivi, si tratta comunque di segnali preoccupanti per un esecutivo di unità nazionale in una crisi grave come questa. In particolare, l’invio di armi all’Ucraina deciso dal Governo trova scettica una quota consistente di elettori: secondo Demopolis, il 43% degli italiani lo considera “opportuno”, contro il 38% che lo giudica invece “inopportuno”; per SWG, i favorevoli sono il 42% contro il 44% di contrari; per EMG; infine, addirittura la maggioranza assoluta (55%) sarebbe in disaccordo con l’invio di armi all’Ucraina” (18 marzo, https://www.agi.it/politica/news/2022-03-18/sondaggi-partiti-super-media-guerra-ucraina-16031659/ ). Anche questo è un argomento che il Tg1 si è ben guardato da riferire e, per quanto lo abbiamo seguito con particolare attenzione in questi giorni, se la memoria non ci inganna e qualora fosse siamo pronti a fare ammenda, non ne abbiamo mai sentito parlare. Eppure, si tratta di una fetta consistente dell’opinione pubblica nazionale che si riflette più o meno esattamente nelle proporzioni sulla presenza dei parlamentari ieri in Aula.

Torniamo al punto di partenza: è proprio in questi termini che si evidenzia il fenomeno del milioni di telespettatori che fuggono dal Tg1. Ieri, durante le nostre solite conversazioni con attenti ed esperti lettori, sono emerse considerazioni interessanti. La prima: gli ascolti calano perché, superata la fase ”emotiva” dei primi giorni di guerra (domenica 27 febraio) è subentrata una fase “razionale” o anche “contro emotiva”: i telespettatori non sembrano molto apprezzare la “narrazione” che colpisce i sentimenti quanto invece cercano di capire, di valutare e interpretare quanto avviene e si rifugiamo nelle trasmissioni di approfondimento dove almeno qualcuno cerca di spiegare perché succedono gli avvenimenti di cui si parla. Far sapere perchè e per come avvengono i fenomeni è troppo pericoloso, induce a fare domande scomode alla quali si preferisce non rispondere.

In altre parole: le immagini drammatiche di bambini feriti e donne in fuga ripetute più volte, si rivolgono alle emozioni e non alla ragione e, come noto, la sfera emotiva è sempre quella più fragile. 

Seconda considerazione: se il Tg1 durante la Guerra perde un milione di telespettatori ascolti e la colpa non è solo della Maggioni. Almeno in parte, è vero e le responsabilità sono ben diffuse e vengono da lontano. Sono diffuse tra tutti coloro che, all’interno e all'esterno della Rai, non hanno voluto affrontare compiutamente il tema “informazione del Servizio Pubblico” a 360 gradi e quindi trattando tutti i temi del suo perimetro (numero delle persone, numero delle testate, piattaforme di distribuzione, risorse economiche etc.). Lo abbiamo scritto tante volte e non ci annoiamo nel ripeterlo: la Rai non ha un progetto editoriale per l’informazione complessiva e il solo “straccio” di progetto (il famigerato Allegato 4 del Piano Industriale) e rimasto poco più di un fascicoletto polveroso e dimenticato da Dio e dagli uomini nei cassetti di Viale Mazzini, e non solo. Quella parte del Piano industriale (formalmente in vigore) sull’informazione è stata implicitamente osteggiata e avversata da tanti che vedevano possibili riduzioni del loro ambito di influenza, del loro potere interno ed esterno all’Azienda. Questo fenomeno viene da lontano e non si è mai arrestato, tutt’ora ha una fortissima corrente di pensiero che lo sostiene. Esempio del quale ostinatamente nessuno vuole fare cenno: il caso di RaiNews24 è clamoroso. Avete mai sentito parlare di questa testata che raccoglie telespettatori da prefisso telefonico? Un nostro lettore ci ha scritto " ...se RaiNews24 fosse collocato in una delle tre reti generaliste potrebbe fare grandi ascolti" ...bene .. benissimo .. perché non avviene???  Avete mai letto un sottopancia in un Tg delle tre reti Rai dove si legge più o meno “Tutte le notizie e gli approfondimenti su RaiNews24”??? Non ci sbagliamo di molto se scriviamo MAI. Qualcuno, maligno, ci ricorda chi ha avuto grandi responsabilità nelle recente direzione di questa testata, nello specifico nell'aumento spropositato del numero dei giornalisti impiegati (quasi 200). Si tratta sempre della stessa persona.

Ultima considerazione importante sempre sul tema Tg: gli inviati e i corrispondenti Rai inviati sul fronte di guerra. Sia pure formulata con tutto il rispetto e la stima per chi oggi si trova sul fronte di guerra, la battuta cinica ma forse efficace in sintesi è “Non ci sono più gli inviati e i corrispondenti di una volta”. Si racconta che nei tempi passati nelle redazioni Esteri dei Tg ci fosse una specifica figura professionale dell’inviato di guerra, adeguatamente preparato e formato ad operare in situazioni ad alto rischio, oltre che possedere un solido bagaglio di conoscenze e competenze sui temi di cui parlare. La RAI ne ha dato grande prova con firme autorevoli che ancora si ricordano. Ora, semplicemente, tutto questo, sembra non esserci più. Utilizziamo la stessa formula che si sente dire dal Tg1 “Notizie agghiaccianti tutte da confermare”: ci hanno riferito da più fonti che la Direzione Risorse umane Rai avrebbe condotto nei giorni scorsi una specie di “sondaggio” per sapere tra i giornalisti chi fosse disponibile ad andare in Ucraina. Avrebbero risposto in 10. Non ci vogliamo credere perché, appunto, se la notizia potesse mai essere confermata potrebbe anche essere definita “agghiacciante”. 

Certamente solleva un tema sul quale ci siamo soffermati: la qualità dei servizi provenienti dall’Ucraina, l’utilizzo dei vari “giornalisti” esterni (quantità e qualità) e un “dettaglio” importante e significativo: i giornalisti Rai di chi si avvalgono per le riprese? Le immagini di chi sono? Ci parlano di “service” esterni con contratti in appalto che sembra non prevedano la proprietà del “girato”. Ci raccontano che quando gli inviati Rai tornavano dalle vare zone di guerra avevano nel loro bagaglio tanti chili di cassette, tutte  ora patrimonio della Rai. Forse, non è  proprio un dettaglio.

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