Prima di andare avanti e capire cosa è successo ieri a Milano, dedicate qualche istante a vedere questo breve video:
https://www.youtube.com/watch?v=h2tNV8bqaMs
in fondo la trascrizione del testo
Abbiamo la sensazione, molto vaga e confusa, che ieri ci sia stata la più clamorosa presa per il culo della storia recente della Rai con la presentazione dei palinsesti autunnali. Cerchiamo di capire. Partiamo dall’affermazione cardine dell’Ad Fuortes “…la Rai del futuro”. Azzzz….pe (tradotto dal romano: accipicchia ... Giuseppe) questa è robba forte (due B).
Allora, con ordine: nell’ormai lontano luglio del 2018 arriva a Viale Mazzini un certo Fabrizio Salini e sulla sua scrivania si trova bell’e pronto il nuovo Piano Industriale già confezionato dal suo predecessore Antonio Campo Dall’Orto che lo aveva commissionato tempo prima ad una nota società di consulenza lautamente retribuita. Il buon Salini ci mette subito tanta buona volontà a capire di cosa si tratta e, per essere precisi, chiede e ottiene di poterlo studiare attentamente prima di fare passi avanti (correttamente). Sicché, si arriva all’inverno e ai tormentati passaggi in Vigilanza. Doppio sicché: il piano è tanto ricco quanto monco e si fatica a “metterlo a terra” tant’è che avviene un bizzarro avvicendamento tra il noto dirigente Rai Gaffuri che esce e un certo Matassino (oscuro esterno) che entra. Fatto sta che poi scoppia la pandemia e nel 2019 il Piano viene “congelato” letteralmente.
Si arriva a luglio 2021 quando a Viale Mazzini arriva Fuortes e, tra le sue prime dichiarazioni emerge quella con cui afferma di voler fare la “rivoluzione” alla Rai. Rapido come il fulmine: dopo pochi giorni dal suo arrivo ha capito tutto subito. E come? I suoi solerti collaboratori gli sussurrano sottovoce: “Prendi il vecchio piano Salini e vedi se trovi qualcosa di interessane”. Geniale pensa lui! E cosa c’è di interessante? Rispondono sempre i solerti “Una sola cosa, vecchia e ammuffita ma ancora presentabile e, comunque, non c’è altro di meglio o diverso”. Cioè? chiede lui. “La ristrutturazione per generi” !!! E che sarà mai? “Non ti prendere cura … dai … fai e vai … tanto non ci sono alternative, nessuno se ne accorge e tanto nessuno ha mai avanzato qualcosa di diverso … che so … ridurre le reti generaliste, tagliare qualche canale specializzato … ridimensionare le testate e il numero dei giornalisti … o altre amenità del genere” o magari, semplicmenente, occuparsi dell’informazione Rai. Troppa grazia … non regge la pompa. Fuortes nasce sotto la buona stella di Draghi che sembra garantirli un ombrello di protezione fino ad un certo punto, fino a quando (novembre scorso) escono fuori le “voci da dentro” Palazzo Chigi: Michela Tamburino su La Stampa ha scritto “… l'idea stessa della Rai che si vorrebbe ripensata. Il diktat è arrivato forte e chiaro dalle stanze di Palazzo Chigi, da dove ci si muoveva già infastiditi per il Piano Industriale copia-incolla di quello di Salini”. Poco tempo dopo altro titolo significativo di un altro giornale: “I conti in ordine non portano la felicità. Vicina la partenza dell’Organizzazione per generi la Rai patisce la mancanza di un pensiero editoriale”. Attenzione: da ricordare sempre che l’idea della riorganizzazione per generi è datata da oltre 20 anni.
Dunque? Dove sarebbe la Rai del Futuro???
Andiamo avanti con un altro concetto chiave: la Rai Media Company. Non scomodiamo cari amici come Marco Mele che nel lontano settembre 2015 (duemilaquindici) ha titolato: “Ecco come la Rai può diventare una «media company»” e nemmeno ci prendiamo più la briga di ricordare, sempre a proposito di Piano industriale, il famigerato Allegato 4 del citato Piano di Salini&C. Tempo perso: ne hanno smarrito le tracce e nelle cantine di Viale Mazzini non esiste più una copia ( se necessario, ci pensiamo noi). Sul tema è meglio stendere un velo pietoso, salvo doverlo rialzare quando lo risentiamo ripetere dagli inquilini di Viale Mazzini. Comunque, per gli incalliti increduli, provate a digitare “rai media company” su Google e vedete cosa viene fuori.
In soldoni: ieri hanno provato a proporre una minestra riscaldata e spacciarla come scongelata dal frigorifero. Con aggravanti. La prima la sostiene Riccardo Laganà: “Non ho preso atto dei palinsesti e votato i piani di produzione e trasmissione perché, nonostante il nuovo modello per generi approvato anche per ottimizzare le risorse ideative e produttive, registro, nel prime time di Rai1 e Rai2, un massiccio ricorso a collaboratori esterni e produzioni in appalto totale, parziale o acquisto diritti di ripresa riferibile alle solite grandi società di produzione; addirittura la sperimentazione che si sviluppa su Rai2 è per la stragrande maggioranza prodotta in appalto totale o parziale". Seguono a ruota i sindacati “Il Piano Industriale di Fuortes è un Piano di distruzione … Così, mentre nella nuova fascia “day time”, figlia del discutibile avvio delle direzioni di “genere” voluto da Fuortes, la Rai perde ormai sistematicamente 10 punti di share nei confronti della concorrenza - riprova che toccare le delicate alchimie dei programmi non è cosa che possa improvvisarsi senza una chiara e competente visione dei meccanismi che fidelizzano il pubblico”.
Aggiungiamo di nostro: ad esempio, che mai potrà fare il “genere” documentari con un budget di poco più di 3 mln di euro dei quali buona parte è destinato ad acquisti? da ricordare che i cugini d'oltralpe investono su questo "genere" circa 100 mln. Che mai potrà fare il “genere” approfondimento quando non riesce nemmeno a garantire una fascia quotidiana in diretta che non sia assegnata a quel giovin signore di Vespa che alla veneranda età di 78 anni non molla l’osso nemmeno con i Carabinieri e quando il “nuovo” genere poi si inventa qualcosa (vedi Filorosso al posto di Cartabianca) raccimola ascolti da prefisso telefonico. Però, come usano dire al VII piano: gli ascolti non sono tutto, c’è di meglio nella vita. Gia!
Concludiamo: i palinsesti sono un anello di una lunga catena alle cui estremità ci sono da un lato il Contratto di Servizio e dalla parte opposta le risorse necessarie per attuarlo, di mezzo il Piano Industriale. Di tutto questo non c’è traccia e nessuno ha fiatato: del Contratto di Servizio, affidato alle solerti mani della presidente Soldi e della sua squadra (sic!), non ci risultano segnali di fumo. Nulla, niente, nada, nisba … del Piano Industriale, se tutto va bene, se .. se… forse, probabile, si saprà qualcosa verso la metà di luglio. Del canone, la vera grande minaccia incombente su Viale Mazzini, è calato un strato di silenzio spesso come una coltre di cemento armato. Lo abbiamo scritto più volte: a Palazzo Chigi non ci pensano lentamente di imbarcarsi in questa avventura prima delle prossime elezioni: chi se la prende la grana?
Ecco allora tornare ai palinsesti “ottuagenari” (vedi ultimo report Auditel Total Audience) di ieri e ai volti noti che tornano (la Marcuzzi ???) a quelli “nuovi” che arrivano (Damilano) che proprio ieri sera ha fatto le prime prove con lo studio di RaiTre (chissà se è stato retribuito o è andato aggratisse?) dopo aver finito di scrivere il suo articolo per il quotidiano Domani. Tutta fuffa in pasto agli affamati inserzionisti pubblicitari che da qualche parte devono pure investire … e infatti, come abbiamo scritto, tutti attenti alla vera grande novità dei palinsesti 2022-23: la fine del telespettatore e la nascita del “follower” con annesse faccine e pollicini. Di questo, ovviamente, nessuno ha fatto cenno ... ovviamente. La Ferragni è dietro l’angolo che aspetta.
bloggorai@gmail.com
trascrizione del video ci sui sopra:
"Noi anziani siamo una forza, silenziosa e tranquilla ma se ci incazziamo sono dolori. Perché siamo di più. Siamo tantissimi: ogni 100 giovani ci sono 165 anziani e questo significa maggioranza assoluta e cioè virtualmente Camera, Senato, il governo della Repubblica, abbiamo le tv perché condizioniamo palinsesti e linee editoriali in editoriali e Sanremo è fatto per noi e anche la grande fiction nazional popolare ... inserzionisti pubblicitari intorno a cui ruota il mondo hanno noi come chiodo fisso. Le case di proprietà e libretti di risparmio su cui regge l'intera economia del nostro Paese senza quali noi chiudevamo come la Grecia sono in mano nostra. Il teatro tiene grazie a noi e anche quello che resta del cinema. Con le nostre pensioni teniamo in scacco l'intera economia Nazionale. ci manca solo un poco di consapevolezza e coesione e saremo finalmente pronti a far eilculo a tutti"
da "Figli" di Mattia Torre