Prendetevela comoda. La storia che vi stiamo per raccontare
è lunga, complessa, articolata, contorta e potrebbe avere un happy end forse
nemmeno poi tanto felice. Si tratta di una pentola che ribolle con tanti ingredienti dentro e non è facile ricondurre tutto ad una stessa minestra. Richiede, inoltre, la necessità di dover sovrapporre
diversi piani di lettura: politico, tecnologico ed economico. Ammettiamo in
premessa che abbiamo incontrato qualche difficoltà a raccogliere informazioni e
collegare i vari frammenti del puzzle e non tutto ci è chiaro come, allo stesso
tempo, dobbiamo fare uno sforzo per non innamorarci
di concetti o iniziative che potrebbero fuorviare la lettura dei fatti.
Veniamo al dunque e diciamo subito quale macigno è stato lanciato
nello stagno. Secondo quanto abbiamo potuto sapere e verificare, per il
prossimo 18 novembre la Rai “avrebbe” ricevuto l’incarico di promuovere e
organizzare gli “Stati Generali del sistema Audiovisivo nazionale”. Il titolo,
la data e la committenza potranno non essere esattamente esatti ma la sostanza rimane.
“Avrebbe” è tra virgolette perché non è escluso che ci possano essere ripensamenti
e, segnatamente, per quanto questa iniziativa potrebbe irritare una parte della
compagine di governo (il PD) . In discussione, a quanto sembra, è chi ha il cerino
in mano della proposta: è stato Conte a sollecitare questa iniziativa oppure è
farina del sacco Foa/Salini (o viceversa?). Bella domanda, ardua risposta.
L’ultima
volta che è successa una cosa del genere è stata a marzo 2018 su iniziativa di Francesco Rutelli quando, intorno
al tavolo vennero chiamati tutti i soggetti interessati e, per quanto abbiamo potuto
verificare, il grande assente era, appunto, la Rai (https://www.ilmessaggero.it/spettacoli/cinema/stati_generali_dell_audiovisivo_pronti_a_fare_sistema_per_battere_i_nuovi_big_dell_intrattenimento-3633353.html
) come lo è stata, appunto, nelle precedenti occasioni dove si è discusso dei
grandi temi che pure la interessavano (vedi consultazioni al MISE di fine
agosto sul tema rete unica). Altra occasione dove si è parlato di Stati
generali è stato l’appuntamento promosso dal Governo a giugno scorso dove, pure
in quella occasione, hanno parlato quasi tutti eccetto la Rai (Giancarlo Leone:
ripartire tutti ma con maggiori risorse). Ora, intendiamoci, che questo
avvenimento possa accadere è certamente positivo, è importante e necessario. Che,
inoltre, venga assegnato il compito di organizzarlo a Rai è altrettanto
positivo: sarebbe la prima volta, dopo mesi di grigio, che al Servizio Pubblico
nazionale viene riconosciuto il ruolo di primo player del sistema delle TLC, la cui
riforma non è possibile se non si passa attraverso la sua stessa riforma, a partire di quella sulla Governance superando la Legge del 2015. Da questo
punto di vista non possiamo che essere soddisfatti. Ma però, ma però… qualcosa
merita di essere approfondito e per farlo occorre fare qualche passo indietro e
altri di lato. Poniamo anzitutto un tema: perché questa iniziativa allargata a
tutto il sistema e non solo alla Rai, al Servizio Pubblico, che pure merita
attenzione “speciale e particolare”? Evidente come gli interessi in gioco degli
altri broadcasters, degli OTT, dei produttori, degli agenti e compagnia
cantando possono essere e sono opposti e in contrapposizione tra loro? Chiamare tutti
intorno allo stesso tavolo può apparire come una specie di “buttarla in caciara”
dove tutto si annebbia e si stempera nella logica di dover accontentare tutti
per non scontentare nessuno.
Ora torniamo a ieri. Stava per trascorrere un tranquillo
pomeriggio d’autunno bigio e umido. Riposino pomeridiano, passeggiatina da solo
lungo il Tevere, senza mascherina e ben lontano da altri esseri umani, prima
che anche questa sana attività motoria ci verrà impedita. Quando, d’un tratto,
un nostro attento ed esperto lettore (che ringraziamo vivamente) ci ha
richiamato una notizia che ci era sfuggita. Lo scorso venerdì Aldo Fontanarosa
su Repubblica.it ha pubblicato un articolo dal titolo “Rete unica per Internet,
la condizioni della Rai: i nostri canali a tutti e gratuitamente . Il servizio
pubblico vuole che gli italiani possano vedere i suoi programmi anche senza
avere un abbonamento con un operatore di telecomunicazioni”. Tombola !!! In
effetti, si tratta non tanto di una notizia ma di una “interpretazione fuori
dal sen fuggita” (chi ha passato l’informazione e a quale fine?) di significato
enorme quanto più di un possibile orientamento che alcuni potrebbero essere interessati
a perseguire sul futuro del Servizio Pubblico. Ulteriore passo indietro. Il 10
settembre il Cda Rai si è riunito e, al termine, ha rilasciato un comunicato
dove di legge che ha approfondito “… i temi relativi allo sviluppo della banda
ultralarga attraverso le varie iniziative sulle quali la Rai è impegnata, tra
cui la content delivery network, la sperimentazione del trasporto attraverso la
partnership di Open Fiber dei contenuti in altissima definizione su reti in
fibra ottica, l’estensione dei servizi RAI nelle cosiddette aree bianche del
Paese e la partecipazione dell’Azienda nelle attività di sviluppo del 5G nonché
i rischi e le opportunità future che il progetto di Rete Unica UBB rappresenta
per la RAI”. Dunque, si è discusso il documento presentato dal CTO, Stefano
Ciccotti su “Scenari evolutivi delle Reti UBB e riflessi per RAI” e nessuno,
per quanto siamo riusciti a sapere, ha toccato i riflessi “economici” dei
problemi sul tappeto. Il documento presentato dal CTO che abbiamo avuto il piacere
di visionare, solo a pag. 29 affronta questo passaggio, laddove si legge “Capacità
di fornire contenuti “free to air” letto “in senso lato” vuol dire che non devo
per forza essere abbonato alla connettività di uno specifico operatore (
broadband) per accedere al contenuto ad esempio oggi chiunque con un TV e
un’antenna può ricevere il segnale Rai 1 DTT, mentre questo non è vero per lo
streaming di Rai 1 perchè è necessario avere un contratto con un operatore
telco (costo connessione, limite mensile sulla quantità di dati, ecc”. Non è
molto chiaro il significato di questo passaggio ma, in primo luogo non è
affatto chiaro cosa possa significare lato utente. Da non dimenticare che in
tutto il documento non è mai citata la parola magica “canone”. E non è cosa da poco.
Il titolo e il sommarietto di Fontanarosa non lascerebbero adito a dubbi: “…Il
servizio pubblico vuole che gli italiani possano vedere i suoi programmi anche
senza avere un abbonamento con un operatore di telecomunicazioni… Oggi chiunque
vuole vedere un canale o una trasmissione della tv pubblica può farlo sempre, ovunque
e soprattutto gratis. E così dovrebbe funzionare anche sulla rete unica di
Internet. La richiesta della Rai è dirompente. Gratis vuol dire che gli
italiani potranno vedere la Rai, via Internet, anche senza pagare un
abbonamento con un operatore tlc (Tim, Vodafone, Fastweb, Linkem e gli altri).
In altre parole, gli italiani - anche se non abbonati - avrebbero accesso a
un'area gratuita di Internet, una zona franca dove sarebbero disponibili i canali
e le trasmissioni della Rai”. A parte il fatto che non ci risulta esattamente
che oggi la tv pubblica si possa vedere sempre, ovunque e gratis: un
abbonamento telefonico si deve pur pagare da qualche parte ma, non si dice una
parola che intanto gli italiani sono costretti, da una legge dello Stato, a
pagare il canone Rai in bolletta e che questo, oggi, costituisce un fondamento
del Servizio Pubblico radiotelevisivo. Cosa significa Rai gratis per tutti? Cioè,
senza canone? Il costo del servizio pubblico dovrebbe/potrebbe essere inserito
nella fiscalità generale? Cioè, se i telespettatori si doteranno di una smart
tv e/o di un apparato privo di
sintonizzatore, come la precisazione ministeriale dettaglia puntualmente, per
vedere i canali Rai sulla rete si può essere esonerati dal pagamento del
canone? A chi conviene questa opportunità? Chi si gioverebbe di un passaggio
che vedrebbe, forse giocoforza, la Rai abbandonare le sue fonti di risorse
canone e pubblicità, come molti vorrebbero? Come al solito, dall’albero delle
pere non cascano mele e pure gli stormir di foglie hanno senso e significato,
si tratta solo di capire da che parte soffia il vento e, in primo luogo, chi
soffia e alimenta il vento e verso quale direzione. il Contratto di concessione IMPONE a Rai di diffondere i propri contenuti a tuti. Non è azzardata l'ipotesi che qualcuno abbia in mente di garantire i costi dell'accesso alla rete a carico delle casse Rai. Cosa tutt’altro che facile ma non impossibile se si imposta il problema in modo adeguato, come a molti potrebbe convnire e non poco.
Ed ora veniamo ad un passo laterale e si riferisce ad un
ambito più regolamentare. Il presidente della Commissione di Vigilanza Alberto
Barachini avrebbe convocato il ministro dell’economia Gualtieri, azionista di
maggioranza di Viale Mazzini, per essere audito in merito a come si intende
fronteggiare la grave economiche che si prospetta per le casse Rai già a
partire dal prossimo anno. In discussione c’è la necessità di sapere quali
indirizzi intende perseguire il governo in merito a quali risorse assegnare
alla Rai e a quanto si possa metter emano ad un diverso assetto del mercato
pubblicitario. Per quanto abbiamo potuto sapere, su questa audizione ci sono
molte riserve. Vedremo. Da tenere poi indebito conto che il "regolatore" AgCom si è insediato ufficialmente da pochi giorni.
Nel frattempo, da non dimenticare mai, tanto per rimanere
sul tema “costi” lato utente c’è sempre
in ballo la transizione al DVB-T2 che pure avrà un impatto sulle casse delle
famiglie quando, a partire da settembre 2021, saranno obbligate cambiare
televisore o comprare nuovi decoder. Sarà un dettaglio, ma questo passaggio per
Rai, come pure per gli altri broadcasters digitali terrestri, potrebbe
significare lasciare per strada qualche milione di utenti che, giocoforza, si vedranno
“indirizzati” verso la televisione in rete.
E veniamo alla nota finale: di rete
unica da alcune settimane si parla sempre meno e tutto il progetto sembra
incanalato in un ristretta logica di operazioni finanziarie più che di politica
industriale del Paese. Il governo su questo tema investe molta della sua credibilità
e gli Stati generali potrebbero tornare molto utili. Ancor più se poi, infine,
questa iniziativa sarebbe in grado di giovare quella parte che auspica o trama
per una proroga dell’attuale Cda. Punto.
Scusate la lunghezza. Abbiamo scritto tanto ma non tutto. Quanto
basta per muovere le acque della palude.
bloggorai@gmail.com
ps: il post di oggi era dedicato al DPCM sul Covid. Lo pubblicheremo aggiornato.