sabato 31 ottobre 2020

Rai: giochi di guerra e scherzi con il fuoco

E' disponibilee il BloggoRaiReport sulla CDN. Per richiederlo scrrivere a bloggorai@gmail.com 


Giochi di guerra e scherzi con il fuoco. Come abbiamo scritto, ieri in Cda poco o quasi nulla, o meglio … tanto. Leggiamo parte del comunicato stampa “…le ipotesi relative a chiusure o accorpamenti del canale Rai Storia e del canale Rai Sport sono riconducibili a simulazioni…”. Cioè, tradotto, abbiamo giocato a cercare di capire cosa succederebbe se… interessante, divertente, utile. Gli esercizi di scenario sono tipici dei giochi di simulazione, appunto, speso utilizzati in ambito militare.  

Peccato che il solo gioco di simulazione ora di interesse assolutamente strategico che riguarda la Rai non venga adeguatamente preso in considerazione. Ci riferiamo, per l’ennesima volta, alla transizione al DVB-T2. Lo abbiamo scritto più volte, lo hanno sostenuto studi e ricerche, che la “simulazione” più attendibile e verosimile è che, a partire dal  prossimo settembre, il servizio pubblico rischia di perdere qualche milione di telespettatori quando questi ultimi si potranno trovare lo schermo nero e uno o più televisori da rottamare. Già, perché nelle famiglie degli italiani ci sono più di un televisore in ogni abitazione che finora consentono di “reggere” gli ascolti. La televisione si potrà vedere, come già ora avviene in modo sempre più consistente, attraverso altri device privi di sintonizzatore Tv e, come noto, l’assenza di questa componente all’interno dell’apparato, consente di NON pagare il canone. L’equazione è semplice: più smartTv collegata in rete = meno televisori che fruiscono di DTT. Per fronteggiare questa eventualità occorre una campagna di informazione e comunicazione agli utenti ora, subito, e per tutta la durata dello svolgimento della transizione. Lo impone la Legge attraverso il dispositivo del Contratto di Servizio, senza esitazione e senza intermediazioni del MiSe. Ricordiamo ancora una volta l’art. 17: “1. La Rai garantisce l'informazione al pubblico in ciascuna area tecnica nel corso dell’attuazione della tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, utilizzando le emissioni televisive e radiofoniche e il web. Tale informazione dovrà essere fornita senza interruzioni fino a quando le attività non saranno ultimate in tutto il territorio nazionale”. Non regge e non può reggere la scusa, insostenibile sotto ogni aspetto, che si debba “agire in coordinamento con il Ministero”. No, non è sostenibile anzitutto perché non è previsto da nessuna parte e poi perché, ormai sembra quasi evidente, che buona parte del Governo, implicitamente o esplicitamente, spinge in direzioni opposte a quella degli interessi del Servizio Pubblico.

Diciamolo in altri termini: una fortissima corrente di pensiero economico anzitutto, ma anche politico, sostiene un modello di televisione, di sistema radiotelevisivo, orientato più verso il broadband rispetto al broadcast. Altrimenti, non si comprende perché il Ministero ritarda ad avviare la campagna di comunicazione verso gli utenti. Ci è stato riferito “Si aspetta Natale, quando potrebbe essere più elevata la propensione alla spesa degli italiani che potrebbero approfittarne per comprare un nuovo televisore”. Evidente a chiunque che, con la situazione drammatica che stiamo attraversando, questo tema potrebbe non essere al centro dei pensieri degli italiani. Questo significa scherzare con il fuoco.

Per precisare e sintetizzare meglio ancora: se il futuro della televisione si sta disegnando nello streaming in questo scenario il vantaggio competitivo si gioca con l’utilizzo efficiente degli algoritmi. La Televisione digitale terrestre è fuori gioco in quanto non ha un “canale di ritorno” con il quale modellare proposte editoriali e nuovi contenuti, terreno di contesa fondamentale. La Rai è arretrata su ambedue i fronti: Rai Play è marginale (vedi i report di Auditel) e non si sa nulla su come Viale Mazzini ha intenzione di agire sul secondo fronte.

Tanto per dare un’idea della rilevanza del problema: leggiamo questa mattina sul Messaggero “La Commissione europea chiederà alle piattaforme digitali come Facebook, Twitter o Google trasparenza sul modo in cui i loro algoritmi raccomandano i contenuti, al fine di «proteggere la nostra democrazia». Ad annunciarlo è stata la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. «Non possiamo lasciare che le decisioni che influenzano il futuro della nostra democrazia siano prese nel segreto di pochi consigli di amministrazione»”. Appunto, la Rai è nel cuore del flusso della comunicazione e dell’informazione, nonché della formazione della cultura nazionale e non è quindi irrilevante accendere le attenzioni su questo argomento. Se qualcuno a Viale Mazzini si vuole divertire, pagando pure lauti compensi a ricche società di consulenza, a fare “simulazioni” ha buoni temi sui quali esercitarsi.

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venerdì 30 ottobre 2020

Emergenza n.2 o forse n.1

Ricordiamo che è disponibile su richiesta mail a bloggorai@gmail.com 

il BloggoRaiReport sulla CDN.



Questa mattina si potrebbe svolgere a Viale Mazzini un Cda tanto inutile quanto incerto per le sorti dell’Azienda. Inutile perchè, per quanto abbiamo saputo, non si affronteranno nodi cruciali e non si prenderanno decisioni strategiche. Potrebbe invece essere incerto perché gli stessi nodi verranno rinviati, sopiti e sostanzialmente irrisolti.

Al centro di tutto c’è la nota situazione economica e la necessità di affrontarla prima che possa ulteriormente aggravarsi. Ieri abbiamo titolato “emergenza” e ci siamo riferiti alle rilevanza (assenza) del tema Rai e Servizio Pubblico nel dibattito nazionale. Anche oggi ci andiamo vicini, molto vicini con l'emergenzza economica. Gli amministratori si arrovellano sulla domandina: che fare? Ridurre i costi? E quali? Rendere più efficiente la macchina produttiva? Recuperare crediti (il canone maltolto dal Governo)? Licenziare qualche migliaio di persone? Vendere qualche “gioiello” di famiglia (quale)? E così via. Non vorremmo essere nei loro panni, proprio all’inizio del periodo che precede la loro scadenza, prevista per la metà del prossimo anno. In che condizioni lasceranno l’Azienda? Migliori o peggiori di quando l’anno trovata? Ne hanno responsabilità per quanto fatto o, peggio ancora, per quanto non hanno fatto e che invece avrebbero potuto e dovuto? Proroga? Deroga??

Torniamo al precedente Cda e a quello di oggi. Come noto la volta scorsa la società di consulenza, già lautamente pagata per la “messa a terra” del Piano industriale, ha avuto la brillante idea di proporre una riduzione di canali, accorpando Rai Storia e Rai5, e sospendendo l’avvio dei canali inglese e istituzionale. Geniali!!! Era proprio necessario pagarli perché nessuno, in verità, sarebbe mai potuto giungere a tale brillantezza. Pensare che, come abbiamo ricordato ieri, Rai ha aderito all’appello del Ministro Franceschini (lo stesso che vorrebbe fare una sua Netflix italiana con 10 mln di Euro) per aumentare la cultura sugli schermi  (ha aderito anche Mediaset!!!) però, mi raccomando, a partire dalla settimana prossima, non ora!!! Su questo argomento da molte parti si sta sollevando legittimo e condivisibile allarme per evitare una simile nefandezza.

Però, a ben pensare, qualche conto torna e vi raccontiamo un piccolo episodio significativo: domenica scorsa all’Auditorium di Roma è stato proiettato in anteprima il documentario di Gabriele Salvatores “Fuori era primavera” realizzato in coproduzione da Rai Cinema con contributi originali forniti dalle stesse persone dove erano protagonisti. Ha raccontato i mesi drammatici del “primo” lockdown (e siamo costretti a dire “primo” con il terrore che ci possa essere un ”secondo”) in modo avvincente ed  emozionante. Comunque si  tratta di un documento di storia importante e di drammatica attualità di proprietà collettiva, pubblica. Appunto,un prodotto da Servizio Pubblico con le maiuscole, una cosa di cui essere orgogliosi. Uno si chiede: bene, benissimo, quando lo mandate in onda? Non è dato sapere, non si sa ancora, forse alla fine di novembre, forse… Vedremo… Chissà. Ecco, con questa chiave si capisce perchè Viale Mazzini paga qualcuno esterno per farsi dire cosa si potrebbe fare per risparmiare soldi. Ci permettiamo di suggerire: cacciateli e già si potranno alleggerire le “piccole” spese.

Chiudiamo sempre sul Cda di oggi: non si parlerà del canale inglese e istituzionale (obblighi specifici previsti dal Contratto di Servizio). Ci sono problemi di costi ma anche di opportunità. Sulla prima parte ne abbiamo già scritto quando i due canali vennero inseriti nel Piano industriale e gli vennero assegnati 60 milioni per i tre anni di validità del Piano: 30 mln a canale, uguale a 10 milioni l’anno. Bruscolini, palesemente pochi per realizzare qualcosa di decente. Però, meglio di un calcio sugli stinchi. Almeno forse sufficienti per iniziare. A luglio scorso sono stati nominati i rispettivi Direttori che sono in attesa di iniziare. Ora, si obietta, il Piano è congelato fino al 31 dicembre e anche i canali subiscono la stessa sorte. Obiezione respinta: il Contratto di Servizio non subordina in alcuna parte l’avvio dei due canali al Piano  Industriale. Per ora è sufficiente.   

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giovedì 29 ottobre 2020

Emergenza

Da ieri è disponibile su richiesta mail a bloggorai@gmail.com il Report sulla CDN. Anzitutto grazie ai lettori che lo hanno prenotato e già ricevuto. Si tratta di 4 pagine sommarie, introduttive, essenziali ma speriamo utili e sufficienti almeno ad introdurre un argomento tanto complesso quanto strategico per il futuro del Servizio Pubblico radiotelevisivo nel nostro Paese.



Veniamo ad oggi. Come ormai succede da diverso tempo, non ci sono notizie rilevanti sulla Rai, a meno che non siate interessati agli ascolti di qualche singola trasmissione, ai gossip aziendali, alla possibilità che Sanremo possa andare in onda o meno etc etc.. Noi non ci interessiamo di tutto questo, ci sono altri colleghi che lo fanno meglio. Ci limitiamo alle retrovie, a tutto ciò che costituisce l’architettura del Servizio Pubblico. Evidente che si tratta di temi che non si prestano ad essere affrontati come notizie di cronaca. Per quanto parliamo sempre di informazione, educazione e divertimento, cioè pilastri fondamentali della vita civile e democratica, specie in queste drammatiche circostanze. Le nostre fonti sono anzitutto quelle dei contati diretti tramite conversazioni, scambi di mail e di messaggi su What’sUp, frutto di oltre 40 anni di onorato servizio, dentro e fuori la Rai. È una buona agenda, ricca e articolata, dove compaiono persone di varia natura ed estrazione e competenza. Poi ci sono le fonti ufficiali, uffici stampa, siti istituzionali, documentazione pubblica di varia natura. Poi ci sono i giornali quotidiani, i periodici, stampati e on line. Insomma, abbastanza per avere un quadro sufficientemente articolato di quanto succede. Magari può sfuggire qualcosa, ma sostanzialmente, il flusso principale viene rilevato.

Ora, se in questo flusso, la Rai non compare o compare sempre meno qualcosa sta a significare. Quello che, a nostro giudizio sta a significare è uno stato di grave crisi, ai limiti dell’emergenza. Ribadiamo, è come se improvvisamente, tutto ciò che interessa la qualità e la quantità di informazione radiotelevisiva, tutto ciò che interessa la quantità e la qualità  di cultura, di scuola, di spettacolo, di sport e di intrattenimento, sia pure “leggero” non avesse alcuna rilevanza. Salvo poi dover leggere sul Messaggero di ieri che “Rai, Sky e Ansa.it…  si sono messe a disposizione per divulgare in ogni modo, già dalla prossima settimana, spettacoli ed eventi culturali su tutte le reti”.  Già dalla prossima settimana ??? Forse, c’è qualcosa che a noi sfugge: perché finora cosa è successo? E da domani  e per il prossimo futuro non era già previsto e scontato che debba essere così? Come pure, all’articolo del Foglio dei giorni scorsi dove si dava notizia dell’intenzione di realizzare una Netflix italiana che, in altri tempi e in altre circostanze, avrebbe dovuto sollevare un ‘ondata di commenti e invece nulla, silenzio totale (a parte questo piccolo Blog).

Purtroppo, stiamo attraversano un altro drammatico momento, dove la maggior parte dei cittadini attende con ansia di sapere cosa sarà della loro vita. Lo attende dalla televisione e dalla radio anzitutto e non è irrilevante dunque avere attenzione sulla quantità e la qualità dell’informazione che viene fornita dal Servizio Pubblico.  

                                                                        bloggorai@gmail.com

mercoledì 28 ottobre 2020

BloggoRaiReport

 Nei giorni scorsi  abbiamo pubblicato un elenco di argomenti che intendiamo affontare e approfondire.

1) il bilancio Rai alla luce dell’ultimo Cda dove sono presentate ipotesi di contenimento dei costi

2) il Piano  Industriale: il suo stato di avanzamento, gli impegni previsti e quelli disattesi

3) adempimenti del Contratto di Servizio in particolare gli articoli 17 e 25

4) le scadenze normative (legge di delegazione, TUSMAR e revisione della 112)

5) i vincoli tecnologici (transizione al DVB-T2 e rete unica/UBB)

6) la CDN  Rai

7) il calendario prossimo venturo a partire dalla prossima audizione di Gualteri in Vigilanza.

8) Rai Way

9) il Servizio Pubblico nell'era della pandemia 

Alcuni di questi si prestano ad essere proposi sul Blog, altri invece meritano maggiore attenzione e spazio che nella cronaca quotidiana potrebbero non trovare adeguata collocazione. Inoltre, si tratta di argomenti che necessitano di studio attento e dettagliato che fatica a rientrare in una pagina ed
essere letto attraveso un cellulare e, infine, alcuni tra questi interessano solo parte dei nostri lettori.

                                                    

Per questo, come abbiamo anticipato ieri, saranno disponibili brevi Report, di carattere assolutamente introduttivo, non esaustivo sui singoli aspetti, destinati ai lettori non specialisti ma comunque interessati ad approfondire e conoscere tematiche sulle quali non è agevole reperire documentazione adeguata e sufficiente, sintetica ed essenziale. 

Questo primo numero inizia con la CDN perchè consideriamo questo argomento di rilevante valore strategico per il futuro del Servizio Pubblico Radiotelevisivo.

Il report è disponibile su richiesta con una mail a bloggorai@gmail.com


martedì 27 ottobre 2020

Rai e Netflix + BloggoRaiReport

Attenzione: come vi abbiamo scritto nei giorni scorsi, il blog prova a cambiare modalità di relazione con i propri lettori. Ci siamo resi conto che alcuni contenuti non si prestano ad essere diffusi attraverso il Blog, anche perché sappiamo che molti lo leggono attraverso un cellulare. Vi abbiamo proposto un elenco di argomenti che intendiamo approfondire. Da oggi è disponibile in via sperimentale un BloggoRaiReport sul tema CDN, di grande rilevanza strategica per il Servizio Pubblico. Per averlo è sufficiente inviarci una mail.

Argomento del giorno. Parliamo dell’idea che il ministro Franceschini sta portando avanti per creare una sorta di Netflix italiana. Andiamo con ordine e rendiamo onore al merito: tra i primi a parlare di una cosa del genere fu il presidente Rai, Marcello Foa, già nel settembre 2018, poco dopo il suo insediamento a Viale Mazzini, quando dichiarò a Prima Comunicazione “Sogno una Rai che si avvicini a Netflix, una Raiflix”. Negli stessi giorni anche l’AD Fabrizio Salini ha affermato che “Così la Rai sfiderà Netflix per conquistare i giovani”. Da ricordare che giusto un anno prima tra Rai e Netflix venne sottoscritto un accordo di cessione di importanti fiction italiane (Montalbano, Don Matteo, il Paradiso delle signore) per arrivare poi all’accordo dello scorso febbraio quando Rai ha venduto a Neflix i diritti di diffusione di 80 film (61+19). Infine, lo scorso giugno, Eleonora Andreatta, passa armi e bagagli a Neflix, con grande scorno e scandalo.  Attenzione: parliamo di qualcosa che si ibrida con Rai, mentre la notizia si legge oggi sul Foglio con il titolo: “Franceschini vuole fare la Netflix italiana con 10 milioni e Cdp, Ma già esiste e purtroppo costa 1,8 miliardi: si chiama Rai” con la firma di Luciano Capone e Carla Stagnaro potrebbe racconare un'altra storia. Potrebbero essere cose diverse o forse il ministro non pensava alla Rai, come del resto non ci pensano alcuni suoi colleghi. Leggiamo di cosa si tratta: “L'idea del ministro per i Beni culturali è quella di creare, a partire dai 10 milioni di euro affidati a Cassa depositi e prestiti, "una piattaforma digitale pubblica, a pagamento, la quale possa offrire a tutta Italia e tutto il mondo l'offerta culturale del nostro Paese". No, non sembra proprio la Rai quella che ha in mente Franceschini e abbiamo anche il dubbio che possa avere ben chiaro cosa sia Netflix, quanto costa, come funziona e su quale modello industriale poggia.  Anzitutto il costo: per rendere fruibile “anytime and anywhere with any device”” quel tipo di piattaforma occorre una montagna di soldi, parliamo di miliardi di euro e con i 10 milioni di CdP ci compri a malapena le cialde del caffè. La macchina di produzione e di realizzazione di contenuti è mostrusa se paragonata alle nostre: ci lavorano circa 9000 dipendenti che poggiano su un fatturato di oltre 20 miliardi di euro. Sono in grado di distribuire contenuti in quasi tutte le lingue del mondo con una velocità e qualità di trasmissione rilevante oltre che essere in grado di intercettare tendenze e profilazione dei consumatori/abbonati come pochi altri possono fare. Utilizzano algoritmi proprietari, big server e big data di dimensioni considerevoli. Il loro modello industriale è semplice ”think global, act local”. 

E veniamo alla “missione”. Rai è un Servizio Pubblico per accedere al quale i cittadini devono pagare un canone e in cambio ricevono informazione, educazione e intrattenimento. Rai non deve perseguire logiche di profitto o inseguire dividendi agli azionisti come invece può fare Netflix: il solo “dividendo” potrebbe essere la sua credibilità e autorevolezza. È improponibile ogni similitudine. 

Veniamo al cuore del problema e leggiamo un altro passo dell’articolo del Foglio: “ … Oppure, da uomo intelligente e sottile quale è, ha voluto prendere una posizione coraggiosa, esprimendo in modo obliquo ciò che milioni di italiani pensano e dicono esplicitamente: la Rai non sarà mai capace di diventare una Netflix, di "proiettare nel futuro" lo spettacolo italiano e di raggiungere i giovani attraverso le nuove tecnologie. Non solo: è talmente inefficiente che Cdp, con soli dieci milioni di capitale, potrebbe fare ciò che l'azienda di Viale Mazzini non è capace di fare con quasi due miliardi all'anno.” Ecco, esattamente questo il nodo centrale: cioè la percezione dell’Azienda pubblica nell’agenda politica, la sua collocazione, il suo peso, la sua rilevanza e la sua dimensione futura. 

In questo contesto, non stupisce affatto che qualcuno possa vagheggiare ipotesi di Netflix alla matriciana e combacia bene con un “sentiment” da tempo assai diffuso e che tocca il nervo maggiormente scoperto di Rai in questo momento: le risorse economiche. Gira che ti rigira, si punta sempre al portafoglio sia in forma di canone che in forma di pubblicità. Un giorno si richiede la riforma del primo, il giorno successivo la riduzione della quota di mercato della seconda. La sostanza non cambia: la preda è la Rai che si dovrebbe ridimensionare nel numero delle reti e testate, nella quantità di dipendenti, nelle risorse indispensabili a farla funzionare. Intendiamoci: sono necessarie e urgenti modifiche profonde e radicali nei suoi pilasti fondanti: la riforma dell’intero sistema delle TLC, degli assetti normativi, della struttura di mercato, delle nuove dimensioni tecnologiche.  

Infine, sgombriamo il campo da qualche fantasia velleitaria: Rai Play non potrà mai essere nemmeno lontanamente parente di Netflix per mille buone ragioni ed è sufficiente passare dall’una all’altra per rendersene conto, semplicemente , senza nemmeno perdere molto tempo a discutere. Nota a margine: provate a cercare su RaiPlay le puntate storiche di Montalbano e poi fateci sapere.


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lunedì 26 ottobre 2020

Rai: lo stato di crisi

Mental health is as important as physical health. 

Ci è tornato in mente questo tweet del Comitato internazionale della Croce Rossa dello scorso 5 settembre quanto abbiamo preso atto di quanto sta avvenendo e di come si intende affrontare la nuova situazione del Covid. Si sta mettendo a dura prova l’intero sistema sanitario nazionale ma anche l’intera integrità mentale delle persone che non sanno più comprendere cosa succede e come e quando potrà finire tutto questo. La narrazione continua ad essere in una sola direzione: la situazione è drammatica e potrebbe peggiorare, intanto facciamo un nuovo DPCM e poi si vedrà. 

In questa confusione si accompagna bene l’informazione pubblica. ad esempio, sabato sera l’edizione del Tg1 delle 20 annuncia una prossima conferenza stampa del Presidente del Consiglio che poi non avverrà. Non si può e non si deve fare un errore del genere. Se non si ha certezza di una notizia non la si deve dare. Punto. In questo momento (sempre) non si può alimentare una confusione del genere. Punto.  

Veniamo ad oggi. Tutto tace, nessuna notizia sulla stampa e pressoché nulla da mail, sms, What’up e telefonate varie. Ieri solo un articolo a firma Roselli sul Fatto con il titolo “Viale Mazzini in rosso. Tagli ai compensi e via Rai Sport”. All’interno del pezzo si parla di spending review e razionalizzazione dei costi.

Prima di iniziare questa seconda parte del post di oggi, vi proponiamo un pensiero di Richard Sennett, forse tra i più importanti sociologi contemporanei: “È più importante che le persone abbiano qualcosa da fare, anche se non guadagnano molti soldi. Devono avere uno scopo: questo è molto importante. Più dei soldi”. Ci ha convinto: la Rai deve avere una missione chiara, forte, credibile e condivisa per la quale può chiedere soldi.

Come vi abbiamo annunciato in un post precedente, vogliamo approfondire la situazione Rai a partire da un momento particolare: il Cda del 14 ottobre scorso. Diciamo per ora che in quella data ha avuto inizio una fase particolare per il Servizio Pubblico dove, in qualche modo, si è aperto uno stato di crisi. Il tema delle risorse sulle quali contare anzitutto per la sopravvivenza (non parliamo di sviluppo) sta divenendo centrale e dirimente su tutto il resto. Non è possibile parlare e dibattere di nulla se non ci sono certezze in questo senso. I numeri che si conoscono sono ai limiti del drammatico e ricordano quanto avvenne nel 2014 (Governo Renzi) laddove a fronte di una situazione di deficit e del prelievo forzoso (altrimenti definito scippo) di 150 milioni di euro si volle intervenire autorizzando la vendita di una parte di Rai Way per evitare di portare i libri in Tribunale. Il problema è che oggi, forse, la situazine è molto più grave.

In questa riunione di Consiglio, sostanzialmente, è stato affrontato il tema bilancio in relazione agli adempimenti previsti dal Contratto di Servizio. Si tratta di una questione molto delicata che vede confrontarsi scuole di pensiero diverse. Alcuni sostengono che il CdS sia stato impostato in un’epoca ora lontana e non più adeguata alle mutate condizioni sociali, politiche ed economiche del Paese e del mercato e quindi si può intervenire anche in corso d’opera. La seconda, alla quale apparteniamo, sostiene che questo CdS è ora immodificabile per due buone ragioni. La prima è che non ci sono tempi e condizioni per proporre modifiche sostanziali. Anzitutto le condizioni tecniche: nei 30 articoli che compongono il Contratto non vi è tracia di possibilità di modifiche. Solo  l’art. 25 istituisce una Commissione paritetica tra Rai e Ministero con il compito di “definire  a) “ le più efficaci modalità operative e di applicazione e di sviluppo delle attività e degli obblighi previsti dal presente Contratto in coerenza con l’evoluzione dello scenario di riferimento”   e b) “gli opportuni interenti volti a risolvere le difficoltà di applicazione e di interpretazione eventualmente emergenti”. Dopo di che si passa all’art. 30 che definisce la durata di 5 anni, cioè scadenza 2022. Le seconde condizioni “politiche” poi non sembrano certo delle migliori a mettere mano a modifiche del Contratto, visto l’attuale stato confusionale dei partiti che non sono in grado di esprimere un concetto compiuto sul futuro del Servizio Pubblico. Ciononostante è stata chiesta una consulenza ad una società esterna (forse pure ben retribuita) che ha ben pensato che si possa “derogare” agli obblighi previsti dal CdS per fronteggiare la crisi economica. Se lo avessero chiesto a noi, lo avremmo fatto gratis e subito.

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sabato 24 ottobre 2020

La Rai che non sarà più come prima

 

Oggi nulla da segnalare, silenzio su tutti i fronti, nessuno parla, nessuno dibatte, nessuno propone. La cappa di piombo che ci sta calando addosso è preoccupante.

Proviamo a mantenere il punto. Ieri abbiamo proposto un elenco di argomenti che è necessario affrontare e ve li riproponiamo:

 1) il bilancio Rai alla luce dell’ultimo Cda dove sono presentate ipotesi di contenimento dei costi

2) il Piano  Industriale: il suo stato di avanzamento, gli impegni previsti e quelli disattesi

3) il Contratto di Servizio in particolare gli articoli 17 e 25

4) le scadenze normative (legge di delegazione, TUSMAR e revisione della 112)

5) i vincoli tecnologici (transizione al DVB-T2 e rete unica/UBB)

6) Rai Way e CDN proprietaria Rai

7) il calendario prossimo venturo a partire dalla prossima audizione di Gualteri in Vigilanza

Un nostro attento lettore ci ha proposto un altro punto. Il Servizio Pubblico radiotelevisivo nell’era della pandemia: cosa è cambiato e cosa cambierà ancora nelle modalità di fruizione da parte dei telespettatori, nel mercato dei contenuti, nelle modalità di produzione e distribuzione. Non vi è dubbio infatti che, come si usa dire, nulla sarà come prima, per tutti e anche per la Rai.

Sarebbe inoltre opportuno aggiungere un punto relativo alla scrittura della geografia politica, economica e sociale nella quale si trova oggi il Servizio Pubblico. Sarà forse utile sapere quali forze sono in campo e da che parte dirigono le loro azioni, verso quali obiettivi puntano. Sarà utile capire e sapere chi ha interesse a difendere la logica, il senso generale del Servizio Pubblico e chi, invece, punta ad indebolirlo, a marginalizzarlo, renderlo meno rilevante.

Abbiamo molto, molto da scrivere ancora. Abbiamo molto tempo a disposizione.

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venerdì 23 ottobre 2020

Rai: appunti di lavoro

Anzitutto per tranquillizzare i lettori amici e poi per non lasciare illusioni a quelli ai quali, forse, non siamo molto graditi:  questo blog proseguirà, almeno per un po’.

Gli argomenti che abbiamo intenzione di affrontare sono:

1) il bilancio Rai alla luce dell’ultimo Cda dove sono presentate ipotesi di contenimento dei costi

2) il Piano  Industriale: il suo stato di avanzamento, gli impegni previsti e quelli disattesi

3) il Contratto di Servizio in particolare gli articoli 17 e 25

4) le scadenze normative (legge di delegazione, TUSMAR e revisione della 112)

5) i vincoli tecnologici (transizione al DVB-T2 e rete unica/UBB)

6) Rai Way e CDN proprietaria Rai

7) il calendario prossimo venturo a partire dalla prossima audizione di Gualteri in Vigilanza.

Come si vede, ne abbiamo in abbondanza per scrivere un’enciclopedia e se, per ora, ci tratteniamo è solo per l’obbligo di dover studiare e approfondire. Come si dice: “i buoni conti fanno i buoni amici” e prima di sentirci dire da qualcuno che non abbiamo letto i documenti, è bene esser chiari e precisi.

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giovedì 22 ottobre 2020

Pausa

 Nulla di nuovo sul fronte Occidentale. Oggi giornata di pausa, confronto, studio e riflessioni.


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mercoledì 21 ottobre 2020

La Rai col buco

Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, non importa che tu sia leone o gazzella, l'importante è che cominci a correre. Esattamente come succede, o dovrebbe succedere, alla Rai.

Sono mesi (se ricordiamo bene, dallo scorso giugno) che si parla di un possibile deficit di bilancio previsto per l’anno in corso e per il prossimo. Il 24 luglio Il Fatto Quotidiano, a firma Gianluca Roselli, titolava “La Rai col buco: 50 milioni ora e 200 nel 2021”. Oggi se lo ricorda anche Andrea Biondi sul Sole 24 Ore: “Rai, spending review per evitare il crollo del conti nel 2021.  Viale Mazzini prevede un rosso da 150 milioni. Pressing sull'extragettito. La speranza in Rai è di riuscire a far passare l'idea che quei milioni di cosiddetto extragettito, banalmente il maggiore introito dovuto all'applicazione del canone in bolletta, possano tornare alla Rai. Intanto si corre ai ripari”.

Allora, con ordine. A che gioco giochiamo? I conti sono chiari e non da ora. Notoriamente, la crisi del Covid non poteva che peggiorare la situazione. Da mesi era noto a tutti che il contesto non prospettava nulla di buono. Anzi! E tuttora, nonostante qualche sussulto di ripresa del mercato pubblicitario delle scorse settimane, la tendenza rimane sotto il segno negativo. Domandina semplice semplice: ma perché nel frattempo non è stato fatto nulla di significativo, di rilevante, in grado di poter affrontare queste prospettive? I termini che si usano nell’articolo citato sono “speranza” e “pressing”. Sul primo è meglio stendere un velo pietoso. Speranza? Ma in quale Azienda i conti si gestiscono con la “speranza” e poi in cosa? In chi? Nella Divina Provvidenza? Una processione che parte dalla Chiesa del Cristo Re di Viale Mazzini e faccia tutto il giro dei giardinetti? Oppure, per gli atei miscredenti, chiamare gli sciamani del Borneo?

Ricordate quanto abbiamo citato anche ieri? Andrea Martella (PD) “La Rai ha bisogno di un sistema di governance nuovo…”. Avrà voluto dire qualcosa, mandare messaggi occulti a qualcuno? Su quanto avvenuto lo scorso Cda ci sarebbe da scrivere un‘antologia. Ma ci limitiamo a quello che sappiamo: tre consiglieri si sono astenuti. Inoltre, ci limitiamo a riferire che la società di consulenza incaricata già in precedenza di “mettere a terra” il Piano Industriale (a quanto sembra lautamente retribuita) "avrebbe" presentato un documento di 18 slides dove si propone di “rivedere il perimetro del Contratto di Servizio”. Scrive ancora Biondi “…le prime vittime saranno i canali istituzionale e in inglese, previsti dal contratto di servizio 2018-22 che non partiranno per ora, la cancellazione dei canali Rai Sport”. Forse, abbiamo capito male noi. Per quanto poco sappiamo, il Contratto di Servizio non è oggetto di contrattazione, almeno quello in vigore, per il prossimo c’è molto tempo davanti. Quello attuale deve essere applicato senza se e senza ma. Non è cosa da poco.  

La vita della Rai, del Servizio Pubblico, poggia su tre pilastri: la sua missione, le risorse sulle quali contare per applicarla, le tecnologie che usa. Questi pilasti sono sorretti da una normativa. Quest’ultima è superata dalle mutate condizioni di mercato, da nuove disposizioni comunitarie che “impongono “ di rivedere testi fondamentali (la Legge Gasparri, il TUSMAR etc). Se uno dei pilastri traballa, non ha fondamenta sicure sulle quali poggiare, il rischio che tutta la baracca possa averne gravi conseguenze è forte.

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martedì 20 ottobre 2020

La Caritas, lo scontro sociale, Auditel e la Rai

Non passa settimana senza che ci venga proposto un Rapporto che, solitamente, viene poco preso in adeguata considerazione. Il primo che vi proponiamo è quello rilasciato dalla Caritas Italiana dal titolo "Gli anticorpi della solidarietà", pubblicato in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà (17 ottobre), cerca di restituire una fotografia dei gravi effetti economici e sociali dell’attuale crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19. I dati della statistica pubblicati definiscono lo scenario entro il quale ci muoviamo: il nostro Paese registra nel secondo trimestre del 2020 una marcata flessione del Pil; l’occupazione registra un calo di 841mila occupati rispetto al 2019; diminuisce, inoltre, il tasso di disoccupazione a favore però di una vistosa impennata degli inattivi, cioè delle sempre più numerose persone che smettono di cercare lavoro. Sembra dunque profilarsi il tempo di una grave recessione economica che diventa terreno fertile per la nascita di nuove forme di povertà, proprio come avvenuto dopo la crisi del 2008. Ce n’è a sufficienza per dedicare paginate di giornali, speciali dei vari telegiornali e quant’altro. La Caritas denuncia una emergenza sociale che non è e non sarà meno grave, meno devastante, di quella del Coronavirus eppure una notizia del genere scompare rapidamente nel mare dei vari bollettini di guerra quotidiani. Leggiamo ancora: “Analizzando il periodo maggio-settembre del 2019 e confrontandolo con lo stesso periodo del 2020 emerge che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa”.

Il Rapporto Caritas predispone un quadro di potenziale scontro sociale: da un lato chi deve vivere e sopravvivere nell’incertezza economica e dall’altro chi è in grado di resistere con meccanismi di tutela non eguali per tutti, non sufficienti per tutti e non duraturi nel tempo. Quanto potrà reggere questa tensione?

Sarebbe sufficiente sovrapporre questi dati con quelli delle altre emergenze sociali che si stanno evidenziando, a partire dalle altre sanitarie non direttamente connesse al Covid. Nei giorni scorsi è stato denunciato il numero impressionante di pazienti che hanno dovuto sospendere o annullare trattamenti e terapie per patologie gravi, rinviare accertamenti diagnostici importanti. L’immunologo Alberto Mantovani ha parlato di milioni di situazioni di questo tipo. Recentemente è stato pubblicato un rapporto sui rischi sociali delle turbe psichiche (https://www.axa.com/en/press/publications/A-Report-on-Mental-Health-and-Wellbeing-in-Europe ) che non saranno pure meno gravi di quelle cliniche.

Se invece vogliamo avvicinarci ai nostri temi, riportiamo una sintesi telegrafica del Rapporto Auditel Censis presentato ieri al Senato. Il titolo è “L’Italia post-lockdown: la nuova normalità digitale” e si dice chiaro e tondo che il nostro Paese è incamminato sulla strada dell’innovazione digitale ma non tuti camminano con le stesse scarpe. Il digital divide è ancora forte e divide chi ha facile accesso alla rete e chi invece non possiede nessuna connessione. L’esempio più illuminante è la famosa (fumosa) questione dell’App Immuni: milioni di persone non la scaricano per il semplice motivo che non hanno un cellulare idoneo a farlo e certamente non gli si può chiedere in questo momento di dover acquistarne uno nuovo. Torniamo al Rapporto Auditel: “il 31,7% delle famiglie italiane ha fatto acquisti di prodotti non alimentari su internet;  il 20,8% ha svolto attività di studio a distanza (per il 15,2% era la prima volta); il 17,5% ha lavorato in smart working (per l’11,3% era la prima volta). Il lockdown, quindi, ha rappresentato un formidabile acceleratore di innovazione per le famiglie, spingendo anche quelle che erano rimaste più indietro a dotarsi di una connessione internet che le rendesse in grado di svolgere quante più possibili attività a distanza. Infatti: - sono aumentati gli italiani che si collegano alla rete (47 milioni e 200mila, pari all'80,6% della popolazione con più di quattro anni); - è aumentata la frequenza dei collegamenti (42 milioni e 200mila italiani, pari al 72,1% della popolazione con più di quattro anni, si connettono tutti i giorni); - è aumentato il numero dei device utilizzati”. La crisi del Covid spinge inesorabilmente verso un nuovo modello di fruizione dei prodotti audiovisivi e, segnatamente, verso un consumo non lineare. La battaglia tra broadcast e broadband è solo all’inizio.

Veniamo a qualche problemuccio di Viale Mazzini e dintorni. Abbiamo letto nei giorni scorsi che nel corso dello scorso Cda è stato presentato un documento dove si esponevano ipotesi di “aggiustamenti” per contenere i costi in vista di possibili deficit di bilancio, abbiamo letto che si vorrebbe chiudere Rai Sport e annullare l’avvio dei canali istituzionale e inglese. Due sole semplici osservazioni (poi ci torneremo): le nomine dei due canali sono state fatte pochi mesi addietro. Ma che la situazione economica fosse critica lo si sapeva e perché allora procedere? Ma l’aspetto più grave è che si voglia rivedere “il perimetro di applicazione del Contratto di Servizio” e quindi non dare seguito a specifici impegni inderogabili e imprescrittibili. Unilateralmente non si può recedere da un vincolo specifico previsto dalla Legge. Punto. Non c’è altro da aggiungere se non l’interrogativo su chi possa essere e perché ha avuto questa trovata geniale.

Infine, riportiamo una dichiarazione di Andrea Martella (PD) a margine della presentazione del Rapporto Auditel: “La Rai ha bisogno di un sistema di governance nuovo, che nel nuovo ecosistema dell’informazione la metta in condizione di competere recuperando quell’autonomia e quell’indipendenza strutturale che rappresentano le condizioni indispensabili per garantire il pluralismo e la qualità proprie del servizio pubblico”. Attenzione: si tratta del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria.

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lunedì 19 ottobre 2020

La Natura delle cose ... e delle persone

Prima di affrontare un paio di importanti notizie del giorno, vi proponiamo una breve riflessione su questo Blog.

La natura delle cose è questione assai complessa. Come pure quella degli uomini e delle donne. Tutto è soggetto a mutazione, ad evoluzione verso passaggi complementari e successivi. Le cose hanno un momento in cui hanno inizio, seguono un loro naturale svolgimento e si apprestano a decadere per poi sostituirsi con una cosa (o una persona) diversa dalla precedente. Potrà essere di nostro gradimento o meno ma si tratta di un processo irreversibile.

Tutto questo per dire che BloggoRai, nel momento del suo massimo splendore per numero di visualizzazioni, per lettori fedeli, per il numero dei post finora andati on line, per il gradimento manifestato, per il ruolo che ha ricoperto durante quasi 30 mesi, potrebbe aver raggiunto la sua fase di piena maturità e quindi si potrà valutare una sua naturale crescita verso altre forme. 

Vedremo, è un tema oggetto di dibattito e ragionamento.

Il perimetro di questo ragionamento è composto da vari elementi. Anzitutto, quando il Blog è nato era pressoché solo, non c’erano altri che si occupavano in modo continuo e articolato sui temi del futuro del Servizio Pubblico mentre ora, direttamente o indirettamente, la platea si è affollata con altri blog e altre fonti. Poi, i temi affrontati sono ora più impegnativi, richiedono studio e approfondimento. È necessario essere aggiornati e documentati. Occorre tempo e molta energia. I destinatari, i lettori del blog, appartengono a due categorie principali: il popolo Rai e il popolo di chi gli gira intorno. Questo blog vorrebbe non occuparsi di gossip, di malversazione, di battibecchi da sottoscala pur ammettendo che è “nella natura delle persone” pensare ed agire con questi termini e non sarebbe corretto non doverne tenere conto al fine di comprendere fenomeni mutevoli. Se Tizia o Caio ambiscono ad un ruolo di potere superiore a quello che occupano, il loro agire, anche pubblico sarà formalmente conseguente. Ci potrà essere una loro visione di forma e una di sostanza. Questi ”popoli”, per quanto abbiamo potuto rilevare con l’analisi dei contatti, sembrano gradire contenuti articolati non sempre facili da reperire e affrontare (vedi il post sull’Enciclica di Papa Francesco).

Infine, non vi nascondiamo una certa delusione. Premessa: non ci siamo mai illusi che le “cose” potessero cambiare De Motu Naturaliter. Abbiamo sempre ritenuto che i mutamenti sono frutto di aggiustamenti progressivi, lenti ma incisivi. Durante questi ultimi due anni abbiamo dovuto prendere atto che invece, a Viale Mazzini, e intorno alla Rai, tutto questo nelle determinate circostanze non solo non è avvenuto minimamente ma abbiamo forti dubbi che possa avvenire nel prossimo futuro. Forze poderose e silenziose si oppongono e muri di silenzio e di gomma si frappongono e sembrano invalicabili. Vedremo.

Nei giorni scorsi sono emerse notizie importanti, quasi gravi, che meritano di essere approfondite e ci stiamo lavorando. I temi sono Contratto di Servizio, risorse economiche e banda larga. Ci aggiorniamo su questo tema.

Ci sono tante cose da scrivere e molti argomenti da riferire. Oggi ci limitiamo a due notizie. La prima la riporta un blog (appunto) di nostri autorevoli colleghi dove si legge una nota che noi abbiamo scritto più volte con particolare evidenza: se l’apparecchio che avete in casa non possiede un sintonizzatore, come potrebbero essere le smart tv di prossima generazione (nemmeno poi tanto lontane), questo significa semplicemente che il possessore è esonerato dal pagamento del canone e se attraverso questo apparato si volessero diffondere i contenuti Rai l’utente dovrebbe solo pagare l’accesso alla rete. Non è fantascienza, è tutto dietro l'angolo ed è il cuore della competizione tecnologica in corso e non è proprio una cosetta da poco nel momento in cui si dibatte delle risorse sulle quali fondare il futuro del Servizio Pubblico. Come verrebbe sostenuto? Chi paga?

La seconda notizia riguarda un’intervista di assoluto interesse al sociologo Derrick De Kerckhove, pubblicata sul Resto del Carlino-Nazione, firmata da Luca Bolognini, con il titolo: Troppo Covid sui media, si alimenta il panico". Leggiamo uno stralcio: “Il Covid domina da mesi le trasmissioni televisive e le prime pagine dei giornali, sopratutto in Italia. Questa overdose di informazioni non rischia di aumentare il panico inutilmente? «Per una parte della popolazione sicuramente. Si chiama infodemia: è il caos generato da un numero strabordante di articoli e approfondimenti. Alla fine non si capisce più di che cosa ci si possa fidare. Le cifre sono credibili? La cura funziona? II virus è pericoloso? Tutta questa incertezza finisce per aumentare la paura. Stiamo attraversando una vera e propria crisi epistemologica: non si capisce più cosa abbia senso e cosa no”. Anche questo lo abbiamo scritto in epoca non sospetta, proprio durante il periodo di crisi più drammatico, quando l’informazione anzitutto pubblica sembrava sfuggire ad ogni riflessione. Oggi il virus dell’infodemia sembra in grado di produrre maggiori danni di quello clinico eppure, come se nulla fosse, il bombardamento mediatico prosegue senza tregua.

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domenica 18 ottobre 2020

Domenica

Oggi è una bella giornata di ottobre romano: ci sta bene una piacevole una passeggiata.

Ci sono tanti argomenti interessanti e aggiornamenti importanti. Ci aggiorniamo nei prossimi giorni.


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sabato 17 ottobre 2020

La situazione non è buona

Premessa. Chi vi scrive ha una “certa” e, per molti aspetti, è rimasto assai indietro negli aggiornamenti, almeno quelli musicali. Ad esempio, è rimasto ai grandi classici degli anni ’70… Guccini, Credence Clearwater, Bob Dylan, PFM, De Andrè, Rolling Stones, … etc… tra questi c’è anche Celentano che non è esattamente al centro delle preferenze però, devo ammettere, spesso ha prodotto brani storici.  

Siamo in debito con i lettori del Blog: ieri vi avevamo promesso un post che purtroppo non è stato pubblicato (ciononostante molti lettori lo hanno puntato, grazie !!!). Per farci perdonare vi proponiamo un piccolo omaggio musicale del molleggiato che riflette, in parte, il pensiero di molti, la situazione attuale e quanto più avanti vi diremo:

 https://www.youtube.com/watch?v=X1G8Ze-OcQc prodotto da Rai Uno nel 2007.

“La situazione politica non è buona 

La situazione economica non è buona

La situazione del mio lavandino non è buona

La situazione del mio amore non è buona

La situazione internazionale non è buona

La situazione di mia sorella non è buona

La situazione dei piccoli cani non è buona

La situazione, la mia situazione non è buona…

Tutto questo per dire che ci troviamo, tutti, in un momento di grande difficoltà, forse maggiore rispetto al periodo drammatico di marzo scorso. Allora sembrava tutto molto chiaro: un gran numero di persone colpite e necessità di esser molto duri nel cercare di fronteggiare la pandemia. Oggi non sembra affatto così, per quanto ci è dato sapere e i numeri che ogni giorno ci vengono forniti si prestano ad interpretazioni divergenti e soprattutto propongono poche soluzioni per il prossimo futuro. Lo stesso vaccino è incerto: da chi sarà realizzato, quando, con quali differenze rispetto agli altri? Tutto questo genera confusione, smarrimento, preoccupazione e malessere.

Per rimanere sui nostri temi, ieri avremmo voluto scrivere sul MIA, sul report del settore audiovisivo in Italia, sulle dichiarazioni di Giancarlo Leone a proposito del canone RAI “… riconoscere a RAI l’intero extra gettito che proviene dal canone in bolletta, restituendo di fatto al servizio pubblico oltre 100 milioni l’anno per investimenti nella produzione. In caso contrario affronteremo un grave calo degli investimenti con ripercussioni preoccupanti per l’audiovisivo e per il cinema”. Avremmo voluto ribadire che il tema, l’arena dello scontro totale che si sa determinando nel settore della produzione audiovisiva in Italia, in queste determinate circostanze, sta avvenendo esattamente nell’incrocio dei temi risorse, tecnologie e legislazione. Mettere in ordine di rilevanza è complesso. Tutti i temi si legano tra  loro anche se verrebbe da ritenere che il primo, le risorse, appare quello determinate. Lo è certamente per la Rai (vedi post precedente sul bilancio 2020 e quello del prossimo anno). Senza certezze, senza prospettive chiare, la baracca corre il serio rischio di affondare. Appunto… la situazione non è buona… E non si vede la Protezione Civile, la Croce Rossa, la Capitaneria di Porto che possa venire in salvataggio e lanciare una ciambella. Anzi !!!

Ieri avremmo voluto scrivere di molto altro che ci viene segnalato dai lettori (un patrimonio enorme) anche su quanto avvenuto lo scorso Cda. Ci tratteniamo a farlo. Ci sembra di sparare a pallettoni contro le piume al vento. Ce lo risparmiamo. Per ora.

Per tenerci allegri, vi proponiamo due chicche realizzate dai quei perdigiorno della BBC. Prendetevi 5 minuti e gustatevele, da noi roba del genere ve la sognate, neanche se vi fumate una canna di cicoria.

Il primo, con un titolo che è tutto un programma: “It’ time to fight for the future of Public Service Broadcasting” 

https://www.publicmediaalliance.org/uk-regulator-sets-out-plans-to-increase-prominence-of-psbs/ 

mentre il secondo “Our vision of the Future”, realizzato dal Dipartimento Studi e ricerche sempre della BBC, ci porta direttamente nel cuore del nostro dibattito “Digital convergence of media production and distribution brings new opportunities for programme makers. BBC R&D has been working to imagine how the rest of our organisation and industry can take advantage of these opportunities” 

https://www.bbc.co.uk/rd/about/vision 

No, la situazione del nostro Servizio Pubblico …non è buona …

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venerdì 16 ottobre 2020

giovedì 15 ottobre 2020

Le bolle volano, le balle girano

Sintesi giornalistica e vale non solo per le questioni Rai. Le bolle volano e le balle girano. 

Ieri a Viale Mazzini si è svolto il Cda, leggiamo uno stralcio del comunicato: “Al 30 giugno 2020 la posizione finanziaria netta risulta negativa per 275,9 milioni di Euro (-239,1 milioni di Euro al 30 giugno 2019). Per quanto riguarda la prevedibile evoluzione della gestione del Gruppo Rai per l’esercizio 2020, le proiezioni economiche evidenziano una perdita di esercizio, ancorché su un livello più contenuto rispetto alle previsioni iniziali. Le determinanti di tale esito sono prioritariamente riconducibili alla perdurante contrazione del mercato pubblicitario e degli introiti dei canoni speciali, in un contesto di ripresa dell’attività produttiva aziendale. L’indebitamento finanziario di Gruppo registrerà, per effetto della citata contrazione dei ricavi, una ulteriore crescita, rimanendo comunque su livelli di sostenibilità”. al voto si sono astenuti i consiglieri Laganà, Borioni e De Blasio mentre hanno votato a favore la Coletti e Rossi. un inedito scheriamento che vede il PD contro il 5S: significativo. Cerchiamo di tradurre e semplificare: le cose vanno male e potrebbero andare peggio. Importanti le dichiarazioni di Laganà e Borioni: "A pochi mesi dalla scadenza di questo Cda ci ritroviamo a votare un'altra semestrale di bilancio in cui il  contributo di 40 milioni, previsto per gli anni 2019 e 2020 inserito  nella legge di bilancio, risulta tutt'ora iscritto nel documento  economico finanziario Rai (come prevedono le regole per la corretta  redazione dei bilanci), ma non è stato ancora erogato dallo Stato e  non ve ne è certezza alcuna". Aggiungiamo noi: si tratta della parte “politicamente variabile” che si potrebbe determinare se e quando una parte rilevante del Governo volesse metterci mano nella sciagurata idea di ridurlo.

Se non fosse sufficiente, guardate i dati delle recenti rilevazioni Nielsen (pubblicati da PrimaOnLine) per il periodo gennaio/agosto 2020: il totale mercato rispetto all’anno precedente, è crollato del 22% (da circa 3,5 mld a 2,7 mld) e il settore tv è sceso a -17% (passando da circa 2,1 mld a 1,7 mld).  

Ricordiamo i numeri forniti da Salini lo scorso giugno: per fine anno si prevede una perdita del fatturato pubblicitario di 127 mln e, in particolare, per il bilancio 2020 un buco tra i 45 e i 50 mln. Inoltre, per il 2021, le previsioni stimato le perdite intorno ai 200-220 mln. In Vigilanza poi Salini ha sostenuto che se la “politica” non mette mano alla restituzione dell’extragettito che indebitamente viene trattenuto dalla riscossione del canone, insieme alla revisione del prelievo forzoso del 5% in tassazione, “Il prossimo anno fa paura” e, per una volta tanto , siamo d'acordo con lui.  Per non dire poi di questa stagione di ascolti che, tra una replica e l’altra insieme a programmi che non decollano, non promette nulla di buono. Non parliamo degli ascolti digitali, nonostante le fanfarate di RaiPlay, la settimana scorsa Auditel Digitale nei LS (Legitimate Streams) per editore registrava Rai ancora ben distanziata di quattro volte da Mediaset: la prima a 31 mila K e la seconda a 123 mila K.

Nel frattempo, mettiamo una pietra sopra, almeno per ora, sulla storia degli Stati generali dell’audiovisivo. Ci sono due scenari. Il primo prevedeva (o ha preveduto) che l’iniziativa avrebbe dovuto aver luogo: era utile e interessante per molti e, viceversa, dannosa e inutile per altri. Il secondo scenario consiste semplicemente un una sorta di wishful thinking, un pensiero speranzoso che la cosa potesse avvenire (lasciamo perdere chi lo ha avuto). Infine, ci suggeriscono, ce ne potrebbe essere pure un terzo, pure alquanto verosimile: si voleva “buscar l’Oriente navigando verso Occidente” cioè era in ballo un’altra iniziativa quando qualcuno, inopinatamente e senza fare i conti con i tanti osti/ospiti, se ne è uscito con questo colpo di genio. Eh già, perché un conto è avere buone idee, altro conto è saperle o poterle realizzare. Provate voi a mettere in piedi un incontro del genere e provate a mettere in ordine chi parla, chi saluta, chi introduce, chi modera, quanto tempo per ognuno etc etc etc … Alla BBC nei giorni scorsi lo hanno fatto in tre giorni di Webinar… provate ad immaginarlo da noi. Infine, e forse questa sarà la scusa formale: c’è in corso la crisi del Covid e come si può immaginare dimettere in piedi una baracca del genere con i tempi che corrono ??? Amen.

Hai voglia a girare intorno e hai voglia a pontificare su “I nostri canali a tutti e gratuitamente” oppure a immaginare gli Stati generali (ieri sera un autorevole personaggio di Viale Mazzini ci ha chiuso il capitolo “Non sanno quello che fanno… è semplicmente un c…a”). Doppio Amen. Chiuso.

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mercoledì 14 ottobre 2020

C'è vita su Marte

Alla fin fine, non trovare nulla di interessante da leggere sulla stampa quotidiana ci induce a cercare qualcosa altrove e, per fortuna, si trova. C’è vita sulla terra, magari poca dalle parti nostre, ma da altre parti qualcosa si muove. Come ci piace ripetere: sotto l’albero del pero non cascano le mele. Nei giorni scorsi vi abbiamo riportato la notizia di un possibile evento di confronto sul sistema degli audiovisivi nazionale da svolgersi il prossimo mese (era stato detto il 18, poi qualcuno ha sollevato riserve). Non è ancora ben chiaro se sarà possibile realizzarlo per quanto vi abbiamo scritto e non è affatto chiaro a chi interessa e chi invece non vede affatto questa iniziativa di buon occhio. Vedremo. Però, ci viene il sospetto, che questa idea di un possibile mega incontro Stati generali dell’Audiovisivo nazionale non è tutta farina dei nostri mulini. Potrebbe essere uscita da altri sacchi. In particolare, potrebbe essere scaturita da quanto hanno fatto nei giorni scorsi i lontani parenti inglesi della BBC. Ne saremmo felici se così fosse. Da metterci la firma, subito.

Comunque, la traccia è stata segnata da OfCom, l’Ente regolatore britannico simile alla nostra AgCom, a partire dallo scorso febbraio  con il titolo “Small Screen: Big Debate  (SSBD)– Ofcom’s review of PSB for a sustainable future. A new and interactive approach in order to initiate an open and wide-ranging debate on the future of public service broadcasting in the UK” e segue lo stesso approccio che ha avuto la BBC nel 2018 quando ha attivato, in un primo momento in modo assolutamente informale, un gruppo di lavoro, dibattito e confronto esattamente sul tema relativo al suo futuro. Vedi link:

https://www.epra.org/news/regulation-news/news_items/small-screen-big-debate-ofcom-s-review-of-psb-for-a-sustainable-future

L’appuntamento virtuale SSBD-2020 si è svolto proprio nei giorni scorsi (da 4 al 7 ottobre) e vi hanno partecipato tutti i soggetti direttamente interessati e coinvolti nei processi di cambiamento del sistema audiovisivo britannico. Per questa occasione, è stato diffuso un documento di grande interesse:

https://www.smallscreenbigdebate.co.uk/__data/assets/pdf_file/0026/204587/international-perspectives-on-psb.pdf

dove già dalle prime battute si leggono i punti fondamentali di un dibattito che dovrebbe interessare fortemente anche il nostro Paese: “The media landscape for public service broadcasting has fundamentally changed …Today, PSBs across the world are operating within a fundamentally changed marketplace, which is almost unrecognisable compared to the media landscape when PSBs were first established”.

Da osservare che gli inglesi sembrano particolarmente concentrati sulle dinamiche sociali e culturali che interessano la loro missione e, solo in modo indiretto, tramite la pressione del governo Johnson, sono coinvolti sul fronte delle risorse che si dovranno assegnare alla BBC attraverso il canone.

Questo stesso tema, il canone, è al centro dell’attenzione anche per i nostri vicini francesi dove, proprio in questo periodo si sta dibattendo la possibilità di ridurlo da 138 a 100 euro.

Ce n’è abbastanza per oggi per studiare approfondire.

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martedì 13 ottobre 2020

La Fantapolitica di Viale Mazzini e dintorni

Lo abbiamo scritto tante volte: la politica è arte del possibile, talvolta del necessario, in alcune occasioni dell’opportuno. I lettori di questo blog sono tutti sufficientemente esperti e navigati per sapere bene che un progetto, un pensiero espresso ora potrebbe non valere più tra cinque minuti. Tutto questo, spesso, induce a ragionare in termini di immagini e suggestioni su ciò che ci piacerebbe che fosse piuttosto che su quanto è concretamente possibile realizzare.

Allora oggi, in mancanza di meglio (salvo che non vi possa interessare il prossimo regolamento di Sanremo), vi proponiamo un ardito quanto maldestro esercizio di fantapolitica che lega fatti e personaggi forse distanti tra loro ma non tanto distinti. In alternativa, oggi è una splendida giornata d ottobre e (con la mascherina, camminando a velocità sostenuta) potete fare una bella passeggiata e dimenticare queste faccenduole.

Un piccolo passo indietro: ieri abbiamo riportato la notizia secondo la quale a Viale Mazzini “sarebbe” stato dato l’incarico di organizzare una specie di Stati Generali dell’audiovisivo per il 18 di novembre (“ .. la data potrebbe anche essere diversa” si è lasciato sfuggire una fonte Rai che conosce il tema). Ovviamente la notizia è troppo ghiotta per esser subito confermata o smentita e, infatti, oggi non ne parla nessuno. Per tranquillizzare qualche nostro lettore sospettoso, gli possiamo dire di avere riscontri di quanto abbiamo scritto e che non ci siamo fumati una canna di cicoria. Dunque, nel frattempo, è proseguito il lavoro di ricerca e documentazione. A questo punto inizia un altro racconto, appunto fantapolitico ma nemmeno poi tanto.  A chi gioverebbe questa iniziativa? Certamente alla Rai farebbe molto bene. Sarebbe molto utile essere riportata al centro del villaggio. Il Servizio Pubblico è la Chiesa che da un pò di tempo a questa parte si cerca di spingere ai margini e questo non è bene. Ma la domanda che molti ci hanno posto è stata: è farina del sacco Foa/Salini o viceversa a tirare fuori questo colpo di genio? Autorevoli lettori dei piani medio/alti di Viale Mazzini se lo chiedono stupiti e commentano scettici “… non hanno la forza e la capacità politica di gestire una cosa del genere .. a meno che .. a meno che …”. Questo “a meno che” ci porta verso una pista tutta esterna che ieri vi abbiamo appena accennato: la richiesta (ci è stato detto) verrebbe direttamente ed espressamente da Giuseppe Conte e nemmeno poi tanto in accordo con i partiti che lo sorreggono. Cosa c’è in ballo??? Cose grosse, appunto, da fantapolitica.

Il dubbio ha cominciato a circolare ieri mattina leggendo La Repubblica, con un fondo di Claudio Tito sul tema Presidenza della Repubblica. Prima di procedere, prendete un calendario: a fine giugno inizia il semestre bianco di Mattarella e, contemporaneamente, scade il Cda Rai. I due fatti, seppure lontani tra loro, in qualche modo si intersecano. Come noto, al momento, le candidature per il Quirinale sono tutte coperte ma alcuni punti fermi sembrano esserci: il primo riguarda lo stesso Presidente che ha più volte ripetuto di non essere disponibile ad un suo rinnovo. Il secondo riguarda le manovre necessarie a “preparare” la pista ad un possibile candidato sostenuto da uno schieramento quanto più ampio possibile. Ovvio che già da tempo impazza il totonomine. Nel pallottoliere non può mancare il nome di Conte. C’è da dire che se i partiti non riescono a trovare un accordo sulla candidatura a Sindaco di Roma, come è possibile che possano già da ora trovarlo per il nuovo presidente della Repubblica? Vero. Ma intanto questo non esclude che ognuno cerchi di fare la sua parte. Veniamo ora la notizia di ieri. Un lettore obietta: “questa kermesse non si potrà fare se non c’è l’accordo di Franceschini”. Verosimile. Ma il punto è proprio questo: una iniziativa del genere fa comodo a molti, in prima battuta al Governo e, in particolare allo stesso Conte che potrebbe portare a casa ottimi risultati con poca spesa. Primo: riprendere il giro della riforma del sistema TLC dove di mezzo c’è anche il ruolo del Servizio Pubblico; secondo, garantirsi una specie di “neutralità” dell’informazione e comunicazione Rai proprio nel periodo in cui la battaglia politica potrà essere più aspra, a partire dal prossimo giugno. Allora cosa ci sarebbe di meglio che togliere subito una castagna dal fuoco e sostenere l’ipotesi di proroga di questo Cda? In soldoni: voi date una mano a me e io ne do una a voi. Ora se è verosimile o meno che Franceschini (da più parti e da tempo indicato come papabile al Quirinale) possa avere la forza di interdizione su queste iniziative è tutto da verificare. Certamente ne a lui, ne a buona parte del PD, fanno molto piacere queste attività auto promozionali.

Ora, se gli Stati Generali si faranno o meno dipende tutto da questi delicati quanto sottili, imperscrutabili equilibri che, appunto, si legano tra loro per opportunità, necessità e convenienza.

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lunedì 12 ottobre 2020

La Rai: il grande macigno nella palude

Prendetevela comoda. La storia che vi stiamo per raccontare è lunga, complessa, articolata, contorta e potrebbe avere un happy end forse nemmeno poi tanto felice. Si tratta di una pentola che ribolle con tanti ingredienti dentro e non è facile ricondurre tutto ad una stessa minestra. Richiede, inoltre, la necessità di dover sovrapporre diversi piani di lettura: politico, tecnologico ed economico. Ammettiamo in premessa che abbiamo incontrato qualche difficoltà a raccogliere informazioni e collegare i vari frammenti del puzzle e non tutto ci è chiaro come, allo stesso tempo, dobbiamo fare uno  sforzo per non innamorarci di concetti o iniziative che potrebbero fuorviare la lettura dei fatti.

Veniamo al dunque e diciamo subito quale macigno è stato lanciato nello stagno. Secondo quanto abbiamo potuto sapere e verificare, per il prossimo 18 novembre la Rai “avrebbe” ricevuto l’incarico di promuovere e organizzare gli “Stati Generali del sistema Audiovisivo nazionale”. Il titolo, la data e la committenza potranno  non essere esattamente esatti ma la sostanza rimane. “Avrebbe” è tra virgolette perché non è escluso che ci possano essere ripensamenti e, segnatamente, per quanto questa iniziativa potrebbe irritare una parte della compagine di governo (il PD) . In discussione, a quanto sembra, è chi ha il cerino in mano della proposta: è stato Conte a sollecitare questa iniziativa oppure è farina del sacco Foa/Salini (o viceversa?). Bella domanda, ardua risposta. 

L’ultima volta che è successa una cosa del genere è stata a marzo 2018 su  iniziativa di Francesco Rutelli quando, intorno al tavolo vennero chiamati tutti i soggetti interessati e, per quanto abbiamo potuto verificare, il grande assente era, appunto, la Rai (https://www.ilmessaggero.it/spettacoli/cinema/stati_generali_dell_audiovisivo_pronti_a_fare_sistema_per_battere_i_nuovi_big_dell_intrattenimento-3633353.html ) come lo è stata, appunto, nelle precedenti occasioni dove si è discusso dei grandi temi che pure la interessavano (vedi consultazioni al MISE di fine agosto sul tema rete unica). Altra occasione dove si è parlato di Stati generali è stato l’appuntamento promosso dal Governo a giugno scorso dove, pure in quella occasione, hanno parlato quasi tutti eccetto la Rai (Giancarlo Leone: ripartire tutti ma con maggiori risorse). Ora, intendiamoci, che questo avvenimento possa accadere è certamente positivo, è importante e necessario. Che, inoltre, venga assegnato il compito di organizzarlo a Rai è altrettanto positivo: sarebbe la prima volta, dopo mesi di grigio, che al Servizio Pubblico nazionale viene riconosciuto il ruolo di primo player del sistema delle TLC, la cui riforma non è possibile se non si passa attraverso la sua stessa riforma, a partire di quella sulla Governance superando la Legge del 2015. Da questo punto di vista non possiamo che essere soddisfatti. Ma però, ma però… qualcosa merita di essere approfondito e per farlo occorre fare qualche passo indietro e altri di lato. Poniamo anzitutto un tema: perché questa iniziativa allargata a tutto il sistema e non solo alla Rai, al Servizio Pubblico, che pure merita attenzione “speciale e particolare”? Evidente come gli interessi in gioco degli altri broadcasters, degli OTT, dei produttori, degli agenti e compagnia cantando possono essere e sono opposti e in contrapposizione tra loro? Chiamare tutti intorno allo stesso tavolo può apparire come una specie di “buttarla in caciara” dove tutto si annebbia e si stempera nella logica di dover accontentare tutti per non scontentare nessuno.

Ora torniamo a ieri. Stava per trascorrere un tranquillo pomeriggio d’autunno bigio e umido. Riposino pomeridiano, passeggiatina da solo lungo il Tevere, senza mascherina e ben lontano da altri esseri umani, prima che anche questa sana attività motoria ci verrà impedita. Quando, d’un tratto, un nostro attento ed esperto lettore (che ringraziamo vivamente) ci ha richiamato una notizia che ci era sfuggita. Lo scorso venerdì Aldo Fontanarosa su Repubblica.it ha pubblicato un articolo dal titolo “Rete unica per Internet, la condizioni della Rai: i nostri canali a tutti e gratuitamente . Il servizio pubblico vuole che gli italiani possano vedere i suoi programmi anche senza avere un abbonamento con un operatore di telecomunicazioni”. Tombola !!! In effetti, si tratta non tanto di una notizia ma di una “interpretazione fuori dal sen fuggita” (chi ha passato l’informazione e a quale fine?) di significato enorme quanto più di un possibile orientamento che alcuni potrebbero essere interessati a perseguire sul futuro del Servizio Pubblico. Ulteriore passo indietro. Il 10 settembre il Cda Rai si è riunito e, al termine, ha rilasciato un comunicato dove di legge che ha approfondito “… i temi relativi allo sviluppo della banda ultralarga attraverso le varie iniziative sulle quali la Rai è impegnata, tra cui la content delivery network, la sperimentazione del trasporto attraverso la partnership di Open Fiber dei contenuti in altissima definizione su reti in fibra ottica, l’estensione dei servizi RAI nelle cosiddette aree bianche del Paese e la partecipazione dell’Azienda nelle attività di sviluppo del 5G nonché i rischi e le opportunità future che il progetto di Rete Unica UBB rappresenta per la RAI”. Dunque, si è discusso il documento presentato dal CTO, Stefano Ciccotti su “Scenari evolutivi delle Reti UBB e riflessi per RAI” e nessuno, per quanto siamo riusciti a sapere, ha toccato i riflessi “economici” dei problemi sul tappeto. Il documento presentato dal CTO che abbiamo avuto il piacere di visionare, solo a pag. 29 affronta questo passaggio, laddove si legge “Capacità di fornire contenuti “free to air” letto “in senso lato” vuol dire che non devo per forza essere abbonato alla connettività di uno specifico operatore ( broadband) per accedere al contenuto ad esempio oggi chiunque con un TV e un’antenna può ricevere il segnale Rai 1 DTT, mentre questo non è vero per lo streaming di Rai 1 perchè è necessario avere un contratto con un operatore telco (costo connessione, limite mensile sulla quantità di dati, ecc”. Non è molto chiaro il significato di questo passaggio ma, in primo luogo non è affatto chiaro cosa possa significare lato utente. Da non dimenticare che in tutto il documento non è mai citata la parola magica “canone”. E non è cosa da poco. Il titolo e il sommarietto di Fontanarosa non lascerebbero adito a dubbi: “…Il servizio pubblico vuole che gli italiani possano vedere i suoi programmi anche senza avere un abbonamento con un operatore di telecomunicazioni… Oggi chiunque vuole vedere un canale o una trasmissione della tv pubblica può farlo sempre, ovunque e soprattutto gratis. E così dovrebbe funzionare anche sulla rete unica di Internet. La richiesta della Rai è dirompente. Gratis vuol dire che gli italiani potranno vedere la Rai, via Internet, anche senza pagare un abbonamento con un operatore tlc (Tim, Vodafone, Fastweb, Linkem e gli altri). In altre parole, gli italiani - anche se non abbonati - avrebbero accesso a un'area gratuita di Internet, una zona franca dove sarebbero disponibili i canali e le trasmissioni della Rai”. A parte il fatto che non ci risulta esattamente che oggi la tv pubblica si possa vedere sempre, ovunque e gratis: un abbonamento telefonico si deve pur pagare da qualche parte ma, non si dice una parola che intanto gli italiani sono costretti, da una legge dello Stato, a pagare il canone Rai in bolletta e che questo, oggi, costituisce un fondamento del Servizio Pubblico radiotelevisivo. Cosa significa Rai gratis per tutti? Cioè, senza canone? Il costo del servizio pubblico dovrebbe/potrebbe essere inserito nella fiscalità generale? Cioè, se i telespettatori si doteranno di una smart tv  e/o di un apparato privo di sintonizzatore, come la precisazione ministeriale dettaglia puntualmente, per vedere i canali Rai sulla rete si può essere esonerati dal pagamento del canone? A chi conviene questa opportunità? Chi si gioverebbe di un passaggio che vedrebbe, forse giocoforza, la Rai abbandonare le sue fonti di risorse canone e pubblicità, come molti vorrebbero? Come al solito, dall’albero delle pere non cascano mele e pure gli stormir di foglie hanno senso e significato, si tratta solo di capire da che parte soffia il vento e, in primo luogo, chi soffia e alimenta il vento e verso quale direzione.  il Contratto di concessione IMPONE a Rai di diffondere i propri contenuti a tuti. Non è azzardata l'ipotesi che qualcuno abbia in mente di garantire i costi dell'accesso alla rete a carico delle casse Rai. Cosa tutt’altro che facile ma non impossibile se si imposta il problema in modo adeguato, come a molti potrebbe convnire e non poco.

Ed ora veniamo ad un passo laterale e si riferisce ad un ambito più regolamentare. Il presidente della Commissione di Vigilanza Alberto Barachini avrebbe convocato il ministro dell’economia Gualtieri, azionista di maggioranza di Viale Mazzini, per essere audito in merito a come si intende fronteggiare la grave economiche che si prospetta per le casse Rai già a partire dal prossimo anno. In discussione c’è la necessità di sapere quali indirizzi intende perseguire il governo in merito a quali risorse assegnare alla Rai e a quanto si possa metter emano ad un diverso assetto del mercato pubblicitario. Per quanto abbiamo potuto sapere, su questa audizione ci sono molte riserve. Vedremo. Da tenere poi indebito conto che il "regolatore" AgCom si è insediato ufficialmente da pochi giorni. 

Nel frattempo, da non dimenticare mai, tanto per rimanere sul tema “costi” lato utente  c’è sempre in ballo la transizione al DVB-T2 che pure avrà un impatto sulle casse delle famiglie quando, a partire da settembre 2021, saranno obbligate cambiare televisore o comprare nuovi decoder. Sarà un dettaglio, ma questo passaggio per Rai, come pure per gli altri broadcasters digitali terrestri, potrebbe significare lasciare per strada qualche milione di utenti che, giocoforza, si vedranno “indirizzati” verso la televisione in rete. 

E veniamo alla nota finale: di rete unica da alcune settimane si parla sempre meno e tutto il progetto sembra incanalato in un ristretta logica di operazioni finanziarie più che di politica industriale del Paese. Il governo su questo tema investe molta della sua credibilità e gli Stati generali potrebbero tornare molto utili. Ancor più se poi, infine, questa iniziativa sarebbe in grado di giovare quella parte che auspica o trama per una proroga dell’attuale Cda. Punto.

Scusate la lunghezza. Abbiamo scritto tanto ma non tutto. Quanto basta per muovere le acque della palude.

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 ps: il post di oggi era dedicato al DPCM sul Covid. Lo pubblicheremo aggiornato.

domenica 11 ottobre 2020

Din ...don: un macigno nello stagno

Attenzione: domani in mattinata prevediamo un post molto interessante. Sta per cadere un macigno nella palude del Servizio Pubblico e del sistema audiovisivo. nei giorni scorsi si sono accavallate notizie di grande interesse, oggi ci abbiamo lavorato e domani ne sapremo di più.

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Buona domenica

 Anche oggi, purtroppo,  nulla da segnalare.


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sabato 10 ottobre 2020

Commento breve

Sono diversi giorni che ci troviamo  in difficoltà a tenere aggiornato questo blog. Il nostro perimetro principale è il futuro del Servizio Pubblico radiotelevisivo e la Rai. Da molto tempo invece siamo costretti a prendere atto che su questo tema non ci sono riflessioni, non c’è interlocuzione, non ci sono progetti, non ci sono dibattiti. Tutti i vari protagonisti sono eclissati, a riposo, a spasso con il gatto. 

Per meglio dire, ci sarebbe anche tanto da approfondire ma sempre con la Rai sullo sfondo, quasi mai in primo piano. Salvo quando tutto si rianima in vista di una stagione di nomine e/o di rinnovi. Per meglio dire ancora. Ci sarebbe molto da scrivere di beghe più o meno interne al Palazzo di Viale Mazzini, ci sarebbe molto da scrivere di gossip, ci sarebbe molto da scrivere di fantapolitica, di scenari più o meno attendibili, di manovre politiche e tatticismi, di nomine possibili e probabili. Per quanto possibile, cerchiamo di tenercene alla larga anche se siamo pienamente consapevoli che i progetti, le idee, emergono con le persone, con le loro peculiari caratteristiche comportamentali e relazionali. 

Un manager di una grande Azienda potrà essere più o meno capace, professionalmente abile e attrezzato, ma se non produce empatia, se non è in grado di tenere le fila di una squadra più o meno sgangherata che sia, le sue capacità vengono obiettivamente indebolite. Se poi non è in grado di percepire e gestire “l’aria che tira” al di fuori del suo Palazzo, allora i problemi diventano seri.

Anche oggi, ovviamente, nulla da segnalare. Visto il successo di attenzione che hanno ricevuto i recenti post sull’Enciclica e sul Virus, siamo tentati di proseguire su queste piste. Studiamo e ci aggiorneremo presto.

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giovedì 8 ottobre 2020

Il Virus e la Rai

Questa mattina c’è da immaginare che a diversi milioni di persone gira di traverso tutto quello che può girare. E ci sono mille buoni motivi. L’obiettivo del post di oggi era una riflessione sugli effetti sociali della pandemia, ma dopo che abbiamo letto su The Economist che in diverse parti del mondo sono in aumento i casi di suicidio e di grave disagio psicologico a causa del Covid abbiamo aggiustato il tiro della riflessione che proponiamo. Aggiungiamo pure e senza drammatizzare eccessivamente, che il grave disagio non è solo psicologico ma è sociale e c’è ora e ce ne sarà sempre di più sul piano delle famiglie, del lavoro, della scuola, del tempo libero, del divertimento, dello sport, della cultura, dello spettacolo, del semplice piacere di invitare qualcuno a cena senza timore di rischiare il contagio. È mai possibile che di tutti questi disagi non si trova traccia, che se parli così poco? Provate a fare una ricerca sul tema “conseguenze sociali sulla pandemia” e provate a vedere cosa appare sui quotidiani o nelle trasmissioni radio o televisive.

Ogni dannato giorno veniamo informati con queste categorie di numeri: attualmente positivi, guariti e deceduti. Ogni dannato giorno paginate di giornali e ore di trasmissioni radiotelevisive ci informano esattamente su come, dove, quando e in che modo dobbiamo indossare le mascherine, magari pure in camera da letto. Ma non si trova un cane in grado di rispondere a semplici domande per aiutarci a capire  quando e come potrà, e dovrà, finire tutta questa drammatica vicenda. Salvo che qualcuno possa sognare la segreta speranza che il Virus così come è arrivato se ne possa tornare da dove è venuto. Un pò come avvenuto con la peste nei secoli passati quando la sola terapia erano le processioni o le invocazioni divine. Per ora la sola unica e indiscussa soluzione proposta è la mascherina, in attesa di un futuribile vaccino.

In diverse parti del mondo sono in corso almeno sei sperimentazioni di tipi diversi di vaccini e oltre 30 laboratori e istituti di ricerca stanno lavorando con lo stesso obiettivo.

Vorremo trovare qualcuno che ci possa rispondere a qualche banale domanda. Anzitutto: perché non si consorziano tra loro, uniscono le forze e le risorse per arrivare ad un vaccino risolutivo unico, universale e gratuito? L’OMS ha stimato 167 istituti di ricerca in gara dei quali circa 30 in fase di sperimentazione umana. Il Governo Italiano in che direzione lavora? Da quale parte sta guardando e in che direzione spinge? Se, per malaugurata ipotesi, arriva prima un vaccino russo piuttosto che uno cinese mentre Trump sostiene che solo il Regeneron (anticorpo clonale che non è un vaccino) che vorrebbe distribuire gratuitamente, potrà essere la soluzione, noi cosa facciamo? Tra l’altro, Trump ha preso anche il Remdesivir, unico trattamento farmaceutico universalmente riconosciuto efficace. Comunque, aspettiamo il VII cavalleria che arriva da Washington?

Tutti capaci a vaneggiare i vantaggi della globalizzazione, della cooperazione internazionale, delle comunità scientifiche capaci ed efficienti a progettare viaggi verso Marte oppure tornare sulla luna o inventare un nuovo cellulare dal costo di 1600 euro e non è possibile mettere intorno allo stesso laboratorio scienziati cinesi, americani, inglesi, russi, coreani, italiani, senegalesi o norvegesi e farli lavorare per il comune interesse dell’umanità intera? Ognuno lavora per se e Dio per tutti. Ma ognuno lavora, a quanto sembra, ad un tipo di vaccino diverso dall’altro. In gara ci sono colossi della farmaceutica come i cinesi della CanSino Biologics, i russi dell’Istituto Gamaleya, gli americani della Johnson & Johnson, gli anglo italiani della AstraZeneca per non dire poi della Pfizer e così via ognuno dei quali, può essere evidente che non lavora per la Patria mondiale a gratis.

In soldoni: quale tra questi vaccini sarà più efficace e che differenza ci sarà tra loro? Quando sarà realizzato e quale sarà adottato dal Governo Italiano? Quello che arriva prima o quello "politicamente corretto"???

Andiamo avanti: nel bollettino di guerra giornaliero in base al quale si decidono le sorti di milioni di persone nessuno ci dice come e perché su oltre 330 mila persone colpite dal Coronavirus in Italia ce ne sono circa 235 mila guariti, circa 60 mila positivi e oltre 30 mila deceduti. Domanda semplice: ma i guariti come hanno fatto? È intervenuto lo Spirito Santo oppure sono stati sottoposti a trattamenti farmacologici efficaci? E gli attualmente positivi? Guariranno? E come? Con quali approcci terapeutici?

Giusto sul Corriere di ieri Alberto Villani, autorevole componente del Comitato Tecnico Scientifico, ha precisato che “… i 3678 casi di persone risultate positive al tampone (riferite a lunedì) non sono 3678 persone malate”. Lo ribadiscono con forza molti altri  Allora forse è il caso che una volta per tutte venga chiarito se un cosiddetto “asintomatico” deve essere considerato “persona malata” e quindi necessita di cure (e quali?) o cosa altro? Per quanto è noto, solo meno del 5% dei positivi al tampone evolve in forme più gravi di Covid e solo una parte di questi necessità di trattamenti in terapia intensiva. Inoltre, leggiamo sempre sul Corriere di mercoledì: “Contagiato uno su dieci … Ma in questo modo la letalità del Covid sarebbe ai livelli dell’influenza”. Non so se è chiaro il dubbio che pongono? Lo sostiene l’OMS, mica un parcheggiatore abusivo qualunque (con tutto il rispetto della categoria). Magari ci sarà qualcuno che potrebbe sostenere che all’OMS governano gli stregoni o gli sciamani ed è meglio non tenerne conto. 

Infine, ieri sono stati pubblicati i dati dell’Istituto superiore di Sanità (ISS) da leggere attentamente: vedi link

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_4_ottobre.pdf

Di particolare interesse i dati riferiti alla mortalità per fasce di età: i deceduti nella fascia tra i 20 e 49 anni sono stati 407. Un numero grave ma non quanto ci è stato descritto nei giorni scorsi quando sembrava che il Virus stava allargando il contagio verso i giovani. Infine, si conferma che la stragrande maggioranza dei decessi avviene in persone di età uguale o superiore agli 80 anni, dei quali molti con altre gravi patologie.

Allora, può anche andare tutto bene (e non è vero) e intanto ci sottoporremo alla dittatura delle mascherine, visto che non ci viene proposto di meglio. Però è necessario essere chiari e da subito su come e quando si intende porre fine a tutto questo. Osserviamo con attenzione come e quanto la Rai, il Servizio Pubblico, è attenta a questi dinamiche sociali. Ci sembra poco, troppo poco.

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Il vuoto e il pieno

A meno che siate in fibrillazione emotiva per sapere quanto ha fatto di ascolti Temptation Island oppure se Maria De Filippi ha battuto Ballando con le stelle, sappiate che anche oggi sui temi di nostro interesse non c’è nulla.

Ci stiamo ancora chiedendo la ragione di una inattesa impennata di contatti su questo blog negli ultimi giorni che coincide proprio con il momento in cui abbiamo ristretto il raggio di attenzione al mondo Rai, alle vicende del Servizio Pubblico. Eppure, la stragrande maggioranza dei nostri lettori appartiene direttamente o indirettamente proprio a questo mondo. Eppure, sono lettori molto attenti ai quali non mancano accessi a diverse altre fonti. Non abbiamo una spiegazione convincente su perché questo avviene ma ne prendiamo atto con piacere e, come al solito, ringraziamo per l’attenzione. Intanto, proviamo a seguire questa strada di andare oltre l’attualità, le contingenze, e la cronaca quotidiana che non offrono nulla  di significativo sulla Rai e il Servizio Pubblico se non beghe di bassa cucina e allora tanto vale tenerci fuori e proporre altri temi.  

Come abbiamo scritto tante volte, nella fisica e nella politica il vuoto non esiste. Se si crea uno spazio libero qualcuno lo occupa. Questo principio si può applicare anche alla letteratura e, in particolare, alla narrativa.

Quando nel racconto sociale, nel diario civile di un Paese cominciano ad apparire solo pagine bianche c’è anzitutto da preoccuparsi, ma si può essere certi che qualcuno ci scriverà sopra. Certamente non hanno la penna in mano  politici che, anzi, hanno la mano tremante e incerta. Non scrivono pagine edificanti gli scienziati, divisi e confusi tra loro, la cui sola unica soluzione a far fronte alla pandemia è semplicemente l’obbligo della mascherina. Cento anni addietro, in condizioni ben peggiori, usavano lo stesso strumento e, da allora non sembra che ci siano stati passi avanti significativi. Ogni tanto qualcuno ci dice “speriamo che il Virus attenui la sua carica aggressiva”… Già … ha da passà ‘a nuttata !!! stiamo messi bene, in attesa di un vaccino che non si sa ancora chi e quando lo produrrà, con quali verifiche e a quali costi. Ricordate le scorte di vaccino acquistate per la pandemia precedente? Milioni di dosi poi andate al macero, inutili e costose: esattamente "Ventiquattro milioni di dosi acquistate dall'Italia contro il virus H1N1 al prezzo di 184 milioni di euro, 10 milioni di dosi ritirate dalle fabbriche e distribuite alle Asl, 865mila effettivamente inoculate".

In questi giorni il solo soggetto in grado di esprimere pensieri estesi e compiuti, come abbiamo scritto, è Papa Francesco e lo strumento utilizzato, l’Enciclica, è il segno distintivo. Per tutto il resto, sembra navigare in un lago nebbioso, senza un rumore o senza una luce su una sponda quale che essa sia. Tanto per capirci, non siamo in preda ad una crisi mistica o un improvviso afflato religioso. Semplicemente, annotiamo riflessioni interessanti che vale la pena tenere in conto e magari, proprio per “esercizio spirituale” o se preferite “intellettuale” proviamo a sottoporre queste riflessioni sulla griglia dei problemi della Rai, appunto, e di cosa significa o dovrebbe significare “servizio pubblico”.

Allora: “La politica di cui c’è bisogno. 177. Mi permetto di ribadire che «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia”. Provate a riportare questo concetto nel perimetro delle relazioni tra la Rai e la politica. Più avanti: “Quello che oggi ci accade, trascinandoci in una logica perversa e vuota, è che si verifica un’assimilazione dell’etica e della politica alla fisica. Non esistono il bene e il male in sé, ma solamente un calcolo di vantaggi e svantaggi. Lo spostamento della ragione morale ha per conseguenza che il diritto non può riferirsi a una concezione fondamentale di giustizia, ma piuttosto diventa uno specchio delle idee dominanti. Entriamo qui in una degenerazione: un andare “livellando verso il basso” mediante un consenso superficiale e compromissorio. Così, in definitiva, la logica della forza trionfa”. Anche in questo caso, provate ancora a sovrapporre questa frase con quanto avviane ogni giorno introno ai grandi temi che il Servizio Pubblico dovrebbe affrontare e tirate le somme. Bene, ditemi voi se c’è in giro qualcuno in grado di esprimere qualcosa di meglio. Magari, in particolare, sulla Rai.


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