venerdì 29 marzo 2019

La lettura "politica"

Politica, con le virgolette. C'era una volta, quando chi vi scrive alternava la politica da giovanetto e la passione per le carte e il poker (ognuno ha i suoi limiti) ebbe la fortuna di incrociare al gioco un noto ed abilissimo baro. Tra i tanti suggerimenti e raccomandazioni, uno ha fatto scuola: quando alla terza mano ancora non hai capito chi è il pollo, allora il pollo sei tu. Applichiamo la metafora con la Rai e quello che sta succedendo in questi giorni.
Ieri abbiamo provato, come al solito in modo un pò pressapochista, forse banale, alquanto superficiale, di fare osservazioni "tecniche" sul nuovo organigramma. Questa mattina, con gli stessi criteri, proviamo a buttarla in politica. Anzitutto, una premessa, come al poker: nulla avviene per caso mentre tutto, in modo chiaro o misterioso, segue un suo fine, una sua logica. Magari sarà difficile da cogliere, ma pur sempre viene seguito un disegno, una trama. Ieri il commento era sulle "disfunzioni" del nuovo organigramma, sulla quantità di nuovi incarichi che verranno distribuiti, oggi invece cerchiamo di capire il perché, ma anzitutto chi è stato nominato dove. La semplificazione porta a leggere, come è giusto che sia e come è sempre stato, gli schemi e gli schieramenti in campo di Viale Mazzini con la stessa lente che si applica al Governo e al Parlamento.Tutti sono avveduti sulle continue tensioni tra i due alleati che, in ogni dove, cercano di conquistare o consolidare posizioni su tutti i terreni. Non può essere da meno la Rai, anzi. Perchè allora il M5S ha fatto la forzatura per il DG del quale nessuno sentiva l'esigenza se non il suo amico e sodale AD? E perchè ha sostituito lo storico e potente uomo di vecchia scuola allo Staff dello stesso AD?
Timeo Danaos et dona ferentes. Per quale dannato motivo l'altro contendente, la Lega, avrebbe consentito l'elargizione di un simile regalo all'avversario del quale si potrebbe anche immaginare una possibile disfatta in tempi non molto lontani? Una risposta molto semplice, troppo, forse banale, è perchè in cambio hanno messo le mani sulla "narrazione sociale", cioè sui meccanismi reali di formazione del consenso, cioè sulla parte editoriale dell'Azienda. Segnatamente, occupando due posti ultra strategici: Il coordinamento editoriale palinsesti e la direzione marketing, dove sono stati inseriti rispettivamente un uomo che da tempo era dato in "quota Lega" tant'è che è stato candidato a tutto, allo stesso posto di AD. Al secondo posto una persona della quale è nota la sua "simpatia" già dai tempi della prima Lega, quella di Bossi e C. Una furbata pazzesca: i 5S si sono beccati la palude dove rischieranno di rimanere impantanati (è da vederli i dirigenti che si ritrovano il furbetto della Fandango - con il soffietto di Dagospia che ci informa essere uno "tosto" che lavora dalle sette della mattina) mentre la Lega si appisola sotto l'albero, in attesa di prossimi equilibri politici dove potrebbe essere che tutto sia destinato a mutare. Ma, qualche nostro osservatore schizzinoso ha osservato: la Politica ha la P maiuscola, è o dovrebbe essere cosa alta, nobile. Si, è vero, condividiamo. Magari in pochi ma condividiamo. Altri, invece, forse no. 

Si aggiunga, infine, una lettura (come al solito) gomblottista (con la g). E' noto che a Viale Mazzini sono interessati, per molti e disparati motivi, i cosiddetti "poteri forti" e lascio alla fervida immaginazione dei lettori quali possano essere e quanto possano incidere. A quanto sembra, in questi giorni e con questa ondata di nuove nomine, alcuni "miracoli" sono stati possibili grazie a sottili, impercettibili, influenze. Forse si tratta di troppo gomblottismo ...lasciamo perdere.

Nota margine: la lettura dei giornali non aiuta. Qualcuno ha letto qualcosa sull'interessante intervista rilasciata da Laganà all'ADN? 
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giovedì 28 marzo 2019

il Conte Tacchia

Incuranti del buon senso, della logica, degli equilibri, vanno avanti. Succede come la narrazione a singhiozzo: se ogni giorno spari una balla diversa, non fai in tempo ad argomentare su una che sei sopraffatto da quella nuova. Non abbiamo ancora fatto in tempo a studiare, a riflettere, a dibattere, il Piano industriale e i suoi cinque allegati ed ecco che ... zacchete ... ti rifilano la polpetta avvelenata del nuovo riassetto aziendale. Gli strateghi delle fake news fanno scuola.

Vediamolo in dettaglio (senza dilungarci troppo sulla moltiplicazione degli incarichi e l'allungamento della linea di comando, criterio fondante della Legge del 2015). Ovviamente al primo punto c'è l'anomalia della nomina di un DG che, per quanto hanno lasciato intendere alcuni vicino all'AD, servirebbe a "facilitare" i compiti gravosi a cui è sottoposto. Da non credere. Ma, seppure fosse, seppure si potesse intravvedere qualcosa di logico e sensato, il proseguimento di questo ragionamento avrebbe condotto necessariamente verso una risorsa interna, un vero "uomo macchina" in grado di conoscere dettagliatamente tutti i suoi meccanismi e  non un amico degli amici, uno che "decido io perchè mi pare a me" ... il Conte Tacchia si leva il cappello.
Scendiamo per i rami di questo nuovo organigramma. SI legge subito una curiosa anomalia: tra il DG e le strutture si frappone una figura misteriosa:  il "Trasformation Office". In attesa di quando qualcuno si degnerà di fornire spiegazioni non ci resta che interpretare: potrebbe essere la figura incaricata di "guidare" le linee di applicazione del Piano industriale. Ancora una volta: incredibile, ma vero! Scendiamo ancora: le tre aree strategiche CTO, CFO e CHRO son poste sotto il riporto del DG. Si tratta di una scelta di difficile comprensione. Le tre aree, i tre riporti prima diretti all'AD, avevano ed hanno un peso fondamentale per la strategia di gestione e sviluppo dell'Azienda che dovrebbero riferirsi, proprio perchè tali, direttamente a colui che ne la responsabilità primaria e non ad un suo riporto. Non solo, per quanto si osserva, le risorse umane come pure il CTO sono state ridotte di spessore. La casella del personale, ancora formalmente diretta da Flussi attualmente Chief, non sembra avere più lo stesso peso e sembra invece ridotta al rango si semplice struttura operativa. Ma come, lo stesso Contratto di servizio prevede uno specifico piano proprio su questo tema e proprio mentre la Corte dei Conti solleva il caso degli 80 milioni di collaborazioni. Geniale!!!
Ancora: l'ex direzione comunicazione da una a trina. Bel colpo. Le tre aree che la componevano avevano ed hanno una logica: ricondurre allo stesso disegno tutte le attività di comunicazione, laddove anche le relazioni istituzionali e internazionali si strutturano sulla comunicazione. Queste nuove direzioni, per grande felicità di alcuni, riportano direttamente all'AD. Inoltre, si crea l'Ufficio studi. questa potrebbe essere una buona notizia perchè, in effetti, era incomprensibile che la Rai non ne avesse più uno degno di tale nome. Comunque, ad una stima ancora approssimativa, i nuovi direttori diventano 14: bel colpo, finora nessuno era riuscito a fare di meglio e siamo solo all'inizio, mancano i nuovi direttori delle future strutture di"genere" (comprese quelle maschili e femminili) e l'esercito dei vicedirettori ..... dajeeeeeeeeee .........

Nota a margine: ieri due consiglieri si sono astenuti. Difficile comprendere il senso dell'astensione, anche perchè non è stato ancora spiegato. Per chi legge, per chi segue, per chi è attento, la difficoltà a metabolizzare una scelta del genere è molto ardua. Non ultimo, rimane un silenzio tombale sulla questione Rai Way, non tanto e non solo per la scelta della persona al posto di Presidente, quanto sul ruolo specifico che l'Azionista di maggioranza dovrebbe esercitare sulla quotata alla quale chiedere conto dei ricavi e degli investimenti.
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mercoledì 27 marzo 2019

senza parole

 ... o meglio .. di parole ce ne sarebbero tante. Cominciamo dalla prima: direttore generale. Questa mattina i saggi AD e Presidente Rai hanno intenzione  di riesumare la salma del DG sepolta dalla nefasta Legge del 2015. Abbiamo sempre sostenuto che si tratta di una Legge sbagliata che cementizza il controllo del Governo sulla Rai e, dalle sue conseguenze, ne esce questo mostro di governance attuale che, a sua volta partorisce altri mostri. Questa figura del DG è un mostro di incomprensibile quanto inimmaginabile portata. Ieri ci eravamo posti il problema di come si sarebbe collocato nella catena di comando. Questa notte è arrivata la risposta: il Corriere postale ci ha recapitato il nuovo organigramma che stamattina dovrebbe essere approvato e dovrebbe essere il corollario del Piano industriale. Il Dg riporta all'AD e, nel mezzo un fantomatico Transformation Office (manager?) e sotto di lui le principali strutture operative dell'Azienda, opportunamente riviste e corrette e moltiplicate con molte novità. In buona sostanza, all'Ad riportano le strutture editoriali e giornalistiche e al DG tutto il resto. All'AD riportano quattro nuove direzioni (prima era la sola di Parapini) con le relazioni internazionali quelle istituzionali, la comunicazione e l'Ufficio studi, una nuova direzione editoriale per l'offerta informativa, una direzione di coordinamento editoriale palinsesto televisivo (a cui riferisce il palinsesto) e a lato una struttura marketing. C'è spazio per tutti, un briciolo di gloria non si nega a nessuno!

Una nota di grande interesse: leggiamo che  il CFO, colui che ha le chiavi della casse della Rai riporta al Dg e non all'AD. Laddove il tema delle risorse sulle quali l'Azienda deve contare viene gestito da una figura intermedia rispetto all'AD, colui che dovrebbe invece avere una visione "politica" strategica più elevata porta a dedurre che questo tema viene considerato alla pari di una struttura operativa di secondo livello. E' grave !!! E' grave, inoltre,che anche la figura del CTO, centrale nel momento in cui l'Azienda affronta sfide tecnologiche di grande portata, appare sostanzialmente ridimensionato.

Torniamo al Piano industriale: tra i corposi 5 allegati ne prendiamo uno a caso, quello relativo al canale in lingua inglese. Anzitutto un problema di legittimità sulla scelta di collocarlo all'interno di Rai Com. Abbiamo già scritto: questo obbligo deriva da una precisa indicazione del Contratto di servizio che individua in questo canale uno dei "luoghi" editoriali dove si esercita il servizio pubblico. Non ha e non prevede alcuna logica commerciale e non si giustificano in alcun modo i budget che gli vengono assegnati in quella struttura. Il piano assegna a questo canale, insieme a quello istituzionale, 60 milioni per il prossimo biennio (30 a canale, 15 per anno... un tanto al chilo) e gli impone di fare molti di più di quanto oggi mette in onda Rai Italia, Rai World Premium e Rai News 24. Il nuovo canale dovrebbe trasmettere un palinsesto di 8 ore ripetuto su tre fasce orarie, programmi originali prodotti in lingua inglese, documentarie altro tratto da Teche Rai, opere cinematografiche italiane sottotitolate, spazi informativi di rilievo internazionale. Come possa essere possibile tutto questo ad un costo previsto di 15 milioni l'anno a fronte di un costo attuale della sola Rai Italia superiore ai 20 milioni anno è un vero mistero.

Ieri abbiamo ripetuto quanto già noto: Mario Orfeo destinato alla presidenza di Rai Way. Non ci ripetiamo sul senso dell'operazione. Però,ancora una volta, leggiamo i dati del bilancio della quotata appena pubblicati. Prosegue il trend: diminuisco i ricavi da terzi (da 35 mln  del 2014, anno della quotazione, a 33 del 2018) e aumentano quelli da Rai (da 172 mln a 184), con grande gioia per gli azionisti che stanno lì con le saccocce aperte in attesa dei lauti dividendi (sic!). Forse a qualcuno non è ben chiaro: in gioco ci sono i soldi dei contribuenti, di chi paga il canone. Tradotto in soldoni: Rai Way non genera profitti dal mercato ma dalla quota annua che Viale Mazzini riversa a Via Teulada e questi profitti, generosamente, vengono poi riversati in dividendi. Che pacchia !!! Speriamo che in CdA qualcuno ne sia consapevole e che, magari ... vai a sapere, il nuovo Presidente  notoriamente esperto di finanza possa intervenire efficacemente. Auguri e tanti saluti al suo predecessore, il Servizio Pubblico ne sentirà la mancanza!
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martedì 26 marzo 2019

Vietnam

Il 28 marzo del 1968 si conclude l'offensiva del Tet, con la quale i vietcong assestano un duro colpo alle forze USA e mettono una seria ipoteca per la soluzione del conflitto. Viale Mazzini gli somiglia molto e si tratta di capire dove e quando avverrà l'offensiva finale per la conquista della capitale Saigon. Traslato modo, parliamo dell'AD Salini.
Ieri abbiamo dato notizia per primi di una presunta nomina come DG di un certo Matassino all'interno della proposta dei riassetto organizzativo in CdA per domani. Vediamo: se fosse vero, una follia nel metodo e nel merito. Nel metodo: la figura del DG non è prevista dalla Legge del 2015 che, anzi, proprio nell'ampliamento dei poteri all'AD  incardina la sua essenza. L'AD dovrebbe riassumere tutte le capacità manageriali, organizzativa e relazionali che gli consentirebbero la gestione più efficiente dell'Azienda. Non ne ha e non dovrebbe averne bisogno. Se non è in grado, se ritiene di non potere gestire l'Azienda si ponga una domanda e si trovi una risposta. Ma poniamo pure che sia opportuno, più che necessario, allora la figura dovrebbe somigliare ad uno dei quei personaggi tipo il capo degli uscieri, uno di quelli che conosce ogni anfratto, ogni singola persona, ogni singolo specifico tema e argomento, passato, presente e futuro che interessano la Rai e non un signor Nessuno che fino a poco tempo fa è probabile che ignorasse del tutto la logica, la natura del Servizio Pubblico (iniziali maiuscole). Questa figura altri non potrebbe essere che un dirigente interno (è mai possibile che non si fida di nessuno? che non ci sia un cane di direttore centrale che possa assumere questo ruolo? Di certo, manda un bel segnale a tutta l'Azienda: un colpo di strategia geniale! Ma veniamo al merito: di cosa dovrebbe occuparsi il DG? quali competenze e quale ruolo rispetto ai direttori attuali di rete e testate e, anzitutto, quale "peso" rispetto ai prossimi direttori delle nuove strutture? si tratta di una semplice "intermezzo" una specie di cinghia di trasmissione senza poteri oppure assume un ruolo direttivo pesante. I direttori risponderebbero a lui o all'AD?

Veniamo al Piano Industriale. Si fa grande fatica a leggerlo perchè si avverte che è scritto con una  grammatica monca, un vocabolario scarso, una visione traballante. Come tutti i figli di padre incerto, non si capisce mai bene a chi somiglia. Poniamo un termine che dovrebbe essere centrale: la coesione sociale. Quando tutti avranno la fortuna , il piacere di leggerlo attentamente, noterete come queste due parole sembrano assenti del tutto. Non emerge la centralità, la drammaticità, di questo concetto tipico, proprio, essenziale del Servizio Pubblico.  Ecco dove si concentra la natura del piano culturale che manca, più che di quello industriale che si legge: nella mancanza di termini, di parole, pensieri e visioni di una Rai prossima ventura che non pensa solo ai tablet o alla pubblicità ma che guarda al Paese tutto intero. Ed ecco che veniamo ad una interessante novità. I lettori perdoneranno a chi vi scrive di avere una certa età e i capelli bianchi, ma qualcosa che abbiamo letto ci ha lasciati sorpresi. Eravamo convinti che quando il Piano e i suoi esegeti parlavano di ristrutturazione per "generi" intendessero quelli relativi ai contenuti. Zacchete: non è vero! la prima divisione per "generi" è tra maschi e femmine!!! Vedere per credere: a pag. 11 del Piano si legge: "rimodulazione dell'offerta tematica valorizzando Rai 4, Rai Gulp, Rai 5 e Rai Storia introducendo un nuovo canale femminile dalla sintesi di Rai Premium e Rai Movie e i due nuovi canali inglese e istituzionale".
Fenomenale!!! geniale !!! fantastico!!! sarà possibile vedere per le femminucce programmi su come fare le fettuccine di Nonna Pina e come fare i merletti con il filo da pesca o viceversa per i maschietti come smontare un carburatore della Fiat 850 con la mano sinistra e occhi bendati piuttosto come tagliare la legna con il filo interdentale. Ci credo bene che la Vigilanza ha rinviato ancora una volta la visione del Piano, potrebbe non avere il coraggio di credere a quello che leggono. per non dire della confusione che regna in casa PD: avevano minacciato l'Aventino in caso di presenza di Foa e ora chiedono il rinvio perchè oggi si dovrebbe tenere la loro Direzione nazionale.Va bhè, l'abbiamo buttata in caciara...In Vigilanza si gioca la partita della seconda fase dell'offensiva del Tet .. aspettare sulle rive del Mekong che qualcuno si aggrappi ad un tronco con la speranza di arrivare alla foci integro.
Come abbiamo scritto molto tempo fa: Mario Orfeo dovrebbe essere il nuovo Presidente di Rai Way, l'uomo giusto al posto giusto, è nota infatti la sua corposa esperienza sulle tecnologie di trasmissione, 700 Mhz, impianti tecnici, 5G,, tralicci, cavi, ponti radio etc etc etc ....

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lunedì 25 marzo 2019

Flash ... ultime notizie

Notizie fresche: domani la Vigilanza rinviata su richiesta del PD. Ma non era il PD che comunque avrebbe disertato la seduta in caso di presenza del contestato Foa?

Ma notizia più gustosa è  che, sembra, il prossimo CdA di mercoledì dovrebbe nominare un certo  Matassino come DG. Pare  sembra, dicono che sia un esterno portato in Rai da Salini. La persona giusta al posto giusto.
Se fosse vero ... complimenti...È poi ci si chiede perché accadono certi fenomeni

Terrapiattisti

Ci stiamo convincendo che la terra è piatta. Quando il sonno della ragione colpisce la politica tutto è possibile. Questo il pensiero di primo mattino, quando il GR ci informa che anche la Basilicata è caduta sotto i colpi del centro destra. Non che Matera fosse l'ultima trincea, con tutto il rispetto, però ormai sembra che le praterie spianate a Salvini potrebbero essere più vaste di quanto l'orizzonte non racchiude.
Traduciamo queste riflessioni e le riportiamo a viale Mazzini. Domattina, alle 8.30, è stata convocata la Vigilanza e sarà molto probabile che verrà affrontato il Piano industriale. In questo caso, sarà un banco di prova significativo di come potrà evolvere lo scenario Rai. Le forze in campo vedono la Lega pronta a mettere le mani sul "malloppo" e provare a forzare la mano per prendere anche l'AD. Il M5S è sulla difensiva: la punta di diamante delle proposte e delle riflessioni sono ferme all'articolo di Travaglio di una decina di giorni addietro, dove si riesumava una proposta di legge di riforma della governante Rai con qualche anno di anzianità però ancora meritevole di attenzione. Della consigliera Coletti "in quota" non si hanno notizie (intervista di un paio di settimane fa). Per chi si attendeva fuoco e fiamme in CdA all'insegna della trasparenza, del cambiamento, sembra girare un venticello di    perplessità. Anche il PD, fermo al palo del voto contrario in CdA al piano, ora si troverà di fronte al possibile rovescio degli equilibri. Da un lato Salini e il "suo" piano (con l'imperdonabile incontro preventivo a palazzo Chigi mai sconfessato). Lato opposto la Lega pronta all'arrembaggio.

Nel mezzo, il Piano ancora tutto da decifrare, su diversi fronti: la ristrutturazione per genere, le fonti di finanziamento, le tecnologie e i nuovi canali. In attesa di notizie dal MiSE ...

venerdì 22 marzo 2019

La Rivoluzione

Cultura: leggiamo dalla Treccani essere "l'insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo sociale". Bene. ora applichiamo questa definizione al nuovo Piano Industriale della Rai e cerchiamo di capire quanto, in che modo, questo progetto aiuta, si inserisce in un più vasto disegno di supporto cultuale allo sviluppo del Paese. Perchè di questo si tratta e si discute, oltre alla brutale materialità delle risorse economiche (!) come pure della altrettanto brutale fame di poltrone e prebende alle quali tanti aspirano quando si tratterà di far mettere il culo di qualche amico su qualche poltrona delle prossime nove nuove direzioni.

Piccolo passo indietro. Ieri, in una affollata aula universitaria dove chi vi scrive ha avuto il piacere di inervenire, ad un certo punto è stato chiesto agli oltre 100 studenti quanti di loro "consumano" abitualmente prodotti audiovisi sul digitale terrestre (Rai, mediaset etc). Risposta, 4. Quanti di loro invece utilizzano altre piattaforme e quanti di loro sono abbonati a Netflix: Risposta 96.

Ecco allora profilarsi il nodo cruciale di questo Piano industriale, prima ancora della sua lettura e analisi dettagliata: in che modo, con quale visione, con quale prospezione sociale (e quindi culturale) è in grado di intercettare non solo e non tanto la generazione "tablet" ma l'intera società italiana, nelle sue mille diversità e identità, generazionali, linguisitiche e comportamentali. 

Nell'Executive Summary del Piano, nelle prime 12 pagine, si legge molto dei principali trend nel mondo dei media, della Rai in evoluzione per rispondere alle sfide del cambiamento, della Rai in transizione in media company di Servizio pubblico e di Overwiev per colmare il Gap digitale come pure per finanziare la trasformazione. Ma di come, in quale direzione, con quale progetto di respiro lungo, oltre il triennio (ormai biennio) di validità del Piano stesso non si riesce a cogliere traccia.

Ecco allora dove si connette il tema Piano industriale con il Piano culturale (proposto per primo da Laganà) e dove si esprime compiutamente tutta la debolezza strutturale che si avverte dalla prima lettura (certo, ancora sommaria perchè richiede molto tempo). Il tema è tutto nel meccanismo di intercettazione del ruolo di Servizio Pubblico della Rai, come storicamente è stato e potrà essere ancora inteso, con il Paese al quale è rivolto, nelle modalità, nei tempi e nei contenuti con i quali si potrà accompagnare gli italiani a crescere e modellare un percorso di sviluppo civile e democratico.

Tutto torna e le pere, come al solito, cascano dall'albero del pero. La radice primigenia della logica, dell'ispirazione, di questo piano industriale si trova nella recente Legge del 2015 con la quale si santifica il passaggio di paradigma epocale sul controllo dell'Azienda spostato dal Parlamento al Governo. Uno dei soliti autorevolissimi commentatori di questro blog, ci ha appena detto "inutile perdere il tempo sulla coda se non si interviene sulla testa". La testa consiste nel trovare qualcuno che ha la voglia e la forza (parlamentare) di affontare una nuova legge di riassetto non solo sull'Azienda di servizio pubblico, ma sull'intero universo del mondo audiovisivo. Troppo, troppo troppo. Sarebbe necessario trovare un nuovo Gasparri e, francamente, all'orizzonte non si vede nessuno del genere, non tanto nelle persone, quanto nelle forze politiche che pure, nel migliore dei casi, ancora non hanno maturato riflessioni sufficienti ad entrare nel merito. 
Il sasso lanciato nei giorni scorsi da Marco Travaglio quando ha proposto di riesumare una proposta di legge formulata nel 2014 da diverse personalità politiche e culturali, potrebbe essere una sufficiente base di partenza. Occorre però fare passi avanti. 

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giovedì 21 marzo 2019

cinema e documentari

Nel mentre che si legge e si studia il Piano industriale fantasma, almeno per quanto la legittima richiesta di trasparenza avanzata da Riccardo Laganà, ci sono alcuni fenomeni che meritano un briciolo, ma solo un briciolo piccolo piccolo di attenzione i quali, come spesso accade, da un piccolo dettaglio fanno emergere un disegno più ampio.

Vediamo una delle novità del piano industriale che piace tanto a tanti nostri amici: la creazione di una Direzione Rai dedicata ai documentari (si aggiunge: come fanno tanti altri servizi pubblici in Europa - sic!). Allora succede che lo scorso lunedì, presso la sede dell'ANICA, il suo presidente Francesco Rutelli lancia una campagna per il sostegno alle sale cinematografiche per tutto l'anno, compresa l'estate quando notoriamente la gente preferisce il gelato passeggiando in paese o lungo le spiagge. Il dibattito è aperto sul perché e sul percome, salvo poi che dimenticano che una delle proposte più interessanti per invogliare il pubblico verso le sale sarebbe quella di ridurre il costo del biglietto (nei multiplex ormai sopra gli 8 euro) magari insieme ad una programmazione di qualità spesso assente. Bene. Lo stesso giorno Vincenzo Vita dalle colonne del Manifesto ci informa che alla Casa del Cinema si è riunito un gruppo di volenterosi sotto la sigla "RinasceRai" (???) per sostenere il plauso alla creazione di Rai Doc e scrive: "Speriamo che non sia un fuoco fatuo, perché in verità proprio simile modello culturale è la metafora della trasformazione della Rai in una effettiva impresa di servizio pubblico". Il tutto, beninteso, a condizione che si possa realizzare a Napoli  e magari con la direzione di Giovanni Minoli (che a quanto sembra già scalpita in proposito, dimentico di quando fino a non molto tempo addietro tuonava tuoni e lampi contro la Rai e il canone che gli andrebbe sottratto). Aggiunge poi Vita "Ovviamente, per una Rai volta a ripensarsi seriamente servirebbe una legge adeguata, che la svincoli dal potere politico e ne faccia – attraverso un’autonoma fondazione – un luogo di riferimento per la crescita civile." Certo, condividiamo assolutamente, però cominciamo per primi a mollare l'osso e non pensare subito a come mettere le mani in pasta per accaparrarsi la solita quota parte di malloppo.

Che poi Napoli abbia un Centro di Produzione eccellente e che debba essere valorizzato e sostenuto in ogni modo, come peraltro previsto espressamente dal Contratto di servizio, è fuori discussione, ma che anche questo tema debba diventare oggetto di predazione e spartizione appare insopportabile, per chiunque sia il soggetto. 

Ci viene in mente, per noi che andiamo spesso al cinema, una curiosa attenzione di un certo mondo verso il grande schermo e pensiamo, ad esempio, ai clamorosi successi di Walter Veltroni. Per una certa sinistra si tratta proprio di una attrazione fatale (confessiamo: anche chi vi scrive ne fa parte).

Proseguiamo l'amena lettura del Piano Industriale, in attesa di qualcuno che prenda il coraggio a quattro mani e lo pubblichi integralmente (non lo troverete in questo sito per il semplice motivo che intendiamo tutelare la fonte in modo assoluto).


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mercoledì 20 marzo 2019

Giornata bestiale

Già da ieri sera qualcosa era andato storto: la Vigilanza che doveva sentire i vertici Rai sulla presenza dei politici in Tv (di Salvini in particolare) e sul Piano industriale è stata rinviata. Questa mattina, al solito risveglio con il Giornale Radio ascoltiamo: il capogruppo M5S al Campidoglio, Marcello De Vito, arrestato per corruzione e, a seguire, Nicola Zingaretti, neo segretario del PD, indagato per finanziamento illecito. Bella botta!!! esco, vado prima all'edicola per i giornali e poi al mercato. La Sora Lella, abituale fornitrice di erba genuina (cicoria e puntarelle ... sia chiaro!) borbotta " So tutti quelli daaa banda der buco ... magnano tutti ...  so tutti aaa stessa robbba". Triste, solitario y final !

Per tornare alle nostre piccole faccende del Servizio Pubblico, mi torna in mente il titolo del Fatto di un paio di giorni fa: "La Rai non ha futuro e non può cambiare, rassegnamoci" a firma di Carlo Tecce. Forse, non è il solo a pensarla in questo modo, anche all'interno dell'Azienda stessa dove non sono pochi gli sconsolati, i delusi, gli arresi.

A questo punto la voglia di chiudere il blog e pensare ad altro è forte. Dove trovare la voglia, la forza e l'attenzione necessaria a studiare, leggere con attenzione, valutare le oltre 280 pagine di Piano industriale e cinque allegati per oltre 500 pagine? Neanche per la tesi di laurea ho fatto tanta fatica. Eppure, per contrappasso, quando tutto sembra andare alla deriva forse è ancora più necessario che qualcuno riesca a trovare la voglia, anche il divertimento, di non lasciare correre.

E' leggermente pesante il malloppo, ma bisogna pur cominciare a leggere.

martedì 19 marzo 2019

Convergenze parallele

Uno strano soggetto si aggira per i viali del quartiere Prati e i quartieri del Centro storico di Roma: il Piano Industriale della Rai e i cinque corposi allegati (leggi Angelo Zaccone Teodosi https://www.key4biz.it/domani-il-piano-industriale-rai-in-commissione-vigilanza/ ) . Questa sera, alle 20 (un orario comodissimo !!!) dovrebbe ricevere il battesimo dell'ufficialità quando (teoricamente, molto teoricamente) alcuni avveduti, informati ed esperti parlamentari dovrebbero porre qualche domanda, qualche chiarimento sul corposo documento di oltre 270 pagine più altrettante di allegati (sembrano costate alla casse Rai il modico prezzo di oltre un milione di euro). Hanno avuto poco tempo a disposizione per studiare e valutare e, ad un certo punto c'è stato anche il sospetto che, sia pure per "cortesia istituzionale" la documentazione sia arrivata a S. Macuto incompleta di molta parte (Anzaldi docet).
Ora, osserviamo, sempre per rimanere nel tema delle stranezze: come è possibile che nei giorni scorsi siano scorsi fiumi di inchiostro e lunghe trasmissioni tv per parlare del libro di Carlo Verdelli, ora direttore di Repubblica e prima autorevole direttore news in epoca Campo Dall'Orto, che racconta di vicende vecchie ormai più di tre anni (pleistocene era Renzi) e nessuno, dicasi nessuno, ha avuto la briga, la curiosità, di capire, di sapere, di indagare sul piano industriale della Rai che, scusate se è poco, riguarda il futuro prossimo venturo del Servizio Pubblico radiotelevisivo? Ieri, uno dei soliti nostri autorevoli commentatori ci ha detto "Ho il piano ma non lo leggo: inutile perdere tempo ... tanto non vale il peso della carta su cui è stampato". Quando si tratta di fare marchette editoriali sono tutti veloci come lepri, quando si tratta di alzare le chiappe giornalistiche e dargli di gomito a leggere, studiare, dibattere, tutti altrettanto veloci a fuggire come il vento.

Veniamo alle convergenze parallele e alle stranezze. Ci siamo appunto interrogati sul perché tanto silenzio e abbiamo fatto qualche telefonata. Ne è venuto fuori un curioso quadretto: tutti i soggetti direttamente o indirettamente interessati sembrano convergere sull'opportunità di non sollevare problemi. Premesso che molti, giustamente, lamentano di non sapere ancora formalmente nulla di cosa contiene, come è articolato, il Piano e dunque legittima ogni sospensione di giudizio fintanto che non sarà reso pubblico nella sua interezza. Però, bastava chiedere e cercare e il Piano saltava fuori come è successo a noi che ora ne possediamo ben due versioni, provenienti da fonti assolutamente distanti tra loro. Ci è stato osservato anche che per affrontare in modo corretto e adeguato un documento del genere richiede molto tempo e studio. Ve bene anche questo, ci sta. Quello che invece non ci sta molto, fatica a trovare la quadra, è un sottilissimo disegno di opportunità politica legata al difficilissimo momento che vive il Governo in questi giorni. Posta l'evidente simmetria relazionale tra Lega e M5S di Palazzo Chigi con Viale Mazzini, altrettanto simmetricamente si leggono le posizioni tra Ad e Presidente sul "patronage" del Piano. Tutti si vorrebbero intestare i meriti e nessuno gli eventuali fallimenti. Tutti vorrebbero avere i poteri prossimi venturi dell'AD sulle nomine dei futuri direttori come pure nessuno vorrebbe che queste avvenissero sotto la direzione unica dello stesso AD che, volente o piacente, non sempre è in sintonia con il Presidente. Questa riflessione si estende anche ai ruoli di altri comprimari della scena: Il Pd in primo luogo che, a parte l'intervista di Giacomelli e della Borioni che ha votato contro, ancora sembra mantenere un profilo piuttosto basso considerando anche che al suo interno convive un filone di quanti considerano le proposte di ristrutturazione per generi un frutto di una lontana intuizione (oltre 20 anni) maturata al suo interno. Rimane in ballo il consigliere Riccardo Laganà: ha votato no con motivazioni ampiamente condivisibili delle quali abbiamo scritto.
Questa sera, all'ora di cena, si potrà (forse, molto forse) capire qualcosa di più e, da domani, speriamo, tana libera tutti sulla pubblicazione del Piano che ormai nella mani dei parlamentari legittima in modo formale la conoscenza pubblica dello stesso (anche se sul documento compare il footprint Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai).
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lunedì 18 marzo 2019

Scoop

Al momento, per quanto ne sappiano, lo scoop (Colpo giornalistico, cioè notizia sensazionale che un giornalista riesce ad avere e un giornale a pubblicare in esclusiva precedendo la concorrenza - Treccani) non lo ha fatto nessuno e noi saremmo in grado di farlo. Abbiamo il Piano Industriale completo sotto i nostri occhi (segreto di Pulcinella, da giorni gira tra le mani di parlamentari, colleghi giornalisti, esperti vari etc) e ancora non lo pubblichiamo per intero per un semplice problema di riservatezza delle fonti. La Spectre Rai, forse la stessa che ha ordito il famoso Gomblotto su Rai Way del 2014 (memore di precedenti esperienze) potrebbe aver "truccato" il documento nel senso che, oltre ad un overprint sulle pagine, potrebbe avere inserito all'interno dei piccoli segnali di riconoscimento personale. Esempio: sono stati stampati e distribuiti 10 documenti a 10 persone diverse, ognuna con il suo nome, e ad ognuna di esse è stato consegnato un file con una parola, un numero, un segno grafico diverso dall'altro, in modo tale che se un documento venisse reso pubblico contenente uno specifico segno sarebbe possibile risalire a chi è stato consegnato all'origine. 

Questo clima di segretezza, di riservatezza, di circolazione interna e privata, non ci piace per nulla. Anzi, lo riteniamo grave e dannoso per l'interesse collettivo che ricopre una scelta di carattere fondamentale per il Servizio Pubblico radiotelevisivo. Per quanto ci possano essere riflessioni e progetti di carattere rilevante sia dal punto di vista editoriale quanto economico, si tratta pur sempre di un'Azienda di interesse pubblico e collettivo le cui scelte ricadono sostanzialmente su chi paga il canone e sull'intera collettività. Al momento, il Piano è stato inviato al MISE per le determinazioni  di competenza, cioè valutare la sua "congruità" rispetto a quanto indicato specificamente nel Contratto di Servizio. Inoltre, è stato inviato "per cortesia istituzionale" alla Commissione parlamentare di Vigilanza che è stata convocata per domani, martedì 19,  (con l'incognita dalla partecipazione del PD che ancora reclama, giustamente, la trasparenza sulle procedure di voto che hanno portato all'elezione di Foa alla Presidenza). La Vigilanza non dovrebbe avere peso specifico nella approvazione definitiva del Piano ma riveste pure sempre un ruolo nell'indirizzo generale e vigilanza dei servizi radiotelevisivi e pertanto sarebbe anomalo, oltre che politicamente complesso da gestire, tenerla fuori dalla procedure di validazione del Piano.

Il piano, di oltre 270 pagine è così' strutturato: 1.  Contesto di Mercato 
                                                                           2.  Il punto di partenza di Rai 
                                                                           3.  L'inquadramento strategico del Piano 
                                                                           4.  Le iniziative strategiche del Piano Industriale 
                                                                           5.  Fasi e tempistiche del Piano  
                                                                           6.  Sintesi proiezioni economico - finanziarie del Piano

 All.: 1 – Piano Editoriale dell'offerta televisiva Rai 2019-2021
          2 – Progettazione per la realizzazione dei canali dedicati all'offerta estera e in lingua           inglese    Rai 2019-2021
          3 – Piano per l'informazione istituzionale Rai 2019-2021 
          4 – Piano per l'informazione Rai 2019-2021
          5 – Progetto di tutela delle minoranze linguistiche
Per ora, ci limitiamo ad osservare che il Contratto di servizio non prevede che il Piano Industriale debba contenere, ancor più sotto forma di allegato, gli altri piani (editoriale, inglese, istituzionale etc). Le cosiddette "aree di intervento" (pag. 82) fanno esplicito riferimento a questi obblighi che non trovano alcuna indicazione nel loro inserimento all'interno del Pano industriale, identificandoli espressamente come autonomi e distinti.
per chi volesse sapere di più: bloggorai@gmail.com

giovedì 14 marzo 2019

il guado

Il momento è delicato: si tratta di capire come possono evolvere gli equilibri, come il Piano industriale verrà analizzato dal MISE per quanto di sua competenza e "pesato" in relazione a quanto obbedisce alle indicazioni del Contratto di servizio, come la Vigilanza (che non ha potestà nel merito ma solo espressione di "indirizzo" potrà reagire al fatto che gli sia stata inviata solo la parte enunciativa e priva invece della parte succosa, cioè da pag. 196 (Par 3: Finanziare la trasformazione –3.1 Ottimizzazione degli attuali costi per contenuti e struttura) laddove vengono fuori le criticità del Piano stesso, cioè le risorse sulle quali contare.

E' necessario però fissare due punti: il primo riguarda la cantilena della Legge 2015. Da una Legge sbagliata non può che venire una conseguenza distorta. In secondo luogo, il migliore dei piani industriali se non ha solide gambe finanziarie sulle quali contare non va da nessuna parte. La storia del canale in lingua inglese è istruttiva: si prevede la destinazione funzionale sotto Rai Com che dovrebbe ricevere finanziamenti provenienti da Rai, a pag 264 si prevedono investimenti per 60 milioni (compreso il canale istituzionale) distribuiti in più anni per un impegno produttivo articolato in palinsesto di 8 ore ripetuto su 3 fasce orarie e basato su produzioni originali, contenuti archivi Rai e contenuti informativi. La gestione verrebbe affidata ad una struttura dedicata collocata all'interno di Rai Com con risorse commerciali dedicate agli accordi con i partner. E qui emergono i problemi: Rai Com, per sua missione, ha il compito di commercializzare i prodotti Rai. La sua logica, il suo compito mira (più o meno correttamente che sia) al profitto derivato dalla vendita, appunto, dal commercio. La logica invece del canale in lingua inglese prevista dal Contratto di servizio non fa alcun riferimento a questa logica.

Nel mentre che leggiamo quanto già sapevamo, cioè che al settimo piano tira la solita aria di forte tensione tra i due lati del corridoio (leggi il Fatto a firma Gianluca Roselli) non ci resta che rimboccarci le maniche e studiare attentamente il Piano (e vedere di nascosto l'effetto che fa ...).

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mercoledì 13 marzo 2019

Danimarca

C'è qualcosa di strano nell'aria primaverile: non passa giorno senza che qualcuno ricorda una buona idea, un progetto, una pia illusione che, purtroppo, non è stata realizzata. Oggi è la volta di Marco Travaglio sul Fatto che riesuma una lodevolissima iniziativa avviata nel lontano 5 marzo 2015 da MoveOn e sottoscritta da innumerevoli soggetti politici, culturali, associazioni e movimenti per proporre una Rai dei e per i cittadini. Cosa è successo dopo? Renzi vara una legge che va nella direzione esattamente opposta e mette il Servizio Pubblico sotto rigida tutela del Governo.

Punto e a capo. Nei giorni scorsi ci aveva pensato Carlo Rognoni (vedi post di lunedì, da rileggere attentamente) ricordando la proposta del senatore Bruno Pellegrino (craxiano di ferro ed ex consigliere Rai) della quale in rete non si trova traccia.

Ora cosa succede? succede che in una certa area di autorevoli e prestigiosi studiosi e commentatori del Servizio Pubblico riciccia fuori la panacea di tutti i mali di Viale Mazzini: la riorganizzazione per generi oggi recuperata nel Piano Industriale appena votato in Cda. Succede, dunque, che in questa stessa area si assiste ad uno strano silenzio, quasi imbarazzato, tutto impiantato sul fatto che si vorrebbe per un verso gongolare per aver raggiunto un risultato (dopo oltre 20 anni) e vedere soddisfatte le proprie riflessioni; per verso opposto, si avverte analogo imbarazzo perchè tutta questa impalcatura è assai fragile per molteplici aspetti, primo tra questi il tema risorse economiche, e poi perchè i driver di questo cambiamento sono tutti saldamente in mano a chi del Servizio Pubblico ha una visione privata e proprietaria, strettamente personale di osservanza partitica bizantina.

Ieri sera, ad un interessante quanto impegnativo dibattito su "Web e barocco a Roma nella chiesa del Gesù" abbiamo incontrato un "vecchio" (con tutto il rispetto della categoria alla quale mi pregio di appartenere) autorevolissimo ed esperto di cose Rai con il quale ci siamo confidati un momento di sconforto sul perchè e sul percome il Servizio Pubblico si trova in difficoltà e ci ha detto: "La banale e semplice verità è che non si riesce ad incidere su nulla ... le partite importanti si giocano in campi lontani, con i campioni in campo e noi non si riesce a toccare palla". Sconfortante!!!

Ecco allora spiegato il tema della riservatezza, del segreto, sollevato giustamente da Riccardo Laganà sul Piano Industriale: averlo confinato tra il 6o piano dove lavora il CFO Giuseppe Pasciucco e il settimo piano, dove hanno trovato sede provvisoria i consulenti lautamente pagati della Boston Cons., insieme allo staff dell'AD e il supporto del Presidente, lo ha reso sterile, inattaccabile e inavvicinabile dal dibattito pubblico. Ci ricorda una battuta di un paio di settimane addietro fatta da uno che di Piani industriale ne capisce qualcosa: "tanto sarà polvere di stelle, voglio vedere cosa succede quando si tratterà di nominare i direttori e affidare i budget. Tutto si dissolverà come neve al sole".

Ora cosa succede? succede molto semplicemente che si attenderanno i risultati delle Europee per sapere se i vari soggetti direttamente interessati vorranno prendere il malloppo per intero o spartire le briciole con lo Zingaretti di turno (anche oggi chiamato in causa).
Sic transit gloria mundi


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martedì 12 marzo 2019

Il pentimento

Questa mattina di interessante c'è solo un testo di Guelfo Guelfi, ex consigliere di amministrazione di Viale Mazzini,  sulle colonne di Il Foglio. Il riferimento è al libro, uscito da pochi giorni, di Carlo Verdelli sulla sua esperienza in Rai. Chissà perché ma viene in mente il discorso di Antonio al Foro Romano di fronte al corpo di Cesare. Si piange e si loda l'imperatore assassinato, dove nessuno è completamente colpevole o completamente innocente, dove tutto avviene perchè è necessario che avvenga. Verdelli se la prende con Roma, con i romani: è il senso della città stessa, dei suoi riti e dei suoi miti, come  pure i romani (quali? ne conoscete qualcuno che sia tale da almeno tre generazioni - a parte il sottoscritto ?) che avvolge e schiaccia ogni velleità riformatrice o innovatrice. E' così? di questo si tratta quando si cerca capire sempre il solito perché e percome le cose non funzionano? 

"Se i concetti non sono giusti le opere non si compiono. Se le opere non si compiono arte e morale non prosperano e se questo avviene la giustizia non e' precisa e se la giustizia non e' precisa il paese non sà dove poggiare. Perciò non si deve tollerare che le parole non siano in ordine" 

Il testo di Guelfi contiene elementi utili a capire qualcosa, a diradare la nebbia. Anzitutto la forma: raro leggere di qualcuno che si assume la responsabilità dei propri errori. Raro poi dover leggere che questi stessi errori sono stati commessi in virtù di scelte personali e di induzioni politiche, frutto avvelenato di un contesto fondato sull'apparenza più che sulla sostanza. Poi la sostanza: mancò la fortuna e non il coraggio (quest'ultima parola sembra andare tanto di moda in questi giorni) sembra dire : " Senza esagerare, ma non fummo all'altezza delle sfide". Non si può dire che, a quel tempo, ci fu una tensione verso le sfide incombenti del Web, della Tv non lineare, e ci furono nel loro loro piano industriale (impostato da Gubitosi e varato da Campo Dall'Orto) visioni meritevoli di attenzione. Eppure, l'analisi è incompleta e assolve troppo facilmente i colpevoli e dimentica le vittime. Al centro della narrazione, piaccia o meno, c'è sempre il PD con i suoi uomini e donne, con i suoi fatti e misfatti, con i suoi vincitori e vinti. Appunto, proprio come abbiamo scritto ieri. 

 
The Economist: Another game of thrones - Google, Apple, Facebook and Amazon are at each other’s throats in all sorts of ways 

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lunedì 11 marzo 2019

Vincitori e vinti

Come sta la Rai? maluccio, grazie!!! almeno per tre buoni motivi: è subordinata al Governo, non ha risorse economiche certe e sufficienti per il suo sviluppo, fornisce un prodotto editoriale complessivamente debole (seppure raccoglie ascolti importanti, magari con Sanremo o il Commissario Montalbano).
Quanto basta per ritenere che il Piano industriale approvato la settimana scorsa parte con le gomme bucate, poca benzina e senza navigatore attivato, posto pure che sia valido, attuabile e in grado di sostenere lo sviluppo del Servizio Pubblico e non lo crediamo.

Perché e percome siamo arrivati a tutto questo? piccolo passo indietro di pochi giorni. Il 5 marzo compare un testo a firma di Carlo Rognoni sul sito di Art. 21 con il titolo "Riorganizzare la Rai ci vuole coraggio. Tanto coraggio" riprendendo il tema proposto nei giorni precedenti dall'AD Salini, alla vigilia della sua "convocazione" a Palazzo Chigi. Rognoni ricorda ancora le virtù - presunte - di un progetto datato ormai da 21 anni, a firma di uno stimatissimo e prestigiosissimo Renato Parascandolo in grado di superare le riforma del 1975 che paralizza il Servizio Pubblico nella sua divisione per reti e canali. Infine, si preoccupa di di chi e di come verranno nominati i direttori delle nuove direzioni. Sul tema incontro Salini-Salvini il 6 marzo si aggrega pronto Pier Luigi Celli, uno che certamente la sa lunghissima sui rapporti tra politica e Rai (oggi Travaglio dalle colonne del fatto gli ricorda gentilmente come diventò DG Rai) che invita l'AD a prendere il cappotto e andare via per poi aggiungere ricordando l'idea di porre la Rai sotto la governance di una Fondazione.
A stretto giro di posta si aggiunge Vincenzo Vita, già sottosegretario alle Tlc in tre governi, che sul PI vede le premesse peggiori possibili. Al netto delle difficoltà e dei problemi, Vita ritiene che ciò che rimane è "comunque interessante" per come si potrà superare l'attuale modello organizzativo di Rai, sempre che si possa mettere mano con una nuova legge a colpire il mostro bicefalo del sistema Tv italiano con due soggetti proprietari di tre reti ciascuno. Il 7 marzo, si aggrega la SLC CGIL, che si preoccupa del "ridimensionamento del progetto iniziale dello stesso" (quale?), concorda con la creazione di nuove direzioni orizzontali, è contraria alla nomina del nuovo DG (Ciannamea in quota Lega? e scrivere una frase del genere rende i tasti della tastiera duri come porfido rosso) e si interroga su come la Rai possa sostenere i costi del nuovo PI.
Il giorno successivo, l'8 marzo, compare su FB un testo a firma Riccardo Laganà che articola dettagliatamente i motivi del suo NO al PI con due pilastri di fortissima solidità: la trasparenza e le risorse economiche. Ribadisce la sua adesione alla filosofia del PI che "piace tantissimo".
Lo stesso giorno, arriva l'intervista al Presidente Marcello Foa sul Messaggero tutto  ispirato alla difesa del pluralismo e contrario alla testata unica e, a proposito del quadro politico nazionale, lancia un messaggio al neo segretario PD Nicola Zingaretti: "conosce il valore del dialogo". Infine, questa campana viene ripresa da Stefano Balassone dalle colonne di Repubblica di sabato 9 marzo che si interroga dubitoso su cosa sarà Zingaretti "uomo o caporale"? e giù via infiocchettando  sul futuro del segretario del PD. Detta da tale pulpito, si tratta di una predica significativa.

Giunti a questo punto,le idee cominciano a chiarirsi e poniamo una domandina semplice semplice: se oggi la Rai, come abbiamo scritto in premessa, si sente poco bene e non riesce a guarire da un atavico mal di pancia, qualcuno ne sarà responsabile o no? e questo qualcuno ha avuto o no le redini, i poteri, per intervenire o modificare o incidere sul complesso legislativo e regolamentare che impatta sul Servizio Pubblico o no? Alcuni tra i citati sopra, in buona compagnia di tanti altri altrettanto autorevoli e stimatissimi studiosi ed esperti, hanno qualcosa di ridire o da riflettere su perchè e percome seppure hanno avuto tante buone idee o non sono stati capaci di attuarle o non hanno potuto o peggio ancora non hanno voluto in nome di equilibri politici oscuri e malmostosi? Dice nulla, ricorda qualcosa, il Patto del Nazareno o gli inciuci dei periodi precedenti? Ca va sans dire ... In Italia, per molti anni, ha governato un certo signor Berlusconi e non è cosetta da poco.

Si ... si comincia a diradare la nebbia e si stagliano le figure di vincitori e vinti e si comprende sempre più perchè la Rai e il Paese si trovano in queste condizioni. Le pere cascano sempre dal pero.

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sabato 9 marzo 2019

sic transit gloria mundi

Memo: nei giorni scorsi abbiamo letto il presidente Foa, un ragionamento di Riccardo Laganà e un intervento di Stefano Balassone su Repubblica che, in calce alla firma, ci ricorda i suoi illustri trascorsi.

Con calma, partiremo proprio da quest'ultimo.

mercoledì 6 marzo 2019

Pala e piccone

Oggi corrono due riflessioni. La prima è rivolta ai due consiglieri, Rita Borioni e Riccardo Laganà, che hanno votato no al piano industriale. È  stata una scelta coraggiosa perché ha evidenziato chiaramente tutti i limiti e le negatività che il piano contiene. Hanno fatto la cosa giusta e nel momento giusto.

La seconda riflessione è impegnativa. Si riferisce alla forma, ai modi "politici" con i quali questo piano ha preso forma, e alla sostanza, ai suoi contenuti, alle proposte di riorganizzazione del Servizio pubblico  che  si intendono realizzare.

Ci sarà molto da lavorare.

martedì 5 marzo 2019

no! Seppure lo avesse scritto Madre Teresa di Calcutta, seppure contenesse un nuovo genere dedicato tutto alla carità, alla felicità e al benessere umano, questo piano industriale non si può votare . Per uno solo semplice e fondamentale motivo: la totale assoluta mancanza di fiducia. Quanto successo lunedì che il Messaggero, citando una fonte Rai, lo definisce gossip, è di una gravità senza limiti, degno frutto avvelenato di una Legge nata male e applicata peggio. Tutto il resto, e non è meno rilevante, è anche peggio. Il Governo chiama, convoca l'AD e gli chiede conto del piano industriale che questa mattina dovrebbe essere presentato e votato in Cda. All'incontro, a quanto si legge, avrebbe partecipato anche il Presidente Foa. Incredibile! Inaccettabile.

Ieri sera il consigliere Riccardo Laganà ha dichiarato che avrebbe votato no in mancanza di chiare e sostanziali garanzie su trasparenza, risorse economiche e criteri di nomina. Posizione sacrosanta e ampiamente condivisibile. A tal punto che su questo orientamento ha avuto la prova provata, la pistola fumante, della totale assenza di trasparenza a priori. Come altro si può definire quell'incontro? Opaco, oscuro, misterioso? Il governo non poteva e non doveva chiedere nulla in merito al Piano Industriale e i vertici aziendali non potevano e dovevano partecipare. Punto. Basta e avanza per sgombrare ogni dubbio. Nel merito, si sta aprendo il problema del canale in lingua inglese: prova ulteriore di stato confusionale in cui versa il piano: non si può fare. Rai Com ha una missione commerciale e non può godere di soldi provenienti da canone.
Stamattina inizia la battaglia: è verosimile che la maggioranza si compatta e vota sì. Ma non sarebbe fantascientifico immaginare colpi di scena. Il coraggio a qualcuno non manca: quello di fare quello che gli pare: "io sono io e voi non siete un ciufolo".

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lunedì 4 marzo 2019

Non è mai troppo tardi

Gli indovini intuiscono qualcosa: ieri parlavamo di ore contate, oggi parlano di trattative. Sottilissimo equilibri potrebbero imporre di "aggiustare, ammorbidire, rinviare..." il piano industriale. A trattare ci pensa direttamente Salvini con Salini (riferisce oggi Repubblica). Nella forma siamo al capolavoro: un capo di Governo interviene a gamba tesa. Nella sostanza siamo alla confusione, al delirio. Sempre nella sostanza: oggi interviene Carlo Rognoni a ricordare che questo piano  industriale nientepopodimeno é figlio di un progetto precedente  datato oltre 20 anni a firma di Renato  Parascandolo. Con tutto il rispetto e la stima, ma durante questi 20 anni è successo qualcosa di nuovo  di devastante in Italia e nel mondo o no? Una ipotesi "tecnica" che non trova riscontro nella politica, nella regolamentazione, nella definizione e nella assegnazione delle risorse economiche è  come immaginare una bicicletta senza pedali. Concentrarsi sui contenuti, sulla "riforma" interna, sulla ristrutturazione endogena, appare come una toppa peggiore del buco. Per non dire degli aspetti connessi (quelli che Laganà definisce correttamente legsti slla trasparenzs) cioè chi e come vengono nominste le figute che gestiscono i contenuti ? Il direttore del "genere" viene nominato senza alcun criterio, ad insindacabile giudizio dell'AD, esattamente come ha fatto con le nomine dei nuovi direttori. Troppo. Troppo potere nelle mani di una sola persona.
Il nuovo piano industriale è  già operativo: sufficiente ricordare la capacità di spesa fino a 10 mln da parte dell'AD.

Comunque, la politica come è noto, realizza quanto è possibile più che ciò che è auspicabile.
La partita è tutta in corso e il ritorno dell'idea Ciannamea in quota  Lega come DG la dice lunghissima.
Oggi, per chiudere il cerchio  dei consiglieri, interviene  Giampaolo  Rossi. Se la prende con Fazio e difende il PI.

domenica 3 marzo 2019

Giochi pericolosi

tirati i dadi, lanciata la monetina, consultati gli aruspici, i saggi, gli anziani pensionati: l'AD Fabrizio Salini potrebbe avere le ore contate. Riassumiamo la settimana precedente: inizia Antonello Giacomelli, PD, uno che la sa lunga. "Non ci sono gli obiettivi fissati dal contratto di servizio: riduzione reti e canali, ridefinire le identità... Si sommano modelli di azienda ... Nuova occasione di spartizione tra Lega e M5S". A ruota segue intervista su repubblica.it di Rita Borioni: " Il mio pronostico è uno solo: finiremo nel caos". Poche ore e arriva Riccardo Laganà' su ADN: "piano industriale coraggioso ma manca trasparenza". Arriva Beatrice Coletti, sempre su repubblica.it "il nostro PI rafforza l'Azienda nell'era di Netflix".i
Infine, ieri sulle pagine del Corriere, lo stesso AD spara a palle incatenate contro vecchi feudi e potentati e invoca il cambiamento per il quale non basta il talento ma occorre coraggio ( stesso termine usato da Laganà). Questa mattina, il solito bene informato Fontanarosa, ci informa che verrà riproposta la figura del DG (ne abbiamo scritto più volte con il nome di Ciannamea, in "quota" Lega).
Nel frattempo, Barachini presidente della Vigilanza convoca con sollecitudine i vertici Rai per problemi sul pluralismo. 
Due giorni fa, un sito lancia un sasso nello stagno "De Biasio (Lega) al posto,di Salini".

Proviamo ora a schematizzare brutalmente. 
Foa e De Blasio (Lega) in attesa di indicazioni dal Capo che vuole sapere i nomi dei 9 nuovi direttori, più quello di RUO, potrebbero votare no.
Borioni (PD) vota no
Salini vota sì
Coletti vota "forse" ....  sorpresa, il suo si non sembra scontato
Rossi (FdI) vota "dipende"
Laganà voterebbe si ma attende che la trasparenza non sia troppo opaca.

Ieri si è sentita la voce di Usigrai "Salini deve dare prova di coraggio denunciando che "una Azienda ostaggio del Governo non potrà mai rinascere".
Per chiudere il quadro, ieri ha vinto Zingaretti e come primo atto si recherà in Piemonte per sostenere la Tav, esattamente nome vuole Salvini contro Di Maio. Arriva il tempo di mostrare i muscoli. Vuoi vedere che gli indovini hanno ragione e la Rai sarà la buccia di banana sulla quale qualcuno potrebbe scivolare. 
Ecco spiegata, in parte, la lettera un po' lagnosa è preoccupata sul Corriere. Difficile interpretarla come segnale di forza. Corre un filo di preoccupazione e potrebbe esserci buon motivo. Alla faccia del Servizio pubblico, di chi paga il canone (lasciamo perdere l'argomento scippo e minacciati ricorsi), dei dipendenti "con gli sguardi amareggiati e delusi ma mai senza speranza". Si, certo, come si usa dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.

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sabato 2 marzo 2019

Le carte in tavola

Marzo è tempo di campagna: si pota, si concima, si preparano gli attrezzi per i prossimi lavori.

Oggi ci dedichiamo a studiare: intervista di Rita Borioni, di Riccardo Laganà, di Beatrice  Coletti e lettera domenicale dell"AD Fabrizio Salini sul Corriere della sera. Da leggere, inoltre, una nota ADN a firma Antonella Nesi.

Si comincia  ad intravedere la luce. E si possono affinare i ragionamenti sulle prove tecniche di trasmissione. Si dice solitamente che la Rai  è  lo specchio  del Paese e raramente  come questo momento lo è  in modo assai convincente.
Il Paese ci dice che  il Governo vive di forti fibrillazioni e che non capisce quanto possa reggere o crollare prima o dopo le europee. La Lega viaggia forte e il M5S perde colpi.
In Rai il presidente è di fonte Lega e l'AD fi fonte M5S. La tentazione di invertire i ruolo da parte leghista è  forte. I consiglieri prendono posizioni in vista di in possibile scontro. "Sento puzza di bruciato, in queste condizioni il piano potrebbe essere a rischio" ci dice un autorevole dirigente.

Queste le carte in tavola. Il merito, il contenuto del piano diventa quasi irrilevante. Gli appelli al coraggio (non si capisce perché) o le evocazioni all'ambizione suonano male quanto le similitudini con la BBC che oggi Salini si guarda bene di citare. Il PI non è un atto "voluto fortemente" ma è semplicemente "dovuto".
Oggi studiamo tutto questo. Domani proporremo un riassuntino.
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venerdì 1 marzo 2019

Senza titolo

Non c'è  bisogno di titolo: la sostanza è  la stessa dei giorni  scorsi. I tratti dominanti sono confusione, silenzio.
Stamattina leggiamo che, dopo 9 ore di consiglio per richiedere  "approfondimenti" il Cda boccia il piano Salini sull'informazione. Non è  cosetta da poco e la dice lunghissima sugli equilibri che si vanno a creare. La dice  lunga nel merito e nel metodo. Nel merito perché si tratta della parte più  rilevante, almeno per la politica, del PI, nel metodo perché evidenzia una divisione non facilmente databile, nonostante i pompieri e i pacifisti al lavoro.

Inoltre, leggiamo che l'AD si bea dello spirito innovativo di questo piano perché preso a modello della BBC. Eresia!!! Modestamente, sommessamente,  umilmente, si prega di leggere il PI della BBC approvato nel 2018. Posto che comunque è a dir poco supponente paragonare il SP inglese per storia, cultura, contesto legislativo regolamentare con quello italiano. Salini vorrebbe presentare un piano "ambizioso" ma non ha le gambe e le idee per essere tale. La riorganizzazione per generi mette solo una toppa al buco di inefficienza e progettualita' ma non lascia intravedere nulla di nuovo  dirompente e coraggioso.
A proposito di silenzio: da poco è  on line intervista della consigliera Borioni sul sito di Repubblica. Interessante: solleva tutti i legittimi  interrogativi  sul PI. Tutti gli altri tacciono.
Oggi freddo e nuvole su tutta la penisola.

Avviso ai naviganti (sempre  più numerosi... grazie!!!) Sta per partire anche Twitter.
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