Questo Blog ha perso un paio di scommesse nei giorni scorsi: la prima è stata sulla candidatura di un AD interno alla RAI, Stefano Ciccotti, che è bene ribadire, non è stata sul suo nome ma sui principi ai quali si ispirava. La seconda invece sui tempi delle transizione con il “metodo Draghi” n. 1 (ne abbiamo pure scritto) e cioè: "io so io e voi non sete un ..ciufolino". Bene, ora ci troviamo a dover analizzare dettagliatamente l’efficacia di questo metodo e cercare di capire dove potrà portare alla vigilia di passaggi fondamentali, a partire da domani quando Camera e Senato si dovrebbero riunire per eleggere i nuovi quattro consiglieri.. Nel mezzo, da non dimenticare, c’è la seduta di oggi pomeriggio al Senato sulla Legge Zan e, in prospettiva, la soluzione della riforma sulla giustizia, esiziale per la sopravvivenza di Draghi, prevista per la fine del mese.
Premessa: un nostro affezionato lettore ha scritto: “ ..le nomine del Capo del Governo non sono frutto di accordi, accordini, accorducci con la politica”. Ha ragione, sono frutto di un solo semplice quanto fondamentale “accordone”, cioè ben al di là della mere apparenze, del valore professionale delle persone e ben al di la della “piccola cosa” quale potrebbe essere la Rai rispetto alle altre grandi partite in corso.
Cerchiamo di spiegarci: la Legge 220 del 2015 parla chiaro e attribuisce all’esecutivo la potestà di indicare due nomi, senza doverli contrattare con i partiti e lascia invece a loro questa incombenza con la nomina di quattro consiglieri. Questo è esattamente uno dei vulnus della Legge per la quale si richiede, da tempo e in modo pressoché unanime, la sua revisione. Le Leggi vanno dunque anzitutto applicate così come sono formulate e Draghi lo ha fatto pedissequamente, almeno formalmente. Diverso l’aspetto sostanziale. Cionondimeno, difficile se non impossibile immaginare o anche lontanamente supporre che non possa aver messo in conto di andare a sbattere contro il fuoco amico che si sarebbe aperto se almeno una parte consistente delle forze che lo sostengono non fosse stata preventivamente avvisata. Non sembra tanto difficile da comprendere. Questo è il presupposto centrale di tutto il ragionamento. Se non ci accordiamo su questo passaggio, tutto il resto non regge.
Poi ci sono pure aspetti subordinati anche se non di meno conto, ma il perno è tutto lì: “accordone politico”. Provate a leggere quanto scrive oggi Il Tempo, a firma Marcello Grimaldi: “Draghi avrebbe voluto Giorgio Stock .. ha dovuto ripiegare su Fourtes per ragioni squisitamente di pragmatismo politico”. Sullo stesso giornale un commento di notevole interesse a firma di Angelo Di Mattia che racchiude esattamente il cuore del nostro ragionamento: “l’attribuzione delle prerogative in capo al Governo sulle nomine pubbliche non può fondarsi sull’autorevolezza e discrezionalità del premier. Non sono designazioni che possono esser disposte “iussu principis”. Occorre che vengano indicati e resi cogenti criteri, requisiti (professionalità, esperienza, idoneità e onorabilità), vincoli, incompatibilità e prevenzione di conflitti di interesse e “porte girevoli”. Essenziale anche una valutazione comparativa nel merito”. Condividiamo pienamente e lo abbiamo scritto più volte. Stupisce solo che a scrivere queste righe non sia uno dei tanti "esperti e autorevoli analisti" di sinistra o di ciò che ne resta di essa.
In questo passaggio Draghi è caduto e corre il suo massimo rischio: non tanto per quello che ha disposto ma per quanto non ha fatto, dovuto e potuto, per superare, di fatto e nei limiti del possibile, la nefasta Legge che non impediva in alcun modo la ricerca di una strada diversa per indicare i nomi di sua competenza. Ha scelto quella dell’ammiccamento implicito, occulto, misterioso e sottinteso, a vantaggio di alcuni e svantaggi di altri. Beninteso, qualunque nome avrebbe corso lo stesso rischio, però, tanto per capirci, nel mentre che era stato fatto trapelare il nome di Matteo Maggiore il segnale era forte e chiaro: nessun partito ne avrebbe potuto “rivendicare” il patronage. Lo stesso ragionamento vale per il nome che abbiamo indicato su questo Blog: ad oggi non era ascrivibile in quota a nessun partito. Dunque, l’ammiccamento di Draghi è avvenuto di fatto e di diritto esattamente nella sua versione “dialettica” cioè per opposizione dei termini.
Comunque, la storia è ancora tutta da scrivere: ieri abbiamo letto: “Marinella Soldi rischia di saltare, la maggioranza dei due terzi in vigilanza non è scontata”. Appunto, bisogna trattare, accontentare, spartire, sistemare persone, amici, parenti e conoscenti. La torta è grande e c’è posto per tutti… hai voglia tu…
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