lunedì 31 agosto 2020

Il sistema delle TLC, la Rai e la puzza di bruciato


Quasi a nessuno viene in mente che il Servizio Pubblico Radiotelevisivo dovrebbe essere considerata una infrastruttura di interesse strategico nazionale? Quasi a nessuno viene in mente di ribadire e sostenere che alla Rai si riferiscono precisi compiti e doveri in grado di accompagnare lo sviluppo sociale culturale del Paese? Quasi a nessuno viene in mente di progettare un futuro dove l'informazione, la formazione e l’intrattenimento possano e debbano essere i pilastri della vita collettiva?

Questo è quanto si percepisce in questi giorni dove tutte le notizie si riferiscono ad un tema, la rete unica, dove la Rai, il Servizio Pubblico, è del tutto assente. E' assente “di persona” perché i suoi dirigenti non partecipano, non sono invitati, non figurano nell’elenco degli interlocutori, ed è assente “in streaming” vuoi perché non hanno nulla dire o vuoi perché in epoca di incertezza magari è meglio tacere. Da ricordare sempre che negli ultimi mesi sono usciti da Rai numerosi dirigenti con notevole esperienza e competenza in materia e non si sa bene come e da chi sono stati rimpiazzati.

Comunque, vedi il mancato invito agli Stati generali del giugno scorso, vedi la loro assenza agli incontri al Mise sul tema rete unica e banda larga (dove pure ha partecipato Sky), vedi il silenzio tombale su questi argomenti. Come se la più rilevante innovazione tecnologica del sistema delle telecomunicazioni di questo Paese non riguardasse Viale Mazzini. Oggi una prova ulteriore: leggiamo su Repubblica AF con la firma di Giovanni Pons “Le quattro spine del governo: le partite industriali Alitalia, Autostrade, Ilva e la rete TLC”. Nella partita delle reti di TLC la Rai dovrebbe entrarci eccome, salvo dover ammettere che il Servizio Pubblico radiotelevisivo non fa parte del sistema delle TLC il ché appare palesemente inverosimile. Eppure è così: più o meno tutti, compresi gli amministratori di Viale Mazzini, come si dice a Roma “dormono da piedi” e, almeno per quanto sappiamo (poco) non risultano segnali di fumo. 

Da leggere con attenzione un interessante articolo di Sergio Rizzo sempre su Repubblica AF di  oggi: “Quella privatizzazione sbagliata il peccato originale della rete TLC” che aiuta molto a capire la logica e la dinamica del tema rete unica in Italia. Sullo sfondo c’è sempre lo stesso argomento: l’interesse privato in atto pubblico. Anche ora come allora quando venne avviata la funesta strada delle privatizzazioni degli asset strategici del Paese (Governo Prodi) non si tenne sufficiente conto della convenienza e della rilevanza ad un maggiore ruolo e controllo dello Stato in settori fondamentali dell’economia nazionale e, di fatto, si crearono dei “mostri” i cui effetti negativi sono tuttora pagati dai contribuenti. 

Quando è la finanza che governa l’economia qualcosa puzza di bruciato e questa operazione TIM-CdP non riesce a far percepire un profumo di convenienza pubblica. I finanzieri francesi di Vivendi e ora gli americani di KkR hanno bene in mente un solo e specifico obiettivo: massimizzare gli investimenti e produrre utili agli azionisti. Punto. Si tratta ora di vedere se questo punto combacia con gli interessi della collettività oppure no. Ieri il solito prode Michele Anzaldi  del PD ha messo il dito nella piaga (forse il solo): “Intorno alla questione rete unica a dispetto di veline e accordi dati per fatti, c’è invece grande fumosità, grande incertezza e un’ampia dose di opacità. Perché il Parlamento non apre subito una discussione trasparente … Restano ancora oscuri i contorni del presunto accordo tra Tim e Cdp, ma soprattutto resta oscura quale sarebbe la convenienza per i cittadini. A fronte di altri esborsi pubblici, non c’è alcuna certezza su tempi di realizzazione della fibra in tutta Italia, costi, tariffe … Mentre verrebbe stoppata l’operazione pubblica Open Fiber, che sta portando la fibra nelle case dopo un lungo lavoro di autorizzazioni, bandi, ricerca delle risorse. Non si sa quando e come dovrebbe partire la nuova operazione e in quali tempi. Non si sa come possa essere davvero indipendente una rete dove la maggioranza resterebbe a Tim, come la scelta dell’amministratore delegato. Non si sa che fine farebbe il grande investimento di questi anni di Open Fiber che ha permesso di cablare finora 9 milioni di unità immobiliari raggiungendo quasi il 50% dell’obiettivo complessivo di 20 milioni di case”.

Come noto siamo alla vigilia di grandi appuntamenti elettorali con i referendum e le elezioni regionali ed è verosimile che questo dibattito, questa apparente proposta di accordo sia il frutto avvelenato  di questo clima e quando si tratterà di passare alle fasi operative le carte in tavola possano cambiare. Nell’intervista a La Stampa di domenica scorsa Franco Bassanini lo ha ribadito: “La rete unica spingerà gli investimenti Ma è fondamentale che sia indipendente” ed è del tutto evidente che fintanto che TIM ribadisce con Gubitosi che vogliono il controllo della nuova società, questa indipendenza non sarà affatto garantita. Ricordate l’operazione Rai Way del 2014? Ricordate i protagonisti in campo e i temi in discussione? Ricordate come è andata a finire? Chi ci ha guadagnato e chi ci ha rimesso?
Non è necessario essere particolarmente esperti di dietrologie o appassionati di complottismo per scorgere disegni e prospettive nemmeno poi tanto occulte: tenere la Rai nelle retrovie conviene a molti.
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venerdì 28 agosto 2020

Il parente tonto


Ieri c’è stato un incontro virtuale tra i vertici di Sky, Wind Tre e Vodafone e i Ministri Gualtieri e Patuanelli sul tema rete unica. I tre manager hanno dato la loro disponibilità purché sia garantita l’indipendenza sia nella governance, sia nella definizione dei piani strategici e operativi. Bene. Esattamente quello che, per quanto abbiamo letto nei giorni scorsi, TIM non sembra affatto disposta a concedere.

Nota a margine: dovunque si legge che la rete unica rappresenta un passaggio essenziale per il sistema delle telecomunicazioni dove, evidentemente, qualcuno ritiene che Rai non ne faccia parte. Sembra  di vedere quelle scene di famiglia dove c’è un parente un pò tonto che conta come il due di coppe quando regna denari.  

Per tutto il resto,  a Viale Mazzini è scattato l’allarme rosso: “Ballando con le stelle”, il programma di punta del sabato sera di Rai Uno è a richio perché alcuni concorrenti sono positivi al tampone Covid.

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Affari privati e interesse pubblico


In mancanza di meglio e nel silenzio più totale (e imbarazzante) sul Servizio Pubblico e il suo destino, ci occupiamo ancora del tema banda larga che in questi giorni ha un posto di particolare rilievo nel mondo delle telecomunicazioni (ovviamente, a Viale Mazzini qualcuno ritiene che questo argomento non riguarda la Rai !!!).

La prendiamo da lontano. Avete mai sentito parlare dell’ottimo paretaio? Chi vi scrive ammette senza esitazione la più totale ignoranza in materia ma allo stesso tempo nutre una grande curiosità e interesse per il mondo della matematica. Leggiamo: “l’efficienza paretiana è un concetto introdotto dallo studioso italiano Vilfredo Pareto, applicato in economia, teoria dei giochi, ingegneria e scienze sociali. Si realizza quando l'allocazione delle risorse è tale che non è possibile apportare miglioramenti paretiani al sistema, cioè non si può migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro”. A sua volta definiamo “gioco a somma zero” ... “una situazione in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante in una somma uguale e opposta. Se alla somma totale dei guadagni dei partecipanti si sottrae la somma totale delle perdite, si ottiene zero” (da Wikipedia).

Bene, come noto ieri si è svolto un CdM dove sarebbe stata approvata la road map verso la rete unica da realizzare con una società mista TIM e CdP. A leggere gli articoli di oggi qualcosa però non torna. Ne citiamo uno in particolare, leggiamo sul Messaggero a firma Andrea Bassi e Alberto Gentili: “Molte delle domande dei partecipanti alla riunione di maggioranza di ieri, si sono concentrate su un punto fondamentale: chi comanderà nella nuova società della rete? La governance sarà «paritetica». Tim nominerà l'amministratore delegato che, però, dovrà avere il benestare della Cassa depositi e prestiti. La Cdp sceglierà un presidente «operativo», che avrà cioè alcune deleghe pesanti, ma dovrà farlo con il beneplacito di Tim”. Prima ancora si legge: “Più entusiasta il commento del Pd con Marianna Madia «Sulla rete unica si sta andando nella direzione giusta. Per il Partito Democratico erano e restano fondamentali due punti: che sia assicurato un controllo pubblico nella governance della gestione della rete e che si proceda in armonia con le regole dell'antitrust italiana e europea”. Per il 5S la questione è ancora più delicata e lascia alquanto perplessi questo apparente compromesso, salvo dover leggere tutta la questione con altri strumenti di geopolitica internazionale che pure non sono affatto estranei in questa vicenda (vedi 5G e Huaway).

Ora, difficile dimenticare le affermazioni dei vari soggetti dei giorni scorsi (Gubitosi e Bassanini in particolare oltre che vari Ministri) sul nodo del controllo della futura società. Ecco allora che “i corni non tontano” e quello raggiunto ieri sembra un pasticcio di difficile interpretazione. O meglio, una possibile interpretazione già si intravvede: il controllo pubblico non c’è o se c’è è debole e se vogliamo essere più precisi, il controllo pubblico è subordinato a quello privato. I termini dell’accordo, infatti,  prevedono che a TIM spetta la nomina dell’AD e Open Fiber il Presidente con “ampie e robuste deleghe” sempre che comunque venga superato lo scoglio del parere vincolante delle autorità competenti (Antitrust).

Torniamo alla teoria dei giochi. Qualcuno ha rinunciato ad una quota di sovranità, questo assolutamente è chiaro. Non si può passare da “controllo tutto io” a “controlliamo a metà”. Fin dove si evidenzia l’interesse privato e fin dove si estende quello pubblico? Conoscendo i personaggi e le poste in palio (nonché i loro trascorsi, anche in Rai), il dubbio che l’interesse privato in atto pubblico sia preponderante.

Tutta la faccenda rispecchia perfettamente lo stato confusionale in cui versano le forze politiche e una cartina di tornasole rilevatrice è il tema referendum. Mancano quasi tre settimane dal voto e ancora PD e 5S non trovano un accordo. Bene… andiamo avanti così… facciamoci del male…

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giovedì 27 agosto 2020

Rete unica: passato e futuro


Nel mentre e nel quando la televisione, la Rai e il Servizio Pubblico radiotelevisivo sono ancora in vacanza e da Viale Mazzini non si avvertono segnali di fumo, come abbiamo scritto in questi giorni, il tema della rete unica tiene banco. 

Questa mattina da segnalare un lungo articolo firmato da Celestina Dominelli sul Sole 24 ore. Il titolo: “Rete unica TLC: Tim e Cdp stringono su quote e governance” e si legge di ipotesi di accordo tra i due operatori anzitutto sulla spinosa questione della governance, o per meglio dire, del controllo societario che è stato il perno di dure polemiche nei giorni scorsi quando da una parte e dall’altra si sosteneva che su questo punto non c’erano margini di trattativa. Da quanto invece si avverte e si legge, la sensazione è che si voglia cercare un accordo a tutti i costi sotto la pressione del Governo che cerca affannosamente di accontentare tutti (ovvero non scontentare nessuno).

Rimane sul tappeto il problema di una società, di un asset, di interesse strategico nazionale che anzitutto potrebbe nascere con quote rilevanti di capitali stranieri i quali potrebbero non convergere sugli stessi obiettivi che si pone il Paese. Vale sempre il principio: "chi paga comanda". Per loro, infatti, il solo e prioritario interesse è la massimizzazione del profitto finanziario, prima ancora che industriale e, tant’è, che ieri alla notizia degli incontri tra Gubitosi e Palermo nei giorni scorsi, il titolo di TIM è volato in Borsa. Viene da pensare che chi non ricorda il passato non merita il futuro.

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mercoledì 26 agosto 2020

La BBC e la paura prossima ventura


Oggi ci sono diversi argomenti da affrontare. Il primo riguarda la BBC: su Italia Oggi con la firma di Andrea Sechi leggiamo che Tony Hall, DG di BBC, si propone un obiettivo:  “1 mld di spettatori alla fine del decennio. Oggi audience da 468 mln di persone nel mondo a settimana” e aggiunge “Il mio obiettivo, quando sono arrivato alla Bbc (nel novembre 2012, ndr), era raddoppiare il nostro pubblico globale per raggiungere 500 milioni di persone entro il 2022, il nostro centenario… Abbiamo in atto piani per raddoppiare questa ambizione: raggiungere un pubblico globale di 1 miliardo di persone entro la fine del decennio. Ma questo piano ha bisogno di investimenti extra da parte del governo». Bene. Esattamente come da noi, esattamente come potrebbe succedere per la Rai. Provate ad immaginare Salini che afferma qualcosa del genere!!! Magari, in cuor suo, gli potrebbe anche piacere ma chiedere “investimenti extra” al Governo gli verrebbe proprio difficile. Va bene, lasciamo perdere. Non tocchiamo poi il tema del canale in lingua inglese perché magari a qualcuno gli viene l’orticaria.

Veniamo ora ai giorni nostri. Anzitutto a questo clima di ripresa dell’emergenza Covid. I dati sulla pandemia sono, come al solito, complessi e difficili da interpretare e contestualizzare. Sono poi ancora più difficili da proiettare nel prossimo futuro sul quale la comunità scientifica, nazionale e internazionale, sembra essere più incerta e divisa che prima. Ecco allora che ritorna prepotente il problema del ruolo della comunicazione pubblica e istituzionale che deve svolgere la Rai e il Servizio Pubblico. Provate in questi giorni ad analizzare la titolazione dei servizi su Tg e Gr Rai e provate a decifrare il contenuto, la posizione della notizia, il “peso”, il tono, e l’enfasi utilizzate. Si avverte un costante messaggio emergenziale, una minaccia costante per quanto avviene oggi e ancora di più per quanto potrebbe avvenire nelle prossime settimane o mesi, nonostante che indubbiamente ci troviamo di fronte ad una situazione ben diversa da quella di qualche mese addietro. Ora si propone la paura prossima ventura. La mascherina forever.

A questo proposito, un nostro attento lettore ci propone una riflessione: come si sta attrezzando la Rai per la prossimo stagione nel caso il Covid volesse regnare sovrano tra autunno e inverno? Saranno necessari impegni gravosi in termini economici ed editoriali. In che termini si potrà rinforzare il ruolo informatico, il supporto alla didattica? Per non dire poi del potenziamento della rete, appunto. Un altro lettore ci scrive: “…accesso base gratuito (pagato dallo stato) per almeno 3 anni per tutti con limiti di banda ma non di consumo. Quindi fibra ed in attesa della fibra chiavette 4 e 5G. La neutralità della rete deve essere superata”.

Torniamo ora alla battaglia d’autunno sulla rete unica. Le notizie di oggi riferiscono di un clima di tregua tra Tim e Open Fiber con la possibilità di trovare un accordo e tutti i titoli riportano questo tema. La novità è che emergono due corollari geopolitici. Il primo è l’apparente mutamento (o forse semplice e tattico aggiustamento) di rotta del Governo sulla questione 5G/Huawey. Si lascia intendere che la “sicurezza nazionale” debba prevalere sugli accordi tecnologici e e commerciali e il partner cinese suscita qualche perplessità in proposito. Salvo poi dover apprendere che in CdP-Reti è presente State Grid International Development Limited (SGID), società interamente controllata da State Grid Corporation of China, il principale partner finanziario con il 35% del capitale sociale. Accordo, nota bene, siglato in pieno governo Renzi nel luglio 2014. La partita rete unica e 5G sono intimamente intrecciate ed è evidente come la soluzione dei problemi è tutta di natura politica prima ancora che tecnologica. Questo principio è chiarissimo anche a Vincent Bollorè (Vivendi, azionista di maggioranza di TIM) che, a quanto sembra, ha raffreddato i bollenti spiriti americani di Gubitosi, smanioso di chiudere l’accordo con il fondo USA KKR. Il francese ha capito bene che non si va in Paradiso se i santi non ti ci vogliono e ha capito bene che remare contro gli interessi del Governo potrebbe non convenire ed ecco allora giustificare i titoli sulla stampa di oggi: necessario trovare l’accordo, cioè esattamente il contrario di quando nei giorni scorsi si sosteneva che TIM avrebbe comunque voluto avere il controllo della società che potrebbe gestire la rete unica. Per chi ha avuto a che fare con lo sguardo gentile, morbido e affettuoso di Gubitosi, con i suoi occhi che grondano calore e umanità, con la sua stretta di mano tenera e coinvolgente, con la sua voce affabile e suadente, potrà bene immaginare quanto per lui sarà complicato gestire i problemi dei prossimi giorni. Ma, come al solito, saprà trovare la quadra come ha fatto quando era in Rai.

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martedì 25 agosto 2020

Oggi poco o nulla da segnalare. Da tenere a mente un bizzarro articolo sul Sole 24 ore con un titolo che è  tutto un programma: "La rete unica nazionale va gestita dalla Tim". E chi sarebbe a sostenere questa proposta?  La sostengono le Comunità montane e le Autonomie locali. Chissà se sono gli stessi che si oppongono al 5G ?


Nei prossimi giorni affronteremo una riflessione su quanto potrà avvenire nelle prossime settimane in relazione a come evolverà il Covid e come la RAI sarà in grado di gestire una nuova fase dell'emergenza.

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domenica 23 agosto 2020

Il Silenzio degli innocenti

La notizia bomba di ieri sul prossimo show di Rai Uno ha fatto clamore: inaspettato numero dei lettori del blog!!! Abbiamo mescolato il serio con il faceto, tanto per rimanere allegri.

Sperammo, invano, che magari per colpa del disgraziatissimo Covid oppure grazie alla calura estiva sarebbe venuto fuori un Amministratore delegato, un consigliere di amministrazione, un ingegnere capo, un sottocapo, un ingegnere senza cariche, un geometra, un addetto agli ascensori oppure un semplice manutentore delle aiuole di Viale Mazzini che ci avrebbe illuminato sul futuro della Rai, del Servizio Pubblico Radiotelevisivo nell’era del 5G, della rete in fibra, della transizione al DVB-T2. 
Invece nulla, un silenzio stellare ci accompagna e forse ci seguirà anche nei prossimi mesi, quando magari potrebbe essere troppo tardi per un ritardo tecnologico irrecuperabile. Giacché, è bene ricordarlo, insieme alle tecnologie la Rai prospetta buchi di bilancio per l’anno corrente e per i prossimi duri a sopportare dove non si sa bene dove trovare euro da investire.

Allora, se fosse per sola pigrizia intellettuale, ingegneristica, o per timore di fare pipì fuori dal vaso magari esprimendo pareri non richiesti o anche poco graditi, passi pure. Ma quello che non è accettabile è che non si dica nulla ai cittadini italiani almeno sulla questione della transizione al DVB-T2 che è un preciso obbligo del Contratto di Servizio. Eppure, lo ripetiamo per l’ennesima volta, non ci sono dubbi sul fatto che questi temi impatteranno fortemente sul destino della Rai. Impatterà anzitutto il rinnovo del parco televisori e l’obbligo di dotarsi di un nuovo apparato o un nuovo decoder. Tanto per dire, quanti saranno coloro che magari sceglieranno di dotarsi di una smart tv collegata in rete, priva del sintonizzatore, che potrà giustificare l’abbandono del canone?

Nel frattempo il mondo gira e gira velocemente. Sulla stampa di oggi La Repubblica e il Corriere della Sera cavalcano l’onda del tema Rete in fibra. Sul primo giornale, Giovanni Pons intervista Franco Bassanini, presidente di Open Fiber: “La rete non può aspettare oltre. Se Tim non ci sta il governo chiami i concorrenti per investire nella rete unica". Tanto per ribadire la posizione e rispondere ai franco americani di TIM. Lo stesso giornalista riporta indiscrezioni sulla diplomazia economica con le posizioni del ministro Gualtieri che ci tiene a rassicurare l’Ambasciata USA a Roma: “Da questo punto di vista, l'interesse all'investimento in questo progetto da parte di qualificati investitori istituzionali è valutato positivamente” riferendosi al prossimo e possibile ingresso del Fondo KKR nel capitale di TIM. Sul Corriere invece è Ferruccio De Bortoli a proporre una riflessione sul tema al centro del dibattito: “Basta perdere tempo: senza digitale il paese non cresce (e siamo già in ritardo). Rete unica, si o no? Pubblica o privata? Le discussioni continuano tra ingerenze della politica e lotte di potere, mentre in Europa precipitiamo al terzultimo posto“.
Ce n’è quanto basta per iniziare bene l’ultima settimana di agosto, prima dell’avvio della Grande Battaglia d’Autunno. Non sarà la sola: a settembre si vota e, se tanto mi da tanto, c’è poco da stare allegri.
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sabato 22 agosto 2020

Notizia bomba

La notizia bomba del giorno è che a “Ballando con le stelle”, lo show del sabato sera di RaiUno hanno formato le coppie per la gara della prossima stagione!!! Eravamo francamente preoccupati, più di quanto ci allarma il Covid.  

Esaurite le cose serie, veniamo a quelle meno rilevanti. Nel nostro Paese dove l’industria langue, l’agricoltura soffre e il commercio annaspa non ci resta che piangere. L’unica zona dove si intravvede qualche speranza è la tecnologia. Ed è su questo fronte, infatti, che si sta predisponendo la Grande Battaglia d’autunno, prossimo ad arrivare, che potrebbe minare anche le sorti del Governo Conte dove le forze che lo sostengono non sembrano avere tutti le idee chiare tanto che il ministro Gualtieri, ieri ha dovuto precisare la sua posizione che non sembrava tanto allineata con Conte e Di Maio. Come abbiamo già scritto: non ce l’hanno su questi temi figuriamoci su la Rai e il Servizio Pubblico.

In questi giorni si stanno predisponendo le armate e il terreno di confronto: la rete in fibra e il 5G. Apparentemente, i principali player in campo sono cinesi e americani ma i russi non stanno certo a guardare. Da Pechino arriva forte la pressione sul fronte 5G tramite il suo principale soggetto Huawey, accusato di minacciare la sicurezza nazionale, mentre gli americani per ora si limitano a contenere la sua espansione territoriale (e politica). I russi già dallo scorso anno hanno firmato un accordo  con i cinesi per consentire al principale operatore telefonico di Mosca, Mts, di ottenere la prima licenza di operatività sul 5G. Da noi intanto è in pieno svolgimento un serrato braccio di ferro tra i franco americani di TIM (Vivendi più il prossimo fondo made in USA Kkr) e il Governo che, in modo relativamente compatto, sostiene il principio della tutela degli interessi nazionali. Le diplomazie economiche più ancora di quelle politiche sono al lavoro. Vedi articolo di oggi su La Stampa a firma Francesco Semprini dove si legge dell’attivismo dell’ambasciatore USA a Roma.

Molto interessante il testo di Thierry Breton, commissario europeo con deleghe all'Industria, al mercato unico, al turismo, al digitale, allo spazio e alla difesa, che compare su il Sole 24 Ore: “La pandemia ha messo in luce la nostra dipendenza per quanto riguarda certi prodotti, materie prime critiche e alcune catene del valore. È arrivato il momento che l'Europa riprenda il controllo dei propri interessi strategici per garantire la propria sovranità, che è ormai diventata un'esigenza comune. In un mondo in cui i rapporti di forza tra blocchi geografici si rafforzano, assistiamo a una vera e propria corsa all'autonomia e al potere. Dinanzi alla "guerra tecnologica" tra gli Stati Uniti e la Cina, l'Europa deve, fin da ora, gettare le fondamenta della sua sovranità peri prossimi 20 anni… Al primo posto delle nostre preoccupazioni è la sovranità digitale dell'Europa, che si basa su tre pilastri fondamentali: potenza di calcolo, controllo dei nostri dati, connettività sicura… Infine, a complemento delle nostre reti a banda ultralarga e 5G, dobbiamo pensare a una costellazione di satelliti a bassa orbita per fornire a tutti gli europei, ovunque si trovino sul continente, la connettività a banda larga che si aspettano: niente più aree bianche e un livello di sicurezza nuovo, quello offerto dalla crittografia quantistica spaziale”. Precisa però Breton che “non si tratta affatto di cedere a tendenze dannose e controproducenti all'isolamento o al protezionismo, che sono contrarie ai nostri interessi, ai nostri valori e alla nostra cultura.”

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venerdì 21 agosto 2020

La Rai e il 5G

Questa mattina non c'è nulla da segnalare. Teniamo a mente un tema. il 5G che si intreccia bene con quello della banda larga e della rete di cui abbiamo parlato. Anche in questo caso si evidenzia un problema di interesse nazionale, di equilibri politici internazionali, di controllo delle tecnologie.

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giovedì 20 agosto 2020

Parenti, amici e conoscenti

Sembra che i parenti siano obbligatori mentre gli amici sono facoltativi. Ognuno se li sceglie, se li capa dal mazzo. Qualcuno poi, tra questi, si cerca il fior da fiore, magari un “para guru” di qualche specie. Qualche anno addietro, sull’onda del successo di Trump, in Italia e non solo, c’è stato chi ha cercato bene di trovarsi come “para guro” di riferimento un certo Steve Bannon e tra i solerti compatrioti, magari qualcuno alberga sereno e indisturbato al VII piano di Viale Mazzini. Fatto stà che questo tipetto ha pensato bene, secondo l’accusa, di intascarsi qualche milioncino di dollari sulla raccolta fondi destinata a costruire il muro anti immigrati tra Messico e Usa. Ora Bannon ha pagato 5 milioni di cauzione per la libertà condizionata ma la lezione resta: vatti a fidare degli amici !!!

Veniamo a cose più serie. Ieri abbiamo scritto dell’intervento di Mario Draghi a Rimini e, come al solito, i nostri lettori non perdono un colpo e sono sempre pronti a bacchettare le dita. Ieri un lettore ci ha proposto una citazione parafrasata di Bertold Brecht: “quando i potenti della terra parlano di pace, le cancellerie diplomatiche hanno già consegnato le dichiarazioni di guerra”. In parte ha ragione, conosciamo bene il mondo da cui proviene Draghi e quali responsabilità ha avuto quel mondo nel determinare le sorti del nostro e altri paesi europei. Non ci siamo schierati con il partito di Draghi e tanto meno lo riteniamo candidabile alla Presidenza della Repubblica. Abbiamo solo segnalato alcuni passaggi del suo discorso utili ad essere utilizzati per “leggere” l’operato del management Rai nel suo recente passato, nel suo presente e soprattutto nel suo futuro che, in fin dei conti, è lo spirito di questo blog. Questo Cda è stato, è e sarà in grado di disegnare la Rai per i prossimi anni? Ha espresso, esprime o è in grado di esprimere una visione, un progetto, per il Servizio Pubblico Radiotelevisivo? La domanda è tutta qui, molto semplice.  

Si tratta di un tema sul quale pochi sono in grado di rispondere, e ovviamente, i primi ad essere in stato confusionale sono i partiti. Da leggere oggi su La Stampa, a firma Fabio Martini, un articolo molto interessante: nelle due recenti tribune elettorali sul referendum costituzionale di settembre andate in onda su RaiDue e RaiTre non hanno partecipato i rappresentanti del fronte del Si che pure hanno promosso e sostenuto i quesiti referendari. L’articolo racconta di incertezza e confusione totale tra PD e M5S che va di pari passo con quella sugli accordi di governo nazionale, per le candidature regionali e per i sindaci delle grandi città. È pensabile quindi che in questo clima ci possa essere qualche volenteroso che ha voglia di occuparsi del futuro della Rai? Difficile anche solo immaginarlo.

Torniamo ora ad un tema che seguiamo da tempo: la banda larga e la rete in  fibra. Oggi Repubblica compare un’intervista al viceministro per lo sviluppo economico Stefano Buffagni che risponde per le rime a quella di ieri di Gubitosi. Anzitutto un problema di interesse strategico nazionale: sulla rete passano i dati sensibili dello sviluppo sociale ed economico del Paese. Chi controlla la rete controlla il futuro, senza mezzi termini e, come pure abbiamo scritto ieri, TIM ha come socio di maggioranza un capitale estero. Gubitosi è stato chiaro in proposito: "Tim farà la rete unica per l'Italia e ne avrà il controllo" e Buffagni risponde “l’AD di TIM sbaglia, al Paese occorre una rete unica che non sia controllata da Tim". Ecco che il quadro dello scontro si concentra sul cuore del problema, più o meno come è successo quando negli anni passati ci fu lo scontro sulle privatizzazioni di Telecom e Autostrade, con i risultati che oggi è facile osservare. Infine, due frecciatine al curaro: “il progetto dell’operatore telefonico è noto da tempo ma il valore del titolo Tim in Borsa finora non ne ha beneficiato, anzi” e conclude “…Tim non ha la capacità di investimento per sostenere la realizzazione dell'infrastruttura del futuro che è la fibra fino a casa, tanto è vero che sta’ imbarcando un fondo americano che apporterà risorse aggiuntive”. Due a zero e palla al centro.

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mercoledì 19 agosto 2020

Mario Draghi e la Rai


Oggi mettetevi comodi: ci sono diversi argomenti da trattare.
Nei giorni scorsi Mario Draghi è intervenuto al Meeting di Rimini con un discorso importante (https://www.meetingrimini.org/incertezza-e-responsabilita-lintervento-di-mario-draghi-al-41-meeting/ ).  Le parole più usate sono state: giovani, incertezza e società. Non entriamo nel merito della lettura politica, che pure sarebbe assai interessante per “pesare” l’operato dell’attuale Governo non tanto e non solo per quanto ha fatto finora ma soprattutto per quanto e per come è in grado di disegnare le prospettive del Paese, con o senza Covid. Non parliamo poi dei brividi che alcuni candidabili alla corse per il Quirinale hanno provato nella consapevolezza della loro palese inadeguatezza. Ci limitiamo a fare un semplice esercizio di sovrapposizione delle sue riflessioni con il Servizio Pubblico e il vertice Rai in questo momento. “la pandemia diffonde incertezza, penalizza l’occupazione e paralizza gli investimenti e l’occupazione” sostiene Draghi che aggiunge “…dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza ...altrimenti finiremo per esserne controllati anziché controllarla”. E poi ancora “…le nostre società vivono sullo scambio, sulla comunicazione, e sulla condivisione …La pandemia ha severamente provato la coesione sociale…”. Infine, una riflessione sulle qualità indispensabili per coloro che sono in posizioni di potere: la conoscenza, il coraggio e l’umiltà.
Bene, provate ora a grigliare questi pensieri sui due anni trascorsi da quando questo Cda Rai si è insediato a Viale Mazzini e tiratene qualche somma. Poi si capisce perché, a quanto sembra, sulle testate Rai, il discorso di Draghi non ha ricevuto l’attenzione che forse meritava.

Oggi di interessante c’è la solita corposa intervista a Luigi Gubitosi a firma della solita Sara Bennewitz su Repubblica che, evidentemente, è molto interessata a seguire il personaggio e le sorti di Tim. Gubitosi fa il duro: “Tim farà la rete unica per l'Italia e ne avrà il controllo". Intanto ricordiamo che Tim ha come socio di maggioranza i francesi di Vivendi con il 23,6% (e il 28,8 di Mediaset) e poi ricordiamo che sulla partita rete in fibra c’è in ballo CdP e Open Fiber controllate dallo Stato. Le logiche, le prospettive sullo sviluppo della rete e sui profitti che ne deriveranno sono indubbiamente diverse e la partita sul controllo sarà vitale.

Un passo indietro. Per una volta, e speriamo solo per una volta, contravveniamo ad una legge del giornalismo che sottoscriviamo: una smentita è una notizia data due volte. Ma quando ce vò...ce vò !!! Torniamo per poco sulla lettera di risposta di Laganà all’editoriale di Libero Quotidiano dove si leggeva, a firma Iuri Maria Prado, che “…quelli che lavorano sono pochi, e si dissanguano per mantenere i troppi che non lavorano… gli occupati in Italia in realtà non sono dieci ma venti milioni e rotti… occupati, va bene (cioè stipendiati), ma lavorano? sono inoppugnabilmente "occupati" gli undicimila dipendenti della Rai, che indubbiamente appartengono ai venti milioni di cui sopra: e non vorrai mica dirmi che questi undicimila non si guadagnano fino all'ultimo centesimo i novecento milioni di euro che gli paghiamo. ...le generazioni di parassiti (solitamente l'accesso allo status è dinastico)”. Questo stesso autore dell’articolo, ieri ha scritto, sul Riformista (???) che “La cultura di Mani pulite, la brutalità proterva dei suoi modi e la buia temperie che li festeggiava, furono e rimangono la vergogna della Repubblica”. Nulla da aggiungere. Punto. Ieri abbiamo sollevato il problema che a rispondere non doveva essere solo il consigliere Laganà, che ha fatto bene, ma tutto il vertice Rai messo insieme (al quale ci saremmo associati in quanto chi vi scrive ha fatto parte della categoria fino a non molto tempo addietro). Oggi torniamo sull’argomento per evidenziare un clima, un linguaggio, un tono già conosciuto e sentito altre volte contro la Rai e il Servizio pubblico che nel migliore dei casi si manifesta contro il canone e trova pure concordi qualche personaggidi governo. Un livore, un astio e un risentimento che si faticherebbe a trovare anche contro il mostro di Dusseldorf. Non è cosa nuova e quindi è anche giusto interrogarsi perché, in alcune aree grigie dell’opinione pubblica nazionale, il Servizio Pubblico radiotelevisivo e chi ci lavora siano percepiti come “parassiti”. Forse Salini può provare a fornire una risposta.

Ora veniamo ad un tema sollevato nei giorni scorsi sul Contratto di Servizio e sul come e quanto la Rai onora gli impegni che esso prevede. Un nostro affezionato lettore ci ha scritto: “Il CdS è soddisfatto al 95% a livelli accettabilissimi. Sul 5% effettivamente si deve discutere e incalzare”. Con un po’ di buona volontà si potrebbe fare un esercizio di contabilità ragionata su quanto e su cosa la Rai adempie o meno agli obblighi previsti (ne ricordiamo uno tra i tanti: la comunicazione sulla transizione al DVB-T2) e magari si potrebbe anche scoprire che ha ragione il nostro lettore. Ma il tema che poniamo in discussione è l’adesione totale, senza limiti o deroghe (appunto) allo spirito del Cds che, a nostro modesto parere, non sembra essere raccolto. Avete presente quando a tavola si presenta un vassoio colmo di succose ciliegie e c’è sempre il furbetto che cerca quelle più mature, più polpose? Ecco, il Cds non si dovrebbe utilizzare in questo modo e spacciare come grande conquista quando si realizza un obbligo, peraltro adempiuto con notevole ritardo o, peggio ancora, non si realizza affatto. Tanto per capirci: art. 7, “d) rendere operativa la risoluzione approvata dalla Commissione di vigilanza in materia di conflitti di interesse degli agenti di spettacolo” oppure il canale istituzionale e quello inglese, oppure art. 25 “… piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche …” e via elencando senza dimenticare anzitutto il Piano Industriale congelato e poi la pubblicità etc etc etc… Saremo grati al nostro lettore se ci aiuta a risalire al suo 95% di soddisfazione.

Infine, un altro nostro lettore ci ha inviato il fascicolo distribuito in occasione della recente presentazione dei palinsesti (https://www.rai.it/dl/doc/1594887415888_NewsRai%20-%20Palinsesti%2016%20luglio%202020_compressed.pdf ) invitandoci a proporre cosa “ci piace”.  Potremmo anche dire che ci piace tutto, ma non è in discussione se un prodotto piace più o meno di un altro. In discussione c’è semplicemente la proposizione di linguaggi, modelli, stili di vita e contenuti che un palinsesto riassume nella sua complessità. Riproponiamo la domanda ancora una volta: questo palinsesto, questi prodotti, rispondono alle mutate dimensioni del Paese, della società italiana? Abbiamo fatto ieri un riferimento alla composizione sociale degli italiani: quanti personaggi delle fiction appartengono alle diverse nazionalità e culture che compongono il Paese? Avete mai visto in azione un commissario di origini senegalesi o una carabiniera nata in Romania? Oppure alla conduzione di Uno Mattina un* giornalista di origino marocchine? Forse la memoria non ci aiuta, ma non ci sembra.

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martedì 18 agosto 2020

Il palcoscenico, il fantasma e viceversa


 Grazie ai tanti lettori che nei giorni scorsi hanno puntato il blog anche se non c’erano notizie.

“L’estate sta finendo e un anno se ne va…” cantavano i Righeira nel lontano 2002. Siamo vicini al rientro, al ritorno, alla ”normalità” (quale ???), alle solite storie e alle solite beghe. Ricominciamo con appunti vari.

Questa mattina sul Manifesto, Vincenzo Vita ci ricorda il problema AgCom: il nuovo presidente designato Giacomo Lasorella non si è insediato e il nuovo Consiglio non potrà essere ancora operativo. Il 20 settembre si voterà per le regionali e per il referendum sull’abolizione dei parlamentari: un appuntamento dove la vigilanza sulla par condicio sarà di assoluto rilievo.  C’è solo da incrociare le dita e sperare. Il quadro politico sembra alla ricerca di un equilibrio non facile da raggiungere: costretti a convivere e resistere fino alla scadenza naturale della legislatura per poter affrontare una battaglia fondamentale, l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

Ieri è comparsa su Libero una lettera firmata da Riccardo Laganà in replica ad un articolo pubblicato su quel giornale dove si parlava dei dipendenti Rai definiti “parassiti”. Il Consigliere eletto proprio dai dipendenti ha fatto bene a replicare, è un suo diritto e un suo specifico dovere, ma colpisce il silenzio di chi invece avrebbe dovuto farlo in ben altro modo: l’AD Salini che dirige l’Azienda dove lavorano i presunti “parassiti”.

Nei giorni scorsi non ci sono state altre notizie di rilievo sulla Rai o sui temi della comunicazione audiovisiva  e in questo periodo potrebbe anche essere del tutto fisiologico. Le persone, giustamente, se possono, si godono le meritate ferie, vacanze o riposi che siano. Quello che appare relativamente anomalo è il momento particolare che stiamo tutti attraversando a causa del Coronavirus che, purtroppo, ci sta fornendo occasioni importanti per riflettere non solo e non tanto sulla contingenza sociale che si sta determinando ma anche sulle nuove e diverse prospettive che si possono intravvedere, per la Rai e non solo. Eppure, sembra che pochi ne approfittano. Abbiamo segnalato nei giorni scorsi un testo di Mario Morcellini (Antivirus. Una società senza sistemi immunitari alla sfida del covid-19) e segnaliamo Aldo Grasso che pure in questi giorni non ha mancato di proporre argomenti e riflessioni (A fil di rete del 15 agosto, «Blob», perché gli anni 70 non sono stati i migliori della nostra vita) come pure del giorno precedente quando ha scritto di TeleVisioni, il Forum del Corriere della Sera On Line, che da molti anni intrattiene un filo diretto con i telespettatori e lettori del giornale. Quest’ultima nota ci sembra particolarmente degna di attenzione perché riporta ad un tema che abbiamo già affrontato. Riproponiamo gli interrogativi: come e quanto la Rai, il Servizio Pubblico è in sintonia con il “suo pubblico”, con la società che vorrebbe raccontare e rappresentare? Come e quanto “dialoga” con i suoi abbonati? Come e quanto riflette con i propri prodotti editoriali la composizione sociale e culturale che definisce il Paese? Viene da pensare che, ad esempio, alla BBC dove è normale che un conduttore di un programma in prima serata sia pakistano, la giornalista iraniana, il regista magari un giovane italiano, i tecnici di studio armeni, cileni o altre nazionalità variamente assortite e così via. Cosa succede invece di fronte alle telecamere o ai microfoni Rai? Eppure in  questo  Paese vivono milioni di cittadini stranieri (oltre 5) pari al 7% della popolazione italiana. Vogliamo poi parlare della rappresentanza di genere? Quanti sono i dirigenti uomini e quante le donne? E così via…

Ci torna in mente Il Fantasma del palcoscenico (Brian De Palma, 1974) e ci viene un dubbio: la televisione, la Rai, è il palcoscenico dove si aggirano fantasmi (i giornalisti come Biagi o Zavoli) oppure il varietà del sabato sera, oppure il film del mercoledì sera, oppure il secondo tempo della partita calcio la domenica pomeriggio, oppure la 28° riproposizione di Montalbano, oppure la Carrà che intervista la Loren? O invece la televisione, la Rai, è divenuta essa stessa un fantasma su un palcoscenico che potrebbe non essere più il suo, dove altri attori, non fantasmi, si aggirano sulla scena con piglio da protagonisti?

A proposito di altri protagonisti che occupano la scena, ci ha colpito un passaggio. Nei giorni scorsi è comparso un Tweet di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber, sulla questione banda larga e Tim: "Non costruisce il futuro. Offrendo connessioni in rame, contrabbandate per fibra, Tim non aiuta a costruire il futuro che sarà della società dei gigabit”. Alla faccia del Kilimangiaro!!! Ci mancava pure che in questo Paese qualcuno spaccia metallo con plastica e magari se lo fa pagare pure caro. Non c’è più religione. 

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martedì 11 agosto 2020

pausa

 Anche i blog vanno in vacanza. In assenza di notizie, ci prediamo qualche giorno di pausa. 

buon ferragosto !


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No, non si può ...non si deve

Nei giorni scorsi è successo un  fatto molto grave: Sergio Piazzi, un operaio di Rai Way è morto mentre effettuava manutenzione agli impianti. Sarà anzitutto la magistratura ad accertare le responsabilità. Noi ci limitiamo ad esprimere solidarietà per i congiunti e ribadire che non si può, non si deve, morire sul posto di lavoro.

Proponiamo però alcune osservazioni (peraltro già fatte più volte nel passato). Questi i numeri evidenziati in investimenti operativi  dalla quotata Rai:  “Al 31 marzo 2020 gli investimenti sono pari a € 8,7 milioni, di cui € 7,9 milioni legati ad attività di sviluppo (€ 2,6 milioni nel primo trimestre 2019, di cui € 1,7 milioni in attività di sviluppo)”. Carta canta: gli investimenti in manutenzione e sicurezza sono una quota marginale. Osserva un nostro attento lettore: “Una rete di oltre 2000 siti non la mantieni in efficienza con meno di 4ML annui” e, in questo caso, sono stati spesi appena 0,8ML. Un altro lettore suggerisce una similitudine con Atlantia: “…1.2 MD in dividendi e 150 ML in manutenzioni”. Torniamo a quanto scritto in altre occasioni: Rai Way costa troppo (oltre 180 ML anno) per quanto si potrebbe ottenere sul mercato. Inoltre, le prospettive tecnologiche di sviluppo della rete broadcast imporrebbe di vendere subito tutto, prima che sia troppo tardi: le torri si arrugginiscono e non è lontano il giorno in cui serviranno solo a farne ferro vecchio buono per la rottamazione o, in alternativa, base di appoggio per i nidi delle rondini e dei passerotti.

Andiamo avanti. Premettiamo che non ci sono notizie rilevanti sulla stampa di oggi, a parte un articolo su Italia Oggi, a firma Andrea Secchi, su dati Audiweb del mese di giugno dove si legge che “… l’andamento dell'audience online a giugno comincia a essere decisamente più in linea con quello tradizionale legato agli eventi stagionali: i siti di news continuano il loro ritorno ai livelli pre-covid”.

La bellezza e la ricchezza di questo blog sono i suoi lettori che non mancano occasione di farci, giustamente, le pulci. Ieri abbiamo scritto, riportando un’opinione di un lettore che in buona parte condividiamo, che “la televisione è ciò che manda in onda, è il suo prodotto”. Ci viene poi osservato: “La Rai è ciò che manda in onda su tutte le piattaforme (tv, radio, web). La Rai è la sua offerta di contenuti e servizi”. Anche questa osservazione è corretta: la Rai non è solo televisione, ad esempio è anche Radio e per certi aspetti lo è anche di più, ed è tante altre cose che sommate insieme compongono una vasta offerta tra le più importanti se paragonata a quella degli altri servizi pubblici europei. Ora, il dibattito si affina: si tratta di intenderci su cosa effettivamente è e su come effettivamente viene percepita dal suo pubblico. Sono due filoni di ragionamento che non coincidono sempre. Osserviamo che, nel cosiddetto “immaginario collettivo”, la Rai viene “percepita” per due pilastri fondamentali: il prodotto editoriale, appunto, che comprende comunicazione e intrattenimento, e il corrispettivo che è obbligatorio pagare, il canone.

Proseguendo su questo terreno torniamo a quanto scritto nei giorni scorsi. Ci è venuta in mente un filone importante dell’analisi sociale contemporanea: la sociologia epidemica. Lo spunto ci viene proposto da un testo del sociologo Philip Strong “Epidemic Psychology: a model” (1990) - ripreso da un post di Capuano R. (2020) La sociologia epidemica di Philip Strong - dove si legge che: “le epidemie non sono un fenomeno che interessa esclusivamente la medicina e la fisiologia, ma anche la sociologia e che le conseguenze delle epidemie hanno un impatto forte sulle società al cui interno esse circolano. Per la precisione, secondo Strong, la “psicologia epidemica” genera almeno tre tipi di epidemie psicosociali. La prima è definita “epidemia della paura”; la seconda “epidemia delle spiegazioni e delle moralizzazioni”; la terza “epidemia dell’azione o dell’azione proposta”.  Provate a riportare queste considerazioni sul terreno di quanto ha fatto la Rai durante e dopo la crisi del Covid: come ha gestito e sostenuto i “messaggi” topici, i “contenuti emotivi” proposti ed esposti dai vari “esperti” che hanno animato per giorni, martellanti e contraddittori, le giornate passate chiusi in casa.

Aggiungiamo  altri spunti: l’ultimo rapporto annuale Istat sullo stato di salute del nostro Paese, al netto dell’emergenza Coronavirus, ha mostrato una società complessa che affronta con fatica gravi difficoltà. Ci limitiamo ad osservare il fronte culturale. Nonostante l’avanzata impetuosa di nuove tecnologie di comunicazione, sono tanti, troppi, gli italiani in sofferenza e non solo per il digital divide tra Nord e Sud, ma anche più semplicemente tra chi ha accesso alla cultura e chi no, tra chi legge almeno un libro l’anno e chi no, tra chi ha un livello di alfabetizzazione basso e chi invece molto elevato. Questo il campo del Servizio Pubblico radiotelevisivo, questo il perimetro che il Contratto di Servizio impone come attività obbligatoria che invece, troppo spesso, è disattesa. Ieri lo abbiamo ricordato per quanto riguarda l’impegno sul “sociale”. Tanto per non farci intorpidire la memoria dal caldo di agosto, ricordiamo sempre la comunicazione sulla transizione al DVB-T2, come pure l’avvio dei nuovi canali inglese e istituzionale. Così, tanto per dire, per non farci mancare nulla.

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domenica 9 agosto 2020

La Rai e la pandemia sociale


L’accenno che abbiamo fatto ieri al testo pubblicato da Mario Morcellini sul tema del Coronavirus ci consente di estendere la riflessione su un argomento correlato che già abbiamo trattato spesso e volentieri. Riteniamo utile tenerlo aperto.

Una pandemia potrebbe essere anzitutto un fenomeno sociale che evidenzia rilevanti aspetti clinici. La componente sociale è complessa e si estende oltre i confini temporali e spaziali di quella clinica che, come la scienza per fortuna ci insegna, può essere affrontata e, speriamo presto, risolta o con un approccio farmacologico o con un vaccino oppure perché, semplicemente, il virus perderà la sua carica aggressiva e si muterà in altra forma meno pericolosa. 

Succede invece che i risvolti sociali, economici e culturali che impattano sulla vita delle persone possano essere più gravi e persistenti. Riportiamo i dati Istat al 30 luglio: “Nell’arco di un anno calano in misura consistente le persone in cerca di lavoro (-11,5%, pari a -286mila unità), mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+6,8%, pari a +899mila)… a giugno il tasso di disoccupazione in Italia risale all'8,8%, +0,6 punti rispetto a maggio. Sono più di 149 mila le persone in cerca di lavoro, soprattutto uomini. Rispetto alla fase pre-covid, sono stati persi 600 mila occupati, le persone in cerca di lavoro sono diminuite di 160 mila, a fronte di un aumento di inattivi di oltre 700 mila unità. In un anno si conta la perdita di 752 mila occupati, unica eccezione gli over 50 (+102 mila). Per quanto riguarda i giovani, a giugno la disoccupazione aumenta al 27,6%, +1,9 punti rispetto al mese precedente”. 

Sappiamo poco o nulla invece su quanto e come l’isolamento e il “distanziamento sociale” possa avere determinato danni, di quale tipo e di quale entità, sulle relazioni sociali, sui rapporti tra individui nella sfera personale e in quella collettiva. Non sappiamo pressoché nulla, ad esempio, su cosa possa essere successo nella mente dei minori che improvvisamente si sono trovati di fronte ad un mondo teso, duro, drammatico, costellato di visioni terrorifiche e minacciose. Le immagini della televisione che hanno accompagnato i momenti più forti del lock down erano infarcite di ambulanze, di bare, di ospedali con persone intubate e accompagnate da commenti audio non meno aggressivi. Verranno presto rimosse dalla loro memoria oppure resterà un "timbro" indelebile nella loro formazione sociale?

Ecco allora che entriamo nel cuore di una riflessione che interessa direttamente il Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Come e in quali direzioni la Rai intende rivolgersi per affrontare questa nuova “emergenza” sociale che già si intravvede all’orizzonte? Basti pensare solo alla prossima riapertura delle scuole. A luglio scorso il Cda ha varato la nuova Direzione Rai per il sociale. Tardi, troppo tardi e comunque si è trattato di un atto dovuto, un obbligo imposto dal Contratto di Servizio, non una gentile concessione. Ora si tratta di lavorare e definire bene il percorso che si intende avviare.
Come ci ha proposto un nostro lettore “la televisione è ciò che mostra”. Tutto il resto è accessorio, correlato subordinato. Dalle immagini che corrono sullo schermo relative al complesso dell’offerta editoriale della Rai da che parte si deve cominciare a vedere, tangibilmente, questa diversa attenzione per il sociale?

Siamo nel pieno della pausa estiva quando, per fortuna, le persone passano meno tempo in casa di fronte ad uno schermo ma presto si dovrà ricominciare. All’orizzonte si intravvedono nubi molto minacciose. Anzitutto, come abbiamo scritto, sul fronte dei conti che già per l’anno in corso presentano un  buco vistoso destinato ad allargarsi nei prossimi anni. Collegato a questo fronte ci sarà un fronte istituzionale con promesse di intervento sul tema canone. Poi ci sarà un fronte editoriale, legato indirettamente a quello della pubblicità destinata a calare, con programmi e progetti che inevitabilmente risentiranno della crisi. E così via. Il tema del sociale potrebbe essere la sola ancora di “salvezza” per il futuro del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Forse, solo e in quanto la Rai sarà capace di intercettare e partecipare ai grandi mutamenti sociali e culturali che stanno interessando non solo il nostro Paese, potrà trovare una sua giustificazione, una sua ragion d’essere verso i cittadini che pagano il canone. 

La partita sulla tecnologia sulla quale pure la Rai dovrebbe essere obbligatoriamente impegnata (transizione al DVB-T2) la vede silente; la partita sulla rete la vede assente; la partita sul Piano industriale è stata sospesa dall’arbitro in  attesa che a gennaio possa ricominciare il campionato per la sua scadenza naturale e, a seguire, dell’attuale Cda. Infine, la partita istituzionale, sulle nuove regole del sistema delle TLC,  che pure è nel programma di Governo, non è nemmeno iniziata formalmente mentre, sostanzialmente, è in piano svolgimento tra CdP, Tim, Open Fiber e compagnia cantando.

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sabato 8 agosto 2020

Giganti e nani

Ieri abbiamo titolato “Forse …Rai”. Si tratta di un avverbio complesso, incerto, labile nell’uso e nell’abuso fino al punto di poter essere anche utilizzato come un sostantivo. Un suo sinonimo è “probabilmente” che ci riporta ad un titolo che già abbiamo  proposto di Alexandre Koyre: Dal mondo del pressappoco all'universo della precisione. “Forse” Rispecchia fedelmente l’incertezza, l’indeterminatezza e il dubbio che corre sempre quando ci si accinge a sostenere una tesi della quale non si è intimamente convinti. I nostri lettori avranno notato che viene spesso inserito nelle nostre riflessioni esattamente perché, talvolta, succede  di essere in difficoltà nel trovare solide ancore alle quali rimanere solidamente attaccati. A questo avverbio poi aggiungiamo più spesso i punti interrogativi piuttosto che quelli esclamativi. Ci piace più porre domande che proporre risposte.

Questa mattina abbiamo trovato nella corrispondenza quotidiana una precisazione di un nostro attento lettore che, alcuni giorni addietro, ci aveva proposto una citazione di Ernest Hemingway che oggi vi riportiamo nella versione originale: “ … come hai fatto a fare bancarotta? In due modi, gradualmente prima e improvvisamente poi.” Da Fiesta, pag. 185. Un altro lettore aveva contestato la paternità della citazione. Oggi è stata fatta giustizia. Grazie. Comunque, chi vuole intendere intende.

Ora vi proponiamo una lettura: «Sempre, le culture antiche e moderne hanno esasperato una “letteratura della crisi” eccitando la meta- fora della fine; mai però come oggi i media assurgono a coltivatori diretti del male di vivere. Nel confezionamento dei messaggi e nello storytelling del virus, a prescindere dalle piattaforme di fruizione, quali linguaggi e toni sono stati impiegati nell’inevitabile mix tra allarmismo e rassicurazione?» retro di copertina, Mario Morcellini, Antivirus una società senza sistemi immunitari alla sfida del Covid-19, Istant Book Agosto 2020.

Lo avevamo intuito già dai primi giorni della crisi: per quanti si occupano  di comunicazione e di società, la drammatica situazione che si è creata con l’avvento del Cornavirus ha fornito una formidabile occasione di riflessione, di dibattito, di attenzione su nuovi e vecchi temi di assoluto interesse. Molti ne hanno approfittato, altri invece (forse la maggioranza) sono rimasti imbrigliati nella rete della confusione, dello smarrimento e forse anche della paura.  Abbiamo pur scritto che per il Servizio Pubblico Radiotelevisivo si apriva una fase inedita di validazione, di attestazione di credibilità, di riconoscimento sociale e culturale della propria funzione, del proprio scopo, della specifica missione che gli è stata assegnata. Forse è ancora troppo presto per poter valutare compiutamente come la Rai ha seguito la crisi dei mesi scorsi, in che modo ha influito sulla percezione di quanto avveniva, quanto ha inciso nel sostenere l’uno o l’altro aspetto della “lettura” sociale del Covid. Certamente è stato soggetto attivo: i dati sugli ascolti hanno confermato che la maggioranza degli italiani ha seguito i notiziari radio e tv, i discorsi di Mattarella e le conferenze stampa di Conte.  Quanto poi tutto questo si è tradotto in autorevolezza e credibilità è tutto da verificare.

Infine, il Consiglio dei Ministri ieri ha approvato la designazione di Giacomo Lasorella come nuovo presidente AgCom in successione di Angelo Cardani. La Legge impone altri passaggi prima che il nuovo Consiglio dell’Autorità entri nel pieno delle sue funzioni: prima tra tutta la ratifica delle Commissioni parlamentari competenti.  Tutto porta a immaginare che prima della metà di settembre a gestire la delicata fase della Par Condicio delle prossime elezioni regionali di settembre potrebbe essere ancora il vecchio consiglio. Sull’argomento Lasorella ci sono delle osservazioni da fare: ce ne occuperemo nei prossimi giorni.

Il  “gialletto” del’estate si dipana sul fondo di questo agosto dal meteo variabile.

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venerdì 7 agosto 2020

Forse ...Rai


Ieri giornata di pausa, ci scusiamo con i tanti lettori che hanno cercato la puntata del “gialletto” dell’estate. 

Ma, nel mentre e nel quando cercavamo di capire,  di sapere, di intuire gli oscuri disegni della mano dell’assassino (magari più di uno) siamo stati distratti da una vicenda interessante. Nei giorni scorsi il MISE ha convocato i vertici dalle partecipate dello Stato che rappresentano le infrastrutture di interesse strategico nazionale. Ovviamente (!!!) non c’era la Rai, cioè a dire come l’informazione e la comunicazione pubblica, istituzionale, in quel contesto non hanno valore e significato. Lo avevamo già scritto quando il Presidente Conte ha organizzato gli Stati generali in periodo Covid e anche in quella occasione c’erano tutti meno che qualche dirigente di Viale Mazzini. Va bene: in Paradiso non si va se i santi non ti vogliono. Ed ecco che spunta il  tema che in qualche modo unisce il “gialletto” dell’estate con la contingenza politica ed economica.

Di cosa si parla in questi giorni che possa interessare e incrociare in modo strategico gli interessi del Servizio Pubblico? Di rete unica, di banda larga, di connessioni Web, di upload e download, di Bitrate, di copertura del territorio nazionale, di accesso ad un servizio ormai imprescindibile per lo sviluppo del Paese e via dicendo. Superfluo ripeterlo: la Rai assente ingiustificata, nessuno parla, nessuno ha la forza e il coraggio di esporre un’idea, un progetto, una visione e quel poco o nulla che è stato proposto, il Piano industriale, è stato poi subito rimesso nel cassetto sotto due strati di naftalina. Non c’è traccia di vita a Viale Mazzini, i viali alberati sono popolati solo da qualche ameno pensionato che porta a spasso il suo fedele amico. Va bene… si tratta della solita tiritera, noiosa e stantia. Rimane di interessante cogliere un aspetto: tenere fuori la Rai da questa partita, o se volete spingerla ai margini di un sistema che potrebbe vederla progressivamente ridotta nel contesto del sistema delle telecomunicazioni nazionali, sembra essere esattamente il tema che caratterizza questo momento. Su Key4Bitz a firma di Raffale Barberio si può leggere un interessante ricostruzione dei ruoli e dei pesi che hanno i vari soggetti in campo:

https://www.key4biz.it/rete-unica-gli-attori-gli-interessi-e-gli-errori-di-una-storia-senza-fine/317374/

Ha scritto un nostro lettore, Sergio Bellucci: “… il ritardo nell’innovazione della rete per la mancanza di una strategia di sviluppo e il desiderio di sfruttare, fino all’inverosimile, la vecchia rete di distribuzione pregressa. Mancanza di visone e voglia di sfruttare al massimo la rendita di posizione.... connesse all’illusione liberista che portò alla privatizzazione di asset strategici per il paese... L’Italia ha pagato cara l’illusione liberista di lasciar fare al mercato: il suo sistema industriale ha perso punti proprio per la arretratezza della rete e dei servizi di innovazione della produzione connessi”. Per tornare ai fasti Rai, scrive un altro nostro lettore: “… Mi sono chiesto il perché di questa retrovisione e la risposta non può che essere: zero idee, zero coraggio, zero tutto. Come avevo già avuto occasione di segnalarti la TV è il suo prodotto, il resto conta poco”.

Ecco che lentamente, annaspando, ci avviciniamo al “gialletto” dell’estate. Riassunto delle puntate precedenti: i soliti malintenzionati quanto attenti lettori del blog, ci avevano segnalato che un potenziale malfattore si aggira intorno al cavallo morente, pronto a dare un altro colpo al povero quadrupede, già sofferente di suo. Ci incuriosisce la storia e veniamo a scoprire di oscuri disegni e misteriosi incontri tutti tracciati intorno allo stesso tema: il cinema. Chercher l’argent … da un lato si intravvede un malloppo, da un altro si leggono interessi privati in atti pubblici. Ecco che, nel pieno di una domenica pomeriggio, ci viene gentilmente recapitato un documento “muy confidential” FYEO dove si parla del contratto tra Rai e Rai Cinema rivisto e aggiornato secondo nuove prospettive. Di cosa si tratta in sintesi? Tutto molto semplice. Si intravvede la stessa manina che nel 2014 ha avviato qual processo politico, economico e finanziario (tutto meno che industriale) finalizzato a vendere una parte di Rai Way. Il presupposto, il movente, era più o meno simile. Alla Rai venne sottratta una parte rilevante di quanto le spettava (150 milioni) necessari al Governo Renzi per pagare gli 80 euro promessi  campagna elettorale e allora si disse con animo gentile: “vendete un pezzo di Azienda”. Ora, tradotto semplice semplice, questa storia del nuovo contratto tra Rai e Rai Cinema, puzza di bruciato da lontano. Cosa significa infatti rivedere il modello di relazione fin qui in essere che comunque ha funzionato sufficientemente bene a favore di Viale Mazzini per dirigersi verso quale obiettivo che non sia altro che aumentare i capisaldi dello stesso contratto e cioè: aumentare la generazione di “utilità economiche” a favore della Capogruppo e adempiere agli obblighi specifici previsti dal TUSMAR e dal Contratto di servizio, in particolare laddove si prevede il sostegno alla produzione di opere italiane ed europee?

Da che parte vuole colpire il maramaldo e la banda dei quattro che lo accompagna? Da non dimenticare che tutt’ora si aggira lo spettro del buco di bilancio per l’esercizio in corso e, ancora più rilevante, per quello del prossimo anno, durante il quale l’attuale Cda scadrà come lo yoghurtino alle fragole riposto nel fondo del frigorifero. Il “gialletto” prosegue.

Nel frattempo, nessuna notizia sulla stampa a parte il solito Periscopio di Paolo Siepi su Italia Oggi dove si legge: “Roberto Pinotti, economista della Bocconi, dice: il costo medio del lavoro in Rai è del 20% più alto che in Bbc, dove si producono programmi e documentari di altissima qualità, acquistati in tutto il mondo. Il personale Rai è quasi identico a quello del 2002, mentre da allora quello della Bbc è sceso del 35%. La Rai ha la metà del bilancio ma una volta e mezzo il numero dei dirigenti della Bbc. Ancora, in Rai un giornalista su cinque è dirigente, percentuale ineguagliata. Carlo Verdelli, Roma non perdona”.

Per il resto, giungono notizia di record negativi per Rai Uno dove  un programma di informazione dedicato a Sergio Zavoli ha raccolto poco più del 5% di share, un record per la rete !!! 
“Mi rendo conto... mi  rendo conto…” ripeteva spesso Peter Sellers in Oltre il giardino…

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Agosto

Oggi pausa

giovedì 6 agosto 2020

Il Gialletto di Viale Mazzini: la parola agli avvocati


La notizia di oggi è la morte di Sergio Zavoli. Poco da dire, nulla da aggiungere. Quando ci lasciano figure importanti, rimane solo il senso di vuoto,  di assenza e di privazione e viene subito il confronto rispetto a quelle che oggi sono il nostro presente e, forse, il nostro domani. Chi lo ha sostituito, chi ha preso il suo posto, chi ha raccolto la sua eredità, quale che essa sia?  Poniamo questi  interrogativi ai nostri lettori perché magari ci sfugge qualcuno, ma chi vi scrive ha la vaga sensazione che non ci siano in giro tante figure di pari spessore, di pari intensità. 
Il “socialista di Dio” come lui stesso ha scritto, nella sua statura e nella sua dimensione politica e umana è stato anche l’uomo di contrappeso alla egemonia Dc in Rai che ha dato poi vita alle stagioni d’oro del duopolio con il PSI di Bettino Craxi. La storia, forse, è ancora troppo fresca per essere scritta tutta per intero, ma difficile non osservare come quel periodo potrebbe non essere stato proprio un momento felice per il Servizio Pubblico Radiotelevisivo nazionale. Con l’uscita di scena di Zavoli potrebbe essere chiuso definitivamente quel capitolo e oggi leggiamo altre pagine, con altre figure, con altre e diverse prospettive.

Questo blog, come  noto, ha come titolo e come ambito di riferimento “La Rai prossima ventura” ed è evidente come ‘il suo interesse è prevalentemente concentrato su tutto ciò che in qualche modo aiuta a intravvedere il suo prossimo futuro. Giocoforza, siamo indotti a rivedere spesso il passato, senza il quale sarebbe difficile comprendere fenomeni complessi.

Da alcuni giorni abbiamo iniziato il racconto di un “gialletto” estivo che ha preso forma dall’arrivo di un  misterioso e rocambolesco documento “confidenziale”. Chi è pratico di letteratura gialla conosce l’acronimo FYEO e già quando appare sul frontespizio di un testo  desta curiosità. La combinazione fortuita ha voluto che proprio mentre questo documento veniva presentato e approvato in Cda Rai, con buona pace e silenzio imbarazzante di quasi tutta la stampa, due personaggi di notevole rango politico, legati da un insolito destino sul fronte del partito di appartenenza (il PD) e dalla comune passione (il cinema), si aggirassero per dritto e per rovescio, intorno a Viale Mazzini. Qual è il problema? Nulla di male a passeggiare ed incontrare AD che si aggirano da quelle parti. Abbiamo scoperto poi che un terzo personaggio si aggira sulla scena, è un ministro di alto livello al  punto tale che qualcuno lo ha anche indicato come possibile candidato alla Presidenza della Repubblica. Anche lui, per fatal combinazione, condivide con i primi due le stesse caratteristiche: il PD e il cinema.

Allora ecco che riprendiamo il racconto: abbiamo scritto che il documento si riferisce al Contratto tra  Rai e Rai Cinema per la cessione di passaggi di opere audiovisive. Tra i due soggetti è stato istituito una sorta di “Contratto di Servizio” che, in premessa del documento di cui scriviamo, si legge che prevede “una serie di adempimenti reciproci che nel tempo si sono rivelati particolarmente gravosi e, spesso, di fatto, inattuati”.

Questa frase, da sola, merita l’intervento della Corte Costituzionale, della Cassazione, del Consiglio di Stato, del Tar, dell’assemblea di condominio, della Croce Rossa e quanti altri. Rai Cinema, si legge sempre in premessa, nasce con l’obiettivo di “creare un centro autonomo di competenze e attività nel mercato delle opere audiovisive … nonché generare utilità economiche” si intende a favore di Rai che la controlla per intero. Cosa che è puntualmente avvenuta a tutto vantaggio delle casse di Viale Mazzini, come è giusto che sia. Dunque, dove si rileva la “gravosità” del contratto e chi sarebbero i soggetti che ne subiscono conseguenze negative dai mancati adempimenti? E quali sarebbero poi? Qualcosa non torna. Sarà che ci siamo passati dentro, ma c’è qualcosa che torna dal recente passato e che vede ancora una volta protagonisti, diretti e indiretti, se non gli stessi personaggi, gli stessi attanti, cioè gli stessi interessi e disegni nemmeno poi tanto oscuri che hanno portato alla privatizzazione di una parte di Rai Way.
Sarà questo il filo rosso che congiunge ieri, oggi e domani? Il “gialletto” prosegue. Intanto, facciamo lavorare gli avvocati, gli esperti di diritto che pure tra i nostri lettori non mancano.


martedì 4 agosto 2020

Il gialletto

Nel mentre e nel quando il gialletto dell’estate si infittisce, questa mattina c’è una notizia: il Consiglio di Stato ha scritto chiaro e tondo che ha ragione AgCom quando sostiene che Rai disattende il Contratto di Servizio a proposito di pubblicità. Ora la palla torna al Tar e agli avvocati di Viale Mazzini che hanno 60 giorni per presentare un ricorso (uno più uno meno). Curioso osservare come lo stesso Consiglio di Stato sta ancora studiando la questione del ricorso sul prelievo dei 150 milioni dopo quasi quattro anni mentre per questo problema è stato velocissimo. Potenza del denaro.

Sul gialletto stiamo “studiando le carte” perché c’è molto da capire e approfondire. Il documento che ci è pervenuto è corposo nella quantità e sostanzioso nel merito. Tanto per rimanere nel solco della letteratura gialla, siamo quasi di fronte alla pistola che ancora non ha sparato ma che quasi certamente ha il colpo in canna, pronta a colpire non appena si saranno verificate le condizioni per fare un nuovo delitto, quasi perfetto, ai danni del Servizio Pubblico.

Piano piano, lentamente, ne verremo a capo. Rimanete sintonizzati.

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Torbido affare

L’affare si intorbida. Il gialletto dell’estate si infittisce: non abbiamo fatto nemmeno in tempo a scrivere le prime righe e … zacchete … un solerte e appassionato lettore ci invia in modo rocambolesco un documento che ancora non possiamo nemmeno definire con un titolo. Per il momento lo chiamiamo “appunto riservato”. Di che si tratta? Abbiamo appena iniziato a leggere le prime righe e già qualcosa va storto: “L’impostazione originaria del contratto rispondeva a logiche oggi non più attuali …”. Accipichhia, vuoi vedere che è passato qualche anno e non ce ne siamo accorti? Vuoi vedere che è cambiata qualche “logica” e nessuno ci ha avvertiti? E poi, quali sarebbero queste “logiche” oggi mutate al punto di dover rivedere qualcosa di tanto rilevante? Ma a cosa si riferisce il solerte scrivano?
 A Rai Cinema.
La questione diventa seria.

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lunedì 3 agosto 2020

Il giallo dell'estate


Definirlo “giallo” forse potrà essere alquanto eccessivo però, bisognerà ammetterlo, c'è qualcosa di oscuro e di misterioso nella vicenda che andiamo a raccontare. La nebbia e il mistero che avvolge la vicenda sembra un film e, infatti, parleremo di cinema. Lo spunto ci è venuto quando abbiamo saputo qualcosa su Rai Cinema e su quello che si agita nella testolina calda di qualche misterioso personaggio interno ed esterno a Viale Mazzini. diciamo pure che i personaggi si intrecciano e si incrociano lungo sentieri perversi e forse anche diabolici.

Per iniziare, sarà necessario prenderla da lontano e tornare indietro di qualche anno.


Metteteci comodi: da domani iniziamo.

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domenica 2 agosto 2020

2 agosto 1980


2 agosto 1980. 
Intorno alle 10.35 i telefoni  iniziano a squillare: a Bologna è scoppiata una bomba, ci sono molte vittime. Chi vi scrive, quel giorno era di turno in redazione alla radio dove leggeva la rassegna stampa. Appena mi  rendo  conto di quanto era successo, chiamo il  Ministero dell’interno per avere conferme e notizie.  Mi dicono che entro poco tempo sarebbe partito un aereo militare da Ciampino che poteva portare i giornalisti. Mi accredito, prendo il registratore e parto. Intorno alle 13 arriviamo alla stazione di Bologna. Tutte le parole necessarie per descrivere quello che abbiamo visto sono state usate. Posso solo ricordare l’odore acre. Posso solo ricordare i volti delle persone. Posso ricordare l’autobus utilizzato per deporre i corpi delle vittime. Posso solo ricordare un senso di smarrimento, di vuoto, di paura.  Posso solo ricordare un profondo senso di rabbia pensando a chi poteva essere stato capace di fare tutto quel male. Allora e ancora oggi non mi sono mai chiesto il perché. Come se fosse stato tutto già scritto in modo molto semplice: da una parte il bene e dalla parte opposta il male. Ridotto ai minimi termini, da sempre, i conflitti tra gli esseri umani si ricompongono in termini elementari. 
A quel punto dovevo superare il turbamento. Appena arrivato ho avuto bisogno anzitutto di parlare con una persona a cui ero affettivamente legato: mia suocera Valentina. Avevo bisogno di liberare un’emozione intima, privata.  Sembra strano, ma è stata la prima persona che mi è venuta in mente e con la quale potevo non avere timore di piangere. Ho pianto. E poi sono finite le lacrime, ho smesso e ho iniziato a telefonare in redazione per raccontare quello che vedevo, quello che sapevo.

È rimasto quel timbro, quel marchio di fabbrica, con il quale, forse, si nasce. Osservare e raccontare, come fanno tanti colleghi ogni giorno in ogni parte del mondo. Non è solo un mestiere. Sembra quasi un motore della propria anima. Come ho scritto tante volte: ognuno di noi è ciò che è in grado di raccontare. Chi lo fa per dovere e chi per piacere. Ognuno di noi rappresenta se stesso e il mondo  che lo circonda con le parole che conosce e che spesso sono poche, non sufficienti a descrivere tutto il passato e tutto il presente. Un po’ come avviene con questo blog che proprio in questo periodo compie due anni di vita. Quasi ogni giorno un post, un piccolo racconto quotidiano dentro e fuori la Rai, il Servizio Pubblico, da solo e in compagnia di migliaia di persone che leggono Bloggorai.  

Da domani, riprende il racconto sul futuro della Rai, del Servizio Pubblico e ci sono notizie e un tema molto interessante che stiamo studiando e verificando: Rai Cinema. Nel recente Cda di Viale Mazzini è stato affrontato l’argomento.

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sabato 1 agosto 2020

Stay tuned

Interessanti novità in arrivo tra oggi e domani...

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