sabato 30 settembre 2023

RAI e Mediaset: a che punto è la notte?

Foto di Lukas Baumert da Pixabay

A che punto è la notte della RAI, del Servizio Pubblico ovvero soggetti diversi e distintamente intesi tra loro? E cosa succede tra RAI e Mediaset? Mah … in questi giorni c’è luna piena che, come noto, a qualcuno (il sottoscritto) causa qualche disturbo del sonno ma concede pure qualche vantaggio.

Alla fine dell’estate avevamo tracciato un quadro dei diversi campi di battaglia dove si sarebbe consumato il destino di Viale Mazzini cioè il Palazzo dove, in questo caso, si racchiudono e convivono i due soggetti. Le scaramucce sono iniziate, alcune palesi, molte altre occulte, altre ancora nella terra di mezzo. Nel senso che sembra più una guerra di guerriglia che uno scontro aperto. La più nota, e forse quella più rilevante, è quella sulla quale siamo più aggiornati cioè il Contratto di Servizio in Vigilanza RAI: il nemico è alle porte e martedì, alle 20, ci potrebbe essere lo sfondamento delle esigue e deboli barricate. E già, perché truppe eroiche pronte al sacrificio per difendere non tanto il Contratto e gli interessi la RAI ma la natura, l’essenza del Servizio Pubblico, sembrano essercene poche e quelle poche sono pragmatiche: “E’ la politica, l’arte del possibile non quello del desiderabile” ci dicono. Sottinteso: faremo il possibile ma fino ad un certo punto. Non solo: all’orizzonte non c’è un VII cavalleria pronto a venire in soccorso. Se si tratta di salvare il salvare il salvabile, si accetta tutto, perfino l’intendenza con il nemico dove, in cambio di qualche emendamento, si potrebbe accettare la resa sul primo fronte di battaglia. C’è ancora un filo di speranza. Vedremo.

Il fronte editoriale, segnatamente gli ascolti, sta andando maluccio per la nuova gestione Rai Destra. In ballo non c’è il successo delle persone, dei format o dei conduttori. In ballo ci sono tanti milioni di pubblicità che saltano, traballano e questo non fa dormire sonni tranquilli.  

Su questo fronte, oggi da segnalare con rilievo una interessante intervista a Carlo Freccero su La Verità (ne parleremo più avanti).

Il fronte canone, apparentemente, è silenzioso e questo per certi aspetti è più preoccupante di un clamoroso  progetto. Il gruppo di lavoro proposto dal ministro Giorgetti è, appunto, al lavoro e non si escludono sorprese. Da non dimenticare che il suo stesso partito, la Lega, ha presentato una proposta di Legge finalizzata alla sua riduzione progressiva.

Infine, da segnalare l’apertura ufficiala di un fronte di battaglia formalmente secondario ma sostanzialmente importante: è stata presentata la prima candidatura per il nuovo rappresentante dei dipendenti Rai in sostituzione del compianto Riccardo Laganà. Si tratta di Davide Di Pietro, vice presidente di RAI Bene comune – Indignerai, e segretario della sezione Snater della sede di Torino. Saranno gli elettori a decidere. Quello che intanto possiamo osservare che non si sono, al momento, palesate altre candidature. Pesa molto l’incognita di essere sottoposti ad una doppia votazione nell’arco di pochi mesi perché, comunque a metà del prossimo anno il Cda si rinnova e quindi non c’è tanta voglia di esporsi o bruciarsi. Certo è che chiunque sarà eletto dovrà entrare in un agone competitivo molto aspro: i prossimi mesi saranno molto duri e, se è vero anche solo la metà di quanto ci ha raccontato l’altro giorno l’Autorevole Dirigente Anonimo, lo scontro tra Sergio e Rossi potrebbe acuirsi e un voto a favore dell’uno o dell’altro cambierebbe non poco le carte in tavola. È verosimile supporre che i due guardino con molta, molta, attenzione cosa potrà succedere su questo fronte.

Bene, veniamo all’intervista di Freccero che merita di essere stampata (solitamente non lo facciamo) e conservata. Finalmente, ogni tanto, qualcuno prova a ragionare e proporre spunti di riflessione! Iniziamo dal titolo “La lotta al trash di Pier Silvio serve al salto europeo di Mediaset” e leggiamo qualche spunto: “Bene, c'è una tv prima della scomparsa del re Silvio e una tv dell'erede, Pier Silvio, che persegue un obiettivo: fare un network europeo di tv generaliste. Nel mondo non esiste un corrispettivo, ma è l'unica strada per reggere alla concorrenza delle piattaforme” … “Facciamo una previsione: l'erede vincerà la scommessa? Ce la farà, mentre la Rai si sposta a destra, a riequilibrare Mediaset a sinistra arruolando Berlinguer, Merlino e Littizzetto? «I due figli del primo matrimonio, Marina e Pier Silvio, hanno sempre anteposto l'azienda alla politica. Credo che a loro non interessi altro che il futuro di Mediaset. Che, per espandersi, deve esprimersi politicamente con la maggioranza europea”

Ecco un tema interessante: la nuova era della RAI di Destra coincide con la nuova era di Mediaset del dopo Berlusconi laddove la prima annaspa tra mille difficoltà, interne ed esterne, la seconda invece cerca una proiezione di mercato europeo anche in funzione di contrasto alle piattaforme. La prima ha in conti traballanti, la seconda ancora no. La prima gongola con la Faggiani che fa il 10% intervistando De Martino e Fabrizio Corona (personaggi della galassia Mediaset) o regala spot a Netflix e la seconda cambia pelle con un “politicamente corretto” in salsa europea e se ne guarda bene da fare regali alla concorrenza. La prima si sorregge con Villa Arzilla, la seconda strizza l’occhio ai “diversamente giovani”.

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venerdì 29 settembre 2023

Passeggiando ...

 

Foto di Tim Hill da Pixabay

Oggi una splendida giornata d'autunno ...
merita una passeggiata !!!

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ps: comunque rimanete sintonizzati .. non si sa mai !

giovedì 28 settembre 2023

Innocenti e qualificate conversazioni in un pomeriggio di primo autunno sulla RAI di destra


Ci può anche stare che dopo quasi 35 anni di “militanza” dentro l’Azienda e oltre 5 anni di pubblicazioni, Bloggorai possa essere alquanto letto dentro e fuori Viale Mazzini e essersi conquistato, giorno dopo giorno incessantemente, una certa credibilità. Sappiamo per certo che ogni mattina, più o meno dopo la Rassegna stampa, un occhio a quanto scrive Bloggorai lo danno in molti.

Sicché, oggi succedono due cose che hanno sollevato attenzione: la prima avviene con la pubblicazione di due articoli pressoché paralleli su La Stampa e Il Foglio. Da tempo eravamo già incuriositi per l’insolita ricchezza di informazioni che, conoscendo il pollaio, trapelavano in modo bizzarro in tanti articoli. Quelli di stamattina poi hanno suscitato più attenzione del solito perché da giorni ci si stava girando intorno: cosa succede nella “nuova RAI” di destra? Come stanno andando le cose (ci limitiamo, per ora, al solo aspetto editoriale)??? La seconda cosa successa è che quando abbiamo posto questa domanda in giro qualcuno avesse voglia di dire qualcosa di più che una semplice battuta. “Maluccio, grazie” è la prima risposta un po’ stizzita. Ma oggi andiamo più a fondo e, tra una chiacchera e un caffè, qualcuno trova la voglia e il tempo di raccontarci qualcosa di interessante. Ne prendiamo atto, non abbiamo alcun modo di verificare direttamente (e se pure lo potessimo fare, la risposta e la smentita la conosciamo in anticipo) e riportiamo più o meno fedelmente il succo della conversazione con l’autorevolissimo e rigorosamente anonimo personaggio.

“Era fatale che succedesse, è tutto scritto nel libro del destino: i due stanno insieme per combinazione casuale e per momentanea convergenza di interesse. Il punto è proprio il momentaneo. L’uno, Sergio, è un noto volpone con il pelo democristiano sullo stomaco e l’altro, Rossi, è una specie di miracolato imposto e voluto dal Governo quasi “manu militari”. I due hanno prospettive diverse e divergenti. Il primo corre seriamente il rischio di tornare a fare il dirigente più o meno di lusso alla Radio mentre il secondo potrebbe essere destinato a fulgido splendore al prossimo giro di boa del Cda in scadenza a metà dell’anno prossimo. Potrebbero avere  ricevuto un ordine di scuderia: deve andare tutto bene! Dunque, hanno pure l’obbligo di apparire solidali. E invece, proprio tanto bene non sembra proprio che vada. Sembra, pare, dicono, che all’ennesimo titolo sulla “crisi RAI” qualcuno abbia dato fuori di testa. Come al solito, come è sempre successo nelle diarchie del VII piano, ognuno si forma la sua squadretta di fedelissimi e aficionados e via … l’uno contro l’altro armati.

Caro Bloggorai, sai bene che certi fenomeni “giornalistici” in Rai non avvengono mai per caso o per fatal combinazione. Tutto ha un senso, una regia, una manovra in corso. Si, lo so, dirai che è la solita teoria complottista, della guerra per bande che da decenni si consuma dentro il Palazzo. Si, è vero. Con un piccola e leggera differenza rispetto al passato: le diarchie del passato erano tra bande politicamente antagoniste (Dc e Psi per esempio). Oggi no: fanno parte entrambe della stessa maggioranza di Governo. Polli che razzolano nello stesso pollaio. Detto tra noi (sic!!!) uno ci capisce e l’altro annaspa.

Dunque, si intrecciano due filoni: uno personale che interessa il destino dei due personaggi. L’altro squisitamente politico che interessa l’immagine del Governo proiettata dentro il piccolo schermo della RAI. Veniamo a questi giorni, a queste ore. L’aria che tira è insopportabile, qualcuno deve pagare pegno. Chi? E come? Sembra che Palazzo Chigi abbiano sostenuto, e nemmeno tanto larvatamente, che non è possibile che il Dossier Rai sia così bollente. Allora, non so se ho reso lo scenario: due guerre in corso, o chiamale se vuoi “tensioni”: una tutta interna ai Palazzi romani e l’altra specificamente tra il Palazzo di Viale Mazzini e quello di Rai Pubblicità dove riferiscono di un certo “malumore”. Sono stato chiaro?”

Caro Autorevole Dirigente Anonimo … chiarissimo.. grazie! Per certi aspetti, nulla di nuovo sul fronte occidentale. Bloggorai lo ha scritto poco dopo la nomina dei due personaggi: è solo un problema di quando e non di se. Quale che forse non era facilmente prevedibile è l’acuirsi della crisi di ascolti con le nuove trasmissioni, quelle che fanno storcere il naso e perdere soldi di pubblicità. Un conto è parlare di crisi, altro conto è pagarne il conto.    

Bene: vi dobbiamo un aggiornamento importante sul Contratto di Servizio in Vigilanza RAI: il voto è stato rinviato ala settimana prossima. Un piccolo e significativo segnale: da un lato segno di trattative in corso, dall’altro di difficoltà (interne all’opposizione).  

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mercoledì 27 settembre 2023

Il delitto "quasi" perfetto

Foto di Alexa da Pixabay

Un delitto “quasi” perfetto è come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Un delitto è un delitto e la sua perfezione è una variabile subordinata. Un bicchiere mezzo pieno, indipendentemente da come lo si osserva, è anzitutto un bicchiere riempito a metà. Accontentarsi del mezzo pieno o lamentarsi del mezzo vuoto, anch’ essa è una variabile subordinata.

Oggi potrebbe succedere qualcosa destinato ad entrare nei libri di storia. Si potrebbe divaricare compiutamente il destino della RAI e quello del Servizio Pubblico diventando così due soggetti radicalmente diversi. Da una parte l’Azienda RAI, con i suoi interessi, i suoi equilibri politici interni/esterni, i suoi gruppi di potere e potenti lobby, le sue logiche strutturali e di mercato, dall’altra il Servizio Pubblico ovvero il suo ruolo e la sua missione nel contesto della vita democratica e sociale del Paese. Questi destini, come già da tempo sembra accadere, si stanno divaricando.

Cosa potrebbe succedere oggi? Potrebbe succedere che il frutto avvelenato di un albero malato cade in terra: la Vigilanza Rai potrebbe votare la nuova bozza di Contratto di Servizio, forse rivisto e corretto in qualche sua parte seppure importante ma privo della correzione fondamentale: la definizione degli obblighi specifici. Per quanto abbiamo saputo, capito ed intuito, le cose potrebbero  andare male. Potrebbe succedere anzitutto che venga avvallato l’obbrobrio ottuso ed ostinato della scadenza del 30 settembre pervicacemente sostenuto dalla Presidente Floridia. Poi potrebbe succedere che l’opposizione di PD e M5S non trovino l’accordo su alcuni passaggi fondamentali e, infine, potrebbe pure succedere che questo accordo venga pure raggiunto al minimo indispensabile a garantire, sempre per espressa volontà della Presidente, di votare la bozza all’unanimità senza capire quale possa essere il fondamento di questo proposito.

Come si legge tutto questo? Anzitutto riavvolgendo il nastro della storia dei questo Contratto: nato sottobanco, secretato, minacciato e disegnato da mani occulte e potenti che guardano oltre l’Azienda e che hanno visto la “politica” soccombere alla congiura del silenzio. Questo disegno ha richiesto silenzio e velocità di esecuzione. Questo documento nasce pubblicamente il 12 luglio e muore il 28 settembre e nel merito di quanto contenuto non c’è stato stormir di fronda di dibattito e attenzione se non qualche timido refolo di arietta fresca. Il delitto quasi perfetto si è consumato nella fusione fredda di interessi che puntano sostanzialmente a realizzare l’impero del palinsesto universale dove tutti valgono tutto, dove ognuno può fare liberamente quello che vuole senza vincoli e obblighi. È il “mercato” bellezza!!!

Provate a rivedere i nastri dei palinsesti recenti: una rete vale l’altra, un conduttore/conduttrice si spostano indistintamente da un canale all’altro, le trasmissioni di intrattenimento giornalistico o di spettacolo leggero sono pressoché identiche, i documentari documentano tutti lo stesso documentabile che ora è Pompei, domani sono le Piramidi. fate zapping tra i canali RAI, Mediaset e LA7 e aggiungete pure un passaggio su Netflix o Prime appare tutto simile. Come ha detto recentemente Sigfrido Ranucci: "...la Rai perde identità...". 

La trasmissione che tanto piace ad oltre un milione e mezzo di persone e che fa gongolare più di qualcuno a Viale Mazzini, raccoglie consensi invitando Fabrizio Corona, un certo Stefano Di Martino e la cantante Arisa e lo chiamano “servizio pubblico” e, per addolcire lo sguardo, aggiungono pure “sostenibile”.  

Come pure gli spot promozionali a favore di Netflix e così via ... tutto lascia pensare che il Contratto di Servizio non è più nella sfera di interesse della politica ma in quella degli “operatori” economici (agenti, piattaforme, altre emittenti, società di produzione etc). La “politica” ne prende atto, cerca di salvare la faccia con qualche emendamento più o meno condivisibile e “tira a Campari”.

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RAI: con l'opposizione all'acqua di rosa, questo Governo vincerà sempre



Oggi a Bloggorai fumano le narici … la tastiera ribolle … la voglia di sfasciare il pc e gettare il cellulare dalla finestra è tanta. Ieri sera abbiamo visto qualche frammento di RAI. Il mal di pancia si fa acuto. Ne parleremo.

Premessa: la Storia, qualche volta, è in grado di esprimersi con frasi tonanti, potenti, di quelle che si incidono con il ferro e con il fuoco sul granito di Assuan. La Storia, con la S maiuscola, qualche volta, è in grado di rappresentare un momento, un istante, una sintesi di se stessa con immagini e persone che rimangono incise nella memoria, laddove emergono per poi essere raccontate ai figli e nipoti. La Storia, qualche volta, sempre quella con la S maiuscola, ci prende per mano, delicatamente o violentemente a seconda delle circostanze ci conduce sui sentieri della pace o della guerra per metterci in grado ed esporci meglio a comprendere il presente e il futuro che ci attende.

Perché la Storia ci tormenta e cosa ci viene in mente questa mattina per evocarla con tanta tensione? Lo ammettiamo: siamo leggermente, una puntina, tanticchio incavolati neri. Perché e con chi? Il perché è generico e facile da indovinare: ogni giorno che Dio manda in terra siamo costretti a sorbirci le nefandezze di questo Governo e, allo stessa tempo, dover constatare con tristezza l’assenza di una opposizione degna di questo nome. A proposito di Storia, ricordate la famosa invettiva di Nanni Moretti a Piazza Navona del febbraio 2002: “È stata una serata inutile, con questi dirigenti non vinceremo mai. Ci vorranno generazioni prima che il centrosinistra torni a vincere”. Un Profeta, una frase che regge ancora benissimo l’usura del tempo. Anzi, per certi aspetti, si è pure aggravata.

Ecco il motivo, in questo momento, di tanta irritazione che questa mattina torna in modo particolare.

Oggi, in particolare, siamo alquanto “divertiti” nel leggere una punta di diamante del fronte democratico, progressista e innovatore che si lancia con veemenza inaudita, quasi con ferocia sanguinaria, contro le scempiaggini sul nuovo Contratto di Servizio. Leggiamo sul Manifesto, a firma Vincenzo Vita, un articolo titolato “Rai, un contratto di servizio dio patria e famiglia”. Il Governo e i suoi ministri più coinvolti hanno tremato leggendolo. La Meloni, chissà, potrebbe avere avuto uno stranguglione mentre a Viale Mazzini hanno convocato una riunione di emergenza del Comitato Strategico.

Ora, come si dice, benvenuti a bordo, buongiorno bellezza. Di questo argomento si sa tutto da mesi, quasi da un anno, ed è passato pressoché inosservato, sottotraccia, silenziato e nascosto con  buona pace di quasi tutti, più tutti che quasi. Questi quasi tutti, compreso l’autore dell’articolo, se ne sono guardati bene dallo studiare già dai primi di luglio il testo completo del nuovo Contratto sul quale c’èra abbondanza di argomenti per sparare a palle incatenate e scatenare l’inferno almeno per aprire il dibattito, rendere pubblici i suoi contenuti più nefasti. Silenzio. Tutti muti.

La presunta opposizione, il l2 agosto scorso, è stata capace invece di fare un guazzabuglio che da solo basta la metà per far scoraggiare ogni ipotesi di creare qualche fastidio a Meloni &C. Ricordate bene: quel giorno è successo che Repubblica titola “La riforma RAI targata PD. Serve il modello BBC per fermare la lottizzazione” (ora ci penserà la Soldi a farci sapere come si potrà fare). Nel mentre che a Montecitorio veniva indetta una conferenza stampa per ri/presentare una proposta di legge ammuffita nei cassetti. Una proposta di riforma RAI, semplicemente, NON esiste se non quelle, anch’esse ammuffite nei cassetti, presentate nelle precedenti legislature. Nel frattempo, su come stava procedendo l’iter in Vigilanza e le relative audizioni, silenzio tombale. Eppure, ce ne sono state almeno due di particolare importanza: la prima del presidente AgCom, Giacomo Lasorella, che ha lasciato agli atti un documento formidabile e la seconda quella di Roberto Zaccaria dove ha posto paletti difficilmente eludibili.  

È passato tutto invece come acqua fresca ciò che riguarda l’architettura fondamentale di questo Contratto, il suo senso generale, la sua filosofia, la sua missione e visione del Servizio Pubblico che disegna per il prossimo futuro. Che non è buono, anzi è minaccioso e pericoloso. Certo, poi ci sono gli emendamenti correttivi, quelli che modificano qua e là storture e “sgrammaticature” inaccettabili. Però, la buona sostanza, i fondamentali, corrono seriamene i rischio di essere compromessi. Ne abbiamo già scritto sull’Emendamento n. 1 (Vita lo definisce semplicemente “svarione”), quello che regge tutto il Contratto: se non passa quello del M5S (dove si dice che l’Allegato 1 deve essere cancellato in ogni parte e deve diventare un articolo specifico) a differenza di  quello del PD, rivisto e annacquato al profumo di rosa, tutto il resto è subordinato, quasi irrilevante.

Se Pd e M5S non riescono a convergere su questo punto, la frittata è fatta e non ci saranno speranze. Hai voglia poi a strepitare sul Governo della Destra a Viale Mazzini o la Meloni che si impadronisce del Servizio Pubblico. Con questa opposizione vinceranno facile.

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ps: il mal di pancia si riferisce, in particolare, alla trasmissione di RAI Due, le Belve e all'aver sentito, anche a  RadioRAI, l'ennesimo spot promozionale a Netflix


martedì 26 settembre 2023

Luna nera sul cielo di Viale Mazzini


Nottambuli, sonnambuli, adoratori della luna, inguaribili giocatori di poker … tutti accomunati da un insolito destino: vigili testimoni delle ore notturne. Così, succede, che comodamente e pigramente sdraiati sul divano, con il telecomando del tv in mano, si fa zapping curiosando tra un canale e l’altro. Giocoforza, si inizia dai canali RAI dove, a tarda notte, su RAIUno e RAITre va in onda in simultanea Rai News24. come noto, si tratta di trasmissione solitamente dedicata a pochi intimi (Auditel ci dice che raccoglie mediamente  tra le 02.00 e 25.59 circa 450 mila telespettatori con uno share dello 0,54% pur occupando circa 200 giornalisti e un budget di qualche centinaio di milioni). Bene, alle 02.34 precisi minuti va in onda una specie di "speciale" dedicato alla prossima trasmissione su Vasco Rossi realizzata da Netflix ovvero un gentile omaggio promozionale ad un diretto concorrente RAI che, supponiamo, essendo redazionale giornalistico non ha incassato un soldo di solida e concreta pubblicità. Nulla di nuovo, intendiamoci, già nel passato ne abbiamo visti spesso e volentieri di gentili omaggi alla concorrenza, quale che essa sia. Però, ora siamo in presenza di una fenomeno relativamente nuovo: la crisi di ascolti RAI rispetto alla concorrenza.

Bene, allora poniamo un problemino: in epoca di risorse sempre più ristrette e incerte, quando costa la perdita di telespettatori che la RAI sta vivendo da qualche tempo a questa parte? Quanta pubblicità in meno entra nelle casse di Viale Mazzini? Quale è la prospettiva che si intravvede e cosa stanno immaginando gli strateghi del Servizio Pubblico per fronteggiare questa situazione? Cominciamo con il ricordare un famoso articolo di Marco Travaglio del 2007 quando un suo lungo e dettagliato racconto sui rapporti incestuosi tra Rai e Mediaset venne titolato: “Mediaset tracolla? Per salvarla basta che la RAI perda audience e pubblicità”. Veniamo a qualche titolo recente: La Stampa ad ottobre dello scorso anno “L’autunno caldo dell’audience, Viale Mazzini cola a picco, Mediaset e La/7 godono” e pochi mesi dopo “Fuga dalla Tv”; Italia Oggi “Auditel, Mediaset supera la RAI” e pochi giorni addietro il Sole 24 Ore con “Tv, la difficile estate Rai e gli ascolti di Mediaset sopra il servizio pubblico”.

Ora, evidente, il presupposto del titolo di Travaglio è cambiato in meglio per Mediaset che non tracolla affatto ma sembra godere di buona salute mentre invece il corollario del titolo sembra quanto mai attuale. Chi ne beneficia della perdita di ascolti RAI? Auditel è “democratico” e distribuisce i suoi favori un po’ a tutte le altre emittenti, analogiche o digitali. Una cosa alla volta. Da tempo ricorre una domanda: quanto vale commercialmente, in soldoni, un punto di share televisivo? Difficile trovare una risposta, specie se si pone questa domanda in casa RAI Pubblicità. Però, il formidabile archivio di Bloggorai, al solito ci aiuta. Abbiamo trovato una specie di glossario pubblicato da La Stampa nel 2010, a firma Alessandra Comazzi dove si legge “Ascolti televisivi, tutti i segreti di share e Auditel - Il tg di Enrico Mentana aumenta gli ascolti, quelli che decidono gli investimenti pubblicitari. Quanto vale un punto di share? Vale, in media e per un anno, 13 i milioni di euro. Diciamo dai dieci ai 15, dipende dalla situazione economica e dalle scelte dei network, dal «peso specifico» di ogni emittente. Lo share dei singoli programmi contribuisce a determinare lo share medio della rete. Che è quello valutabile nei 13 milioni di media. I telegiornali vengono considerati? Certo, pure l’ascolto dei tg va a far media con la rete. Per questo sono sempre importanti il traino o la spinta, quello che viene prima o quello che viene dopo. «Vengo dopo il tg», come cantava Arbore. Il pacchetto si acquista in blocco”. 

Vogliamo supporre che dopo oltre 13 anni le valutazioni possano essere diverse? Si, è ragionevole e allora è necessario ipotizzare che il valore media sia cresciuto in modo rilevante. Inoltre, da allora, obbligatorio osservare chela torta del mercato pubblicitario si è notevolmente ridotta insieme a tutta la platea televisiva dove, peraltro , la composizione per fasce di età determina in modo significativo il suo “spessore” economico. In altri termini, semplificando, le prospettive per RAI su questo fronte cominciano ad essere vivamente preoccupanti mentre non si avvertono segnali di inversione di rotta.

Dunque, come abbiamo scritto spesso e volentieri, i campii di battaglia sui quali è impegnata la RAI sono cruenti dove non si faranno prigionieri. Mediaset, è verosimile, non perderà l’occasione per affondare i colpi e questo inizio di stagione lo lascia chiaramente intravedere. Gli altri non sono da meno e non saranno alla finestra ad assistere inermi, anzi. Si da il caso però che si avverte, dentro Viale Mazzini, e non solo da stanotte (Fazio docet) qualcosa che somiglia sempre più ad “intelligenza con il nemico” come, appunto quanto vi abbiamo citato sullo spottone gratuito a Netflix su RaiNews24 (già: quanto vale on temini pubblcitari?). Ma, attenzione, non è solo “intelligenza” editoriale o pubblicitaria: come è noto c’è un vistoso fenomeno di “intelligenza politica” con il Governo ben più grave. Come è noto, è in corso il più importante dibattito sul futuro democratico del nostro Paese con la proposta di riforma costituzionale e avere la Rai al proprio fianco su questo terreno per Meloni&C non è irrilevante. Ne parleremo ancora.

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lunedì 25 settembre 2023

RAI: una risata la seppellirà

Foto di Wilson Joseph da Pixabay

Il cambio di stagione, come diceva la mia povera e santa mamma, richiede una dose di energia in più. Tant’è che si preoccupava di somministrare a me e ai miei fratelli dosi massicce di “complesso polivitaminico B12” con la scusa che era necessario per una buona ripresa dell’anno scolastico. Era orribile, quasi disgustoso e però, devo ammettere, faceva il suo effetto. La nota a margine di questa piccola storia è che per farci sorbire l’amaro “bibbitone” cercava di accompagnare la cerimonia facendoci ridere con qualche battuta spiritosa. Detto da lei che invece era una specie di maresciallo con la gonna, donna tutta d’un pezzo, austera e formale, non faceva che aumentare l’effetto comico. Morale della favola: prendevamo il “bibbitone” quasi con piacere.

Eccoci, siamo al solito “cambio di stagione” in RAI e si avverte fortemente la carenza di energie, di idee, di proposte, progetti e pensieri forti quali che essi siano. Nuovi programmi all’orizzonte? Va di lusso quando si pensa a Ballando con le Stelle. Se non c’è acqua nello stagno le papere non sanno come galleggiare: non ci sono soldi oppure, se ci sono, vengono spesi male. 

E, ovviamente, non è solo un cambio di stagione editoriale ma anche politico e pure assai minaccioso. In questi giorni, sei fortunato se capita di leggere che una trasmissione di Canale5 con la Littizzetto batte Amadeus … roba forte!!! Bloggorai si deve appigliare al Contratto di Servizio per cercare di affrontare qualcosa che vada oltre le miserie quotidiane di chi fa mezzo punto in più o meno di share. È una RAI di pochezza e tristezza quella che si affaccia alla nuova stagione editoriale (e politica). E non è un fenomeno solo di questi giorni.

La RAI non fa più ridere, nel senso che non ha più nulla nel palinsesto televisivo che possa suscitare qualche semplice e gustosa ilarità, non c’è più il genere “comico” che possa proporre una sana risata in prima serata. Prendete le serata di RAIUno: tra una replica di Montalbano e un Alberto Angela che ci porta a spasso tra le rovine di Pompei, tra un pacco di Amadeus  e Imma Tataranni o un omaggio a Ennio Moricone c’è solo da sperare che gli allegri ospiti di Villa Arzilla almeno loro possano sopravvivere indenni a tanta mestizia. E poi, a qualcuno viene in mente il paragone con la BBC dove il loro moto “Informare, educare e divertire”. Non sappiamo quanto “genere” di comicità abbiano nei loro palinsesti però, già solo il verbo “divertire” è sufficiente a manifestare un intendimento che a Viale Mazzini invece sembra non sanno nemmeno come sillabare. Però, i concorrenti Mediaset, La 7 fino a Canale 9 lo sanno fare e pure molto bene. Come diceva Padre Pizarro: "Ma te hai visto a roba che c'è là fori? miardi e miardi de galassie, de stelle de pianeti ...". Da rivedere e conservare con cura.

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domenica 24 settembre 2023

Perchè?


Le lettrici e i lettori di Bloggorai possono bene capire perché ci ostiniamo a trattare il tema del Contratto di Servizio. Nonostante qualcuno insiste a sostenere che tanto, non serve a nulla” … “è tempo perso ...” e così via noi siamo convinti al contrario che è, al momento, il solo punto fermo intorno al quale si può immaginare cosa sarà la RAI ovvero il Servizio Pubblico nei prossini anni.

Allora vi poniamo un interrogativo al quale non è facile rispondere. Premesso che sulla prima bozza del nuovo Contratto uscita a luglio abbiamo subito sollevato fortissimi dubbi e perplessità e che su questo documento sono stati presentati circa 400 emendamenti in Vigilanza alcuni dei quali ne potrebbero modificare sostanzialmente la natura originale, ci siamo chiesti “perché”, a chi giova un nuovo modello di RAI come quello che si sta prospettando? Verrebbe troppo comodo e facile assegnare al nuovo Governo di Destra la responsabilità di quanto è emerso, almeno fino alla pubblicazione della bozza formale. Non è affatto così, anzi, per paradossale che possa apparire, Meloni&C sono quasi innocenti. E allora?

Tanto per capirci ed essere molto chiari: come abbiamo scritto e ripeteremo fintanto che non vedremo il testo finale, questo Contratto NON è un contratto perché non contiene al suo interno l’oggetto stesso che ne costituisce il suo perno centrale cioè le obbligazioni: io ti do tanto e tu mi dai tanto. Semplicissimo: se l’oggetto del contratto diventa un allegato senza obbligo di attuazione (e di pubblicazione in GU) non è un contratto, semmai potrà essere un accordo. Allora è successo che questo famigerato Allegato1 presente nella bozza formale in discussione in Vigilanza, nasce, si forma e si sviluppa in un contesto RAI e Mise (ora Mimit) ben precedente al governo Meloni. Nasce sotto il coordinamento della presidente Soldi che poi ha chiamato a collaborare una dirigente esterna, Cinzia Squadrone, che anzitutto mettono tutto sotto silenzio con il tacito assenso di chi invece avrebbe dovuto battersi per la pubblicità del dibattito. Il filo conduttore, la sua anima essenziale, la sua architettura, è tutta ispirata ad una “missione” o un modello di RAI che sente forte il timbro di mercato e privato, a partire dalla storia dei KPI, del Digital Media Company e per concludersi in modo clamoroso con la volontà di espellere totalmente dal Contratto gli “obblighi specifici” previsti dall’art. 25 del precedente Contratto.  Già, ma perché? A chi giova alleggerire la RAI dall’adempiere ad “obblighi specifici” e dettagliati?

Proponiamo una possibile risposta. Il mercato audiovisivo nazionale sta attraversando una periodica crisi di trasformazione/evoluzione dove, in buona sostanza, la presenza e la forza di tanti operatori restringe gli spazi di manovra. La platea televisiva tendenzialmente si riduce, i giovani si allontanano dal teleschermo, la contesa si fa più agguerrita e il campo di battaglia si concentra nel sottrarre telespettatori agli avversari. Mediaset e La7 propongono prodotti e programmi da “servizio pubblico” e pure le piattaforme vanno a pescare nella stessa platea della televisione generalista (vedi la recente presentazione del palinsesto Netflix). Tutto è pubblico e tutto è privato, i palinsesti più o meno si somigliano e, nel momento in cui nessuno è obbligato fare qualcosa tutti possono fare tutto. Ecco il trionfo del “neoliberismo” televisivo, dal “tana libera tutti” e che, ripetiamo, non nasce in questa era del Governo Meloni che, semmai, ne gode in parte compiaciuto e, anzi, ci proietta dentro la sua visione di riforma istituzionale (della quale sarà necessario parlare). Privare la RAI di un “percorso obbligato” come il Contratto di Servizio lascia liberi spazi di mercato pronti ad essere occupati per la nota legge della fisica secondo la quale il vuoto non esiste. Il Contratto di Servizio è la carta di identità del Servizio Pubblico, ne caratterizza forma e sostanza e ne sostiene la richiesta di pagamento di un canone ai cittadini. Perché pagare qualcosa che altri (apparentemente) fanno gratis?

Sintetizziamo: questo Contratto, se nei prossimi giorni non verrà abolito anzitutto il senso e il contenuto dell’Allegato 1, di fatto si prefigura come il regalo più importante che il “mercato” (Mediaset) possa ricevere. Una RAI debole, marginale e subordinata libera spazio e risorse, cioè le materie prime sulle quali si sviluppa e prospera la concorrenza.

Concludiamo: tra i 400 emendamenti presentati, sul tema Allegato 1 ne emergono due rilevanti. Il primo è stato presentato dal gruppo M5S e si legge “…Inserire il seguente: “25-bis. Offerta di servizio pubblico” e riprodurre di seguito il contenuto dell’Allegato I. conseguentemente, ogni qual volta ricorra nel documento la parola allegato 1, sostituirla con “articolo 25-bis” conseguentemente, sopprimere l’Allegato I.” mentre in quello presentato dal gruppo PD si legge “Dopo articolo 25 aggiungere il seguente 25-bis (previsioni allegato 1) 1. Le disposizioni contenute nell’allegato 1 del presente contratto costituiscono parte integrante del contratto stesso e sono pubblicate in Gazzetta Ufficiale”. Sembrano emendamenti simili e sono accumunati dallo stesso proposito di “migliorare” le aberrazioni del testo iniziale (anche prevendendo la pubblicazione in GU), in sostanza però non sono per niente simili: con il primo il termine “allegato” viene soppresso radicalmente e si ritorna ad articolo da reinserire con tutta la sua forza cogente all’interno del Contratto. Con il secondo emendamento PD, invece, l’Allegato rimane in quanto tale, seppure le “disposizioni” si ritengono parte integrante la logica e il disegno sotteso rimane inalterato. È tutta altra cosa. Perché tanta ostinazione a mantenere aperto questo spiraglio sugli obblighi non obbligatori?

Lunedì è in programma un chiarimento. Vedremo.

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venerdì 22 settembre 2023

RAI: lavori in corso


C'è un grande lavorio sottotraccia su tutti i fronti: canone, Contratto di Servizio, elezione rappresentante dei dipendenti, editoriale etc.

Rimanete sintonizzati!


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RAI: strade diverse


Basta! Quello che dovevamo dire lo abbiamo detto e quello che dovevamo scrivere lo abbiamo scritto. Invitiamo caldamente le lettrici e i lettori di Bloggorai che ancora non lo hanno fatto di rileggere il Post di ieri. Ora, ognuno per se. Noi proseguiremo sulla stessa strada che abbiamo preso oltre 5 anni addietro. Non cambia nulla: prendiamo atto di quello che vediamo e sappiamo e su questo ragioniamo.

Vorremmo chiudere il capitolo sul passaggio in Vigilanza del Contratto di servizio ancora con una notazione generale che avevamo appena accennato ma che merita invece di essere meglio precisata. Si tratta della frase contenuta nell’art.3,A, dell'attuale Contratto dove si legge che la RAI articola la proprio offerta in relazione“… alla promozione della conoscenza della Costituzione e del Trattato dell’Unione Europea, alla diffusione e promozione della cultura della legalità”. Nel nuovo testo, rielaborato dai relatori Nicita (PD) e Lupi (NM) e ancora non completato dagli oltre 400 emendamenti presentati, questa frase è stata sostituita, nell’art.2.2 (Principi generali e obiettivi dell’offerta di servizio pubblico) con “L’offerta di servizio pubblico deve essere improntata ai valori costituzionali e ai principi di imparzialità, indipendenza, pluralismo, completezza, correttezza,  obiettività, legalità …”

Non sembra proprio la stessa cosa: c’è una grande differenza tra lo scrivere “… promozione e conoscenza della Costituzione e della cultura della legalità” e “ … improntata ai valori costituzionali e ai principi di legalità”.  C’è una bella differenza tra la Costituzione e i valori costituzionali come pure c’è una bella differenza tra la frase “..cultura della legalità” e generico principio di “legalità”. Ci sembrano due approcci sostanzialmente diversi: con il primo si evidenzia una visione della Costituzione che, nel suo insieme, forma e determina con vincoli precisi (obblighi) il corpo centrale della vista sociale e politica del Paese. Con il secondo invece traspare un valore relativo dei “principi costituzionali” e di generica “legalità” non bene identificati e quindi suscettibili di interpretazioni potenzialmente arbitrarie. Nota bene: questo argomento è stato sollevato da una nota dell’Usigrai già dallo scorso luglio in Vigilanza RAI quando è stato scritto “…la sorpresa del sindacato dei giornalisti nel non leggere nel testo alcun richiamo alla Costituzione Italiana…”.

Torniamo e chiudiamo a quanto scritto ieri: c’è solo un emendamento centrale e assoluto sul quale i parlamentari dovranno votare si o no: abolire l’allegato 1 (ex obblighi specifici del precedente Contratto) e far rientrare tutto nel nuovo testo. Tutto il resto è materia interessante ma subordinata e irrilevante in un documento che senza obblighi specifici NON è più un Contratto ma un “parere” appunto “obbligatorio e non vincolante” ovvero … il Governo potrà farne ciò che vuole. Non è un caso che si NON si vorrebbe  pubblicare l’Allegato 1 in Gazzetta Ufficiale: la GU non è il gazzettino del circolo di Roccacannuccia ma il repertorio delle leggi e dei Contratti aventi forza di Legge.

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giovedì 21 settembre 2023

EMERGENZA


Il nostro Paese sta attraversando tante gravi emergenze. Anzitutto quella sociale, economica, e poi politica con tutte le sue derive più o meno autoritarie, e poi ancora sanitaria, e poi ancora dell’istruzione, e poi ancora sule migrazioni e così via. Ma c’è n’è una subdola e silenziosa non meno grave che proprio in queste ore si sta manifestando: riguarda il presente e il futuro della RAI, del Servizio Pubblico.

Poco fa è uscita un’agenzia di stampa dove si legge che, a proposito del nuovo Contratto di Servizio, sono stati presentati oltre 400 emendamenti. Lo ribadiamo forte e chiaro: questo Contratto, per come è nato e per come si sta profilando la sua definizione, se non viene strutturalmente corretto è un pericolo per la sopravvivenza della RAI e del suo ruolo di Servizio Pubblico perché mina radicalmente le sue fondamenta.

Ci sono tanti buoni motivi per sostenere questa affermazione dei quali abbiamo scritto più volte. Ma uno su tutti prevale e costituisce l’Emendamento con la E maiuscola, il padre di tutti gli emendamenti possibili immaginabili, dai quali discende e si conforma tutta la sua architettura: l’abolizione degli obblighi specifici previsti dall’ex art 25 ed ora inseriti nel nuovo Contratto in un allegato del quale nemmeno si prevede che debba essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. In poche parole, i vincoli diventano un optional, una semplice opinione, un “tana libera tutti” dove ognuno fa quello che meglio crede o ritiene opportuno. Quando nessuno ha l’obbligo di adempiere a un compito tutti possono fare tutto, se io non ti obbligo a fare qualcosa tu non mi puoi chiedere di darti qualcosa in cambio, ovvero il canone. 

Se non passa questo emendamento, tutti gli altri possono essere anche irrilevanti!

È tutto drammaticamente semplice e lo è a tal punto che il problema è stato posto in modo chiarissimo già dal presidente AgCom nel testo del documento consegnato in Vigilanza il 1°   agosto dove il Presidente Lasorella ha scritto: “Desidero tuttavia ricordare espressamente le tre direttrici, che sono state integralmente richiamate nelle premesse del contratto di servizio.

a.              indicare con chiarezza gli impegni e gli obblighi del contratto di servizio, ferma rimanendo l’esigenza di garantire la sostenibilità economica, l’efficienza aziendale e la razionalizzazione della spesa;

b.              ridefinire la missione del servizio pubblico, in una prospettiva pluriennale, alla luce delle esigenze del cittadino utente secondo i principi della rilevanza, inclusività, sostenibilità, responsabilità e credibilità, con particolare riguardo alle sfide della transizione digitale ed ecologica del Paese; 

c.               assicurare una maggiore cogenza degli obblighi assunti nel contratto di servizio, in particolare attraverso l’introduzione di obiettivi misurabili nonché potenziando le modalità, gli strumenti e gli organi di verifica dell’attuazione dei suddetti obiettivi. 

Vorrei soffermarmi brevemente sulle prime due direttrici, commentando con qualche perplessità la scelta di “confinare”, per così dire, in questo contratto di servizio la specificazione dell’offerta di servizio pubblico ad un apposito allegato, a differenza del precedente contratto di servizio, che contemplava espressamente il contenuto di tale offerta nel testo.

Non so se si sia trattato di una mera scelta redazionale, tenendo conto che comunque l’allegato costituisce parte integrante del contratto (espressamente richiamato nell’art. 22 ai fini della informativa da rendere, rispettivamente, al Governo, all’Autorità e alla Commissione ogni semestre), e non sembra possibile certo configurarlo come una parte di valore inferiore rispetto all’articolato.

Non è chiara, tuttavia, la ragione per cui tale allegato sia stato sottratto all’obbligo di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ai sensi dell’art. 25, comma 3. Tale previsione sembra contrastare, da un lato, con la stessa previsione di cui al comma 4 dello stesso articolo, che impegna la RAI a dare la massima diffusione “attraverso ogni mezzo di comunicazione” al suddetto contratto, dall’altro, al fatto che la stessa RAI sia chiamata, come detto, ai sensi dell’art.22, a trasmettere al Ministero, all’Autorità ed alla Commissione un dettagliata informativa proprio sugli obblighi di cui all’allegato 1 (l’allegato dovrebbe, proprio per tale ragione, essere almeno trasmesso anche alla Commissione di vigilanza e all’Autorità)”. 

Chiarissimo, inequivocabile. Lo stesso concetto lo ha ripreso e ribadito chiaramente in audizione sempre in Vigilanza Roberto Zaccaria lo scorso 5 settembre e, infine, anche la CGIL che ha scritto alla Presidente e ai commissari “In questa nuova versione gli obblighi specifici non solo sono notevolmente ridotti, ma sono accorpati nel primo degli “allegati” di sole due pagine, scelta che, a nostro avviso, ne riduce la loro forza cogente”. Ovvero, sono annullati.

Ora, siamo al dunque. In questi momenti si sta giocando la parte più complicata della partita. Se non passa la nuova versione che prevede il reintegro degli obblighi specifici all’interno del Contratto, i due partiti di opposizione PD e M5S hanno una sola scelta: o accettano di votare all’unanimità come alcuni vorrebbero o gli votano contro. Non ci sono altre possibilità. Siamo molto pessimisti: i segnali che abbiamo raccolto, e non ultimo la fretta assolutamente infondata e ingiustificata di chiudere entro il 30 settembre, non lasciano sperare nulla di buono.

Infine, a proposito di tempi falsati, lo stesso Zaccaria ha evidenziato un altro grave problema: se tutto va bene (ovvero male) e questo Contratto venisse liberato entro il prossimo ottobre/novembre, avrebbe durata di cinque anni e quindi in scadenza ad ottobre/novembre del 2028 ovvero oltre un anno e mezzo dopo la scadenza della Concessione che, appunto, termina il 2027. Si ribalterebbe e mescolerebbe in modo grave in questo modo la gerarchia delle fonti normative laddove è la Concessione che determina il Contratto e non viceversa, come pure è il Contratto di Servizio che determina il Piano industriale e non viceversa.

Dunque, perché tante fretta di chiudere senza che non ci sia stato nessun dibattito pubblico, senza che ci sia stato nessun approfondimento sui grandi temi che si sollevano? A chi giova? Non è difficile rispondere. Tutto sta a capire se l’opposizione farà l’opposizione o invece si adeguerà ad una “unanimità” tutta da scoprire per come e su cosa verrà raggiunta.

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Si può fare a meno della RAI?


La stragrande maggioranza delle lettrici e dei lettori di Bloggorai non vede la RAI e pure il sottoscritto se la conosce la evita. Mettiamo pure in conto che la platea di Bloggorai sia una molecola nell’Universo, che sia alquanto “sofisticata” nei gusti televisivi e non si accontenta di uno speciale Techedechè o La prova del cuoco, e mettiamo pure che questa stessa platea Porta a Porta non la vede nemmeno sotto tortura, si può bene comprendere che questo atteggiamento sia alquanto diffuso e che un grande fenomeno si sta profilando all’orizzonte: cosa sarà della RAI nei prossimi anni? Sopravvivrà a se stessa? Il “suo” pubblico, sempre più anziano all’85% over 45, quanto ancora reggerà le sorti di una baracca sempre più costosa e incalzata da una concorrenza feroce?

Già, cosa succede nella cosiddetta “platea televisiva”?  Vediamo cosa è successo martedi1.

Su un totale popolazione (circa 57 mln) rilevata in prima serata  Auditel (20.30- 22.30) il totale emittenti ha raccolto circa 19 mln di telespettatori che si ripartiscono la platea lineare in parti pressoché simili tra RAI (6.119 mln), Mediaset (7.624 mln) e tutte la altre emittenti messe insieme. In soldoni, un giorno per l’altro, a seconda del palinsesto della serata più o meno appetibile per l’una o per l’altra emittente o altre messe insieme (l’altra sera Mediaset aveva una partita e Rai una replica) il pubblico televisivo si distribuisce equamente in diversi mondi dove il Servizio Pubblico non è più centrale. Poi, c’è tutto l’ascolto  non rilevato, tutto il mondo che non vede la televisione broadcast ma si collega al broadband dove trova tutta la ricca offerta televisiva degli OTT sempre più agguerrita. Ed è un mondo che cresce in misura esponenziale.

Cosa ci porta a dedurre? Che RAI è una parte del tutto e non sempre rilevante. Se poi si apre il capitolo contenuti, ovvero l’offerta televisiva generalista, iniziano i dolori. L’informazione: si può fare a meno del Tg1? Anche si. Si può fare ameno dell’ennesima replica di Montalbano? Dipende, a Villa Arzilla ne sono appassionati. Si può fare meno della nuova trasmissione di RAI Tre Filorosso? Certamente si, tant’è che ha raccolto cifre di ascolti contabilizzate con il prefisso telefonico.  Si può fare a meno della somma dei canali ematici che, messi tutti insieme, faticano ad arrivare al 5% di share (ivi compreso RAINews24 che quando va bene raccoglie share e ascoltatori da elenco telefonico di quartiere pur occupando quasi 200 giornalisti)??? E così via trotterellando.

Ed eccoci ai giorni nostri. Martedì sono stati presentati i palinsesti italiani Netflix e sono tutto un programma non tanto e non solo per i titoli potenzialmente interessanti ma per ciò che lasciano intravvedere in filigrana: semplicemente e sinteticamente vanno ad occupare gli spazi lasciati liberi da RAI. Vale sempre e comunque la regola d’oro: chi paga comanda, ovvero chi investe solitamente raccoglie e RAI non ha soldi da investire in innovazione di prodotti o tecnologie. Il corollario di questa regola è semplice: chi ha i contenuti vince, sempre. Vale per il grande sport, vale per le grandi produzioni cinematografiche, vale per tutti i generi dove si richiedono corposi investimenti. L’altro giorno abbiamo accennato ai documentari e citato la cifra che sembra essere quella destinata alla produzione, acquisto e coproduzione (ci dicono circa2,8 mln). Ma non si riesce a sapere quanto invece lo stesso genere è dissimulato in altri settori (es. RAI Uno con SuperQuark o RAI cultura etc). Come si diceva una volta: se non c’è acqua nello stagno , le papere non nuotano.

Ecco che si arriva al punto: visto che da pochi giorni abbiamo un “nostro agente all’Avana” londinese, sarebbe utile che ci raccontasse cosa la BBC sta immaginando per il suo futuro. Forse sarà il caso che anche in Italia qualcuno inizi a farlo.  

Concludiamo con la spinosa vicenda del direttore Rai ricattato da una escort: tutto sotto il tappeto e liquidato con un fastidioso senso di “ci sono cose più importanti a cui pensare”. Certo, è vero. Ma chissà perché quando si toccano certi tasti delicati come la morale pubblica che interessa e invade la sfera privata spesso volentieri si sfugge, si preferisce derubricare tutto a gossip e pruderie più o meno personali. Alla fine della fiera, sentiti i tanti lettori di Bloggorai, quello che ne è uscito fuori con maggiore rilevanza si liquida con una battuta “Se l’è cercata e l’ha trovata … ed l’ha pure pagata cara … poveraccio … peggio per lui”.  Amen. Però c’è chi dice pure (soliti complottisti) “Questa storia è saltata fuori perché dovevano fargliela pagare … e comunque, è servita a distogliere qualche attenzione o a mandare segnali”. Manco Cosa Nostra, N'drangheta e Camorra messe insieme  sarebbe capace di tanto!!!

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mercoledì 20 settembre 2023

RAI: storie pubbliche e interessi privati



Proviamo a mettere insieme storie diverse, vediamo se riusciamo a legarle tra loro e cosa ne viene fuori.

Storia n.1: il direttore RAI ricattato da una escort

Storia n.2: l’ex presidente RAI che invita un medico no vax in trasmissione

Storia n.3: l’intervista della presidente RAI

Storia n.4: il nuovo Contratto di Servizio

Ne siamo certi ma è difficile da cogliere e proviamo ad iniziare con la domanda centrale: esiste un filo conduttore che lega le quattro storie? Se esiste, da che parte lo andiamo a cercare? Nei meandri della “morale” pubblica o privata che dir si voglia? Negli scantinati dei comuni sentimenti nazionali che si avvertono sui grandi temi di grande emergenza (immigrazione, povertà, guerra, Covid etc)? Nei bassifondi (o viceversa, nei primi piani) delle grandi scelte di politica economica che impattano ovviamente pure sulla RAI?

Proviamo a supporre che questo filo conduttore esiste e proviamo a riflettere dentro il perimetro di un annoso dilemma: dove inizia la sfera privata e dove quella pubblica? Già con questo interrogativo si comincia a delineare il filo comune: la vicenda del direttore Rai ricattato da una escort ha una lettura esclusivamente privata o investe anche il suo ruolo di dirigente di una Azienda di Servizio Pubblico? L’ex presidente Rai Marcello Foa che invita un medico no vax nella sua trasmissione lo decide nell’ambito dei suoi orientamenti politici, sociali culturali privati o è tenuto a rispettare il carattere pubblico del microfono che utilizza? La Presidente Rai Marinella Soldi che afferma “Ma a fare la differenza sarà la trasformazione digitale che renderà possibile, una volta decisi gli indicatori di performance, raccogliere i dati e verificare se si è sulla strada giusta” lo sostiene a titolo privato o riflette una posizione aziendale pubblica, condivisa e accettata (la RAI non può e non deve raccogliere dati personali)???  Il nuovo Contratto di Servizio, lo abbiamo scritto più volte, ispira la sua architettura ad un carattere privato (di mercato) o pubblico? Per quanto abbiamo approfondito, non abbiamo dubbi: questo nuovo testo guarda ad un futuro di un’Azienda libera da vincoli (obblighi specifici) che tanto piace ai fautori del neoliberismo fino al punto da togliere pure un punto centrale e fondamentale del precedente Contratto presentato in Vigilanza il 2 luglio: il riferimento alla Costituzione (vedi Articolo 3, Offerta televisiva: “… alla promozione della conoscenza della Costituzione e del Trattato dell’Unione Europea, alla diffusione e promozione della cultura della legalità; informazione di interesse internazionale accompagnata da approfondimenti qualificati;) ora completamente scomparso nel nuovo testo.

Il dibattito è aperto. Le nostre lettrici e i nostri lettori hanno opinioni molto diverse tra loro

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martedì 19 settembre 2023

FLASH

A Viale Mazzini e non solo lo sanno (quasi) tutti. Di lui è noto nome e cognome, storia personale, professionale e aziendale. E' solo questione di minuti e qualcuno lo pubblicherà. 

Cosa ne verrà fuori? Quale morale potrà emergere? Da che parte stare? E' solo una vittima di un sistema di malaffare o in qualche modo ne è complice seppure indiretto? E' solo un tema di gossip o c'è altro? 

Il dibattito è aperto.  

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RAI: mazziati e perdenti

Foto di Eddie K da Pixabay

C’era una volta … un certo Signor  Georg Wilhelm Friedrich Hegel che scrisse una nota a margine "La preghiera del mattino dell'uomo moderno è la lettura del giornale. Ci permette di situarci quotidianamente nel nostro mondo storico". Già, passati quasi un paio di secoli, oggi si può comprendere perché poi uno diventa laico, non compie questa preghiera e non va più all’edicola a comprare i giornali. Anzitutto perché pagare salato (con supplementi tipo “Orologi di lusso” oppure “SuperCar” rivolti a poche decine di diretti interessati) quando invece si possono avere tutte le notizie del mondo, in tempo reale, con approfondimenti e aggiornamenti quasi gratis?

Poi, per quanto riguarda il mondo RAI-RAdiotelevisioneItaliana di Servizio Pubblico, per trovare una notizia sulla carta stampata meritevole  di attenzione la devi cercare con il lanternino e con scarse speranze. Vedi stamattina: i titoli sono tutti sul tema “La Rai guarda avanti e rilancia con film, serie e documentari” (Il Messaggero). E vorrei ben vedere che non fosse così. Sembra quasi una novità. E poi, cosa e verso chi rilancia? Film, serie e documentari sono il minimo sindacale per un palinsesto che ormai perde pezzi e telespettatori come acqua fresca da una conduttura bucata. Da quasi un anno che si leggono titoli dove si apprende che Mediaset supera la Rai e che il divario generazionale vede costantemente Rai sotto: leggiamo l’ultimo Standard Auditel Digitale - Dati relativi alla settimana Auditel: 10 settembre 2023 – 16 settembre 2023. LS (Legittimate Streams) Mediaset 169.634K contro RAI 54.295K (un terzo). Non va meglio per il TTS (Totale Tempo speso) con Mediaset che raccoglie 13.168K e RAI se la cava con  9.050K. Ricordiamo sempre quanto abbiamo già scritto: sempre Auditel Total Audience nell’ultimo Report dava Mediaset a 2.480.815 e RAI a 2.481.540, ovvero un pugno di persone che, comunque, si caratterizza con una media di età over 45 del 76% per Mediaset e dell’85% per RAI. Per il futuro il confronto sembra destinato ad essere sempre più impietoso, ha voglia titolare che “la Rai rilancia”.

Riconduciamo il cielo sulla terra, e a proposito di rilanciare i “documentari” e magari pure confrontare con la BBC, sapete quanto budget impiega la RAI per i documentari? Sapete poi in quante direzioni dei famigerati "generi" sono frammentati, nascosti, dissimulati? E sapete che fine hanno fatto i “documentari” nel nuovo Contratto di Servizio? Alla prima domanda possiamo rispondere per approssimazione: ci è stato riferito che si tratta di circa 2,8 mln di Euro, cioè fatte le debite proporzioni più o meno quanto la BBC spende per inviare una troupe nella giungla per un paio di mesi solo per riprendere un rinoceronte che fa la pipi sotto un baobab. Non parliamo poi di quanto spendono i francesi.  Con un budget del genere, a malapena ci compri metà dei diritti per un bel documentario sulle nuove scoperte della Piramide di Cheope. Nel precedente Contratto (tutt’ora in vigore) i documentari sono citati come obbligo nell’art. 3 e 4 (offerta televisiva e radiofonica) e ancor più segnatamente all’art. 7, c,  (Industria dell’audiovisivo) dove si legge che la RAI deve “assicurare un presidio aziendale dedicato allo sviluppo del genere documentario e al coordinamento dei relativi investimenti”. Nel nuovo Contratto invece i “documentari” sono semplicemente inseriti nel famigerato Allegato 1, che sostituisce di fatto le sette pagine degli obblighi specifici dell’ex art. 25, ovvero quello senza obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero quello del Contratto firmato con una pacca sulla spalla. Torniamo sempre al solito punto: se non c’è obbligo non ci sono nemmeno le risorse. Punto. A capo.

Ecco che, piano piano, ci avviciniamo a quanto vi abbiamo accennato: che rapporto c’è tra il Governo e il neoliberismo e cosa c’entra la BBC che vedrà la Soldi sedere a fianco dell’autorevole conservatore Tim Davie ora CEO della BBC? C’entra ... c’entra … tutto si lega e tutto si legge in filigrana. Tra l’altro, ci ricorda un lettore di acuta memoria, che  giusto l’anno scorso la Soldi lo intervistò al Premio Italia  Bari. Chissà, forse già da allora i “cacciatori di teste” la avevano individuata e gli avranno fatto fare i primi colloqui che, solitamente, finiscono con un “Le faremo sapere”. La storia prosegue.

ps: tenete a mente questa frase a proposito della storia TIM e KKR "capitali pubblici per dividendi privati". Già ... ne abbiamo sentore anche dalle parti di Viale Mazzini.

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lunedì 18 settembre 2023

RAI: atti pubblici, interessi privati tra Stato e mercato

Care lettrici, cari lettori, Bloggorai c’è … ancora non si sa per quanto ma c’è e se per un paio di giorni si prende una pausa è solo per cercare di approfondire qualcosa di interessante.

Da qualche giorno (complice l’intervista della Soldi) ci stiamo interrogando su due temi: il neoliberismo nel Servizio Pubblico, il Governo (non solo di destra) e RAI Way. I due temi sono collegati tra loro? Forse si.

Nel mentre e nel quando cerchiamo di indagare, chiedere e collegare questi due argomenti, intanto leggetevi bene questa piccola tabella.



Allora, come noto, uno dei prossimi fronti di battaglia più rilevanti che RAI dovrà affrontare sarà quello sui conti, sul budget, sulle risorse, sul canone. È del tutto evidente che in qualche modo si dovrà porre rimedio ad una situazione che non può reggere a lungo. Tanto per intenderci: Contratto di Sevizio e conseguente Piano industriale si fermeranno laddove non si saprà bene come garantire le coperture finanziarie. In particolare, l’incertezza sul futuro del canone collegata a una raccolta pubblicitaria costantemente in decrescita non lascia sperare in nulla di buono. Qualcuno, da tempo, pensa di utilizzare RAI Way per far un po’ di cassa a tappare qualche buco. Vediamo come stanno le cose.

Da quanto si può vedere sopra, RAI Way trae la sua fonte di profitto principale dal canone dovuto per il Contratto di Servizio con RAI che, dal 2014 (anno della quotazione in Borsa) passa da 170 a 210 mln del 2022. I ricavi da terzi, ovvero le attività che RAI Way gestisce per conto proprio, nello stesso arco di tempo rimangono sostanzialmente invariati e si attestano mediamente in circa 34,5 mln. Da osservare che invece, sempre nello stesso arco di tempo 2014/2022, gli utili netti (e conseguenti dividendi agli azionisti) vanno oltre il raddoppio e passano da 33 mln del 2014 a oltre 70 del 2022. In soldoni: Rai Way genera utili e profitti “prevalentemente” grazie a quanto RAI paga per i servizi prestati dalla quotata di Via Teulada. Ma quanto valgono sul mercato gli stessi servizi se venissero messi a gara e ricercati sul mercato? Qualche anno addietro, seppure con bocche cucite pure sotto tortura, la cifra venne fuori e si parlava di circa 120/140 mln/anno. Il trucco è tutto qui.

Andiamo avanti, con calma. 

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