giovedì 29 febbraio 2024

RAI: è giunta l'ora delle trame e dei complotti


Spigolature.

Spigolatura n. 1. Ieri sera è andato inonda su RAIUno lo speciale per i 70 anni della Tv condotto da Massimo Giletti. Una boiata pazzesca che pure a Villa Arzilla si sono scocciati e sono andati a vedere un film su Netflix. Ha raccolto il 20,3% di share circa 2,5 mln di telespettatori. Nei giorni scorsi su La Stampa è comparso un articolo interessante con il titolo “TV che vince non si cambia. Vince l'usato sicuro, quasi tutti i programmi delle generaliste sono figli della grande rivoluzione innescata negli Anni 80 dalla concorrenza tra Rai e Mediaset. E si moltiplicano le copie”. Già: i grandi mutamenti sono sempre frutto di chi inventa qualcosa che prima non esisteva, di chi ha il coraggio di guardare oltre la siepe, di chi immagina, di chi ha visioni. Altre “rivoluzioni” non ce ne sono state. Tutto il resto è volgare imitazione, è noia. Come si legge nell’articolo, si parte da Sanremo giunto alla 70a edizione, per poi andare su La Domenica Sportiva, Domenica IN, Linea Verde, Uno Mattina, Chi l’ha visto?, Porta a porta, L’eredità etc etc . Per non dire poi della fiction  con Un posto al sole in onda da oltre 25 anni e Montalbano in replica giunto alla ennesima replica.

Ieri sera è stata riproposta la noia allo stato puro: l’ennesimo “come eravamo” che fa solo girare le scatole perché non fa capire perché non “siamo” più così, cosa è cambiato in meglio o in peggio. Una trita e ritrita autocelebrazione non a caso andata in onda quando pure gli “anziani” già erano appisolati.

La Digital Media Company (sempre senza Public)? I giovani? Le nuove piattaforme di distribuzione dei prodotti audiovisivi? Altro che”fuorisincrono” come abbiamo scritto: sono proprio orologi che camminano con ingranaggi diversi: da un lato quelli con la carica a molla, dall’altro quelli con le batterie atomiche.

Spigolatura n. 2. Sanremo è finito. Passata la sbornia del sabato sera, si torna alla brutale normalità, quella ordinaria, quella con la quale si fanno i conti per il resto dell’anno. Questa è l’ora dei misteri, delle trame e dei complotti. A Viale Mazzini non si parla d’altro: il prossimo AD sarà Rossi o Sergio? O la sorpresa “in quota” Lega del quale si parla da anni? E la presidenza? Agnes come vorrebbero in molti o la “sorpresa” di Roberta Lucca? O altre terze vie, possibili e immaginabili? E, in primo piano, quando dovrebbe avvenire? Prima o dopo le Europee? Il dopo Sardegna ha rimescolato le carte che sembrano avere avvantaggiato Sergio. Dicono del DG: “Rossi è una brava persona ma non è adatto a governare l’Azienda. La conosce ma non la capisce e il “partito RAI” non lo avverte come parte della famiglia”. La Meloni se la sente di accollarsi un altro uomo sbagliato al posto sbagliato?”. Alla Lega ora è cresciuto il potere di ricatto: senza di loro il diluvio politico è alle porte. Vorranno forzare la mano?

Per rimanere in tema: e l’opposizione come si comporterà con il rinnovo del Cda alle porte? PD e M5S proveranno ad allestire una specie di “giardinetto largo di Viale Mazzini” oppure ognuno per se e Dio per tutti? Si mescolano le carte, si prova ad individuare due nuovi candidati condivisi seguendo una logica profondamente diversa dalla precedente e selezionandoli con criteri aperti e trasparenti? Non c’è molto tempo da perdere: se questa partita si può giocare deve iniziare subito e dare immediatamente un segnale pubblico.

Spigolatura n. 3. Non ne azzeccano una giusta. La notizia del giorno di martedì 27 quale era? Senza dubbio: la vittoria personale di Alessandra Todde in Sardegna. E dove va la Todde in prima serata ? Semplice: su LA7. E chi ci va al talk di Bruno Vespa su Rai Uno?  Semplice: Giuseppe Conte. E su Rai Tre da Marco Damilano chi c’è? Semplice: Romano Prodi. Ci mancherebbe. Ottime persone. Solo che la “notizia” non erano loro ma la Todde.

E la notizia sul Tg1 chi l’ha commentata? Leggiamo sul Fatto del 28: “VICEDIRETTORE DEL Tg1: Incoronata Boccia "scala" la Rai e imbraccia il fucile”. Chi è costei e perché si parla (ancora) di lei? Il ritrattino più avvincente lo pubblica Libero lo scorso 2 giugno dove si legge: “Il suo mentore è Angelo Mellone, neo-direttore della sezione del Daytime, che la stessa giornalista aveva definito come un "comandante coraggioso e generoso"… la giornalista ha sempre dichiarato di stimare Giorgia Meloni, ed è molto vicina al nuovo direttore generale della tv di Stato, Giampaolo Rossi”. Mellone e Meloni: curiose assonanze e probabili destini. Di lui abbiamo letto recentemente: “Il grande caos della Rai. L’ultimo scontro è quello tra Roberto Sergio e Angelo Mellone”. Vedi spigolatura n. 2. Di lei abbiamo letto tutto il resto.

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mercoledì 28 febbraio 2024

RAI: un carretto senza bue o viceversa


Nel Paese del “forse” del “dipende”, del “vedremo”, del “qualora” e del “probabile” si fa veramente grande fatica a trovare punti solidi di riferimento sui quali ragionare.

Quando poi si parla di RAI e di Servizio Pubblico non ne parliamo: tutto diventa opaco, paludoso e complicato a partire da coloro che invece (avrebbero dovuto) dovrebbero fare della trasparenza la loro missione.

La notizia del giorno è che Bloggorai è in possesso di un documento molto importante e lo sta studiando.

Quando si parla di RAI e di Servizio Pubblico nulla è quasi mai come dovrebbe essere o come appare. I suoi stessi cardini, i pilastri sui quali si regge tutta la sua architettura, sono fragili e traballanti come fuscelli al vento. Il contesto normativo? Una balla, un opinione! Vedi il Contratto di Servizio, validato con il parere “obbligatorio ma non vincolante” dalla Vigilanza lo scorso 3 ottobre e poi messo in cantina a stagionare. Nessuno ne sa più nulla. O meglio, alcuni ne sanno qualcosa ma se ne guardano bene da farlo sapere, a  partire dai parlamentari della stessa Vigilanza che se  lo sono visto correggere a posteriori senza battere un ciglio. Questo Contratto è una balla, un’opinione nel merito e nel metodo. Lo abbiamo scritto subito e lo ribadiamo: una balla perché è del tutto opinabile, non è un “contratto” che è tale se ci sono vincoli ed obblighi tra le parti con relative sanzioni in caso di inadempienza. Vedi  art. 1454 C.C. sulle diverse tipologie contrattuali: i contratti sinallagmatici a prestazioni corrispettive.

La grande parte che era rilevante del precedente contratto (art. 25 Obblighi specifici) è stata del tutto cassata nel nuovo Contratto e relegata in un discutibilissimo “Allegato1”. Nel metodo poi è meglio stendere un velo pietoso di cemento armato. La Vigilanza, con la fretta e la furia impressa inopinatamente e senza motivo dalla Presidente Floridia lo approva il 3 ottobre come se dovesse entrare in vigore il giorno successivo salvo poi svanire come fumo. Nota bene, il Contratto doveva (ed è ) essere la cornice del Piano industriale e cosa succede invece? Che il Piano industriale è stato approvato e il Contratto è svanito. Sintesi: hanno messo il carretto davanti ai buoi.

Vogliamo poi parlare del canone ovvero la benzina che dovrebbe alimentare tutto il motore? Altra truffa ai confini della costituzionalità (anche qui senza che nessuno si è preso la briga di sollevare almeno il dubbio). Canone si … canone no … bolletta si o bolletta no: intanto si riduce, poi si vedrà. Nota bene: al Ministero è sempre al lavoro il gruppo incaricato di affrontare il problema (il ministro di riferimento è dello stesso partito che vorrebbe la sua abolizione progressiva del 20% annuo fino alla sua eliminazione) Cosa quanto e quanto? Non si sa … vedremo. Intanto tagliamo e poi vedremo come e quando restituire i 430 milioni.  

Bene, torniamo alla notizia del giorno e al documento in nostro possesso. Viene da lontano e guarda avanti. Abbiamo dato una prima lettura sommaria: appare come un libro (…ino) di buone intenzioni “senza impegno” come ci è stato detto. Ovvero a “scartamento ridotto” ovvero nulla a che vedere con il precedente Contratto nella qualità e nella quantità di informazioni e proposte contenute. Forse, ci dicono, è costato meno del precedente a quel tempo si diceva stimato qualche milione di Euro. Lo nostra fonte ha lapidariamente sentenziato “C’è quanto basta per sopravvivere”. Ma non c’è, appunto la materia prima con il quale sostenerlo e alimentarlo: le risorse. I numeri di cui si parla sono risicati, sufficienti a “tirare a Campari” e poco più. La “Digitale Media Company” (senza “public” ovviamente)? “forse” … “dipende” … “vedremo” … “qualora” … “probabile”.

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lunedì 26 febbraio 2024

La Sardegna e la RAI: Truzzu e Rossi. Gira il vento?

Foto di Claudio Tuccio da Pixabay

La Sardegna sta a Viale Mazzini come Truzzu sta a Rossi ???

Prime riflessioni alle 7.30 del mattino quando ancora non è del tutto concluso lo spoglio dei voti.

A - ha vinto Alessandra Todde, ha vinto lei più ancora della coalizione che l’ha sostenuta con oltre 30 mila voti. Lo abbiamo scritto e lo ribadiamo: sono le persone che fanno le cose (la politica) e non viceversa. La scelta delle persone giuste premia. Bloggorai è felice!

B - le tensioni nella maggioranza sono destinate inevitabilmente ad acuirsi. Hanno sbagliato con il governatore precedente ed ha sbagliato la Meloni ad imporre Truzzu. A Salvini gli rimproverano la causa della disfatta per il voto disgiunto. Vendetta tremenda vendetta e l’uno contro l’altro armati e proprio alla vigilia delle europee dove ognuno si presenta per se e Dio per tutti. 

C -  questo è il Paese del “forse” del “dipende” e del “vedremo”. L’elettorato lo percepisce (ha votato poco più della metà degli aventi diritto) e si adegua ergo non vota. Sono poche le cose certe della vita e tutto appare in modo diverso e distorto da ciò che, appunto, appare ma non è. Votare per chi, per cosa che non sia la necessità di avere comunque un “governatore” ora “governatrice”?  

Veniamo alla RAI. L’art. 2.10 della Legge 220 del 2015 dispone che “Il consiglio di amministrazione nomina l'amministratore delegato su proposta dell'assemblea”. Non dice nulla su come debba essere formulata la “proposta” dell’assemblea (Governo). Non c’è alcun riferimento ai criteri con i quali l'AD viene individuato, ad una selezione pubblica, ad una valutazione ponderata della sua figura. Al momento, il solo punto chiaro ma non certo è che la Meloni (e forse solo lei) si sarebbe (condizionale d’obbligo) incartata sul nome di Giampaolo Rossi. Da tempo però si legge di un possibile cambiamento di intenzioni verso il direttore del Tg1 Chiocci. Ma, è noto, che pure Sergio non si presterebbe molto volentieri al ruolo di “scaldasedia” che gli è stato assegnato. Ma, ancora di più, Sergio, potrebbe raccogliere consenso e rappresentare la punta di diamante per quanti vorrebbero gettare sabbia negli ingranaggi di Palazzo Chigi e sono tanti, dentro e fuori Viale Mazzini.

Per il “campo largo” si presenta una grande opportunità per cercare di sparigliare il gioco, a partire dalla scelta dei suoi candidati al prossimo Cda per non fargli uscire dal cilindro come per la precedente occasione.

Come abbiamo scritto ieri: da questa mattina qualcosa potrebbe iniziare a girare in modo diverso. Nel Paese del “vedremo”.

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ps: probabile un Post in giornata

Gli instabili equilibri tra Governo e RAI da oggi in poi


Facciamola corta e non giriamoci intorno: è la “politica” che detta i tempi della Rai e non viceversa? Il corollario, come pure abbiamo scritto nei giorni scorsi, è che “sono le persone che fanno la politica e non viceversa”
Non c’è rinnovo del Consiglio di amministrazione, non c’è Contratto di Servizio, non c’è Piano Industriale o immobiliare che dir si voglia, non c’è riforma di Generi ora abortita da Sergio, non c’è transizione al DVB-T2, e non c’è crisi di ascolti che vale la pena tenere in considerazione. Saranno i tempi della “politica” a dettare le scadenze, gli appuntamenti e le persone che entreranno in gioco. E questo processo, deve essere rigorosamente ribadito, avverrà con queste leggi in vigore, con questo quadro politico, con questa maggioranza e questa opposizione.  Potrebbe non esserci altro di meglio o diverso per i prossimi anni e, se tutto va bene, si arriverà ad aprile del 2027 quando si dovrà ridiscutere la Concessione Stato RAI e allora saranno dolori.

Ieri abbiamo scritto di una RAI fuori sincrono, vediamo quali sono i tempi tecnici prossimi venturi.  Il calendario “tecnico” prevede che:

17 aprile Cda per approvazione Bilancio

30 aprile Assemblea dei soci

1 maggio avvio procedure di nomina nuovi candidati

60 giorni durata del procedimento

30 giorni limite presentazione candidature rispetto alla data prevista insediamento   

15 luglio possibile insediamento del nuovo Cda

Tutto questo in un “calendario ordinario” ovvero determinato con la Legge 220 del 2015 alla mano e seguendo dettagliatamente le procedure. A questo punto gli “orologi” cominciano a ticchettare in modo radicalmente diverso, a partire da oggi pomeriggio.

Le variabili che la politica, sia della maggioranza e sia dell’opposizione sono tali per cui ogni previsione è assai azzardata. La tensione tra i partiti di Governo, qualora i risultati della consultazione in Sardegna fossero di un certo tipo, potrebbe sfociare in uno strappo della Lega con inevitabili conseguenze generali a Palazzo Chigi e particolari su Viale Mazzini. La presunta tensione su Rossi e Sergio per chi dovrà essere il nuovo AD potrebbe acuirsi all’improvviso e far saltare il banco prima del tempo. Non è scritto da nessuna parte, come invece piace scrivere a molti, che Rossi debba necessariamente essere il “nuovo uomo forte al comando”. Contro di lui muovono forze oscure e potenti, interne ed esterne alla RAI, interne ed esterne alla coalizione di Governo. Tantomeno la manovra strisciante di Sergio di autocandidarsi è su un facile sentiero. Anche contro di lui sono schierati battaglioni di avversari di ogni sorta. Diciamo che, contro tutti e due, ci dovrebbero essere le corazzate del buonsenso, della logica e della democrazia: L’AD del Servizio Pubblico non dovrebbe essere un “designato” o un cooptato dal Governo di turno ma semplicemente individuato selezionato per titoli, meriti, capacità e professionalità. La Legge 220 non lo vieta.   

Andiamo avanti con il calendario. Dal 6 al 9 giugno si vota in Europa. Sarà la prova del nove per tutto il sistema sul quale reggono sia questo Governo e sia i partiti di opposizione. Ognuno corre per se e i voti si conteranno e peseranno più del solito. Tutto e il contrario di tutto sarà possibile. Su questo appuntamento è già in corso una competizione: non sono pochi coloro che vorrebbero “sospendere” il rinnovo del Cda RAI fino a settembre per sedimentare le tensioni post voto europeo. È una ipotesi plausibile che sembra trovare consensi. Per inciso, sempre a settembre si vorrebbe rinviare la fase di transizione al DVB-T2.

Vediamo intanto oggi cosa succede in Sardegna tra PD e M5S. Reggerà il “campo largo”? Aspettiamo e vediamo. Intanto però, senza dubbio, sulla RAI marciano divisi per colpire insieme: non ne azzeccano una buona tutti insieme, da tempo, già dall’approvazione del nefasto Contratto di Servizio. Da non dimenticare prima la “frizione” interna al PD tra Graziano e Nicita e poi tra il PD e il M5S. per arrivare ai giorni nostri basta ricordare quanto avvenuto dopo Sanremo con le dichiarazioni di Sergio: se pure il consigliere Di Majo si fosse aggiunto alla Soldi, alla Bria e Di Pietro si poteva anche aprire una “crisi” di legittimità dell’AD con una formale richiesta di dimissioni.  Non parliamo poi delle proposte di riforma con il riesumare di formule fantasiose su una “fondazione” che dovrebbe governare la nuova Rai.

Intanto, come abbiamo scritto e ribadiamo, se l’opposizione tutta insieme volesse provare un possibile esperimento di “far uscire la politica dalla RAI” è a portata di mano: il/la candidato/a dovrà essere scelto con criteri trasparenti, aperti e verificabili già a partire dai “selezionatori”. Una volta scelto e condiviso il nome verrà poi votato in Parlamento. Ribadiamo, può essere solo un “esperimento” che comunque è meglio di quanto avvenuto la volta precedente dove ancora non si sa come, perché e da chi sono stati scelti gli attuali consiglieri. O meglio, purtroppo lo sappiamo molto bene: dalle segreterie dei partiti. Ovvero gli stessi che oggi vorrebbero se stessi fuori dalla RAI.

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ps: oggi un articolo molto interessante su La Stampa con il titolo “TV che vince non si cambia. Vince l'usato sicuro, quasi tutti i programmi delle generaliste sono figli della grande rivoluzione innescata negli Anni 80 dalla concorrenza tra Rai e Mediaset. E si moltiplicano le copie”.

 

domenica 25 febbraio 2024

RAI e il Paese: tutto, o quasi, fuori sincrono

Foto di Alexa da Pixabay
Bloggorai ha iniziato le sue pubblicazioni a metà giugno del 2018. Sono trascorsi quasi 6 anni e quasi ininterrottamente, ogni giorno, c’è sempre stato qualche tema, argomento o riflessione da proporre. È successo pure che, talvolta, c’era poco da dire. Le nostre fonti sono anzitutto direttamente umane: incontri, passeggiate, pranzi, cene, caffè, merende e colazioni dove capita. Poi ci sono innumerevoli chat, singole e di gruppo (più d’una). Poi ci sono le telefonate (più rare). Poi le mail (spesso e volentieri anonime, le più importanti). Poi la lettura dei giornali (l’edicolante ci considera clienti speciali), le segnalazioni di articoli e le rassegne stampa provenienti da diverse fonti. Infine, raro, qualche social. Infine forse la fonte più rilevante e qualificata: il nostro archivio. Di tutto o quasi ciò che ha riguardato la storia della RAI, del Servizio Pubblico di questi ultimi anni abbiamo stampato ogni documento, intervista o dichiarazione significativa. Succede che ogni tanto si rimette in ordine e riemergono ritagli e appunti che meritano essere ripresi e confrontati.

Diciamo che, tutto sommato, la mole di input che arriva ogni giorno è adeguata e sufficiente a garantire un Post. Succede però che, talvolta, ad esempio come oggi, non sia sufficiente. Succede che talvolta, il buco nero, la voragine che si crea dentro e intorno alla RAI è così grande che si fatica a mettere a fuoco le priorità e le evidenze. 

Succede pure che i tempi non coincidono tra i diversi piani di lettura: ad esempio, i "tempi" di Sanremo non coincidono i tempi del resto dell’anno. Poco prima, durante e poco dopo il festival c’è tanto di quel materiale da rimanere storditi. Basta l’espace d’un matin e …puffete… scompare tutto e, come dopo una sbornia a base di un buon rosso umbro, ci si sveglia storditi e disorientati. Rimane quel sapore amarognolo di qualcosa che è andato storto la sera prima, di qualcosa che sta per capitare tra capo e collo e non si sa bene cosa e quando potrà avvenire. E, non appena i pensieri si rimettono in ordine e i concetti tornano chiari, subentra il fattore tempo. L’immagine è quella (reale per il sottoscritto) di un collezionista di orologi meccanici: ognuno viaggia con il suo “proprio” movimento” e seppure vengono caricati tutti nello stesso istante, succede che poco dopo ognuno si prende il “suo” tempo.

Per metafora anche la Rai, il Servizio Pubblico, sembra viaggiare fuori sincrono con i suoi quattro pilastri sui quali dovrebbe sorreggersi che invece "viaggiano" con altri tempi.

È fuori sincrono con la sua missione. Le leggi e le norme istitutive che istituiscono il Servizio Pubblico nascono in un “ambiente” politico, sociale, culturale e tecnologico ormai vetusto, ed è dire poco. È fuori sincrono con la sua “governance” che dal 2020 vive un tempo sincopato e dettato dalle volontà del Governo di turno. È fuori sincrono con le sue risorse: tra tagli del canone pubblicità in riduzione, nessuno sa più su quali Santi contare. Infine, è fuori sincrono con l’innovazione tecnologica che costa tanti soldi e richiede visioni e progetti e non ci sono ne gli uni ne gli altri.

Ecco, tutto questo, per dire, semplicemente, che oggi non c’è quasi nulla (forse senza il quasi) da segnalare o da commentare. Fortezza Bastiani è sempre lì, arroccata sui giardinetti di Viale Mazzini (ancora per poco, forse un anno). Poi, si vedrà!

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venerdì 23 febbraio 2024

Un sabato qualsiasi


 Oggi non c'è nulla di divertente da commentare ...
solo cosette seriose.

In campagna è ora di potature e di concime. Anche il trattore necessita di manutenzione ... non sia mai detto che volesse partecipare a qualche manifestazione!

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.... e quando la sera .. si beve barbera ...

Foto di 3938030 da Pixabay


Bloggorai potrebbe avere i giorni contati! Sul quando di un pomeriggio freddo, piovoso e nebbioso, mentre sorseggiavamo un ottimo vinello rosso agricolo, arriva una nota dell'Ufficio Stampa RAi che da notizia della costituzione di un Comitato Scientifico formato da professori universitari di diverse discipline ed esperti in storia dei media, linguaggi dell’audiovisivo, formati e contenuti mediali, oltre che da alcuni personaggi che hanno fatto la storia della radio e della televisione in occasione dei 100 anni della radio e i 70 della televisione.

Leggiamo che si tratta di " ...un’opportunità di riflessione non solo sul passato e sul presente del servizio pubblico radiotelevisivo multimediale, ma anche sul suo futuro, a maggior ragione in una fase come questa in cui, anche in base al piano industriale da pochi giorni approvato dal Cda, Rai sta operando a diversi livelli per trasformarsi da broadcaster a digital media company".

Fenomenale!!!

Bloggorai è stato completamente ignorato! Che fastidio, che invidia...che gelosia!!! E pensare che avremmo partecipato pure aggratiss ... anzi ... avremmo pagato noi per poter dire che ne facevamo parte! Tu pensa, avremmo potuto partecipare a realizzare una " una analisi comparativa con gli altri Public Service Media europei, secondo logiche di benchmarking". E quando ci ricapita più un'occasione del genere. 

Basta, abbiamo finito, chiuso, dovremmo sbaraccare, non ci sarà più trippa per gatti!!! Blog, mail, chat, caffettino al bar di Via Teulada o dalla napoletana .. niente... tutti a casa. Villa Arzilla si evolve in Accademia. Abbandonate le parole crociate, la raccolta di francobolli giapponesi o il riordino delle vecchie foto di famiglia. 

Comunque,  a parte le osservazioni serie, pensiamo solo agli scherzi. Lodi armene a coloro che verranno! L'iniziativa è lodevole e merita il nostro sostegno. Senza invidia. Ci dispiace molto per le nostre lettrici e i nostri lettori autorevoli che non hanno ricevuto nemmeno una telefonata di consultazione. 

Possiamo rimediare: anche Bloggorai proporrà la Fondazione Studi Bloggorai! aperta a tutti. Le Fondazioni vanno di gran moda!

Proseguiamo e bere Barbera... o meglio ... da queste parti Rosso di Montefalco.

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giovedì 22 febbraio 2024

La RAI e il suo futuro tecnologico

Foto di Isa KARAKUS da Pixabay

“Per comprendere i fenomeni complessi, come nascono, come si sviluppano e dove si dirigono, è necessario conoscere le persone che vi partecipano. In qualche modo, direttamente o indirettamente, devi averli visti negli occhi, intuito il loro mondo, percepita la loro architettura mentale. Altrimenti tutto ciò che appare è povero di sostanza. Sono le persone che fanno le cose e non viceversa”. Questa una vera perla di saggezza che ci viene regalata e che sottoscriviamo pienamente.

Premessa: i pilastri sui quali poggia il Servizio Pubblico sono: la sua Missione, il modello di governance, le risorse sulle quali contare e le tecnologie di cui dispone. Da giorni, settimane e mesi, Bloggorai si sta arrovellando i pensieri intorno al tema “futuro tecnologico del servizio pubblico”. Alla base di questi ragionamenti vi è un radicato fondamento: l’innovazione costa, i processi costano, gli aggiornamenti costano, i materiali costano. Il corollario di questo pensiero vi è che i soldi nelle casse di Viale Mazzini non ci sono o, per meglio dire, ci sarebbero se si volessero trovare la dove sono e sono sotto gli occhi di tutti.

Ne potrebbe conseguire un teorema problematico: si vuole sostenere il futuro tecnologico dell’Azienda si o no? Per quanto ci è dato capire e sapere, forse anche NO, sta benissimo così, nel suo Digitale terrestre, nelle sue modeste capacità e possibilità di essere presente sul mercato dove regnano incontrastati gli OTT, di non infastidire più di tanto i suoi diretti competitors che invece viaggiano alla velocità della luce. Vedi sempre il tema DVB-T2. Altro che “Digital Media Company” (mi raccomando, per carità, nessun accenno a “di Servizio Pubblico” perché altrimenti a qualche parlamentare della Vigilanza gli va di traverso dopo aver votato il Contratto di Servizio ora opportunamente accantonato in attesa di tempi – tecnologicamente – migliori). La DMC resta un oggetto del desiderio, un “toy tech” inarrivabile e irraggiungibile. La DMC costa e nessuno sa bene dove RAI potrà mai trovare le risorse necessarie per sostenerla. Vendita di RAI Way? 225 milioni? Ci compri le noccioline per le scimmiette dello zoo! I famigerati 430 milioni del recupero canone? Vedremo se e quando verranno erogati, forse e chissà per il prossimo anno, Governo volendo.

Per aggiungere, doverosamente, che la “tecnologia” da sola non basta: se non hai i prodotti buoni da far viaggiare, buoni da vendere in Italia e nel resto del mondo non vai da nessuna parte. Vale sempre il noto principio “Content is the King” e solo dopo “Tech is the Queen”. Sanremo da solo non basta e non si vive di sola fiction: vogliamo parlare di HD e di 4K??? Lasciamo perdere.

Ben, veniamo ai personaggi, alcuni dei quali Bloggorai ha avuto modo di conoscere direttamente, di averli visti negli occhi e fiutato le loro natura, seppure per poco e marginalmente. Iniziamo con l’AD Roberto Sergio. Notoriamente un uomo di “prodotto”, di Azienda, un manager di cui si dice avvezzo più alle parole che non alle pinze e ai cacciavite. Della sua esperienza come Presidente di RAI Way nessuno ricorda tracce rilevanti: quando arriva il momento importante della Società (la quotazione in Borsa) è fuori. Dicono di lui, si legge, che sia un “abile politico” navigato e di buone frequentazioni (Casini sembra suo grande amico). Ci dicono le nostre fonti che se gli si chiede la differenza tra una lavatrice e una nutria avrebbe qualche difficoltà a rispondere. La CDN? Di che si tratta? Le stesse fonti, malevole, dicono che quando gli si parla di “tecnologia” gli viene un attacco di orticaria. Dicono … dicono … le solite malelingue, congiure di Palazzo. Lasciamo perdere, sciocchezze, magari sono tutte balle e invece sa tutto di Mhz e della recente WRC-23 di Dubai. Certamente è grande tifoso di calcio (ma non vi diciamo di quale squadra).

Il secondo personaggio meritevole di attenzione è Roberto Cecatto, attuale AD di RAI Way, insediato al posto  di Aldo Mancino lo scorso anno. Ingegnere elettronico con indirizzo TLC entra in Rai nel 1987 e da allora segue un percorso tutto “tecnologico”. L’uomo giusto al posto giusto? Perché no! Forse. Prima di arrivare a Via Teulada era alla Direzione Produzione: ha lasciato un buon ricordo? Ai posteri l’ardua sentenza. Fatto sta che, a maggio dello scorso anno, cambiata l’aria che tira al Governo e in vista di quello che potrebbe accadere, anche a RAI Way è ora di cambiare e Cecatto (dicono che sia in quota Lega, un partito “casuale”) sbarca in ticket con Pasciucco, ex CFO RAi e ex capo staff di Fuortes. Il “dossier” che ha tra le mani scotta e sul Sole del 6 giugno 2023 si legge “ … Secondo quanto riportato da indiscrezioni di stampa, infatti, il nuovo AD di Rai Way, Roberto Cecatto, avrebbe riaperto il dossier, riprendendo «i contatti con gli stakeholder per dare vita al gigante delle antenne Tv, un'operazione che avrebbe già il via libera del governo Meloni”... tutto chiaro? Forse si.

Il terzo personaggio è Stefano Ciccotti, attuale CTO RAI. anche lui ingegnere elettronico e anche lui entra in RAI nel 1987. Ne esce per alcuni anni dove svolge esperienze in Omnitel e Telecom e torna a Mazzini nel 1995 dove, nel 2000, viene nominato Amministratore Delegato di RAI Way fino alla sua quotazione in Borsa nel 2016. Lascia il campo a Mancino (nessuno ha mai capito bene perché) e poco dopo diventa CTO RAI. Alcuni lo definiscono “una figura ingombrante” e certamente lo è per qualcuno in particolare. Chi??? La sua esperienza, conoscenza e competenza della materia è fuori discussione. Come pure, si dice, la difficoltà a collocarlo in qualche “quota” politica. Già. Forse si tratta di troppa roba e questo, forse, non gli giova. È apprezzato quanto temuto. Questa ultima vicenda dei Tre Team sul Piano Industriale la dice lunga: del CTO non ci sono tracce ma solo una “comparsata" in uno dei 10 “sottotavoli” di lavoro su “Infrastrutture IT” cioè un ambito già di sua competenza. Sergio se lo è dimenticato? Forse no. I due hanno lavorato insieme per un certo periodo sotto lo stesso tetto a Via Teulada. Da non dimenticare che negli ultimi tempi sono andati in pensione (più o meno volontaria) figure importanti della sua direzione (Serafini, Balestrieri, Isola, Scotti etc etc) e non tutti adeguatamente sostituiti.

Rimangono due interrogativi strategici: di quanto budget dispone la RAI per innovarsi, investire e svilupparsi su questo fronte? Chi sarà la persona che “farà le cose tecnologiche” con il prossimo Cda? C’è una trama in corso dove qualcuno al VII piano sta già pensando ad altro, magari ad una risorsa esterna? Per fare cosa?

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mercoledì 21 febbraio 2024

RIMANETE SINTONIZZATI

 E' in arrivo un piccolo "speciale" sul tema 

"futuro tecnologico RAI".

Da non perdere. Potrebbe essere pubblicato tra stanotte e domattina.

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RAI: pillole di pura saggezza


Una volta, al cambio di stagione, si usava fare una "cura ricostituente" tanto per prepararci al nuovo che avanzava. Ora si tratta pure di rimetterci nel solco della “normalità” del dopo Sanremo.

Pillola n.1. ieri mattina alle 11.50 l’ANSA diffonde una nota dove si legge che “Il Gruppo del M5S non voterà la parte della mozione di AVS con la quale si richiede una riforma della governance RAI. Noi crediamo infatti che di questo non si debba occupare il Governo bensì il Parlamento”. Parole sagge … però solo apparentemente. Come si legge questa posizione? Anzitutto in Parlamento non esiste nessuna proposta di Legge di riforma della governance RAI che non sia materiale già presentato nella precedente legislatura. Poi, noi intendiamo che AVS abbia voluto sollecitare l’iniziativa politica su un tema fondamentale e seppure l’iniziativa provenisse dal Governo (che se ne guarda bene dal farlo) sarà sempre e solo il Parlamento a doverla votare e quindi la giusta centralità del Parlamento rimane inalterata. O no? Rimane sul fondo un tema: l’opposizione o quel che resta di essa, quando si tratta di marciare divisi è un fenomeno: vedi pure le recenti note del PD su una sua proposta di riforma ancora fantasmica. Cosa avrebbe cambiato votare questa mozione? Nulla!!! Perché tanto, comunque, la maggioranza non l’avrebbe appoggiata e quindi il messaggio che ne deriva è sostanzialmente ambiguo e negativo. Punto, a capo.

Pillola n.2. Sul Corriere di lunedì scorso è comparso un articolo molto interessante a firma Antonella Baccaro con il titolo “La pubblicità? È digitale. RAI, Sanremo cambia il mix”. Leggiamo: “Solo l'1% dei 60 milioni dei ricavi del Festival viene dalle inserzioni in tv … il Sanremo fatto soltanto di quello che passa in tv non esiste più, infatti sono ben pochi i clienti che hanno comprato unicamente la pubblicità in televisione: soltanto l'1%. Un numero significativo di clienti invece ha comprato esclusivamente spazi radio o digital… Sui 6o milioni di ricavi che sono stati dichiarati, sostanzialmente la totalità degli investimenti è costituita da quelli che vengono chiamati «progetti crossmediali», con grande rilievo del territorio e della brand integration … Sul ricavo totale il segmento che cresce di più è sicuramente il digital (canali online come siti web, contenuti streaming e social network, ndr.), con un incremento del+50% rispetto al 2023”. Altra leggera picconata al santuario della Tv tradizionale e generalista, forse ora buona solo a trainare e a fare crescere altre forme di fruizione dei contenuti televisivi.

Pillola n.3. Netflix si lancia sul bel mondo dei talent show e si rivolge in particolare ai giovani che apprezzano il Rap. Da pochi giorni si può vedere “Nuova Scena” dal 19 febbraio. Business is business e i “giovani” sembrano rendere bene in tv. A Sanremo 8 partecipanti provengono dalla scuderia De Filippi (Mediaset) che li coltiva, ci campa di ascolti e poi gode del suo lancio al Festival. La stessa Mango è degno frutto di tanta scuola. RAI non ha un talent per giovani ma solo per Villa Arzilla.

Pillola n.4. “Retour a la normal” si legge nel manifesto del Maggio’68 che abbiamo pubblicato al termine del festival. Già: Rai torna alla sua “normalità” di ascolti nel day time che languono e che riprendono la consueta affermazione di Mediaset che si prende la scena, lentamente, progressivamente e inesorabilmente.

Pillola n.5. Tra i tanti telespettatori che lunedì sera gli è andata di traverso durante la trasmissione di Presa Diretta di Riccardo Iacona c’è stato anche qualche noto critico televisivo che stamattina non gli par vero di scrivere che al conduttore di RAI Tre  “ … interessano soprattutto le sorti di Julian Assange, l'attivista (non ha mai fatto giornalismo d'inchiesta) di cui ha sposato la causa, insieme con molti leader populisti”. Già, chi si interessa di Assange sarebbe un populista. Questa ci mancava. Perla di pura saggezza.

Sono finite le pillole e forse si dovrà passare allo sciroppo purgativo, alla vecchia maniera tanto cara ai nostalgici: ieri sera abbiamo appreso, ascoltando La 7, che alle redazioni della TGR sarebbe pervenuta una comunicazione dove si davano indicazioni su come dovesse essere trattata la notizia delle manifestazioni davanti alle sedi regionali RAI. Fatichiamo a crederci.

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martedì 20 febbraio 2024

RAI: tra democrazia e tecnologia




È verosimile supporre che ieri sera, intorno alle 21, i telefoni tra Viale Mazzini e palazzo Chigi abbiano iniziato a saltellare impazziti. Stava succedendo che su RAI Tre andava in onda Presa Diretta di Riccardo Iacona e il tema era particolarmente caldo “Attacco alla Democrazia”. Il primo argomento affrontato ha riguardato uno degli “amici” più cari della Meloni, quel Viktor Orban di provata fede “democratica”, alfiere di quel Dio, Patria e Famiglia che tanto fervore incontra nelle destre europee. A seguire un servizio su Julian Assange, il caso più clamoroso e drammatico di violazione dei diritti fondamentali della persona e delle libertà democratiche operato non da un’orda tribale primitiva ma da paesi che vorrebbero rappresentare se stessi come paladini della “democrazia”. OGGI gli inglesi potrebbero decidere la sua estradizione verso gli USA. Ce n’era a sufficienza per mandare di traverso la serata a molta gente, dentro e fuori la RAI.

Bene, andiamo avanti. Vi abbiamo accennato della comunicazione interna firmata Sergio sul Piano industriale con la quale si dava disposizione per l’attivazione di tre Team dove, per quanto letto, non ci sono tracce di tecnologie e tantomeno del CTO. Prima di proseguire importante fissare un paio di punti. Il primo richiede un passo indietro di alcuni anni. Correva il 2018, mese di giugno, poco prima della nomina del nuovo Cda a guida Salini/Foa, quando a Viale Mazzini ha circolato un documento fondamentale per il futuro tecnologico della RAI con il titolo: “RISTRUTTURAZIONE DELLE RETI DTT”. Era un documento che forse nasceva già “vecchio di suo” e si concentrava sul DTT che già allora si profilava in zona critica con l’avanzare dello streaming. La parte interessante che vale la pena ricordare sono i costi. Nelle pagine a seguire si indicavano dettagliatamente le criticità per RAI e i relativi costi. Leggiamo alcuni stralci: “CRITICITA’ PER RAI /1 - RISCHIO DI PERDITA DI SERVIZIO - Dal 2022, Rai1 e Rai 2 e non potranno più essere diffuse sul nuovo mux VHF (ex mux 1), rinunciando in tal modo ad una rete con copertura superiore al 99%; questo impone a Rai ingenti investimenti per assicurare una copertura analoga su un altro mux diverso. Senza tali investimenti, la perdita di copertura sul digitale terrestre per Rai1 e Rai2 riguarderebbe almeno il 7% della popolazione”. Per inciso, ieri è comparsa una notizia che riferiva le dichiarazioni di Marco Bussone, dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM) secondo cui circa 5 milioni di famiglie non sono in grado di ricevere bene i segnali RAI a causa del refarming delle frequenze. Non siamo in grado di verificare questi dati ma, a spanna, coincidono con quanto evidenziato nella criticità che abbiamo riferito.

Con la “CRITICITA’ PER RAI /2” si parla di risorse necessarie: “INVESTIMENTI RILEVANTI DI RISORSE PUBBLICHE SENZA VANTAGGI PER IL SERVIZIO PUBBLICO E L’UTENZA -  I costi di ristrutturazione del mux VHF si avvicinerebbero ai 200 milioni di euro, dati i vincoli tecnici del mux stesso. Resta indefinito il criterio di remunerazione del servizio di trasporto a favore delle emittenti locali, che è difficile immaginare possano pagare i costi di trasporto su questo mux: a fronte di un simile obbligato volume di investimenti, il costo del trasporto risulterebbe significativamente superiore ai costi di mercato e scarsamente sopportabile per le emittenti locali”.infine, leggiamo “DECISIONI SUGLI INVESTIMENTI -  Mux 2, 3 e 4: estensione della copertura al 95% • Necessaria per raggiungere gli obiettivi indicati dal Contratto di Servizio • Investimenti di circa 40 milioni € complessivi per l’attivazione di ulteriori 1.800 trasmettitori (600 trasmettitori per ciascuno dei mux)”. 

La domanda semplice semplice è: quei costi quanto sono aggiornati e quanti ne occorrono per adeguare RAI al nuovo mondo di una Digital Media Company, seppure NON di Servizio Pubblico? 

Il secondo punto da tenere fermo è quanto dispone la recente Legge di Bilancio 2024 sulla RAI a fronte della riduzione del canone al comma 20, art. 1: “Per il  miglioramento  della  qualità  del  servizio  pubblico radiofonico,  televisivo  e  multimediale  su  tutto  il   territorio nazionale, nell'ambito delle iniziative, previste  dal  contratto  di servizio nazionale  tra  la  società  RAI-Radiotelevisione  italiana S.p.A. e  il  Ministero  delle  imprese  e  del  Made  in  Italy,  di ammodernamento, sviluppo e gestione  infrastrutturale  delle  reti  e delle  piattaforme  distributive,  nonché  di  realizzazione   delle produzioni interne, radiotelevisive e multimediali,  e'  riconosciuto alla medesima società un contributo pari a 430 milioni di  euro  per l'anno 2024”. Attenzione ai passaggi sottolineati. Queste risorse saranno anzitutto riconosciute “…nell'ambito delle iniziative, previste  dal  contratto  di servizio” ovvero dal soggetto che ha sottoscritto il Contratto,  il MiMiT e non più il MEF. Si passa quindi da una erogazione “in automatico” ad una “a condizione” che siano applicate le iniziative previste dal Contratto. È grave ed è uno dei punti più importanti sui quali ci siamo spesso soffermati nel valutare negativamente questo Contratto. Da ricordare sempre che di questo documento non ci sono notizie: è accuratamente secretato e nessuno, nemmeno i parlamentari che lo hanno votato in Vigilanza, sembra che NON ne sanno nulla e però nemmeno protestano per questo silenzio. Su questo solco si inseriscono gli interrogativi che poniamo sugli investimenti tecnologici che, peraltro, dovrebbero essere indicati nel Piano Industriale.

Il passaggio della Legge su “ammodernamento, sviluppo e gestione  infrastrutturale  delle  reti  e delle  piattaforme  distributive”. A cosa si riferisce? Quali reti e quali piattaforme? Quali previsioni di spesa?

Sappiamo però che un possibile motivo di tanto segreto sta proprio nelle difficoltà che si incontrano nell’applicare quanto disposto nella prima versione del Contratto sulla transizione al DVB-T2 prevista per il 10 gennaio scorso e poi persa nelle nebbie. Rileggiamo quanto possediamo (bozza di luglio 2022) a pag. 5 e 6: “Il contratto di servizio 2023-28 pone al centro dello sviluppo di Rai gli obiettivi di rilevanza, inclusività, credibilità, responsabilità e sostenibilità …Rinnovare gli asset tecnologici … Finanziare investimenti che verranno completamente sviluppati e messi a terra nei prossimi 5-8 anni”. Sappiamo che si prevede un investimento triennale di circa 225 milioni di euro, in larghissima parte coperti dalla vendita dell’ulteriore 14 p.c. della partecipazione Rai in Rai Way ovvero una incognita tutta da verificare nei tempi e nelle modalità. Vedi pure il Comunicato sindacale a vale dell’incontro con l’AD del 6 febbraio dove è emersa con chiarezza la difficoltà di Sergio a “..realizzare un Piano Industriale più complesso, in discontinuità con il passato, che non punterà esclusivamente al potenziamento del business nei confronti della RAI …”. Amen.

In sintesi: gli investimenti e il conseguente sviluppo della RAI sul fronte dell’ammodernamento tecnologico sono in secondo piano e in subordine rispetto ad altre priorità. Nella Comunicazione interna citata e firmata da Sergio di tutto questo non ci sono tracce e sappiamo solo che sono stati istituiti 10 sotto gruppi di lavoro dove si accenna solo a “Reti e infrastrutture IT”. Morale della favola: il Digitale Terrestre va bene così, ancora per molto e per molti.

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domenica 18 febbraio 2024

RAI: "Salvate il Soldato Ryan/Sergio" e fate presto!


Per intendere bene l’argomento di oggi, consigliamo di leggere sul supplemento del Corriere un lungo articolo con questo titolo: “Il risiko delle 500 poltrone • Subito i Cda e i direttori generali di Inps e Inail. In scadenza il direttore dei servizi segreti interni. Dalle Ferrovie alla Rai, la sfida tra i partiti”.

Dopo “L’Affaire Sanremo” con le dichiarazioni di Sergio e quelle di alcuni componenti del Cda RAI (Soldi, Bria e Di Pietro) si poteva supporre, forse, un destino diverso per l’AD se pure il consigliere Di Majo avesse dichiarato “qualcosa”?  La risposta è “Sliding Doors” con diverse ipotesi immaginabili. Il tema è capire se è possibile/utile/opportuno o necessario sostenere l’aggregazione de “I quattro dell’Ave Maria” (Conte, Schlein e Salvini + 1 a scelta) per una “Mission Impossible” necessaria a “Salvare il Soldato Ryan/Sergio”.

Nei giorni scorsi abbiamo lanciato con i nostri soliti quattro amici al Bar (forse otto) un mini referendum consultivo. Beninteso, chiacchere in libertà. Gli abbiamo chiesto:

1 - volete voi salvare il Soldato Sergio e farlo diventare “l’eroe del nostro tempo” in grado di arginare lo strapotere prossimo venturo di Meloni &C?

2 - volete voi abbandonare il Soldato Sergio al suo triste destino (si fa per dire) e lasciare che la Destra faccia il suo corso, con la speranza che possano arrivare tempo migliori?

3 -  esiste una Terza via alternativa ad una nomina di Governo (Rossi o Chiocci che sia) che guarda ad Oriente? Ad esempio dentro l’Azienda?

La verità è che le tre domande sono pressoché fungibili tra loro e magari riassumibili in una sola: è giusto sostenere Sergio o no come possibile barricata contro i progetti di Palazzo Chigi di prendere tutto il “cucuzzaro” RAI?

Mumble ... mumble … i nostri amici, sotto l’effetto ipnotico di diversi “tiriamo a Campari” stanno rimuginando  pensieri complessi e tortuosi e mettono le mani avanti: “Non è facile rispondere”. Già, anche Bloggorai mugugna e si intorcina intorno ad una foglia di rosmarino. Non è facile trovare una exit strategy adeguata e sufficiente. Dove nasce la domanda? Semplice: dalla recente apparente debacle di Sergio sulla questione del genocidio di Gaza. Apparentemente è stata una quasi disfatta per Sergio, oppure sostanzialmente, forse, è  servita a serrare i ranghi di una truppa in suo favore ancora sparpagliata e confusa? Oppure, come abbiamo scritto, si tratta del perseguimento con altri mezzi della strategia di attacco a Rossi iniziata da diverso tempo? Qualcuno a Viale Mazzini ha brontolato: “Sprovveduti allo sbaraglio”.

Cerchiamo di mettere in ordine le riflessioni che corrono.

Anzitutto chi è Roberto Sergio … oggi .. e non quello che è stato negli anni passati. Per questo, basta rileggere quello che è stato scritto a suo tempo (Giovanna Vitale su Repubblica del 12 maggio 2023 o Michela Tamburrino lo stesso giorno su La Stampa). Un passaggio però non va dimenticato: il “Soldato Sergio” è stato già salvato una volta. Il 15 maggio 2023 la sua nomina è passata con il voto decisivo (vale doppio) in Cda della Presidente Soldi che, di fatto, ha garantito a Sergio il futuro ante litteram. Ha votato contro la Bria e si sono astenuti Di Majo e il compianto Laganà. Tiremm’innanz…

Fatto sta che dopo, si sa, le cose cambiano, e la quadra si forma intorno al suo nome in ticket con Rossi come DG (che provvede a nominare ipse facto) con un malcelato impegno a tenergli il posto fino al prossimo giro. Gli anni passano e i figli crescono e le cose non sempre vanno come dovrebbero andare. Fatto sta Sergio ci prende gusto a fare l’AD e che i problemi, dallo scorso novembre, sorgono non tanto e non solo intorno al suo nome ma piuttosto intorno a quello del suo successore: si comincia a leggere che Rossi non sarebbe più nella lista dei desideri del Governo. Ecco allora che iniziano rocamboleschi sotterfugi e si tessono trame complesse che vede molti, famiglie allargate, affettivamente legati da  un insolito destino: fronteggiare lo strapotere prossimo venturo della Meloni. Inoltre, da non dimenticare pure l'ultima "picconata" di Sergio sulle direzioni di genere tanto care a Rossi. E' stata solo "voce fuori dal sen fuggita" ??? 

Ma il dubbio centrale è: questa partita quando potrà essere giocata, prima o dopo le europee? La domanda è semplice, le risposte molto, molto complicate. 

Veniamo ai modesti risultati del mini referendum.

A. una buona parte è sul fronte del “meglio Sergio che Rossi” per circa il 45,7%

B. una minoranza del “tanto peggio tanto meglio” è per Rossi con circa il 24,3%

C. una “zona grigia” è tra l’indifferenza e la possibilità di provare una terza strada con il 30%.

Mumble .. mumble .. la situazione è intricata assai e pure Bloggorai medita. Sergio è Sergio e rappresenta quello che rappresenta benissimo tutto il suo passato e il suo presente di amici, parenti e conoscenti molti interni alla RAI e molti (assai) esterni. Dare a lui le redini dell’Azienda per i prossimi tre anni che andranno a cadere proprio a ridosso del rinnovo della Concessione è arduo da sostenere. Ha le forze per sostenere l’onda d’urto del Governo? Forse anche si e i “Quattro dell’Ave Maria” che lo potrebbero supportare qualche chance la potrebbero avere e non perché sono forti loro in quanto tali, ma semplicemente perché potrebbe convenire a Palazzo Chigi avere “merce” di scambio per altre più succulente nomine (do you remember Scannapieco e i "Draghi boys" ???). Le poste in palio sono tante su diversi tavoli (vedi le 52 società controllate e partecipate) e, tra queste, c’è la partita sulla cessione di RAI Way che non è interessa solo RAI ma ben oltre.

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ps: rimante sintonizzati ...

c'è tanto altro da raccontare 

sabato 17 febbraio 2024

ATTENZIONE !!!

 Tra i lettori e le lettrici di Bloggorai ( e non solo) è' in corso un dibattito, un mini referendum, sul tema:

"Salvate e il Soldato Ryan/Sergio" ???

Si tratta di una "Mission Impossible" oppure di affrontare  "Il buio oltre la siepe" con Rossi/Chiocci che avanzano

e cercare "On the road" un "Uomo (o una donna) che sussurra ai cavalli" ???

 Si sta formando una "task force" con

"I sette dell'Ave Maria"


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ps: non dimenticate di leggere il Post di oggi: è previsto un seguito molto interessante

RAI: una "nuova" storia confusa, ottusa e forse collusa


Questa mattina ci stavamo predisponendo a scrivere un pezzo sul tema di un generico e forse collettivo “qualcuno”, che appare alquanto confuso, leggermente ottuso e probabilmente colluso. 

Si tratta di una "storia" che fatica a prendere forma. 

Quando poi, ci viene urgentemente segnalato un articolo molto interessante sul Il Foglio oggi in edicola con il titolo: Fratelli di fiction. La storia torna in Rai ed è subito autocoscienza nazionale. Mameli infilato nel pantheon di Giorgia, ma è pure un ragazzo di oggi”. Ecco cosa mancava alla lettura diacronica del pre e del post Sanremo: cosa ci ha “raccontato” il Festival non solo in quanto spettacolo canoro ma come parte di un tutto, di un nuovo e diverso “narrare” il Paese con altri mezzi. E come poi usare lo spettacolo, con quello che è venuto prima e sta venendo ora, come grimaldello necessario a scardinare e impostare il “nuovo futuro del Servizio Pubblico. E non a caso, il sostegno promozionale più forte alla “nuova Fiction” è stata attivato proprio negli intervalli pubblicitari con lo spot in onda su RAIUno.  

Questo capitolo della storia RAI e di un nuovo racconto  della storia del Paese era tutto già scritto, da tempo e la penna era nelle mani del DG RAI Giampaolo Rossi. È proprio intorno alla sua figura, al suo ruolo presente e futuro,  che si stanno impostando i giochi. Siamo andati e ripescare due sue interviste: quella del 6 luglio e quella del 10 ottobre dello scorso anno. Ce le siamo incorniciate perché “raccontavano” molto di più di quanto si leggeva. A luglio Rossi al Corriere dichiara: “I nuovi palinsesti che avete dovuto preparare in tutta fretta in che modo rappresentano la nuova Rai? «Valorizzano le risorse interne, sono plurali e organizzano finalmente le reti secondo criteri di genere, uscendo da una visione ideologica”. Tenetela bene in mente questa frase  ma non è questo il tema. Aggiunge: “Spesso la Rai è stata fuori sincrono rispetto alla realtà: è stata l'espressione di un gruppo ristretto che la dominava”. E ancora: “Intanto nel 2024 che succederà? «Ci sono ragionevoli certezze che il canone possa rimanere in bolletta. Dopo di ché non è un dogma. In molti Paesi non c'è”. Arriva il 10 ottobre e su Libero dichiara: “…abbattere ogni pretesa egemonica e fare respirare la cultura di questa nazione. Se il nuovo governo conservatore saprà fare questo, potrà sviluppare il valore della nostra industria culturale, darà un contributo fondamentale ad un nuovo rinascimento italiano”. Torna poi su un tema a lui carissimo: “E’ necessaria una riorganizzazione industriale conseguente al nuovo modello editoriale delle Direzioni di Genere varato ai tempi di Fabrizio Salini (uno degli ultimi ad Rai con visione strategica)”. Dopo affonda il colpo sul tema racconto/narrazione/ficition e dice “C'è una narrazione dell'Italia introflessa e marcata ideologicamente, che non tiene conto dell'identità storica della nazione. In qualunque altro paese, un personaggio come Garibaldi con la sua storia avrebbe alimentato la mitopoietica e l'immaginario narrativo per anni”. A parte la sofisticata “mitopoietica” (l'attività spirituale creatrice dei miti) il nostro entra a piedi pari sul vero problema tanto a cuore a questo Governo: cambiare l’aria che tira, la percezione del Paese, dei suoi miti e dei suoi riti. Da è un soffio a citare “D'Annunzio, De Ambris, Keller, Marconi, Toscanini, Comisso… Spengler, Heidegger, Junger, Lorenz, McLuhan o Del Noce… E le avanguardie artistiche (futurismo, dadaismo) e Pirandello, Celine, Mishima, Tolkien, Yourcenar, alla poesia di Pound o Eliot”.

Ecco il contesto dove sorge e si propone la fiction “Mameli” andata in onda subito dopo Sanremo dove nel testo (lo avevano dimenticato o forse del tutto ignorato) si legge che “… i bimbi d'Italia si chiaman Balilla…”. Il Foglio lo definisce “ … esempio purissimo di "nuovo storytelling" del direttore generale Giampaolo Rossi”. Ovvero colui che vorrebbe o dovrebbe essere il nuovo uomo forte di Viale Mazzini, pronto a succedere a Roberto Sergio qualora.. qualora, decidesse di farsi gentilmente da parte dopo avergli scaldato la sedia come prossimo AD. Ma che, come la “storia” recente di questi giorni ci sta raccontando, prima e dopo Sanremo, non sembra proprio che tutto possa andare come previsto. E dove si colloca il centro della battaglia, quale la pistola fumante che da il colpo di inizio delle ostilità? Proprio quelle dichiarazioni incrociate sulla “riforma di generi” tanta cara a Rossi quanto osteggiata da Sergio (ipse dixit "Rai, organizzazione da rivedere Sergio: verifico se è meglio tornare alle direzioni di rete" del 2 febbraio, nota bene la data). 

La grande famiglia RAI si confronterà su questo e su questo saranno chiamato a raccolta i fedelissimi. Piccola prova provata: nei giorni scorsi vi abbiamo appena accennato ad una notizia: lo scorso 1 febbraio viene diffusa una “Comunicazione interna – Strutture Aziendali tutte” con oggetto “Piano di implementazione del Piano Industriale 2024-26 e costituzione Team di implementazione ad alta priorità” firmato Roberto Sergio. Sapete la novità? È che nei tre Team (Evoluzione dell’offerta informativa, editoria e e Assetto Organizzativo) non compare mai … MAI ... il termine “tecnologie” o  “tecnologico” che dir si voglia e il CTO non viene mai citato, nemmeno per sbaglio. Come se l’argomento fosse del tutto irrilevante, come se la RAI nel nuovo Piano Industriale non dovrà fare i contri con le nuove tecnologie, che richiedono investimenti e visioni, progetti e impegni che nessuno, con queste risorse, è oggi in grado di garantire. Vorrà pur dire qualcosa? Si certo e non poco. Lo approfondiremo.

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venerdì 16 febbraio 2024

RAI: scacco matto alla politica (almeno di opposizione)


È inutile girarci intorno: non è questo il momento di parlare di “riforma della RAI” seppure della sola governance. Non ci sono le forze in campo e non ci sono i tempi utili. Non è il momento di ripetere uno stanco ritornello su “fuori i partiti dalla RAI” se poi non si agisce subito, in modo forte e chiaro, per impedirlo. 
Non è il momento perché, banalmente, in Parlamento la maggioranza è di centro destra e di modificare la Legge 220 del 2015 non ci pensa proprio, anzi, se potesse, la rinforzerebbe ulteriormente a favore del controllo governativo sul Servizio Pubblico sul modello polacco. Anima in pace: questa legislatura, salvo cataclismi interni alla maggioranza, è destinata a durare. Come già successo per la precedente legislatura, anche nell’opposizione quando si parla di riformare la RAI ognuno per se e Dio per tutti. Il fattore tempo non gioca a favore. E comunque, seppure si potesse trovare un testo unitario è ragionevole supporre che non potrebbe o non dovrebbe essere solo una proposta di una parte ma condivisa giocoforza almeno con  parte opposta. Vale quanto abbiamo già detto per gli Stati Generali: non ha senso anche solo immaginarli se sono frutto solo del M5S o del PD o altri messi insieme. Il servizio Pubblico non può essere ostaggio della maggioranza di turno, quale che essa sia. Tutto molto complesso e ancora di più nelle specifiche circostanze dove la prossima competizione europea non farà altro che rendere critici gli spazi di agibilità politica dei partiti di opposizione.

Torniamo al centro del problema: la Legge 220 c’è e ci sarà ancora per molto tempo. Sarà con questa Legge che si dovrà rinnovare il prossimo  CdA e sarà questo nuovo Cda che traghetterà la RAI verso il rinnovo della Convenzione prevista per il 2027. Dunque, si tratta di una occasione unica e irripetibile per provare a smantellare e colpire al cuore la natura governativa della Legge, in particolare per quanto riguarda il perverso meccanismo di elezione e proposizione dei vertici RAI, in particolare il Cda. Se, come abbiamo vagamente inteso, PD e M5S hanno intenzione di rifare lo stesso giochetto della precedente legislatura e fare uscire i nomi dei nuovi consiglieri dal cilindro di Maga Magò e magari riproporli tali e quali, per quanto ci riguarda, abbiamo idea che non sono sulla buona strada.

Lo spazio per una iniziativa, seppure sperimentale, seppure da mettere a fuoco dettagliatamente i vari passaggi, c’è ed è assumere il “modello francese” dove i candidati sono noti prima, presentano i loro curricula e si confrontano pubblicamente su come intendono agire qualora eletti con un testo scritto e con una possibile audizione pubblica. Sarà poi sempre il Parlamento sovrano a decidere e votare, ma almeno lo potrà fare con trasparenza e conoscenza di chi verrà sottoposto al voto e non su nomi usciti sottobanco dalle segrete e oscure stanze come è avvenuto finora. PD e M5S ci stanno a provare, a sperimentare subito o almeno a dibatterne pubblicamente su questa possibilità oppure lasceranno scorrere tutto sotto traccia per poi arrivare disarmati alla decisione finale? E poi, seppure questo “esperimento” si dovesse rivelare di difficile attuazione (e non lo crediamo) si potrebbe porre subito un tema: con quali criteri il Governo selezionerà il prossimo AD? Deve essere “per forza” Rossi come la Meloni vorrebbe? Ci può essere di meglio, di più, di diverso? Draghi nel 2021 aveva dato incarico ad una società di cacciatori di teste e vennero fuori pure nomi interessanti. Sollevare questo tema, tenere accesi riflettori e  fare clamore sulla possibilità che il nuovo AD sia dato per scontato che possa essere anche lui uscito dal cilindro di Palazzo Chigi (peraltro già noto) è un modo per smascherare in ogni modo la perversa e ottusa tenaglia che minaccia l’autonomia e indipendenza del Servizio Pubblico. Si tratta, semplicemente, di non dare per scontato, come in parte è avvenuto, che il nuovo Ad e presidente siano il frutto illegittimo di un matrimonio perverso malauguratamente annunciato.

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ps: per chi lo avesse perso, ricordiamo 

il Post SPECIALE di ieri sera