Il titolo, ovviamente, si riferisce alle regole fondamentali del Poker (ben note prima) e non solo!
È verosimile supporre che molti nostri lettori siano pigri e preferiscono conservare documenti importanti in forma digitale piuttosto che cartacea. Bloggorai invece è maniaco dei fogli: stampa tutto, ci scarabocchia sopra e riempie i documenti di Postit. Oggi suggeriamo loro di fare un piccolo sforzo e stampare la summa di saggezza e sapienza che Giampaolo Rossi, il “nuovo” AD Rai, ha espresso con la sua lunga intervista al Foglio oggi in edicola. Ieri vi abbiamo riportato stringatissimi passi, una sintesi della sintesi giornalistica, ma leggerla per intero fa più impressione: c’è tutta la “visione” ovvero la “narrazione” della “sua” RAI, del Servizio Pubblico di Governo, di Viale Mazzini di “destra destra”. Ha ragione Rossi, forse dire ancora “TeleMeloni” appare tanto anacronistico quanto forse poteva essere dire “TeleDraghi” o simili. Banalmente, semplicemente, ogni “Tele” è frutto del suo tempo e del suo contesto mutevole e determinato in quel certo momento storico. Grosso modo ci appare evidente una differenza: il Governo Draghi non aveva una sua visione del Servizio Pubblico, il Governo Meloni forse si. Comunque, leggete l’intervista, conservatela e ne riparleremo.
Veniamo ora al sodo. In questi giorni leggiamo della tensione tra il Ministro Giorgetti e il resto del suo mondo sulla manovra finanziaria. In ballo ci sono i soldi, le risorse economiche sulle quali contare. Fatte le debite proporzioni, il cuore del problema di questo momento per la RAI non è tanto chi e quando potrà essere nominato presidente (perché tanto prima o poi un nome lo troveranno) quanto invece sapere con certezza quale sarà l’importo del canone che gli italiani dovranno pagare nel 2025. In ballo ci sono 430 mln che lo Stato dovrebbe erogare o meno a seconda se verrà confermata la riduzione da 90 a 70 euro. Giorgetti, è noto, non è un “leghista” semplice nel senso che non sempre è allineato con le posizioni del suo capo Salvini. Su questo tema potrebbero avere anche posizioni distinte: il primo sarebbe indotto a ripristinare la quota 90 euro precedente e il secondo invece propenso a mantenere il punto sulla riduzione progressiva del canone del 20% annuo fino alla sua completa eliminazione. Morale della favola: siamo a poco più di 100 giorni dalla nuova legge finanziaria e sul tema canone siamo in altissimo mare. Tutti o quasi però tacciono.
Questo stesso tema sarà poi il primo terreno minato sul percorso della riforma RAI avviato lo scorso 3 ottobre attraverso il quale è stata superato lo stallo per la nomina dei nuovi consiglieri RAI (do you remember “Prima la riforma e poi le nomine” ???). Prima ancora della governance, sulla quale poi ci sarà molto da dire a partire dalla Fondazione a cui si vorrebbe affidare la gestione di Viale Mazzini, sarà questo il primo ed immediato campo di battaglia dove si schierano visioni per una parte completamente opposte e per altra parte ignorate o confuse. Abbiamo cominciato a leggere attentamente il corposo documento di 136 pagine sulle proposte di riforma ora in discussione. Tanto per intenderci: la prima PDL è a firma dei deputati Faraone e Ruffino (Italia Viva e Azione) che, all’art. 10, recita “Il finanziamento del servizio pubblico è disciplinato dalla Carta dei Servizi ed è assicurato dal canone di abbonamento il cui ammontare è determinato per sei anni”. Tanto per dire ancora: il testo Nicita (PD) il tema canone non lo affronta proprio e si limita tutto (e solo) a definire nuove regole di “funzionamento societario” mentre nel DDL Bizzotto etc (Lega) si legge che “il canone risulta oggi anacronistico e ingiusto” e infine nel testo Bevilacqua etc (M5S) si legge che “il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo è assicurato dallo stanziamento di risorse statali determinate. Unitamente all’affidamento della Concessione, e per tutta la sua durata, sula scorta degli oneri sostenuti nell’anno solare precedente …”.
D’altra parte, come scrive oggi sul Fatto Gianluca Roselli per la Schlein “L'argomento la annoia a morte, non ne coglie le sfumature ed è convinta l'attuale Cda abbia i mesi contati poiché, con l'entrata in vigore del Media Freedom Act in agosto, la riforma Rai non più eludibile porterà a una nuova governance”. Chissà chi e perché l’ha indotta a proporre questa erronea valutazione: come abbiamo scritto e ripetuto NON è vero che questo Cda potrà decadere tra X mesi, ovvero luglio 2015 con l’entrata in vigore del MFA poiché l’art. 29 dello stesso documento non contiene ( e non potrebbe contenere) alcuna disposizione retroattiva e tantomeno lo prevede la Legge tuttora in vigore, la 220 del 2015.
Chiudiamo sempre a proposito di riforma. Si sente dire che, in parallelo al dibattito parlamentare sula stessa riforma, si vorrebbero convocare gli Stati Generali e ancora non si sa bene se in quella sede si dovrà affrontare solo il tema Rai o più in generale il sistema audiovisivo nazionale. Poi non è ancora chiaro chi è il titolare di questa iniziativa e il perimetro dei soggetti interessati e via discorrendo. Ma ciò che appare ancora più oscuro è il meccanismo di “selezione” delle proposte e dei soggetti che le presenteranno. Ancora una volta si applicherà lo stesso modello utilizzato con le nomine dei consiglieri, ovvero di proposte elaborate dalle stanze ristrette delle segreterie dei partiti, degli uffici legislativi, dei “tecnici parlamentari” o elaborate individualmente da qualche illustre e storico “esperto”???
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ps: il cambio del vino ieri è andato bene... buon corpo, profumato, inteso e colore ancora da schiarire. Prossimo appuntamento ai "morti" per il secondo cambio e per primo assaggio Vino Novello