Delle due l’una: o è stato trovato un accordo politico, è stato raggiungo un compromesso tra Draghi e alcuni partiti o parti di essi, oppure no. A giudicare da quanto avvenuto sembrerebbe di si. Siamo sempre dell’avviso che il capo del Governo difficilmente avrebbe potuto/voluto fare una prova di forza, prendere a sportellate alcuni partiti o parti di essi senza un accordo preventivo. Altrimenti, la situazione potrebbe prendere anche una piega complicata. Ci stiamo facendo l’idea che sia avvenuto proprio così. Cerchiamo di spiegarci e riprendiamo il discorso sulle sportellate iniziato ieri.
Il corollario del ragionamento è semplice: Fuortes e Soldi sono il frutto di una complessa e sofisticata trattativa che è passata attraverso diversi livelli, politici anzitutto ed economici/tecnologici in secondo piano. Per cortesia, sia risparmiata la storiella dei cacciatori di teste. Fuortes sembra essere espressione pura dell’area Franceschini/Veltroni, cioè di una parte consistente del PD di marca “romana”, con possibili simpatie verso la deriva Calenda. Da non dimenticare che qualcuno lo avrebbe pure candidato alla corsa per il sindaco. Per quanto riguarda la Soldi invece è sufficiente leggere il suo Cv e sapere chi potrebbe averla proposta e sostenuta: la grande famiglia Vodafone della quale è tuttora Presidente della relativa Fondazione.
Dunque, il primo livello interessa anzitutto il
secondo partito della maggioranza, il PD, o meglio, una parte di esso. Il secondo
riguarda il M5S, o meglio, una parte di esso, o almeno di ciò che ne rimane. Il
terzo livello interessa in modo trasversale tutta l’area del centro destra e,
infine, il livello più occulto ma non meno potente, riguarda la potente lobby
delle Tlc. Vediamoli uno per uno.
I giochi all’interno del PD non sono del tutto chiari: chi sta con chi contro chi. La segreteria Letta sembra forte, ma le fronde interne spesso e volentieri, possono esserlo anche di più. Non c’è bisogno di scomodare la vicenda Bersani/Prodi e i famosi quanto misteriosi 101 “traditori”: una macchia indelebile nella storia recente di questo partito. Il ministro Franceschini senza dubbio ha forti influenze nel governo e non dovrebbe aver avuto difficoltà a sostenere il suo candidato. Per Draghi, un alleato di tal genere, in vista delle elezioni del Presidente della Repubblica, è di grande interesse. Anzaldi ha commentato con soddisfazione: cosa avrà voluto significare?
Il M5S come noto è lacerato sommariamente tra l’ala
governista (Grillo) e quella movimentista (Conte). Sembrano allo sbando e
obiettivamente non è chiaro chi dirige la baracca e chi è stato chiesto un placet (se mai fosse avvenuto) sui nomi
proposti. Sono l’anello debole, il fianco scoperto della coalizione di governo.
Metterli alle corde ora è giocoforza facile, utile e conveniente. Colpire il
nemico quando è debole e in ritirata. Ma, attenzione, proprio in queste
circostanze la mossa di Draghi non colpisce in modo indifferente: sostiene una parte
del 5S avversa all’altra. Oltre le dichiarazioni di circostanza (Raggi) per quello
che rimane del partito del 32%, ha messo nel conto di perdere Salini ma
potrebbe avere in cambio una compensazione in altri centri di potere Rai
(Tg1???).
Veniamo ora al centro destra che, per quanto noto, sulla spartizione dei pochi posti liberi non sembra avere ancora le idee del tutto chiare. La Lega anzitutto: quanto ha pesato Giorgetti in queste scelte? Per quanto sappiamo poco: il suo candidato era un altro e ci stava quasi per arrivare. Già trapela qualche malumore. Poi, è noto che tutta l’area del Centro destra avrebbe voluto avere un peso maggiore proprio al vertice del comando dal quale ora, a quanto sembra, risulta essere tagliato fuori e si dovrà accontentare di riposizionare un suo uomo in Cda. Un po' pochino per un partito che ambisce alla maggioranza di governo. Ragionamento analogo per Fratelli d’Italia e Forza Italia: gli rimangono briciole e, tra queste, il posto di Barachini in Vigilanza. Gianni Letta per quanto ci hanno riferito, avrebbe commentato con soddisfazione.
Il “terzo incomodo” di questo quadro è un soggetto invisibile quanto potente e vigoroso. Si tratta di chi sostiene, direttamente o indirettamente, la visione più “broadband” rispetto a quella “broadcast” della televisione italiana. In questo senso, la Soldi racchiude e sintetizza perfettamente i desiderata.
Infine: il ruolo del Presidente di garanzia che la Soldi dovrebbe ricoprire e che, come noto, dovrà passare le gole insidiose della Vigilanza. Torniamo alla domanda iniziale: Draghi ha la certezza assoluta di poter contare sui voti della maggioranza della Commissione??? Potranno piacere o meno ma i commissari rappresentano il Parlamento. Magari, forse si: potrebbe aver avuto garanzie in tal senso perché altrimenti una bocciatura della Soldi sarebbe difficile da gestire. Dunque? C’è un accordo preventivo tra i partiti per sostenere tutti e due i nomi? Forse si ma è lecito avere qualche dubbio e i precedenti di Monorchio e Foa non aiutano in proposito. E comunque, il ragionamento in questa direzione ci porta dritti nel cuore del problema: non si tratta di Rai “Draghiana” ergo “tecnoefficientistafunzionalerazionale” come simpaticamente si vorrebbe sostenere, quanto più di una Rai che più “politica” non potrebbe essere. Una nuova politica, diversa e aggiornata alla versione 4.0.
Torniamo ora, per un momento, al
presunto “sgarbo istituzionale” rispetto alle cadenze degli appuntamenti (il 12
l’assemblea dei soci e il 14 Camera e Senato). Si potrebbe chiudere la
discussione con un mero dibattito di forma, di ritualità, di regolamenti. Ma così
non è e questa obiezione ci porta dritti al cuore di una battaglia che da tempo
sosteniamo: quella della riforma della Governance Rai tutta imperniata nell’obiettivo
di sottrarre l’Azienda dal tallone di ferro del Governo. Se mai era necessaria
una controprova della legittimità di questa battaglia, Draghi l’ha fornita su
un piattino d’argento: se n’è beatamente fregato delle prerogative, della sovranità
del Parlamento ed ha agito come meglio ha ritenuto, senza dover rispondere a
nessuno del suo operato, senza dover giustificare a nessuno perché e per come
ha scelto Fourtes e Soldi piuttosto che Tizio o Caia. I quattro consiglieri che
dovranno essere nominati dal Parlamento, dopo questa mossa, appaiono più deboli
di quanto già non lo sono già per loro natura. Perché lo ha fatto? Non poteva attendere
il 14, oppure anche solo il 12, nella sede formale dell’Assemblea dei soci? Nulla
avviene mai per caso.
Infine: una nota per i tanti colleghi
che in questi lunghi mesi ci hanno tartassato con l’elenco dei possibili nomi,
interni o esterni alla Rai, volta per volta dati per sicuri, vincenti o
piazzati, nelle grazie o simpatie di qualcuno. Anche noi, nel nostro piccolo,
abbiamo sbagliato. E loro? Attendiamo fiduciosi.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento