venerdì 29 novembre 2019

Mucchio selvaggio e il futuro della Rai

Ancora una volta dobbiamo ricordare quanto abbiamo scritto su questo blog in epoca non sospetta: la partita grossa, quella più rilevante, si gioca in campo del Governo. tutte le altre, compresa la Rai, sono in subordine. Ci riferiamo alla nomina dei nuovi presidenti AgCom e Privacy, ai quali seguiranno nei primi mesi del prossimo anno, quelli di importanti società partecipate dalle Stato. Ieri abbiamo saputo che il Presidente della Camera Fico ha proposto alla Presidente del Senato Casellati il voto congiunto delle due Camere il 17 o il 18 dicembre per adempiere a questo obbligo del Parlamento prima della scadenza del secondo rinvio, previsto alla fine di dicembre. Attenzione, per quanto riguarda la Rai e l’intero sistema delle telecomunicazioni, si tratta di un appuntamento di assoluta rilevanza strategica, al pari di quello relativo alla cessione delle deleghe del Ministro Patuanelli al sottosegretario alle TLC ancora non avvenute.

Ecco allora che questa premessa diventa una chiave di lettura suggestiva per comprendere meglio quanto avvenuto nei giorni scorsi e quanto ancora potrà avvenire nelle prossime ore o settimane. Anzitutto l’AgCom sarà chiamata nei prossimi anni ad essere il vigile regolatore dell’applicazione della futura trasformazione epocale del sistema broadcast in Italia, con l’avvio già dal primo gennaio della prima fase di transizione al DVB-T2 . E’ del tutto evidente che il ruolo del “vigile urbano” di questo processo sarà assolutamente strategico per tutti e lo sarà in modo indiscutibilmente rilevante: la vigilanza sull’applicazione delle direttive comunitarie in proposito cambierà il mercato, i prodotti, i consumi di televisione e sarà impattante sul complesso sistema delle TLC. Le nomine in Rai, a confronto, somigliano a quelle della confraternita del Buon consiglio (con tutto il rispetto). E si comprende bene, inoltre, il nervosismo e la confusione dei partiti che su questi temi, alla vigilia di quanto potrà avvenire nelle prossime settimane nel contesto di delicatissimi quanto fragili equilibri di governo, potrebbero rimanere o meno con il cerino in mano, ovvero rimanere del tutto senza cerini. 
E chi sarebbe   disposto a rischiare una posta così importante. Vedi Agcom: da tempo si legge che sarebbe stato raggiunto, già in epoca del governo precedente, una specie di accordo tra M5S e PD, tale per cui a questa carica dovrebbe andare un esponente del secondo partito di maggioranza e, da tempo, si legge di Antonello Giacomelli. E’ del tutto evidente che si tratta di una indicazione a dir poco “problematica” per diversi punti di vista e si riferisce sia all’area di provenienza renziana dello stesso, sia per quanto ha fatto durante il suo mandato da sottosegretario, sia per  quanto ora egli rappresenta in seno all’attuale PD (quale PD?).Che ci possa essere qualche perplessità in area 5S (quale 5S ?) a questo proposito, per quanto sappiamo, è del tutto pacifico. E si capisce,in questo contesto, la resistenza del ministro in capo al Mise a mollare l’osso delle deleghe alle TLC dove pure, si suppone, dovrebbero andare a al PD. Tutto torna, e tutto torna a comprendere perché e per come ieri le nomine in Rai sono saltate e non solo e non tanto sul tema canone, come si vorrebbe far credere, quanto più sulla mancanza di accordo politico “globale” e non solo sui nomi “in quota" di Tizio e di Caio al Tg o alla rete. Purtuttavia, sul tema canone la partita è aperta complessa e delicata e, al momento, viene giocata nel campo degli emendamenti. Possediamo l’elenco completo e tra questi, alcuni sono potenzialmente molto dannosi per la Rai. Riguardano quasi tutti l’aumento del Fondo per il Pluralismo e l’Innovazione dell’informazione con fondi prelevati dal 10% del canone. Sul fondo degli emendamenti rimane insoluta ancora la destinazione dell’extragettito.

Allora, cercando di ricondurre il tutto ad un filo comune, dove si vuole andare a parare? Il sentimento comune, espresso formalmente dal programma di Governo, è la revisione dell’intero settore delle TLC, dove ,in subordine si parla di revisione della Legge del 2015 sulla  governance Rai e in parallelo, della revisione in tutto o in parte del Canone dovuto alla Rai. In tale disegno, quanto “pesa” il futuro del Servizio Pubblico? Quale ruolo gli si vorrebbe assegnare nel nuovo mercato dove già sono in corso movimenti tellurici di enorme rilevanza? Nessuno esce allo scoperto per dire quello che, forse, molti pensano: la Rai dovrà essere ridimensionata. In un mercato dove la somma non è zero, se la Rai fa un passo indietro altri fanno passi avanti. Chiudiamo il ragionamento: oggi siamo al 29 novembre, il Cda, salvo convocazioni straordinarie, è convocato per metà dicembre (ricordarsi di ordinare i panettoni dal bar interno a prezzo concordato). Ma a qualcuno di voi viene in mente che possano arrivare i capitani coraggiosi che, un mese prima delle elezioni in Emilia che potrebbero mettere a grave rischio la sopravvivenza del Governo, e gli possa venire in mente di fare regali di Natale che poi potrebbero andare indigesti e rimanere sullo stomaco per la prossima legislatura? Che almeno il panettone dei consiglieri sia di buona qualità, si digerisce meglio. Auguri in anticipo.

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giovedì 28 novembre 2019

Il Banco che salta

In tutte le storie ci sono dei passaggi che vanno tenuti bene a mente. Ieri sono accaduti una serie di fatti che non cadono dall’albero del pero. Sono la logica, naturale, conseguenza di azioni e considerazioni che vengono da lontano e si dirigono ancora più avanti.

In ordine: ieri erano attesi i CV dei candidati  Superdirettori della Superriorganizzazione con i Superbudget che questa mattina il Cda Rai avrebbe dovuto votare. Il giorno precedente l’AD Fabrizio Salini è stato audito in Vigilanza sul Piano Industriale. Nei giorni ancora precedenti c’era stato il solito intenso traffico di valutazioni”politiche”, di appartenenza  in “quota”, di simpatie politiche vere o presunte di Tizio o di Caio fintanto che, sembrava, fosse stato raggiunto una sorta di “accordo quadro” dove ognuno si ritagliava la propria rappresentanza nella ripartizione delle poltrone. Sembrava, solo sembrava. Perché quando invece sono scesi nel dettaglio allora è saltato il banco.

Le interpretazioni prevalenti sono due: la prima, quella più accreditata tra gli scafatissimi lettori politici è racchiusa nella logica del mancato raggiungimento dell’accordo tra i partiti. La buccia di banana della quale tutti parlano sarebbe Mario Orfeo, accreditato come uomo di stretta marca renziana e dunque poco gradito al resto della compagnia (già... sospettano alcuni, di quale compagnia si parla? Solo quella 5S o anche altri?) a tal punto da far riportare a molti cronisti una presunta negazione formulata direttamente da Di Maio. Si tratta di una lettura verosimile, credibile, ma non del tutto sufficiente. È credibile perché sottolinea che nulla è cambiato: la politica, i partiti, non mollano la presa su un boccone troppo ghiotto. Non è sufficiente perché gli strumenti, i modi, per fronteggiare tali aggressioni ci sono tutti. Il problema, semmai, è che non si è capaci o non li si vogliono utilizzare. Comunque, come tutte le realtà, troppo semplice, troppo facile, per essere rappresentata solo con questa fotografia. C’è dell’altro.

Veniamo alla seconda lettura. Come abbiamo dettagliatamente scritto nei giorni precedenti, da tempo è in atto una guerra di guerriglia mirata da erodere il fondamento funzionale del Servizio Pubblico, il canone. I guerriglieri  in azione non sono camuffati nella giungla vietnamita ma sono allo scoperto, hanno nome e cognome ed hanno pure i gradi di generale. Sono anzitutto il capo politico del principale partito di Governo e con lui uno dei suoi ministri più importanti,  al suo fianco un altro ministro che spara a palle incatenate anzitutto sulla natura del canone e, ben che vada, auspica con un emendamento che si debba ridurre del 10%. Di fronte a tutto questo, l’AD in Vigilanza paventa che il Piano industriale non possa reggere il colpo e che quindi le nomine in tale contesto si configuravano a rischio. Giusto, corretto, ed è credibile che Salini possa ritenere che tutta l’impalcatura del Piano sia a rischio.

La lettura incrociata dei due piani porta ad una sola direzione: la capacità di essere autonomi e in grado di gestire situazioni complesse come questa. A Viale Mazzini fanno i salti mortali per accreditare la seconda ipotesi, molto più facile (qualcuno ha sostenuto “nobile”) da comunicare rispetto alla prima, quasi da far apparire l’AD come paladino della difesa canone a tal punto da far sapere da nostre fonti che ”… abbiamo ragionevoli rassicurazioni che l’emendamento del 10% sarà ritirato”. Nella prima lettura appare evidente come questa capacità, non solo da ieri, non si percepisce (mai smentito l’incontro con Zingaretti) e mai detto che non verranno prese in considerazione candidature “in quota”. La politica, i partiti, dettano e a Viale Mazzini scrivono: Tizio è mio e Caio  me lo gestisco io. Mario Ajello sul Messaggero di oggi termina il pezzo scrivendo “Ciò che non cambia, nonostante paroloni e buone intenzioni, è il rapporto di potere tra politica e Rai. Una comanda, l'altra obbedisce”. Punto. La seconda lettura invece vorrebbe accreditare una posizione “garantista”: non è colpa mia, sostiene Pereira, se i partiti sono confusi e non sanno cosa fare del Servizio pubblico.

Per entrambe le letture la soluzione è sempre a portata di mano e ci sono precedenti illustri: il più recente è il precedente DG Campo Dall’Orto che quando gli venne bocciato il piano sull’informazione si è dimesso. Punto. Le dimissioni di Celli invece sono altra storia che pochi hanno raccontato completamente.

Che il Piano industriale fosse a rischio,al di la delle dichiarazioni di facciata, era chiaro da tempo ed era chiaro esattamente sul tema risorse. Non è uscita ieri dal cilindro la storia della riduzione del canone come pure non è notizia di ieri che gli andamenti della raccolta pubblicitaria sono negativi (lo stesso piano, a pag. 266 prevede una riduzione dell’8% tra il 2010 e i 2021).  C’è forse bisogno di coraggio, da parte di tutti.


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mercoledì 27 novembre 2019

FLASH: il banco salta?

Per il prossimo futuro, il sottoscritto collocherà un banchetto su qualche pubblica via e munito di sfera di cristallo e tarocchi cercherà, in cambio di modica cifra, di predirre il futuro.

Questa mattina l'AD avrebbe dovuto consegnare in Cda i CV dei candidati alla Superdirezioni coi Superbudget per i Superprodotti. Invece, saltato tutto. L'AD, a quando sembra, anche a seguito di quanto sta emergendo in diversi ambiti istituzionali, sulla questione della riduzione o abolizione del canone espressa più o meno direttamente da autorevoli esponenti del Governo, avrebbe deciso di mettersi in stand by in attesa di capire se il Piano Industriale avrà le risorse per essere applicato.

Ricordiamo che a pag. 266 dello stesso Piano si leggono chiaramente gli importi assegnati a budget:
a canone costante di 1.763 sono previsti ricavi complessivi di 2.721 milioni per il 2020 e 2.720 per il 2021. Per chi volesse ridurre anche solo del 10% il canone, come il ministro in carica vorrebbe sostenere con apposito emendamento, si tratta di 173 milioni di euro. Scusate se è poco.

La pistola fumante


 Lo abbiamo scritto in epoca non sospetta: il Piano industriale Rai è come un’auto con le gomme bucate e lo sterzo che non tiene la strada. Ieri, ma più ancora in queste ore ne abbiamo prova provata. Ma è necessario un piccolo quanto importante passo indietro. Lo scorso 17 luglio è stato presentato in Senato un DDL firmato da Gianluigi Paragone e Stefano Patuanelli (ora Ministro dello sviluppo economico) recante il titolo: “Abolizione del canone di abbonamento alle Radioaudizioni e alla televisione e della relativa tassa di concessione governativa …”. ATTENZIONE: l’inserimento nel repertorio (atto n. 1417) del Senato risulta caricato solo lo scorso 24 novembre alle ore 06.33. Le carte ora sono tutte in tavola. Il partito che si presume ha “espresso” l’AD è lo stesso che dopo aver “formalmente” bollinato il Piano industriale è lo stesso che lo vuole privare di tutto o parte (volontà espressa chiaramente da Di Maio e da Patuanelli nonchè dall’onorevole Paixa) della sua componente fondamentale, il canone,  e sembra aver trovato validi compagni di strada nell’altro partito di Governo con il Ministro Boccia. PUNTO. A capo.

Ieri si è svolta l’audizione di Salini in Vigilanza. Sulla stampa di oggi trovate poco e quel poco non rappresenta il tutto. In primo luogo le dichiarazioni dell’AD. In un primo momento, quando ha iniziato ad esporre il suo documento, sembrava quasi che dovesse tirare fuori i petardi di capodanno e si avvertiva un sottilissimo profumo di coraggio: o mi mettete in condizioni di lavorare oppure trovate un’altra persona. ACCCCCCC .... quasi quasi c'era da attendersi i pugni sul tavolo e il Presidente Barachini lo guardava quasi preoccupato.  Nulla di tutto questo: snocciolati numeri già noti (sacrosanti) e obiettiva constatazione che, con le premesse di cui si sente parlare (riduzione o abolizione del canone) la Rai rischia a malapena la sopravvivenza. Giusto, bene, bravo!!!  Ma, come abbiamo scritto: la difesa del canone non è un mero affare contabile, una mera operazione algebrica di addizione o sottrazione di addendi riferita solo al Piano industriale. Superfluo ripeterlo: si tratta di un caposaldo della democrazia dell’audiovisivo, di una garanzia (relativa) della sua autonomia. La sua difesa fondamentale è nella qualità del servizio prestato, nella percezione di legittimità da parte di chi lo paga, nella sua autorevolezza, nella correttezza formale e sostanziale della sua gestione. Da questo punto di vista, la debolezza di Salini è strutturale e non è riferita solo alla sua figura quanto più al quadro istituzionale che lo sorregge. Esattamente quanto emerge: in questo quadro, appunto, i partiti non sembrano avere le idee chiare su come sorreggerlo. Una sola cosa, invece, sembra accomunarli con forza: l’ostinata e pervicace volontà di non mollare l’osso sulle poltrone da occupare.

I diversi interventi le domande poste ieri dai parlamentari, lasciano invece trasparire poco e nulla su come debba essere il futuro del Servizio Pubblico in Italia, forse non lo sanno nemmeno loro e si limitano a fare i complimenti sul Piano industriale salvo poi mettergli, appunto, un petardo fragoroso sotto i piedi. ATTENZIONE: è pronto ad esplodere, sono in molti ad avere in mano il cerino acceso e se non è proprio un petardo è una “miccetta” che comunque toglierebbe un bel gruzzolo di milioni dalle  tasche Rai.

Veniamo ora ad altri due aspetti trattati in commissione: le garanzia di pluralismo con le future nomine e i possibili conflitti di interessi che riguardano o stesso AD. Per il primo le perplessità e le richieste di chiarimento formulate con precedente Atto di indirizzo espresso dalla Vigilanza sarebbero risolte “a priori” con la sola espressione che sarebbero indicati “professionisti” in grado di sapere svolgere adeguatamente e in modo imparziale il loro lavoro. Non sappiamo ancora se stamattina entro le 10 Salini presenterà i CV al Cda e, proviamo ad immaginare, che su ogni cartellina, in alto a destra,  ci possa essere un timbretto piccolo piccolo: “in quota a …”. Una vera garanzia !!!

Conflitto di interessi: ha ragione Salini. Se l’Azienda è costretta a rivolgesi al mercato per reperire risorse altrimenti non disponibili all’interno del’Azienda, è verosimile che questo mercato sia composto da quanti già operano nel settore del sistema audiovisivo nazionale (Gubitosi lo era?). Ma, a parte la figura del DG voluta dallo stesso Salini e sulla quale ci sarebbe da scrivere un trattato (la Legge aveva abolito questa figura), il tema non è questo. Il tema è sapere se qualcuno in qualche modo ha usato il suo passato per garantirsi il suo presente e il suo futuro con presunti atti illeciti. Allora la difesa obbligatoria  è una sola: se qualcuno ha notizie certe e documentabili di supposti illeciti o di evidente conflitto di interessi lo provi e si rivolga alle autorità competenti.  Abbiamo pure scritto su questo blog, spesso e volentieri, che non è solo e tanto importante essere integerrimi, quanto più essere percepiti come tali. La comunicazione, da questo punto di vista, aiuta molto.
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martedì 26 novembre 2019

Alla una de la tarde


Utilizzare un linguaggio guerresco ed evocare battaglie, colpi di cannone, rumore di sciabole e pugnali non è sempre divertente. Però, purtroppo, rende bene l’immagine di quanto succede o potrebbe succedere.

Questa mattina sul Fatto Quotidiano, a firma di Gianluca Roselli, compare un’intervista al senatore Primo Di Nicola che nei giorni scorsi è stato promotore di un interessante incontro sul tema governance Rai. Torna alla carica sostenendo che  “la strada obbligata è una riforma con l'istituzione di un organismo autonomo…” e pensa ad un nuovo modello di formazione degli organi dirigenti del Servizio Pubblico, magari riprendendo e sintetizzando proposte già formulate nel passato. L’argomento è sempre di scottante attualità e la ricorda bene  già nell’apertura dell’intervista dove Di Nicola sostiene che sui “Conflitti d'interessi, basta con i silenzi” forse riferendosi a quanto potrebbe emergere stamattina (sempre che non ci siano sorprese) in Vigilanza, della quale è pure Vicepresidente. Infatti, oggi si dovrebbe presentare in aula l’AD Fabrizio Salini dove gli verranno poste, forse, domande “complicate” che lo interessano direttamente, a partire dal suo trascorso nella Società Stand By Me dove ha ricoperto incarichi di responsabilità e che attualmente risulta essere una Società fornitore Rai di un certo peso. Recentemente è scoppiato pure il caso Giannotti, suo uomo di fiducia, sul quale  pesano interrogazioni da parte dei parlamentari per chiarire il suo ruolo con la società MN dove lavorava fino al suo ingresso in Rai.

Cosa legano questi due argomenti? Facile: il ruolo e il futuro dell’AD,  del suo Piano Industriale e delle relative nomine che si appresterebbe a fare, forse, già dal prossimo Cda. Partiamo dalla riforma della governance, tanto cara a Di Nicola. È giusto, è doveroso, prendere in considerazione ogni progetto in grado di scardinare l’attuale modello di gestione del Servizio Pubblico così come la Legge attuale lo ha impostato: sotto il tallone del Governo in carica. Ma, ponendo l’accento su questa parte del problema Rai si affronta il problema dalla coda e non dalla testa che rimane sempre e comunque  cosa dovrebbe essere il Servizio Pubblico nel suo prossimo futuro e come questo debba essere finanziato. La formazione degli organi di gestione verrebbe molto più semplice da definire una volta chiarita essenzialmente la missione della Rai e delle modalità con le quali può esercitare il suo mandato. Il senatore Di Nicola è autorevole rappresentante di un Movimento che è al Governo dove albergano diversi punti di vista che vanno da chi sostiene che il canone debba essere abolito del tutto a chi lo vorrebbe almeno ridurre, per non dire che il programma del Governo che lui sostiene vorrebbe anzitutto affrontare la riforma dell’intero sistema delle telecomunicazioni. Ottimo !!! eccellente !!! se non che, proprio in questi ultimi giorni, si affacciano due esponenti dello stesso Governo dove il primo, il ministro Patuanelli, prima “bollina” il Piano industriale e poi lo azzoppa ritenendo che il canone possa essere ridotto. A dargli manforte accorre il ministro Boccia che, senza mezzi termini, sostiene che “Non penso sia più tollerabile un canone, al tempo della società digitale, interamente assorbito dalla Rai". Difficile non interpretare tutto questo come colpi diretti a mettere in difficoltà Salini, proprio alla vigilia di nomine tanto sofferte e “pressate” dai partiti. I quali, a quanto sembra, faticano ad uscire dal cono d’ombra della loro confusione. Vedremo cosa succede oggi alle 13 in Vigilanza. Già...ma rimangono interrogativi ...perchè tutto questo dati causa e pretesto? a chi giova?

Torniamo per un momento a RaiPlay e all’entusiasmo ormai quasi scemato sull’effetto dirompente dell’iniziativa Fiorello (non ne parla più nessuno, salvo il CTO per dovere tecnologico). In attesa del rilascio del nuovo report settimanale di Standard Auditel Digitale, abbiamo osservato che nelle due settimane di avvio del programma del comico siciliano il numero totale dei LS nella platea Rai aumenta da 15.964K a 17.128K mentre i numeri specifici di RaiUno diminuisco e passano da  5.911K  a 5.476K. Amen.
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domenica 24 novembre 2019

La Battaglia

Questo piccolo blog si può vantare, qualche volta, di fare scuola. Questa mattina, il solito bene informato Mario Ajello sulle colonne del Messaggero chiude il suo pezzo con “La battaglia è solo all'inizio” e si riferisce a quanto potrebbe avvenire a partire da domattina in Vigilanza con l'audizione dell'AD Salini per poi proseguire in Cda il prossimo giovedì. (vedi post di ieri)

Benvenuti nel club di quanti avvertono sulle difficoltà e le confusioni che albergano anzitutto nella politica, nei partiti esattamente (e al loro interno più specificamente). L’articolo citato ripropone ancora una volta la nauseante minestra dei nomi che potrebbero essere presentati in Cda per le nuove direzioni, sia quelle “in vigore” con l’uscita di Freccero, sia quelle previste dal Piano Industriale. Viene da pensare e supporre che ogni volta che si legge un titolo del genere “Politica e informazione Rai, guerra sulle nomine i dem si riprendono il Tg3” c’è qualche telespettatore indignato che corre a fare un abbonamento a qualche Netflix o Amazon Prime  e magari poi il Tg se lo vedono su SkyNews24 oppure l’approfondimento giornalistico lo fanno con le maratone di Mentana. 

Questa sensazione fa venire l’orticaria a chi crede ancora alla funzione prevalente e insostituibile del Servizio Pubblico. Lo abbiamo scritto e lo ripetiamo: le nomine non è scritto da nessuna parte che debbano essere fatte per forza con le sole risorse interne che pure ci sono e vanno sempre valorizzate invece che, come talvolta accade, abbandonate nello sgabuzzino e poi buttata la chiave. Attenzione all’accento: non con le “sòle” come si dice a Roma. Non è scritto da nessuna parte che appartenere ad una “quota” di un partito sia garanzia di capacità, autonomia, esperienza e professionalità. Per non dire poi di un tema che ormai rischia di diventare da “prima repubblica”: la trasparenza. Siamo tutti in attesa di sapere come e quando  finora è stata applicata negli ultimi 18 mesi. Se non si riesce a trovare il candidato migliore all’interno, lo si può cercare all’esterno: provate a pensare che segnale devastante nei confronti dei partiti che si vogliono “riprendere” qualcosa in Rai!!! Ma per questo ci vuole coraggio e, per quanto ne sappiamo, non ne gira granchè.

Veniamo a notizie hard core. Ieri un nostro lettore molto attento al tema risorse, ci allertava su quanto potrebbe avvenire a partire dalle prossime settimane sul canone. La lettura incrociata di quanto emerge dalle ultime dichiarazioni di esponenti politici spiana la strada ad un rischio sempre più forte di rivedere, anche per quest’anno, l’esproprio dell’extraggettito. E fin qui, avverte il nostro lettore, potrebbe quasi essere considerato il male minore, purché almeno rimanga salvo il canone per intero, cosa tutt’altro che scontata. Che si tratti di argomento esplosivo ce lo ricorda stamattina il Ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia del PD sulle colonne del Gazzettino di Venezia, a firma Alvise Fontanella “Questa Rai è simbolo del fallimento della vecchia televisione. Le tv locali in Veneto hanno fatto quello che dovrebbe fare il servizio pubblico. Hanno raccontato l'alluvione e le sofferenze di Venezia, facendo un servizio pubblico che avrebbe dovuto fare la Rai.. ” per poi concludere a palle incatenate “L'attuale assetto non è più accettabile: sosterrò tutti coloro che in Parlamento chiedono che una quota del canone Rai, il 10%, vada al sostegno del pluralismo e dell'informazione oggi assicurata da tv locali, giornali e siti locali”. Ecco, appunto, tanto per ricordare che la guerra è appena all’inizio. Superfluo ricordare che il canone, la componente fondamentale delle risorse Rai, è il pilastro del suo funzionamento e la benzina per il suo percorso. Superfluo ricordare che il Piano Industriale dovrebbe poggiare almeno su questa certezza, visto che l’altra risorsa è traballante e incerta nonché tendenzialmente in riduzione. Giova ripeterlo: la riorganizzazione interna prevista dal Piano non è e non potrà essere sufficiente a ridefinire la missione del Servizio Pubblico che continua ad essere il cuore del problema della Rai rispetto al suo pubblico, rispetto al ruolo che deve assolvere nel Paese. Ma, evidentemente, per queste considerazioni i lobi cerebrali del Governo non sembrano proprio in connessione tra loro ed ognuna tra le tante parti in causa è avviluppata nei propri meandri senza connettersi con le altre.

Infine, una notarella di colore editoriale. Sta per chiudersi la quarta edizione del “Il Collegio” in onda su Rai Due. Sollecitati da tanto entusiasmo dei numeri come leggiamo pure stamattina sul Messaggero a firma Tiziana Lupi siamo andati a vedere di cosa si tratta. Chi vi scrive è padre e nonno e in casa transitano spesso e volentieri decine di “giovani” di varie estrazione e provenienza sociale, geografica e culturale. Bhè, se i ”giovani” protagonisti nel programma dovrebbero rappresentare il resto dei loro coetanei nazionali, siamo messi maluccio. Provate ad immaginare di avere un figlio del genere in casa e poi ne parliamo. Per carità,è solo opinione personale, mentre i numeri forse danno ragione alla Rai che considera il programma “un vero e proprio esperimento televisivo e sociale”. Auguri.
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Una giornata autunnale


Una giornata autunnale, umida e grigia, induce alla riflessione. Sulla stampa di oggi, purtroppo, nulla di interessante. La settimana invece si preannuncia complessa e delicata. Martedì è atteso in Vigilanza l’AD Fabrizio Salini e ci sono molte cose che dovrà dire e domande alle quali rispondere. Due giorni dopo è previsto il CdA Rai dove, si presume, si dovranno fare alcune nomine.   Evidente che i due passaggi sono legati tra loro.

Anzitutto è necessario ricordare l’Atto di indirizzo sul Piano Industriale formulato dalla Vigilanza lo scorso 7 novembre, successivo alla “bollinatura” del MISE avvenuta il 4 ottobre e precedente all’audizione del Ministro Patuanelli dello scorso del 19 novembre durante la quale è emerso il suo orientamento sul canone Rai: “Il passaggio del canone alla bollettazione per la riduzione al minimo dell'evasione e quindi per l'incremento del gettito deve portare ad una riflessione, nell'ottica della riorganizzazione della Rai, della razionalizzazione dei costi e della riduzione dei costi, sulla riduzione del canone partendo dalle fasce più deboli della popolazione. Un ragionamento sulla riduzione del canone che deve essere fatto dopo che ci sarà una razionalizzazione dei costi". Lo ha detto durante l'audizione in Commissione di Vigilanza Rai il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, aggiungendo: "Penso di poter esprimere una posizione che è quella del governo"(da ADN del 19/11).

Il quadro che sta emergendo sembra apparentemente chiaro: sul Servizio Pubblico si addensano nubi non proprio tranquillizzanti. Per un verso è vero che il MISE ha dato il via ibera al piano ma la Vigilanza,oltre che richiedere importanti chiarimenti (news canali inglese e istituzionale)  ha  chiesto alla Rai esplicitamente  “con riferimento alle proiezioni economico-finanziarie del piano, fornire maggiori dettagli in merito alla sostenibilità finanziaria del piano medesimo, atteso che le risorse necessarie alla realizzazione delle iniziative ivi previste appaiono rilevanti, anche tenuto conto dell'incertezza legata alla misura del finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo con i ricavi derivanti dal canone”. Il tutto appare, per certi versi, bizzarro e scusate l’eufemismo: da un lato il Governo ( e quindi la maggioranza dei partiti  presenti in Vigilanza) approva il Piano industriale e dall’altro minaccia di azzopparlo della sua parte più rilevante, cioè le risorse.  Lo abbiamo già scritto: grande il disordine sotto il cielo.

Veniamo all’AD. Altra parte dell’Atto di indirizzo della Vigilanza è tutto rivolto al CdA Rai dove lo si impegna a “ - con riferimento alla Newsroom unificata nonché alla creazione di un'unica direzione di approfondimento informativo alla quale fanno capo tutti i talk, porre in essere ogni misura opportuna ed adeguata affinché l'accentramento delle funzioni editoriali non pregiudichi il pluralismo, a iniziare dal momento della selezione delle notizie fino a quello della presentazione delle stesse; - in relazione alle nuove direzioni orizzontali, titolari di budget, e al conseguente accentramento decisionale sui contenuti, mettere in atto ogni misura volta ad impedire un appiattimento dell'offerta televisiva secondo un'unica sensibilità; - adottare ogni misura opportuna ed adeguata volta ad evitare che l'introduzione di nuove direzioni, in aggiunta e non in sostituzione di quelle esistenti, possa determinare una sovrapposizione tra le diverse funzioni e un aggravamento dei costi”. Di particolare interesse la parte sull’appiattimento dell’offerta: argomento tutt’altro che pacifico  e il Piano Industriale in merito non evidenza alcuna rassicurazione.

Questo il contesto entro il quale si vorrebbe procedere alle prossime nomine dei SuperDirettori dei SuperGeneri  con i SuperBudget delle quali la sola certezza,  evidenza e trasparenza  “pubblica” è che sono sotto il segno della più brutale versione di Lottizzazione quasi quanto nemmeno ai tempi d’oro della prima Repubblica succedeva. Non basta: sullo sfondo si profilano due nomine di grande impatto tutte ancora da definire: quella del sottosegretario alle TLC e quella del Presidente di AgCom. Scusate se sono di poco conto. Difficile supporre che queste ultime non rientrano nel prossimo  mucchio selvaggio. Buona settimana.
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sabato 23 novembre 2019

La Rai tecnologica


Siamo da sempre stati convinti che la Rai, le donne e gli uomini che ci lavorano, siano molto meglio di quanto spesso viene rappresentata e ancora di più di quanto spesso gli ultimi arrivati in Azienda la guardano con sufficienza, con il retropensiero che si tratta di una banda di cialtroni e corridoristi ai quali bisogna insegnare il lavoro perché loro lo facevano bene dove erano prima.

Non è così e una prova ce la fornisce questa mattina un articolo comparso su Wired.it dove si leggono interessanti e importanti dichiarazioni di Stefano Ciccotti, CTO di Viale Mazzini, riguardanti in particolare la tenuta della rete e dell’infrastruttura. Ciccotti si riferisce all’esperimento di grande impegno tecnologico che il Servizio Pubblico ha affrontato per sostenere la sfida con le nuove piattaforme di distribuzione dei prodotti audiovisivi e per accompagnare i telespettatori verso la necessaria alfabetizzazione informatica. Il CTO conferma che questo test, al momento, è largamene riuscito ed ha fornito prova della capacità e della possibilità che la Rai possiede di fronteggiare adeguatamente i problemi che si prospettano. C’è da essere molto soddisfatti di tutto questo ed è proprio una di quelle buone notizie che meritano di essere comunicate. Gli argomenti trattati da Ciccotti sono molto tecnici e per questo crediamo sia utile leggere direttamente il testo dell’articolo:


Detto questo sono doverose alcune osservazioni. 1) anzitutto a proposito di comunicazione: perché su questo argomento invece di un solo pezzo su un qualificato giornale on line non si convoca una bella conferenza stampa, aperta a tutti, e si comunica lo stato dell’arte? È una bella notizia e allora tiratela fuori, strombazzatela ai quattro venti 2) Ciccotti è ingegnere e fa bene il suo lavoro. Si legge nel testo che Fiorello è stato determinante “è lui che ci ha messo il sale sulla coda ed era lui che dovevamo convincere della bontà dell’app.” Convincere lui??? Magari convincere i telespettatori di Rai Uno che invece lo hanno mollato e hanno fatto perdere alla rete oltre un milione di telespettatori in soli quattro giorni. La parte editoriale è altra cosa e certe volte viene da pensare che sia riferita ad altra Azienda, quella delle società di produzione esterne, tanto per intenderci, quelle che governano la maggior parte del day time di RaiUno. Fiorello non è un brand Rai ed ogni euro investito su di lui non costituisce un asset strategico dell’Azienda: aumenta solo il suo personale fatturato quando compare sugli spot del noto operatore telefonico, quelli del suo agente che, a sua volta è collegato con gli altri personaggi che rappresenta, e quelli della prossima azienda che, offrendo un euro, di più, se lo porta a casa. 3) il comico siciliano quando propone Calcutta/Jo Pequeno agli anziani o la Carrà/Baudo ai giovani si colloca in una terra di mezzo già arata e impoverita. I primi preferiscono Youtube o Tik Tok, i secondi si godono le ventiduesima riproposizione di Montalbano. Dice Ciccotti “Non condivido per niente l’immagine degli italiani come analfabeti digitali …” sarà facile verificare quanto questa affermazione è opinabile. 4) lo abbiamo scritto tante volte: il problema numero 1 sono gli investimenti, i budget, la strategia di un’Azienda nel suo complesso, non solo quelli destinati a RaiPlay. 5) come noto, la battaglia con gli OTT non si gioca sono e tanto sulle tecnologie (dove potremmo pure essere bravi) ma sui contenuti e i contenuti costano e i soldi, all’orizzonte, non ci sono. Tutto questo non è materia del CTO, lui si limita a fare bene il suo lavoro, per questo lui e le persone che ci lavorano meritano tutto l’apprezzamento possibile.

Ora veniamo ad altri temi. Nei giorni scorsi Striscia la Notizia ha aperto una bega che merita di essere seguita con attenzione ed era riferita a Marcello Giannotti, capo della comunicazione Rai. Pochi ne hanno parlato (???) ed ora sarà un suo problema con i suoli legali trovare il modo per difendersi adeguatamente. Questa mattina leggiamo, dal solito bene informato Claudio Plazzotta su Italia Oggi, che “Probabilmente, in definitiva, si sta assegnando a Marcello Giannotti più potere di quello che effettivamente ha”. Cosa vorrà dire? L’AD, sul tema, ha rilasciato una “nota” dove si dice che sono stati chiesti chiarimenti. La comunicazione non è un fattore irrilevante, secondario, proprio per l’Azienda di comunicazione più importante del Paese. Forse, merita qualcosa di meglio di una nota. La lista delle “attese di chiarimenti” si allunga sempre più.
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venerdì 22 novembre 2019

Opacità e trasparenza

Hug the shore, let others try the deep
Anzitutto per i lettori di questo blog: due grazie! Il primo è per aver continuato nei giorni scorsi a cercare il post quotidiano anche quando non abbiamo scritto nulla (segnalato  un picco di ascolti: potenza del Web!) e poi perché questa notte abbiamo registrato il superamento di 45 mila visualizzazioni !!! Grazie a tutti voi: questo basta e avanza per farci proseguire !!!

Da oltre un anno abbiamo cercato costantemente di concentrarci sui quattro pilastri che sostengono  il Servizio Pubblico: la sua Missione, il suo modello di governance, le risorse economiche e le tecnologie con le quali si esercita la sua attività. Inoltre, ci siamo spesso e volentieri impegnati a capire  a valutare il suo progetto di sviluppo prossimo venturo non solo e non tanto per come emerge dal Piano industriale. Abbiamo, infine, sollevato le grandi crisi: la prima di credibilità, di autorevolezza, e poi delle risorse, del canone, degli ascolti e della trasparenza per tutto l’operato della Rai. Insomma, abbiamo cercato sempre di tenere alto il volume dell’attenzione sui contenuti, sulle grandi sfide. 

Succede poi che siamo indotti ad occuparci di bassa cucina, di scantinati bui e polverosi. L’arma di distrazione di massa sulla possibile riduzione o abolizione del canone è stata caricata a pallettoni e su cosa ora si vanno a concentrare gli amministratori di Viale Mazzini? Sulle nomine delle quali qualcuno si attende che ci sia “trasparenza” sono le stesse  oggetto quotidiano, quasi orario, di mercato tra i vari partiti interessati ad avere Tizio o Cacio in propria “quota”… 
ATTENZIONE: l’arma del canone è puntata direttamente contro il Piano Industriale: come si può immaginare che le pur già scarse risorse possano essere sufficienti a sostenerlo se pure la sua componente economica fondamentale è minacciata? Come si fa far diventare la Rai una Media company? Facciamo una colletta tra i pensionati?

Succede che quando la somma delle opacità è superiore a quella delle trasparenze il risultato è nebbia, confusione, o qualcosa di peggiore, di indefinibile. Siamo tentati di non occuparcene e lasciare che ognuno sia artefice del proprio destino, ma quando in gioco c’è, appunto, il sentimento generale che si avverte verso ciò che succede a Viale Mazzini e dintorni, difficile rimanere alla finestra e stare solo a guardare. In Ordine: provate a ricostruire, per quanto possibile, la storia dell e presunte aggressioni informatiche ai server Rai e la storia di Ranucci. Provate a digitare su Google “Salini e conflitto di interessi” e vedete cosa viene fuori. Oppure (nulla a che vedere con la cronaca e personaggi citati) cercate di capire perché e per come una società esterna alla Rai si è aggiudicata una commessa da un 1,5 milioni di euro solo per “elaborare progetti strategici” relativi alla applicazione del Piano Industriale quando pure è stato nominato appositamente un direttore “Transformation Manager”. Infine, guardate il video su Striscia la Notizia di domenica e leggete le “note” Rai (attenzione: non comunicati Stampa come si dovrebbe, sul sito dell'Ufficio Stampa Rai non c'è una parola) e fatevi la vostra idea. Tutto questo si riflette su quanto dovrà avvenire prossimamente: leggete Alberto Maggi su Affariitaliani.it di ieri per capire perché e per come a volte, quando si chiede di difendere il canone solo per i principi (sacrosanti) diventa assai difficile (vedi articolo di oggi su Il Manifesto con i soliti numeri). Allora, proviamo ad immaginare i consiglieri di amministrazione che dovranno esaminare i CV dei candidati a diventare SuperDirettori con SuperBudget della SuperAzienda per fare i SuperProdotti … (viene da pensare al film Amici Miei!!!).

Quando succedono fatti o si determinano situazioni complesse i comunicatori delle grandi Aziende tendono più a cercare di non far circolare notizie piuttosto che il contrario. Molti sperano che, in situazione di crisi aziendale, il silenzio e il tempo siano la strategia migliore per gestire i conflitti. Non sempre è una strategia vincente ma, per la Rai, per il Servizio Pubblico, dovrebbe essere proprio vietato. La comunicazione corretta, affidabile, aperta e trasparente è un dovere. Sempre e per chiunque. 
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giovedì 21 novembre 2019

Senza parole

Questo blog si mette, necessariamente, in pausa.

dopo quanto saputo ieri sera su vicende "strane" che avvengono a Viale Mazzini e dintorni, ancora più necessariamente, occorre una pausa.


ATTENZIONE: oggi ricorre la Giornata mondiale della televisione promossa dall'ITU dove si riconosce il mezzo come una delle principali fonti di notizie, informazioni, istruzione e intrattenimento. Ndr: nessuno ne ha scritto una parola


Comunque rimaniamo in attesa. Rimanete sintonizzati.
   
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martedì 19 novembre 2019

Pausa: il mosaico rischia di crollare



Questo blog si mette, necessariamente, in pausa.

L’audizione del ministro Patuanelli ieri in Vigilanza ha fornito la rappresentazione plastica, formale, sostanziale, delle difficoltà, delle complessità e della confusione generale che interessa il Servizio Pubblico Radiotelevisivo.

Il perimetro dei problemi è talmente vasto e intricato che si fatica a tenerne conto in modo organico e sequenziale. Ognuno può dire la qualunque con l’impunità di sapere che tanto ci sarà qualcuno che obietterà che “i problemi sono ben altri” ben sapendo che, in fondo, avrà pure ragione.

Tanto per capirci: l’attacco al canone Rai è partito con forze agguerrite e traversali in campo e quelle in sua difesa sparpagliate con la sola bandiera dei (sacrosanti) principi senza aggiungere una parola su cosa e come l’Azienda restituisce ai cittadini in termini di credibilità, autorevolezza, di prodotto e di efficienza gestionale.

Leggi articolo de La Stampa di questa mattina a firma Michela Tamburino” Il canone è un mosaico - insorge il professore Luigi Principato, l'avvocato che su richiesta del consigliere Laganà, ha dato il parere di incostituzionalità a proposito della legge attualmente in vigore che distrae parte delle risorse - se viene toccata una tessera senza toccarne altre crolla tutto”. Ha ragione … crolla tutto …Vorremmo osservare: il canone NON E’ il mosaico, è PARTE del mosaico.

Comunque, è tutto troppo complesso e difficile da decifrare. Anche per questo, il blog si associa a quanti “sono in attesa di vedere, già dalle prossime nomine, che ci siano trasparenza e merito”. Già … 

Rimaniamo in attesa. Rimanete sintonizzati.
   
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I Nuovi Mostri


 Canone Rai, Orfini a Calenda: "Abolizione da sempre proposta del Pd" 
da Repubblica.it del 5 gennaio 2018.

Ma iniziamo da altra parte. Ieri si è svolta a Viale Mazzini la conferenza stampa di presentazione del nuovo programma di Serena Dandini, Gli Stati Generali, in onda su RaiTre dal prossimo giovedì. Satira politica e sociale allo stato puro: graffiante, irriverente e divertente che sul Servizio pubblico fa sempre bene. Non vogliamo scomodare la BBC (educare, informare e divertire) ma il pensiero che una sana risata possa seppellire i mostri vicini e lontani che vivono intorno a noi ci conforta. Peccato, tanto per andare a cercare sempre qualcosa che non va , che è mancata la sottolineatura di questi aspetti importanti. Che gli costava all’AD Salini di affacciarsi nella Sala degli Arazzi e dire “Ecco, questo è un buon prodotto da Rai, fatto in casa, senza spendere milioni di euro per agenti o format di acquisto” ? No, è troppo impegnato a cercare la quadra per le prossime nomine (e abbiamo qualche dubbio che possano avvenire prossimamente). Comunque,  personalmente, avrei scommesso più sulla Dandini su RaiUno che non su Fiorello, a parità di condizioni.

Torniamo al titolo. È ufficialmente partita la gara a chi taglia di più il canone Rai. Fino a pochi giorni fa, sembrava che le forze in campo erano tutte tra la Lega e M5S, ora si aggiunge un rinnovato Italia Viva che, ricorda Orfini, “da sempre” ha visto il PD schierato nello stesso campo.  Dall’attuale PD finora non giungono segnali di fumo. Ieri la consigliera Borioni ha rilasciato un post su FB in difesa del canone: chissà se è stato letto da tanti suoi vicini di partito (PD o Italia Viva?). Insomma, se fino a poco tempo addietro si poteva parlare di “confusione” ora il quadro inizia ad essere più chiaro. Giocoforza, difficile non metterlo in relazione alla partita in corso sulle nomine, non solo interne alla Rai. Ancora oggi, Mario Ajello, sul Messaggero non ci fa mancare una bella minestra riscaldata e puzzolente con dentro i soliti ingredienti di nomi triti e ritriti di persone in quota o in simpatia di qualche partito. Cari consiglieri, cari amici vicini e lontani, volete dare un tangibile segno di autonomia e indipendenza? Provate a rompere i giochi e provate a nominare almeno un nuovo direttore che non appartenga alle note congregazioni politiche, provate a cercarlo dovunque possa essere, anche fuori Viale Mazzini purchè sia bravo, capace, competente, esperto … nessuno ve lo vieta … non c’è Legge che ve lo impedisce … siate coraggiosi …

Veniamo alla cronaca. Nei giorni scorsi abbiamo trattato il tema della presunta aggressione informatica ai danni di Sigfrido Ranucci (vedi i post dei giorni precedenti) che anche ieri sera su Report ha affrontato i problemi della sicurezza informatica in rete.  Siamo pressoché certi che su questo argomento sarà molto difficile sapere qualcosa di più di quanto abbiamo scritto. Siamo anche certi che il comunicato stampa Rai di domenica pomeriggio ha detto molto meno di quanto sarebbe stato necessario  e non ha chiarito nulla su cosa e quando è successo, rimandando alla Polizia postale eventuali verifiche.  Nell’interesse di tutti, sarebbe opportuno dire qualcosa di più. La posta in gioco è troppo elevata per essere sottovalutata. Qualcuno ci dovrà rassicurare che il forziere del Servizio Pubblico, sia per quanto riguarda la sicurezza dei dati, sia per quanto riguarda aggressioni informatiche di altro tipo (fantascienza) sia tutto assolutamente al sicuro (???).

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lunedì 18 novembre 2019

Puzza di bruciato


La difesa del canone che i cittadini pagano alla Rai non può e non deve essere un solo esercizio di ragioneria concettuale, un atto formale, un rito fideistico. 

La forza delle argomentazioni in sua difesa debbono poggiare su fatti concreti immediatamente percettibili e condivisibili anzitutto da chi lo deve pagare in ogni sacrosanta bolletta . I pilastri della sua tutela dovrebbero essere la credibilità, l’autorevolezza e l’autonomia in grado di proporre contenuti di qualità. Sul tema autonomia: come si fa a sostenere che il canone è a tutela della democrazia quando quasi ogni giorno che il Buon Dio manda in terra non si legge altro che il candidato a diventare direttore di RaiUno è “nelle simpatie del PD” oppure che il Tg1 debba essere “in quota” al M5S? Oppure quando i consiglieri di amministrazione dovranno valutare candidature e “pesarle” solo in base a quanto tizio o cacio (non è un refuso) è gradito a destra, al centro o a sinistra invece di poter giudicare su chi è il migliore o capace, magari valutando anche candidature esterne alla Rai stessa (perché non strapparle alla concorrenza, se ci sono)? Oppure quando per approvare il Piano Industriale si deve passare sotto le forche caudine di un “placet” di un segretario di partito? O come si fa a difendere il canone quando, per fare solo un esempio e tanto per tornare su un dettaglio, RaiNews24 con poco meno di 200 giornalisti raggiunge uno share medio annuo dello 0,6% nelle 24 ore? Oppure quando, per oltre 20 volte, si rimanda in onda Il Commissario Montalbano? Oppure quando non si riesce a portare sugli schermi Rai gli sport che attraggono milioni di telespettatori? Oppure quando  ancora, come abbiamo letto lo scorso 27 ottobre sul Corriere, si viene a sapere che buona parte del daytime di RaiUno è di “proprietà” di una sola casa di produzione esterna. Per non dire degli adempimenti da Contratto di servizio. E così via … si potrebbe proseguire a lungo. No, oggi difendere la Rai e il suo canone richiede argomenti più forti e robusti. E non sono sufficienti quelli che si leggono.

Vedi interessante articolo oggi su La Stampa, a firma Michela Tamburino, dove il consigliere Laganà dichiara : “ … inserendo Rai nella fiscalità generale la si renderebbe dipendente dai governi di turno, asservita alle decisioni politiche e loro strumento di propaganda. Il canone certo è garanzia di indipendenza economica dunque politica.” Riccardo Laganà sa bene che la dipendenza dai governi di turno è già certificata, nero su bianco, da una Legge dello Stato e la dipendenza dalla politica è nella cronaca quotidiana, forse anche oraria. C’è altro da aggiungere? Intanto, doveroso prendere atto che sul tema canone è iniziato un accerchiamento che viene da lontano e che vede molti eserciti alleati tra loro.

Veniamo ora ad un argomento “spinoso”. Si è saputo nei giorni scorsi che il profilo bancario e di posta elettronica (quale?) di Sigfrido Ranucci è stato oggetto di attacco informatico. Non è ancora affatto chiaro cosa avvenuto esattamente e, forse, non lo sapremo mai. Ieri abbiamo posto alcune domande e, alla fine abbiamo scritto che sarebbe stata opportuna una dichiarazione pubblica da parte  Rai. Alle 15.45 leggiamo un Comunicato Stampa Rai: “La Rai ha attivato da ieri pomeriggio la Security aziendale in merito alla violazione dei dati di Sigfrido Ranucci. La Security Rai è in contatto con la polizia postale e sta effettuando verifiche con la banca al fine di un accertamento della situazione a tutela dell'autore e conduttore di Report e della sicurezza aziendale”. Passa poco più di un’ora e l’ANSA (alle 16.43) lancia una breve nota  - ROMA, 17 NOV - Non solo il caso della violazione degli account del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. A quanto si apprende da ambienti di Viale Mazzini, alcuni mesi fa anche gli account dei vertici aziendali della Rai sono stati oggetto di attacchi informatici, che sono stati prontamente denunciati alle autorità competenti. Non è chiaro se gli episodi siano o meno, in qualche maniera, collegati. (ANSA).  In parallelo l'ADN: " La Rai mesi fa, a quanto si apprende, e in particolare intorno ad aprile scorso, sarebbe stata oggetto di un tentativo di frode informatica immediatamente denunciata alle autorità competenti. E’ quanto sarebbe venuto alla luce parlando con fonti di Viale Mazzini in occasione della violazione dell’account del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. Le stesse fonti  assicurano che tutto è stato risolto e che la Rai ora è protetta, ma non è ancora chiaro se per frode si intenda che c’è stato un tentativo di furto di dati Aziendali, se sono stati usati account Rai per altri scopi e se la violazione ai danni di Ranucci c’entri qualcosa."

Continuiamo a porre domande: 1)  “la Rai ha attivato ieri pomeriggio …” perché solo ieri pomeriggio e non subito dopo che si è saputa la notizia, cioè due giorni prima? o, meglio ancora prima ancora che la notizia venisse diffusa 2) “ambienti di Viale Mazzini” fanno sapere, dopo alcuni mesi, che gli account dei vertici aziendali sono stati attaccati. Perché farlo sapere solo dopo alcuni mesi?  3) E perché questa notizia e questi “ambienti” non compaiono nel comunicato ufficiale di ieri? 4) Gli episodi sono o meno collegati? F5) forde informatica? cosa si intende esattamente? Furto di dati? copia? Gli stessi ambienti dovrebbero saperlo molto, molto bene ..o no?

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domenica 17 novembre 2019

Il Bunker dei dati


Tempo pessimo: ideale per porre qualche domanda su un argomento delicato e complesso. Il 26 marzo di quest’anno si è svolta l’audizione del presidente Auditel, Andrea Imperiali, in Commissione Vigilanza Rai. In quella sede è stato esposto ai parlamentari il nuovo sistema di rilevamento degli ascolti televisivi, il Super Panel, al quale si accompagna, dallo scorso giugno, lo Standard Auditel Digitale per la rilevazione degli ascolti sui 5 device collegati in rete: Smartphone, tablet, Pc, Smart Tv e dispositivi OTT.  Il Super Panel si riferisce all’aumento del campione monitorato che ora è composto da 16.100 famiglie che corrispondono a circa 41.000 individui. 

Si tratta certamente di una rivoluzione di grande importanza dagli effetti e conseguenze facilmente intuibili. Ci torneremo sopra. Ma la nota interessante si riferisce alle domande poste da alcuni parlamentari su un particolare aspetto: di chi è la proprietà dell’infrastruttura di rilevamento dei dati, dove questi sono collocati fisicamente e quali garanzie si offrono per la loro tutela e gestione. Imperiali ha garantito il possesso dei “diritti di proprietà intellettuale” e che “ gli algoritmi e i protocolli di elaborazione sono trasparenti” ed ha poi garantito che “sotto il profilo della cybersecurity è stato costruito un assetto solido e rigoroso che pone l’infrastruttura al riparo da qualsiasi forma di intrusione e di possibile manipolazione dei dati”. Materia incandescente, tanto che successivamente sono stati richiesti maggiori chiarimenti.

Tutto questo per arrivare ad una notizia che non ha avuto l’attenzione che merita: tutti i profili personali di Sigfrido Ranucci, noto giornalista di Report in onda su RaiTre, sono stati oggetto di un attacco informatico sia sul suo conto bancario quanto nella mail con dominio Rai. Il fatto è di enorme gravità che potrebbe essere paragonata ad una violazione del bunker della Banca d’Italia dove sono custoditi i valori del Paese. È stata attaccata non solo la preziosa attività giornalistica di Report ma tutta l’infrastruttura dati del Servizio Pubblico potrebbe essere stata minacciata. Tanto per intenderci, la mail di un giornalista Rai può contenere tutte le informazioni necessarie a ricostruire la sua rete di contatti, le sue fonti ed ogni altra notizia utile al suo lavoro. La notizia è che non solo è stato “attaccato” il suo profilo bancario ma che ci possa esser stata una falla nel sistema Rai. Il paragone con la Banca d’Italia non è poi tanto peregrino: Rai possiede una miniera di dati e informazioni sugli utenti enorme: su chi paga (o chi evade) il canone, sulle preferenze e sui comportamenti sociali e politici dei cittadini. Non si tratta di roba da poco. Poter accedere o intervenire per “manipolare” tali dati si configura come una specie di vero e proprio attentato alla democrazia di questo Paese. Il fatto che possa essere stato sventato o neutralizzato, conforta ma non rassicura completamente.

Poniamo alcune domande: è stata fatta una analisi del data breach? E' stata fatta la relazione al Garante entro le 24 ore come prevede la Legge? Chi l’ha fatta? un soggetto interno all’Azienda o uno esterno? A quali risultati è pervenuta? I firewall del Servizio Pubblico sono efficienti e adeguati alle aggressioni sempre più sofisticate? Esiste un meccanismo di “first alarm” in grado di intervenire tempestivamente qualora si ravvisa una minaccia in arrivo o in corso? Sono sufficienti i fondi impiegati da Rai per sostenere questo fronte? Abbiamo anche altre domande ma, per il momento, queste sono sufficienti, speriamo, ad allertare chi (???) di competenza. È evidente che non ci si deve aspettare dettagliate risposte “pubbliche”. Sarebbe sufficiente sapere che questo tema possa avere l’attenzione che merita. Anche se una comunicazione pubblica sarebbe forse necessaria: quei dati si riferiscono ad un patrimonio collettivo e come tali debbono essere trattati e, di conseguenza, informati i legittimi "proprietari". Un bel comunicato Stampa non farebbe male a nessuno ... anzi.

A proposito di marzo scorso: qualcuno ha notizia dell?Ufficio Studi Rai?

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sabato 16 novembre 2019

Perle di saggezza


Il gatto felice ringrazia della giornata di pausa di ieri.
Ora torniamo alle cose più o meno serie. La prima: oggi compare un interessante trafiletto sulle colonne di Repubblica firmato Aldo Fontanarosa e riguarda l’AgCom. Si legge che il presidente in carica Angelo Cardani lamenta la “mortificante prorogatio” imposta di partiti che non riescono a trovare l’accordo per la nomina del nuovo presidente (i commissari sono nominati dal Parlamento) e, notare bene, lancia l’allarme su alcune candidature che girano (ne abbiamo scritto anche su questo blog). Si legge poi “ Invece all'orizzonte ci sono nomi che «fanno diventare il concetto di indipendenza una barzelletta». Il riferimento, forse, a candidature di parlamentari che fanno parte dei partiti di Governo e, forse, magari proprio a quello che sembra essere più quotato …appunto … ”in quota” al PD.

Tutto torna. Si tratta di un ragionamento che viene da lontano ed è lo stesso pensiero che ha prodotto la nefasta Legge del 2015 che mette la Rai sotto il tallone di ferro del Governo. L’AgCom è (o dovrebbe) essere una autorità indipendente di regolazione, controllo e garanzia. È (o dovrebbe) essere una specie di vigile urbano che dirige il traffico, eroga le multe, determina le aree dove è vietata la sosta. Per chi lo avesse dimenticato, fra poco più di 45 giorni inizia la delicatissima fase di transizione al DVB-T2 dove quanto mai il ruolo dell’AGCom potrà e dovrà essere determinante per il corretto rispetto delle regole. Il capo dei vigili urbani, in questo caso, che garanzie di autonomia potrebbe dare se è espressione diretta del Governo in carica, specie se, come spesso accade, questo è in balia delle onde e pochi sono in grado di scommettere dollari sulla sua durata. Per quanto ci riguarda, condividiamo la preoccupazione di Cardani sia per quanto riguarda il ritardo sia per quanto riguarda il principio di indipendenza.

Siamo sospettosi e complottisti per natura: vediamo trame oscure dappertutto. Però difficile essere neutri e non accorgersi che certi fenomeni difficilmente avvengono per caso. Anzitutto il trafiletto di oggi. Il collega che ha firmato la nota (poche righe) è solitamente bene informato e un pezzo del genere, solitamente, non scende dall’albero delle pere. Poi, come abbiamo scritto in epoca non sospetta, questa nomina, insieme a quella del sottosegretario alle TLC (nonché di tutte le partecipate dello Stato che avverranno a partire dai primi mesi del prossimo anno) sono un campo di battaglia dagli esiti molto incerti dove i partiti (già) non hanno le idee chiare oppure, se le hanno, pensano più a posizionare un proprio uomo (e perché non donna?) piuttosto che a cosa si dovrà fare nel prossimo futuro. Più o meno come avviene in Rai dove siamo ancora in attesa di sapere qualcosa sulla crisi degli ascolti (in un recente CdA sul tema è stato deciso il “monitoraggio” ::J) come pure cosa succederà con i due canali, inglese e istituzionale, che potrebbero e dovrebbero partire già da ieri.
Staremo a vedere, ma se pensiamo pure al rumore in corso sul futuro della Rai, al canone in particolare, un filo di preoccupazione rimane.

Veniamo alle amenità. Leggiamo sul sito dell’Ufficio Stampa Rai “Lo show di RaiPlay è da molti considerato un progetto tra metatelevisione e avanguardismo: un laboratorio sperimentale che restituisce la leggerezza dei varietà di una volta con i ritmi dell’era digital. Il gradimento è stato del 90% nelle interazioni social con giudizi positivi.
Nella giornata di ieri la diretta esclusiva su RaiPlay di Viva RaiPlay! ha generato circa 57000 interazioni social. Instagram è stata la piattaforma più utilizzata con il 60% di interazioni. Altro dato positivo di #Fiorello è che è riuscito a unire tutte le generazioni, facendo conoscere nuovi cantanti al target adulto, unendo figli e genitori nella scoperta della “nuova piattaforma”.” E ci chiediamo : ma chi scrive queste perle di saggezza? Un novello McLuhan? E poi ci chiediamo: ma perchè non è stato fatto prima? E poi ancora ci chiediamo: ma non erano oltre 12 milioni gli iscritti alla piattaforma? Qualche conto non torna. E poi andiamo a leggere Claudio Plazzotta su Italia Oggi di questa mattina che “Il digitale non premia Fiorello”. Non ci volgiamo imbarcare nella contesa sui numeri (e pure ci sarebbe molto da dire) ma osserviamo semplicemente che “la “metatelevisione e avanguardismo” di cui sopra si riferiscono, forse, al fatto che manca l’accento su “meta” cioè “metà” perché forse, l’altra metà, vede altra televisione. Che poi il comico siciliano possa essere identificato con “l’avanguardismo” è una felice scoperta, molti non se ne erano accorti.

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giovedì 14 novembre 2019

Il Gatto

questo è il mio gatto:

Oggi, come qualche lettore infastidito da questo blog si auspica, mi dedicherò a lui. La cronaca, la stampa, è in vacanza ed anche il sottoscritto si adegua.
Quando si tratta di scrivere colonne e colonne di gossip, di Tizio o di Caio in "quota" a PD, M5S, alla Lega o a Renzi, si leggono paginate di inchiostro o pagine Web. Quando si tratta invece di affrontare qualche temino piccolo piccolo come la riforma del Sistema Radiotelevisivo, del Servizio Pubblico, delle risorse economiche, delle nuove tecnologie come pure dei contenuti, dei linguaggi, della narrazione del Paese non si batte un chiodo ... non trovi un pezzo manco a pagarlo.

va bene così, oggi il gatto sarà felice! solo per oggi...domani è un altro giorno

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Disordine sotto il cielo


 Roma, 25 giugno 2019 : «Lavoriamo per abolire il Canone Rai» ha annunciato il vicepremier Luigi Di Maio. Dichiarazione avvenuta in buona compagnia di chi, Salvini, ne ha fatto un cavallo di battaglia. Passa poco più di un mese, l’8 agosto, il Governo cambia e propone un nuovo programma dove, al punto 11, si legge che si intende avviare una riforma del sistema delle telecomunicazioni. 

Ora è successo che ieri sera ci perviene il testo di una proposta di Legge, firmata dalla deputata Paxia, (poche ore dopo aver rilasciato dichiarazioni alla stampa) datata 16 luglio scorso dove nel titolo si legge: “Abolizione del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione e della relativa tassa di concessione governativa”. Da notare che prima di ieri di questo testo non se ne trovava la versione ufficiale. 

Pochi se ne sono accorti (a parte il solito bene informato Angelo Zaccone Teodosi) e ancora meno quelli che se preoccupano. Un rapido giro di telefonate a Viale Mazzini e si sente dire “Le solite c…ate” …”perché perdere tempo con queste amenità” e così via. Sarà, forse hanno ragione loro. Però, in mancanza di meglio, proviamo a ragionare.  La deputata Paixa appartiene al M5S, lo stesso partito di Governo che ha in cantiere una proposta di riforma firmata dalla deputata Liuzzi e del senatore Di Nicola che nei giorni scorsi ha promosso un dibattito sulla riforma della governance Rai. Nei giorni scorsi, inoltre, il solerte Anzaldi (renziano di Italia Viva) si associa al coro dell’anti canone e inizia la raccolta firme. Il retroterra di queste iniziative, da non dimenticare, è la famosa indagine SWG del 2016 con la quale si rilevava che il canone “è la tassa più odiata dagli italiani” perché, aggiungeva il Censis, la Rai non offre in cambio prodotti di qualità. Allora, non sembra poi tanto peregrino interrogarsi sul perché “a volte ritornano” tali iniziative che, ripetiamo e sottolineiamo, non sembrano poi tanto lontane dal sentire comune di tanti parlamentari.

Attenzione: la Paixa propone la “sostituzione “ del canone con la fiscalità generale e la revisione dei tetti di affollamento pubblicitario. Il finanziamento del Servizio Pubblico dovrebbe avvenire con il 30% dal bilancio dello Stato, fino al 40% dall’imposta sui servizi digitali (quali sono e a quanto ammontano?), fino al 20 % da una tassa sui ricavi delle emittenti commerciali, e fino al 10 % da una tassa sui ricavi delle pay Tv. Si tratta di un meccanismo complesso e si riferisce pure a tassazioni tutte da definire nelle modalità e nella quantità. Attenzione: non è un eresia affrontare questo tema. Ora, intendiamoci, che sia grande la confusione sotto il cielo è cosa nota, però, forse, un filo piccolo piccolo di preoccupazione farebbero bene ad averlo a Viale Mazzini. Certo, in questi giorni hanno ben altro a cui pensare: le nomine incombono e le idee sono confuse. Come pure, forse, all’interno del M5S un filo piccolo piccolo di chiarezza non sarebbe del tutto negativo.

Ora, è bene ricordare il mantra che ci vede tutti concordi: il canone è garanzia di autonomia e pluralismo per il Servizio Pubblico ma …ma… fino a punto in cui questa pietra miliare viene messa in discussione da due elementi: l’uso improprio che ne fa il Governo e l’uso talvolta improprio che ne fa l’Azienda. I due elementi spesso combaciano. Però, bisognerà pur spiegarlo a chi paga il canone che ne vale la pena.

Ieri l’Eco di Bergamo e oggi Leggo con un breve trafiletto danno notizia dell’inizio della poderosa opera di alfabetizzazione informatica avviata dal Servizio Pubblico con il comico siciliano che da ieri ha iniziato le trasmissioni su Rai Play. Che stranezza: le grandi firme della carta stampata forse lo hanno dimenticato, visti i risultati sia in digitale che sul Web (vedi i dati Auditel Digitale pubblicati ieri). Ce ne faremo una ragione e attendiamo i nuovi dati per la prossima settimana.

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mercoledì 13 novembre 2019

La guerra

 Il nemico è alle porte e non intende fare prigionieri. Sotto le mura di Viale Mazzini si sentono i cannoni che tuonano e si cerca disperatamente di trovare sacchetti di sabbia da mettere alle vetrate. Il problema è che non ci sono i sacchetti (non sono biodegradabili) ma neanche la sabbia (quella di fiume non va bene) e il capitano incaricato di organizzare le difese in questo momento ha altro da fare (ci sono da nominare vari sottoposti, dal quartier generale dei partiti si sentono rumori di liti e lui non sa da che parte iniziare).

Tanto perché siamo curiosi, ieri sera siamo andati in un megastore di elettrodomestici e televisori e abbiamo chiesto informazioni sui nuovi modelli in vendita e, in particolare, sui telecomandi. Tre le marche più vendute due tra queste forniscono la seguente arma di guerra:


Attenzione: i tasti Netflix e Youtube sono in basso ma nessuno vieta, in un prossimo futuro, che possano essere in alto, in posizione più comoda. Così come potrebbero esserci anche altri tasti dei vari OTT o anche semplicemente accessi diretti ad una APP di successo. Fermo restando poi che, ad esempio, per navigare in rete sul proprio televisore il telecomando non è proprio quanto di più comodo: avete mai provato ad inserire una password? Insomma, il telecomando si appresta a diventare come quel famoso fucile sovietico venduto e utilizzato in tutto il mondo: funziona per il migliore offerente. E in cosa consiste l’offerta? Come si paga questa merce? Semplice: contenuti originali e trasmissioni live (esempio rilevante: lo sport). Domanda: il Servizio Pubblico possiede questa merce pregiata? Sport? quale sport?

E torniamo, sempre molto semplicemente, a bomba: anzitutto si deve decidere una volta per tutte se si vuole andare alla guerra (per il Servizio Pubblico potrebbe non essere obbligatorio) e, a seconda della risposta, essere attrezzati per un verso o per l’altro. Anche la pace costa.  

Fine della metafora. Vediamo i fatti, per le opinioni ci sarà tempo. Ieri sono usciti i dati di Auditel Standard Digitale riferiti alla settimana dal 2 al 9 novembre e, per quanto riguarda gli LS per editore sono questi:


Semplifichiamo la vita ai lettori: nella settimana di grancassa su Fiorello questo il risultato pubblico Sky +9,5, Mediaset +7,7 e Rai + 2,5.
Torniamo alla metafora: la guerra è in corso.

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martedì 12 novembre 2019

Le apparenze ingannano


“Sperammo invano che la televisione in Italia non si avverasse mai” 
(Paolo Monelli, La Stampa, 1954). 

Speriamo noi ora di non dover pensare la stessa cosa con l’avvento della diffusione broadband al posto di quella broadcast. Ieri un nostro attento ed esperto lettore (molto) ci ha sollevato un dubbio. Provate a pensare al vostro cellulare, alle sue dimensioni e alle sue capacità, e provate ad immaginare che possa essere di grandi dimensioni, ad esempio 50”, e provate a chiamarlo ora invece di “cellulare” lo chiamate “smartTv” e provate ad immaginare che questo cellulare non ha un sintonizzatore video, ma riceve i contenuti audiovisivi in forma di dati dalla rete e non i segnali da una frequenza televisiva.

Il risultato è semplice: non è più un”apparecchio televisivo” come è stato puntualmente precisato con una nota del MISE nel 2016, qualora non sia presente un ”sintonizzatore” e quindi tutti i computer, tablet o smatphone non possono essere considerati “televisori”. A pensarci bene, non è una cosetta da poco almeno per un fattore: questi device non sono tenuti al pagamento del canone. Ed ecco che, ancora una volta, per la Rai si materializza uno spettro dalle potenzialità dirompenti laddove si attacca un cuore, già tanto in fibrillazione,  del suo funzionamento: le risorse economiche. Da un lato non sono pochi coloro che ne invocano la sua abolizione (un bel pezzo del Governo in carica) o almeno una sua riduzione (raccolta di firme Anzaldi) da altro lato si vorrebbe che il Sevizio Pubblico debba fare più cose di quante attualmente ne fa con risorse decrescenti (vedi calo della pubblicità che, al terzo trimestre 2019 per Rai vede un calo del 1,8% rispetto all’anno precedente). In poche parole, vogliamo essere apocalittici, sembra che si sta aprendo la strada per l’inferno per il Servizio Pubblico e, sembra pure che non pochi la stiano spianando.

Ci corre il dubbio che l’operazione “Rai come gli OTT” non sia proprio costellata di rose e di fiori come molti sono propensi a credere. Continuiamo a leggere di lodi entusiaste su Fiorello e RaiPlay che ci lasciano alquanto perplessi. Molti, compresi nostri autorevoli e stimati amici lettori di questo blog, snocciolano cifre che sembrano confortare la legittimità della scelta di “traghettare” telespettatori giovani e adulti verso il mondo broadband in sottrazione (non è pensabile in aggiunta se non immaginando che un telespettatore sia contemporaneamente con il telecomando in una mano e con l’altra il tablet) alla diffusione digitale tradizionale. Pochi, invece, sembrano preoccuparsi di cosa invece questo processo possa comportare per il prossimo futuro del Servizio Pubblico. 
Questa operazione, peraltro, comporta l'impiego di risorse economiche e non poche (ricordare la partnership tra Mediaset e Netflix per un valore complesdivo di 200 milioni)  che saranno inevitabilmente sottratte al budget delle reti. Abbiamo scritto nei giorni scorsi che la Rai ha deciso di emettere un bond di 300 milioni che non è destinato ad investimenti, innovazione o sviluppo, ma a sostenere e ripianare parzialmente un debito precedente. Tradotto in soldoni: il futuro costa e non poco. Pensare di sbarcare su Marte  con la fionda e gli elastici appare più comico che fantascientifico. Esattamente come avviene quando si sostiene che si è avviata la campagna di “alfabetizzazione tecnologica” degli italiani con l’attivazione di un call center che in un giorno di RaiPlay con Fiorello ha raccolto circa 600 telefonate. È un buon inizio … avanti tutta, nel giro di 50 anni ce la potremo fare!

Veniamo ad oggi, o meglio a ieri. Si è svolto il CdA e, tanto per cambiare, non è stato deciso nulla. Per chi avesse la memoria fragile, come il sottoscritto, facciamo un piccolo esercizio: nel giro dei 60 giorni precedenti si doveva almeno: A) affrontare la crisi degli ascolti B) avviare i due canali, inglese e istituzionale C) effettuare diverse nomine. Risultato: zero! Ieri in Cda, vista la giornata, pasticcini e the caldo: gruppi di lavoro sul Piano industriale e Don Matteo (costoso). In particolare, sul terzo punto, ancora una volta, gli articoli di oggi sono infarciti di beghe tra i partiti per la spartizione di posti in reti e testate con i soliti nomi “in quota” di questo o quel partito. Ca va sans dire, bisogna pure tenerne conto.
E poi ci sono ancora quanti pensano alla governance o alla trasformazione verticale.  
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lunedì 11 novembre 2019

Il tempo

Anzitutto un doveroso riconoscimento ad una donna del Servizio Pubblico che ci mette la faccia (insieme alla sua esperienza e professionalità indubbia e ampiamente riconosciuta, della quale raramente si è letto essere in “quota” a qualche partito): Elena Capparelli, direttrice di Rai Play. Questa mattina, la sua ampia  e interessante intervista su Libero Quotidiano. Leggiamo un paio di passaggi: “Noi siamo il servizio pubblico e non inseguiamo nessuno” e poi “Noi dobbiamo svecchiare il percepito della Rai offrendo una offerta coerente con la nostra mission. Ci saremo con il nostro passo e la nostra storia”. Ci mettiamo la firma subito! Con buona pace di quanti hanno titolato e vagheggiato RaiFlix, non molto tempo addietro e su questo sogno (incubo) hanno impostato una parte del loro progetto di Rai. Elena ha riportatola riflessione al centro reale del dibattito,come anche in questo piccolo blog abbiamo cercato di fare: cosa è e cosa dovrebbe essere il Servizio Pubblico, come si esplicita la sua missione, in che modo questa viene percepita e condivisa da coloro a cui si rivolge i cittadini abbonati. Da questo punto di vista, grazie alla Capparelli per i contenuti che ha espresso e ancora grazie perché lo ha fatto pubblicamente, come raramente avviene per molti dirigenti Rai. Dobbiamo però aggiungere una chiusa finale che lascia alquanto perplessi: "al nuovo Cal Center di RaiPlay abbiamo ricevuto 600 telefonate .. stiamo alfabetizzando l'Italia" ... come??? abbiamo letto bene : 600 persone e alfabetizziamo l'Italia? 

Nel merito, però, ci sono alcune osservazioni e per essere meglio centrati sul tema riproponiamo di leggere attentamente la varie parti che compongono il report settimanale di Auditel Standard Digitale 


Ad un certo punto dell’intervista si solleva il problema del tempo dei telespettatori (e anche questo concetto andrà ridefinito puntualmente) che non è una variante neutra nella competizione sia a riguardo dei contenuti, sia a riguardo delle piattaforme di fruizione. Non è un caso che il Report Auditel, assegna alla variabile “tempo “ una posizione rilevante. Il documento contiene le rilevazioni Legitimate Stream (visualizzazioni editoriali e pubblicitarie per almeno 0,3 sec. da ciascun device) e la variabile fondamentale è il tempo impiegato dall’utente per la fruizione del contenuto. Infatti, si misurano i LS per fascia oraria nel giorno medio, per classe di device e modalità di visione, il TTS (Totale Tempo Speso), l’ASD (Average Streamn Duration) per classe di device e modalità di visione e, infine, i LS per editore e canale (dove Rai rimane staccata di diverse lunghezze).

Tutto questo porta a dire che la “risorsa tempo” (come pure quella economica, visto che comunque le connessioni hanno un costo, compresa quella di RaiPlay) impiegata dagli utenti non è illimitata e sarà sempre più la capacità di attrazione, di sottrazione rispetto ai concorrenti,  il vero campo di competizione nell’arena del passaggio dal broadcast al broadband. 

Come noto, un pilastro della forza di attrazione delle diverse piattaforme Web consiste nella capacità di proporre un offerta “modellata” sulle sensibilità, sui gusti e le preferenze dei telespettatori attraverso l’uso degli algoritmi di profilazione. Per quanto noto, i dati di cui dispone Rai sono relativi alle registrazioni on line degli utenti (oltre 12 milioni). Ma non si sa pressoché nulla (almeno formalmente e pubblicamente) su chi sono, cosa fanno e come impiegano il loro tempo. Evidente che si tratta di “dati sensibili” e lo sono ancor più laddove questi dati possono essere impiegati anche nella loro “lettura” sociale e politica. Tanto per intenderci: una fiction non è neutra rispetto alla narrazione del Paese. Il linguaggio,i personaggi, le trame e perfino le location esprimono una visione della società piuttosto che una di segno opposto. Ecco che si evidenzia un tema problematico per il Servizio Pubblico. Come verrà “modellata” l’offerta editoriale della piattaforma Rai che vorrebbe competere con i colossi OTT?  Quali saranno i contenuti proposti sia nel versante dell’originalità sia nel versante della contemporaneità (informazione live)? Al momento, Rai Play è molto forte nella library ma di nuovi contenuti (costosi e necessariamente competitivi) ci sono solo alcune buone intenzioni a fronte di risorse economiche scarse. Comunque, diamo atto che il tema RaiPlay è una chiave di ingresso nel nuovo mondo della rete che prima non era stata adoperata. Vedremo da ora in avanti quali saranno i passaggi successivi.

Per completare la giornata, proponiamo la lettura di Repubblica Affari& Finanza, a firma Andrea Frollà, oggi in edicola con due titoli significativi: “Televisione a misura di piattaforma anche l'Italia diventa terra di caccia” e “La strada è segnata "L'online trionferà perché interattivo” dove si legge “C i sarà una guerra totale tra tradizione e innovazione ma non credo che ci siano margini per un equilibrio e sono convinto che alla lunga lo streaming trionferà. Negli Stati Uniti c'è già stato il sorpasso dell'online sull'offline sui contenuti on demand. Per quel che riguarda lo streaming live, ci vuole più tempo ma in ogni caso non intravedo (Guido Giommi, presidente di Le Fonti) l'esistenza di modelli ibridi perché Internet offre possibilità incomparabili rispetto a quelle offerte dalla televisione tradizionale. C'è da aspettarsi una fase di transizione però nel lungo periodo il dado è tratto». Dopo aver scardinato il mondo televisivo a suon di serie televisive, film, documentari ed eventi on demand, lo streaming travolgerà prima o poi anche il mondo delle dirette televisive”. Il dibattito è solo all’inizio.
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