lunedì 30 novembre 2020

La Congiura

Questa mattina per cercare di introdurre la settimana siamo costretti a partire dalla bassa cucina (con buona pace degli affezionati lettori più sofisticati). 

Nota n.1: da alcuni giorni sulle reti Rai, Tg e Gr, sono andati in onda vari servizi su un prossimo film in distribuzione streaming, “L'incredibile storia dell'Isola delle Rose” prodotto da Groenlandia e mandato in rete da Netflix. Ci siamo leggermente stupiti di tanta attenzione e, per un momento, abbiamo ritenuto che fosse coprodotto con Rai Cinema. Invece no. Allora, perché tutto questo, visto che si tratta di un diretto competitor della Rai, sia sul piccolo che sul grande schermo (che, purtroppo, in questi giorni è chiuso)? Non si dovrebbe trattare di pubblicità, perché i servizi erano all’interno delle testate. C’è qualcosa di “strano” in Danimarca e con questo pensiero in mente chiuderemo questo post.

Nota n. 2: nei giorni scorsi, come noto, ci sono state le vicende di Morra, presidente Commissione antimafia, poi la spesa “sexy” su Rai Due e infine il “twerking” censurato su Rai Uno. Queste ultime due si potranno anche definire robetta, spazzatura, ma nemmeno poi tanto e, in genere, non gli dedichiamo spazio particolare. Il caso Morra e quanto successo ieri invece merita maggiore attenzione. Dopo la sua esclusione dalla trasmissione di Rai Tre, ieri è successo che lo stesso è stato invitato da Lucia Annunziata “…in accordo con il direttore Franco Di Mare…” e la stessa, in apertura dall’intervista a Morra “…gli legge una “letterina” inviata dal “…vertice aziendale”. E dice: «La Rai si scusa con il presidente Morra per le modalità con cui è stata rinviata la sua partecipazione a Titolo V. Si è trattato di errori dovuti alla concitazione di quelle ore»”. Non basta, più tardi, da non bene identificati “ambienti vicini al Presidente Foa, si fa sapere che lo stesso non ne sapeva nulla e, anzi, è pure in disaccordo con le scuse. Si tratta di un minestrone di errori e incapacità che basterebbe la metà. 

In ordine: 1) il “vertice Aziendale” (quale?) comunica con le "letterine" che legge l’Annunziata? La questione Morra è un atto politico pubblico rilevante e non corrispondenza privata che si risolve con una “lettera” letta in diretta Tv. Non c’è traccia di comunicato stampa. Non è solo una grave carenza di capacità a comunicare correttamente ma indice di uno stato confusionale preoccupante. 2) si legge che si è trattato di “… errori dovuti alla concitazione di quelle ore” come se tutti noi vivessimo in una bolla di sapone alla lavanda e che il momento drammatico che stiamo attraversando non sia di per sé sempre “concitato” a dir poco. Chi governa un’Azienda di Servizio Pubblico ha l’obbligo di essere dotato di strumenti politici e istituzionali in grado di intervenire tempestivamente in casi di crisi come questo con una comunicazione corretta e trasparente. Normalmente, chi sbaglia paga. 3) il presidente Foa fa sapere si essere in disaccordo? E come lo fa? Attraverso “ambienti a lui vicini”!!! A parte il fatto che la lettera inviata a Morra e “firmata” da “Vertici Aziendali” avrebbe dovuto comprendere lo stesso presidente che ne dovrebbe far parte e non si capisce perché invece ne sia stato escluso, ma il tema è capire perché il Presidente della Rai si dovrebbe esprimere su questo argomento schierandosi a favore di chi invece chiede le dimissioni di Morra (la Lega in particolare).   

A questo punto arriva Giovanna Vitale su Repubblica.it di ieri che titola “Rai, Salini cerca casa. Potrebbe lasciare in anticipo viale Mazzini per un'altra società pubblica” dove leggiamo che “Ai piani alti di viale Mazzini raccontano che venerdì sera, di fronte all'ennesimo scivolone formato twerking, il balletto a colpi di natiche tremolanti tagliato da The Voice Senior poco prima della messa in onda, l'ad Fabrizio Salini fosse davvero sconfortato. Tre incidenti di grande clamore mediatico in una sola settimana lo hanno convinto che ormai il suo destino è segnato, inutile darsi da fare per tentare di restare aggrappato alla baracca: in Rai più di qualcuno trama contro di lui e lo vuole fuori, non solo il Pd che pure gliel'ha giurata”. Aggiunge poi che Conte si sarebbe pentito dell’endorsement a suo favore come pure il M5S non si straccerebbe le vesti più di tanto a difenderlo ancora. C’è da crederci e, per quanto a noi noto, il malumore pubblico e privato a Viale Mazzini ormai sembra evidente. Come gli ultimi giapponesi, qualcuno fa fatica ad accorgersene. Last but not least: come si premierebbe tutto questo? Con un'altra società pubblica???

Bene (o meglio, male): questa la bassa cucina dove, evidente, si manipolano ingredienti fondamentali della dieta quotidiana. Il problema è cercare di capire come questi elementi si collocano in un contesto più ampio. Ci viene in aiuto un interessante articolo di Vincenzo Bisbiglia sul Fatto Quotidiano di oggi (anticipando la trasmissione di Report questa sera su Rai Tre) con il titolo “Così venne spolpata Alitalia sotto Renzi per donarla a Etihad”. Da tempo ci corre un forte sospetto: è in atto una congiura mega galattica planetaria, guidata da oscure e misteriose forze aliene, con l’obiettivo di indebolire il Servizio Pubblico radiotelevisivo e consentire, in questo modo, la sopravvivenza del suo diretto concorrente Mediaset, come pure degli altri soggetti che operano sul mercato della televisione prossima ventura, Netflix &Co. Gli statistici sono soliti affermare che tre frequenze fanno una sequenza, ma tre sequenze fanno una certezza. Sono ormai troppi e troppo estesi i problemi che riguardano il futuro della Rai per essere affrontati con le “letterine” che non riguardano solo chi le scrive ma anche chi le riceve. 

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domenica 29 novembre 2020

Pausa

Oggi pausa agricola: riporre il tratttore, seminare fave e lupini, riparare attrezzi vari, sistemare la legna, preparare cambio del vino.

 buona domenica


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sabato 28 novembre 2020

Il Paese, tra disordine e cultura da supermarket

“Grande il disordine sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”. 

Già, la situazione sociale anzitutto, ma anche quella politica ed economica non sembrano godere di buona salute. “Giù per li rami” tutto viene di conseguenza e, ovviamente, anche per il Servizio Pubblico.

Una cosa alla volta. Anzitutto da leggere attentamente il Corriere di oggi con un articolo firmato Verderami dove si dipinge il quadro politico e le sue fibrillazioni. In particolare, si legge dello scontro in corso tra le componenti del Governo: PD, M5S e Conte. L’un contro l’altri armati e con tanta voglia di cambiare le carte in tavola. Leggete pure il Messaggero con un articolo di Marco Conti e il fondo de Il Foglio: “Il conflitto di interessi che salverà l’Italia” per avere un quadro completo della situazione politica e dei chiari di luna che ci aspettano. Contestualmente, tenete a mente le grandi tensioni che ancora si agitano sui vari fronti, non ultimo quello tecnologico con il tema della rete unica che ancora tiene banco nella sua difficoltà ad andare avanti. 

Ben che vada si intravvede un rimpasto con un nuovo paradigma: fino a poco fa si sosteneva che vista la grave situazione del Paese non ci si può permettere una crisi di Governo, ora invece vale il suo contrario, cioè proprio per la grave situazione del Paese è necessario rivedere l’azione di Governo. Non è un passaggio di poco conto se si mantiene bene a mente quanto avverrà nel prossimo semestre: la  chiusura del mandato di Mattarella e l’inizio del semestre bianco. Facciamo ora “calare il cielo sulla terra” e riportiamo queste sommarie osservazioni sulla  Rai, o meglio, sul Servizio Pubblico (concetti non sempre sovrapponibili). Ancora ci si chiede: perché Conte ha fatto quelle affermazioni alla Gruber sulla Rai? La risposta più semplice potrebbe essere perché gli conviene in due ordini di motivi. Il primo è perché si allinea a quella parte del M5S che da tempo prova a fare barricate in difesa di Salini e di questo modello di Rai; il secondo motivo è perché gli conviene tenere a bada una fonte di sua “visibilità” che proprio in un momento incerto come questo può tornare sempre utile. In questo modo ha però urtato ulteriormente gli umori del PD, proprio pochi giorni dopo da quanto ha affermato Gualtieri sulla Rai: tutti a casa, se non ora, presto. Ora, come al solito, delle due l’una: o ha ragione il Ministro o ha ragione Conte. In mezzo c’è la palude, il disordine che non torna utile a nessuno. Torna a bomba il tema della riforma, parziale o totale del Servizio Pubblico. Già, quale Servizio Pubblico?

Ieri abbiamo titolato “Il primato della Politica” con la P maiuscola, non a caso. Ci sono circostanze in cui sono le dinamiche sociali, e quindi dell’economia anzitutto, che determinano l’agenda del Paese. Per quanto riguarda gli interessi di questo Blog, ci limitiamo a proporre la lettura di questi mutamenti con l’obiettivo di comprendere cosa è stato, cosa è e cosa dovrebbe essere il Servizio Pubblico radiotelevisivo. Se provate a porre questo interrogativo in giro, potete essere certi che non troverete un consenso unanime sullo stesso principio. Questa mattina merita la lettura un  fondo firmato dall’ex DG Rai Mauro  Masi su Italia Oggi che scrive: "…esiste un concetto «oggettivo» di servizio pubblico radiotelevisivo?... Bisogna ribadire che non esiste, e non solo in Italia, una precisa e compiuta definizione tecnico/giuridica del concetto di servizio pubblico radiotelevisivo... Secondo autorevoli addetti ai lavori una definizione tra le più esaustive è tutt'ora quella elaborata negli anni 90 dalla Bru, Broadcasting research unit per il Parlamento inglese. La Bru identifica otto indicatori che qualificano il livello di «servizio pubblico» di un'emittente televisiva: a) universalità geografica di accesso (trasmissioni televisive rivolte, almeno in principio, a tutta la popolazione); b) universalità di interessi (cercare di toccare più interessi possibili anche quelli largamente popolari; non è detto infatti che il servizio pubblico debba qualificarsi solo su temi di nicchia anche se, ovviamente, non deve escluderli: "make popular programmes good; make good programmes popular"); c) universalità di pagamento (servizio pagato da tutta la popolazione); d) concorrenza nella programmazione piuttosto che nell'audience; e) sensibilità verso le minoranze; f) senso dell'identità nazionale e della comunità; g) indipendenza verso gli interessi di parte (intesa in senso molto ampio cioè sia da un punto di vista politico-istituzionale sia economico); h) ricerca della qualità e libertà creativa. Naturalmente non è detto che il gestore di un servizio pubblico radiotelevisivo debba soddisfare tutti gli indicatori proposti; la scelta dipende dal legislatore che deve tener conto delle singole realtà nazionali anche alla luce degli sviluppi della tecnologia e del sistema della comunicazione nel suo complesso”. È una traccia di riflessione che potrebbe tornare utile quando, forse, si tratterà di affrontare il nodo Rai e le sue fonti di finanziamento.

Nota a margine di come questo concetto possa essere declinato in modi diversi: ieri sul Messaggrro (solo giornale che ha riportato la notizia) abbiamo letto: “CdP e Chili Tv danno il via alla Netflix della cultura italiana” e si riferisce ad un pensiero tanto caro al Ministro della cultura Dario Franceschini al quale da più parti è stato risposto che questa già esiste e si chiama Rai. Ma, evidentemente, non ne è convinto. Tant’è che ha spinto Cdp a creare una NewCo della quale detiene il 51%  con 9 mln di investimento per mandare in onda i concerti della Scala, Raffaello e altro ben di Dio che ci offre il nostro Paese. Si tratta di Servizio Pubblico? Forse si. Ed è giusto che si debba finanziare con soldi pubblici un’impresa con scopi privati? Forse no. Ecco esattamente entro questi interrogativi che si pone la riflessione su quale possa e debba essere un Servizio Pubblico radiotelevisivo (per inciso, provate a cercare su Google questo concetto). Questo il compito della politica e su questi temi che si misura il suo primato.

Altra nota margine: Stefano Balassone su La Repubblica di oggi a proposito del caso del balletto sexy di Rai Due: "Quella cultura da supermarket non è la Rai" e aggiunge "... "L'origine del magma, tuttavia, non sta in Rai 2, ma in Canale 5". Forse è vero, ma solo in parte: il magma, purtoppo, non sta quasi mai da una parte sola e, segnatamente, in Rai la cultura da supermarket ben che vada è stata spesso scimmiottata, copiata, subita o riproposta.

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venerdì 27 novembre 2020

Il primato della Politica

Il titolo di oggi è faticoso e impegnativo ma il tema merita di essere affrontato.

Poco più di un anno addietro, chi vi scrive è stato tra i promotori di un’iniziativa che ha visto riunirsi un gruppo di persone di varia natura e cultura, provenienza e competenza, con il proposito di dibattere e riflettere su quale potrebbe essere il futuro del Servizio Pubblico Radiotelevisivo in Italia negli anni a venire. Il gruppo venne definito “Visioni2030” proprio per sottolineare il carattere futurista, forse appunto anche visionario, che la Rai dovrebbe assumere per il decennio in corso. Quando il gruppo ha assunto un certo spessore è stato ospitato nella sede più autorevole dell’AgCom di Via Isonzo.

In una di quelle occasioni, per illustrare sinteticamente il perimetro dei problemi sul tappeto, venne proposta la seguente immagine:  

 


Queste le colonne sulle quali si regge la complessità del Servizio Pubblico e, allo stesso tempo, si definiscono le sue sfide prossime venture. Si tratta, come evidente, di elementi che si tengono l’uno con l’altro e difficilmente si può ritenere sostenibile percorrere una prospettiva che non tenga conto delle altre. Per un verso, dunque, si pone il vantaggio di una visione di insieme, prospettica, per altro verso si esprime il limite che questa sia troppo ampia per essere affrontata in una dimensione temporale angusta. Proprio su questo dualismo (oltre che su varie difficoltà “politiche/individuali”) il gruppo di Visioni2030 ha cominciato ad incontrare difficoltà, tra chi proponeva di limitarci al “possibile e subito” e chi invece continuava a sostenere di “indicare la luna con il dito”.

Oggi, fatte le debite proporzioni, ci troviamo esattamente nelle stesse dimensioni. La politica, tutta intera, si sta ponendo il problema della riforma di un sistema delle telecomunicazioni che mostra evidenti segni di usura. Il quadro generale venne tracciato nell’era moderna con la legge 112 del 2004 alla quale seguirono modifiche di “aggiustamento in corso d’opera” (Legge Romani etc). Stiamo parlando del Medioevo, quando Netflix si occupava solo di noleggiare le cassette VHS e gli OTT erano un acronimo non ancora decifrato. È del tutto evidente che oggi, sia nel contesto nazionale quanto in quello europeo, si voglia (e si debba) avviare un sostanziale e radicale processo di riforma. Come si usa dire: “ce lo chiede l’Europa” ma ce lo chiede anche il buon senso: questo Paese ha necessità di avere un quadro regolamentare adeguato e rispondente alle sue necessità e questo quadro lo può e lo deve fornire solo la politica. Almeno questo lo si deve riconoscere. Certo, ci troviamo di fronte ad un quadro di partiti che, su questi temi, sembrano evidenziare sostanziali diversità di vedute e di progetti (vedi i testi PD, M5S, LEU) ma ci possono essere spazi di convergenza.

Ora siamo giunti al punto in cui queste riflessioni stanno venendo in evidenza, sia per condizioni strutturali sia per condizioni di emergenza dovute al Covid. Le condizioni strutturali sono note e si riferiscono all’innovazione tecnologica e alle prospettive di sviluppo economico. Le condizioni di emergenza si riferiscono a nuovi obblighi e responsabilità ai quali bisogna rispondere subito. La riforma delle TLC diventa quindi tema centrale, obbligatorio, nell’agenda politica (vedi partita BUL, 5G e DVB-T2). Si tratta di capire ora quale debba essere l’agenda temporale. Evidente che ci troviamo con le spalle al muro di un CdA Rai che, nonostante le apparenti e formali rassicurazioni di Conte, ha la sveglia caricata per ricordare la sua prossima scadenza. Ne consegue che si tratta solo di decidere se è possibile trovare una finestra, un percorso parlamentare, in grado di intervenire subito su una nuova proposta di governance Rai o meno. Significa “stralciare” questo tema dal contesto della riforma TLC più ampio per “mettere in sicurezza” il Servizio Pubblico per i prossimi anni e non lasciarlo in pasto ai vari pescecani che attendono solo di poterlo sbranare. Tradotto in soldoni: occorre subito una riforma per un nuovo modello di governance Rai prima della scadenza del mandato dell’attuale consiglio per fare in modo che da luglio prossimo l’Azienda possa essere in grado di ripartire nelle migliori condizioni possibili. Le alternative sono terrificanti: o la proroga per chi ha dato manifeste prove di incapacità o un nuovo consiglio con i vecchi criteri che hanno dato pari prova di inadeguatezza. Affinché questo possa avvenire, forse, si potrà anche pagare un prezzo problematico: cedere una parte delle sue risorse, la pubblicità in cambio di un canone “forte, certo e completo”. Il dibattito è aperto e, speriamo, possa concludersi rapidamente e bene.

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mercoledì 25 novembre 2020

La "vergogna" Rai

 

Questa mattina verrebbe voglia di scrivere sulla “vergogna Rai” (Caterina Soffici su La Stampa) a proposito del tutorial sexy per le casalinghe che fanno la spesa al supermercato mandato in onda RaiDue. Non lo facciamo non perché non siamo indignati oggi ma perché lo siamo da tempo sulla totale assenza di dibattito e di riflessione, interna ed esterna alla Rai, sui contenuti editoriali,sui messaggi pubblcitari, sui modelli sociali e culturali che si propongono, sugli stereotipi di genere, sui linguaggi, sulla qualità e quantità dell’informazione.  E siamo ancora più indignati quando leggiamo che il problema verrà risolto con una “sanzione” che sarà la sospensione della trasmissione, come se non ci fossero responsabilità editoriali di chi dirige la rete e l’Azienda. Questa è la Rai, o almeno, una parte di essa.

Sulla stampa di oggi ci sono argomenti interessanti quanto complessi e riguardano la questione Vivendi/Mediaset/Governo  e il problema della rete unica che nei giorni scorsi ha registrato qualche novità.

Rimanete sintonizzati: più tardi aggiornamenti e commenti


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La Rai merce di scambio

Il veleno spesso è nella coda e, ancora di più, nei dettagli. Dell’intervista di Conte alla Gruber presto non rimarrà traccia, come un refolo di venticello di primavera. Però lascerà un segno importante per diversi aspetti. Ieri abbiamo scritto di contenuto e abbiamo tralasciato il contenitore. Oggi proviamo ad invertire il ragionamento. La trasmissione ha realizzato uno share di circa il 10% con un netto di telespettatori di circa 2,8 mln, un record per la rete di Cairo. La prima domanda che sorge è perché il Presidente del Consiglio Conte, dovendo parlare agli italiani, tutti, sceglie una trasmissione, una rete che per quanto gradita e apprezzata, si rivolge solo ad una parte di loro? In altre parole, perché non sceglie il Tg1 che in occasioni del genere può avere ascolti quadrupli e, in sinergia con gli altri Tg e Gr, è in grado ci coprire oltre la metà della platea televisiva? 

E qui si pone la seconda domanda, suggerita da un attentissimo e qualificato lettore: perché la Gruber invece di chiedere a Conte lo “stato di salute” dell’informazione nazionale tutta intera, carta stampata, radio e Web, su come e quanto racconta la pandemia, si è concentrata su una domanda specifica, da pochi iniziati specialisti, riferita all’AD della Rai? Per essere chiari: lei non avrebbe dovuto porre una domanda del genere e lui non avrebbe dovuto rispondere. Lei dovrebbe sapere che i temi Rai sono di competenza del Ministro dell’Economia in quanto azionista di maggioranza del Servizio Pubblico e non del Governo. Lui avrebbe dovuto rispondere che tale domanda non riguarda il Presidente del Consiglio. La fiducia o meno dell’azionista verso l’AD si riferisce al suo operato editoriale ed economico e dire che Salini “…stia facendo bene...” è un giudizio di merito che contiene una palese e indebita ingerenza che non si deve ammettere. Dimenticando, inoltre, che esiste una Commissione Parlamentare bicamerale di Vigilanza sulla Rai che ha titolo e competenza ad intervenire.

Proviamo a cercare possibili risposte alle domande. Perché La7 e non la Rai? Conte non è nuovo a queste scelte (non ha invitato nessuno di Viale Mazzini agli Stati Generali) e sa bene come il tema Rai sia “scivoloso” ma, al tempo stesso, ne ha bisogno, almeno in questo momento. Dunque, bastone e carota: da un lato alliscia il pelo, dall’altro condivide le scelte del suo Ministro economico. Pochi istanti prima, rispondendo alla domanda precedente della Gruber (esattamente al minuto 46,50), Conte ha ribadito che “mi fido del Ministro dell’economia e degli economisti che lavorano al MEF”. Il Ministro, appunto pochi giorni addietro, come abbiamo dettagliatamente riportato su questo Blog, ha detto chiaro e tondo come la pensa su Salini, sul suo operato e sul suo futuro. Delle due l’una: o Conte non si fida di Gualtieri e quindi  propone una sua lettura della situazione in Rai, oppure si fida e allora deve supportare i suoi orientamenti. Ma la politica, si sa, richiede i suoi giochi e liturgie e si potrà comprendere meglio tutto questo nei prossimi giorni.

Altra domanda: perché la Gruber ha fatto quella domanda? Possibile risposta: Lilli sembra troppo astuta e navigata per fare una domanda a caso, consapevole della scarsa rilevanza “nazionale”. È apparsa prevista e concordata a tavolino, necessaria e su specifica richiesta di chi, dopo le dichiarazioni di Gualtieri, ha avvertito aria di sfratto ravvicinato (o minaccia di dimissioni). Cosa che il Governo, tutto, in questo momento non può permettersi di gestire. Allora, meglio blindare Viale Mazzini, almeno per un momento. Poi si vedrà.

Infine: perché il Gruppo Cairo appare così relativamente “distratto” su alcuni grandi temi, come ad esempio il mercato della pubblicità, la banda larga, la transizione al DVB-T2 oppure, più in particolare, sui temi che interessano il Servizio Pubblico? E perché Conte gli regala questi “assist”? per quanto riguarda Cairo una possibile risposta potrebbe essere Quieta non movere e, con i chiari di luna che girano nel quadro politico, può tornare sempre utile avere una sponda amica nel Governo. E, giocoforza, l’attenzione è ricambiata: il Corriere da tempo sembra avere assunto una linea morbida nei confronti del Governo.

Riducendo e semplificando, la morale della favola è sempre la stessa: la Rai è merce di scambio e fintanto che dura fa verdura. Domani è un altro giorno e si vedrà.  

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martedì 24 novembre 2020

Rai: fuoco di paglia

Come tutti i nostri esperti lettori sanno, i processi di comunicazione richiedono una forma e un contesto, un emittente e un destinatario, un tempo e un modo. Ieri sera è andata in onda su La7 l’intervista al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e tra le ultime domande c'è stata quella sulla situazione Rai. Vi confessiamo, eravamo abbagliati dal contenitore, la trasmissione della Gruber, e ci siamo distratti sul contenuto: chiede Lilli : “La Rai è nella bufera tanto per cambiare. Sembra – leggiamo e sentiamo – che l’amministratore delegato Salini verrà rimosso e sostituito. Ce lo conferma? E chi sarà il successore?” risponde Conte “Non lo confermo affatto. Tra l’altro credo che stia facendo bene. C’è un problema di riforma della Rai, se ne parla da anni, sarebbe bene che le forze politiche di maggioranza – ma con il coinvolgimento delle opposizioni, perché stiamo parlando di un servizio pubblico – potessero lavorare a questo progetto riformatore. Possiamo lavorarci insieme. Dopodiché si porrà il problema di una nuova governance”.

Bene. Leggiamo il titolo del Messaggero di oggi: “Rai, schiaffo di Conte al PD”. Che bellezza!!! La politica alla fin fine è divertente, non ci si annoia, ogni momento un colpo di scena e finale a sorpresa. Che avrà voluto dire Conte? Ha veramente inchiodato Salini alla poltrona oppure è solo un fuocherello di paglia destinato al più a non creare una crisi Rai immediata (come ci suggerisce sempre un autorevole lettore)? Cosa altro avrebbe potuto rispondere? “si lo confermo” e dunque nel giro di 30 secondi si sarebbero liberate tutte le stanze del VII piano di Viale Mazzini. Evidente che ha messo i piedi su qualcosa di pericoloso. Di buon’ora abbiamo fatto le solite telefonate mattutine e non tutto sembra così chiaro come si vorrebbe fare intendere. La lettura didascalica delle sue dichiarazioni sono un piccolo capolavoro di equilibrio: dice testualmente che Salini stia “facendo bene” e coniuga questo pensiero con “c’è un problema di riforma della Rai”, cioè esattamente la sintesi di quanto sostengono congiuntamente M5S e PD. Tanto per intenderci, lo hanno detto Di Nicola e Gualtieri in Vigilanza pochi giorni addietro. Il passaggio ulteriore di questa analisi dovrebbe interessare i tempi, cioè quando affrontare questo progetto riformatore “…ma con il coinvolgimento delle opposizioni…”. E qui vengono i dolori di pancia e anche acuti. Evidente a tutti che non è pensabile alla sola riforma della Rai se non si affronta la riforma dell’intero sistema delle TLC del quale il Servizio Pubblico fa parte e, almeno per questo passaggio, ha ragione Conte sulla necessità di coinvolgere tutti. Si tratta pur sempre di una riforma di sistema, globale e strategica per il futuro del Paese e necessariamente non può essere fatta a maggioranza semplice e tantomeno in poco tempo. Necessario però osservare che, nel frattempo, la Rai rischia di sprofondare nel baratro dei conti in rosso, dal quale difficile riuscirne fuori tra due o tre anni, se e quando si riuscirà a fare una complessa riforma di sistema. Rimane dunque, come ha detto Conte che “…si porrà il problema di una nuova governance”. Un'altro dei nostri autorevoli e attenti lettori stamattina ha commentato: “…Conte non è un partito né una persona che debba avere una sua propria coerenza (aggiungiamo noi: con un suo proprio elettorato che non ha) o essere coerente con un alleato…”. E torniamo al punto di partenza esposto nei giorni scorsi su questo blog: oggi c’è una finestra utile per affrontare questo tema della governance, stralciandolo da altri contesti: la palla è ancor più oggi sui piedi del PD che dovrà solo decidere se “prendere schiaffi da Conte” come ha scritto il Messaggero oppure proseguire nel percorso tracciato da Gualtieri: portare a termine il mandato di questo CdA e poi tutti a casa.  

Morale della favola: qualcuno del cerchio magico di Salini (Matassino e Giannotti e pochi altri intimi) potrebbero suggerirgli di non stare sereno più di tanto. La politica, si sa, è divertente ma anche cinica o sadica e spesso cuoce a fuoco lento le proprie vittime. A proposito di cerchio magico: chi sarà mai stato quel genio della comunicazione che è riuscito in un colpo solo a fare incazzare più di mezzo arco parlamentare proprio sulla questione Morra, peraltro proprio mentre è in corso il dibattito sullo stanziamento degli 85 milioni alla Rai?

A proposito di soldi. Ieri il consigliere Laganà ha rilasciato una dichiarazione importante: “L'entusiasmo per la restituzione del 5%,  che cancella quanto previsto dalle norme istituite dal governo Renzi,  lascia tuttavia spazio immediatamente all'estrema delusione  nell'apprendere che, con la scusa di restituire a Rai il 'maltolto',  si legittima e si rende strutturale il prelievo di quote di canone (ben 110 mln di euro) per finanziare il 'Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione', il fondo che finanzia e sostiene l'editoria privata e in particolare anche le Tv locali commerciali… Con questa Legge di Bilancio da un lato, si  confessa innanzitutto la palese illegittimità delle norme del Governo  Renzi (prelievo forzoso del 5% delle risorse da canone destinate a Rai) che hanno complessivamente sottratto al Servizio Pubblico, in questi 5 anni, circa 400 milioni di euro (ovvero 85 mln per 5 anni).  Dall'altro lato, cosa ancora più grave, si legittima l'ulteriore prelievo ai danni della Concessionaria del cosiddetto 'extragettito'  (che in realtà è il recupero dell' evasione) che reindirizzerà per sempre 110 milioni di euro del canone verso decine di editori privati  che magari non svolgono propriamente un'attività di servizio pubblico”. Condividiamo pienamente quanto sostiene Laganà e rimane lo “stupore” (tra virgolette … eufemismo) perché questo tema non sia fatto proprio da tutto il Cda e, in particolare, di quel Salini di cui si sostiene talvolta che “stia facendo bene” . Non a tutti è chiaro sapere cosa ha fatto bene se non presentare l’Azienda con decine di milioni di buco di bilancio e con di fronte una sfida di innovazione tecnologica che non è in grado di affrontare. La partita è in corso, Natale alla porte.

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lunedì 23 novembre 2020

Veleno

Ieri abbiamo titolato “La misura è veramente colma? Oppure no?”. La risposta è qui di seguito: non lo è. Il problema è accorgersene, rendersi conto di come sono andate le cose finora e trarne le conseguenze, ma questa è un’altra storia che prima o poi si dovrà pure scrivere.

In questi giorni c’è gran parlare di censura in Rai, prima sul caso Morra e poi oggi sul caso Leosini. Dibattito importante. Ma c’è un aspetto che riguarda il caso del Presidente della Commissione antimafia che, a nostro giudizio, è di maggiore e particolare gravità. Leggiamo sul Fatto Quotidiano di ieri, firmato da Gianluca Roselli:  “Nel tardo pomeriggio, mentre impazzano le polemiche sul caso Morra-Santelli, qualcuno in azienda si accorge che in serata Morra è atteso in Rai e scatta l'allarme rosso. Franco Di Mare inizia a chiedersi se sia il caso di confermare l'ospitata e, alle 8 di sera, si confronta con Salini. Che ne parla con il suo staff. Secondo alcune fonti parlamentari, poi, Salini e Di Mare alzano il telefono e parlano con alcuni big pentastellati. Fatto sta che, a 20 minuti dalla messa in onda, Salini e Di Mare decidono di cancellare la partecipazione di Morra”. 

Abbiamo anche noi qualche modesta fonte, non solo parlamentare, secondo le quali le telefonate ci sarebbero state effettivamente. In poche parole: Salini e Di Mare non avrebbero voluto, o potuto, decidere da soli e hanno chiesto “conforto” ai “big pentastellati”. Ovviamente, si tratta di fonti anonime e come tali non si potrà mai verificare la loro assoluta certezza ma, come si dice sono "solitamente bene informate". Però alcuni interrogativi si pongono: quando si pubblica una notizia ritenuta non corrispondente alla realtà ci sono due possibilità: o si smentisce o, implicitamente, si annuisce.  Una vecchia regola del giornalismo sostiene che una smentita è una notizia data due volte e allora, per prudenza, meglio tacere e attendere/sperare che venga presto superata da altra notizia. In questo caso, finora, è prevalsa la seconda ipotesi. Cioè la stessa strada percorsa quando l’AD si era incontrato con vari esponenti politici e di governo. Nulla di grave, apparentemente, ma sostanzialmente rilevante. Allora la prima domanda è: è vero o no che ci sono state queste telefonate? Se non è vero, fine delle trasmissioni, le fonti non sono attendibili, si smentisce categoricamente, si corre il rischio di amplificare una “non notizia” ma si ristabilisce verità e giustizia. Se invece la notizia ha fondamento il problema è assai grave. Ovvio che non ci sarà mai nessuno disposto ad ammetterlo, ma alcune semplici considerazioni inducono a pensare che la notizia possa avere una sua plausibilità. Domanda: prima Di Mare, direttore di Rai Tre in “quota” M5S (da rileggere quanto scritto da Travaglio nel 2018: https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/porto-franco-mare-ndash-travaglio-demolisce-conduttore-185738.htm ) e poi Salini (ancora sostenuto da una parte del M5S) avrebbero mai potuto fare una scelta del genere in totale autonomia dalla “politica”? Il dubbio è lecito. Morra non è l’ultimo dei Mohicani in casa 5S e la sua esclusione dalla trasmissione alla quale avrebbe dovuto partecipare di sicuro avrebbe comportato una coda di polemiche velenose. Una nostra fonte ci ha riferito: “… per pararsi il culo e sottoscrivere una cambiale per il suo prossimo futuro, vista l’aria che tira dalle parti del PD”. Da osservare la dichiarazione di Andrea Orlando, vicesegretario del PD:  “Escludere Nicola Morra da una trasmissione televisiva è grave. Non può essere l’ad della Rai Salini a decidere quale parlamentare escludere, sulla base delle opinioni del parlamentare stesso. Questo mi sembra fuori dal mondo, anche se Morra ha detto delle cose assolutamente sbagliate”.

Bene, andiamo ora dall’altra parte del filo telefonico. Chi sarebbero i “big pentastellati” e a quale titolo sono interpellati e intervengono sulle vicende interne Rai? Sono gli stessi che sostengono che “Salini finora ha fatto bene”? Bella domanda e, altra fonte, ci riferisce “si tratta di fuoco amico” . Basta, ci fermiamo qui ma potremo andare oltre.

Morale della favola: il malefico cordone tra Viale Mazzini e politica è sempre avvelenato e da quel cordone non ci si libera se non si procede prima possibile alla modifica della nefasta Legge sulla governance Rai del 2015. Non sarà facile e potrebbe richiedere molto tempo: come abbiamo scritto più volte, ogni partito non è un partito ma una moltitudine di correnti e pensieri che, volta per volta, si adeguano e mutano a seconda delle circostanze favorevoli. Abbiamo già accolto l’invito di un autorevole lettore ad essere più cinici e laici nelle analisi politiche. Infatti, continuiamo a ritenere che la politica sia più arte del possibile che non dell’auspicabile. 

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domenica 22 novembre 2020

Rai: la misura è veramente colma? O no ??

Abbiamo già titolato nei giorni scorsi quello che potrebbe succedere in un Paese normale. Succede che se parcheggi in divieto di sosta ti prendi una multa che devi pagare, succede che se rubi vai in galera, succede che se dici qualcosa di offensivo e di lesivo dei diritti di altre persone ne devi rispondere anche penalmente. Se ricopri una carica pubblica, ti presenti davanti agli schermi e parli a qualche milione di persone te ne assumi tutte le responsabilità. Beninteso, in un paese normale, tutto questo avviene “dopo” e non “prima”. Per quanto ci è noto, non esiste o non dovrebbe esistere un “Ufficio censura preventiva onde evitare polemiche” in grado di decidere chi e come possa esprimere il proprio pensiero. Tutto molto semplice, in un paese normale. Ma, forse, il nostro Paese tanto normale non sembra.

È successo ieri che il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra del M5S, esprime un suo pensiero. È successo che lo stesso doveva partecipare ad una trasmissione di Rai Tre e che pochi minuti della messa in onda, viene annullata la sua partecipazione dall’AD e dal Direttore di rete. È successo poi che i consiglieri Laganà e Borioni rilasciano dichiarazioni: “Il Cda dovrebbe essere informato … non è così e questo è inaccettabile” e “la misura è colma”. Condividiamo il loro “disappunto” ma, affinché non rimanga solo questo non resta che trarne le debite conseguenze, altrimenti rimane tutto esattamente come prima.

Ovviamente su questo argomento la polemica è forte e sia da parte PD che da parte M5S si solleva il problema del ruolo della Rai e di chi la dirige.

Qualcosa comunque sembra in corso di cambiamento. Ieri su Dagospia compare  questo lancio:

Quale è il senso di queste notizie, da dove vengono, chi le diffonde, quanta credibilità possono avere. Certo è che trovano buon fondamento. Da tempo si dibatte sulle sorti di questo Cda, se debba andare a scadenza naturale oppure premere per un suo rinnovo immediato. Se fosse praticabile la seconda ipotesi, si pone il problema dei criteri con i quali nominare il nuovo consiglio, con la veccia Legge del 2015 oppure con nuovi criteri ancora non definiti? Ricordiamo che recentemente Gualtieri ha sollecitato il compimento del mandato dell’attuale Cda escludendo ogni proroga ma non ha fatto nessun riferimento a come dovrà essere nominato quello successivo. Sul tavolo ci sono ora diverse ipotesi sulle quali è in corso il dibattito. Per non andare troppo lontano, in sintesi, ci sono in discussione tre bozze: PD (da chiarire bene le differenze tra la bozza Fedeli e quella Orlando), M5S dove resiste la bozza Fico/Liuzzi e quella LEU a firma Fornaro. Il perno del dibattito è la fonte di nomina degli organi di gestione: la Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, come già avveniva in passato, oppure il Parlamento. L’obiettivo è comune: recidere quanto possibile l’ingerenza dei partiti, della politica, dalla gestione del Servizio Pubblico. Questo obiettivo è perseguibile, anche in fasi progressive, ponendo contestualmente un altro punto dirimente: è necessario intervenire subito. Ne abbiamo scritto più volte e abbiamo rilevato le altre due emergenze del Servizio Pubblico: economica e tecnologica. Non c’è tempo da perdere, ogni ritardo è colpevole.

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sabato 21 novembre 2020

La voglia, la forza e il coraggio

Che la situazione politica non sia buona lo sappiamo da tempo, inoltre aggravata da quella sanitaria. In tale contesto, non stupisce che anche quella relativa alla Rai non sia meno confusa. Al momento, i punti certi sono: 1) i conti sono in rosso e destinati a peggiorare 2) a giugno scade il Cda 3) Gualtieri ha detto chiaro e tondo che non ci saranno proroghe e che il prossimo Cda dovrà essere diverso 4) si estende il fronte di quanti richiedono una riforma globale delle Tlc, o parziale della governance Rai.

Questi elementi si collocano in un contesto molto più vasto, complesso e di non facile decifrazione. Possono essere di aiuto due interessanti articoli sulla stampa di oggi: il primo si legge su Domani, a firma Alessandro Penati, con il titolo “Addio a Mediaset o scambio con Tim? Per i Berlusconi è ora di scegliere”; il secondo su La Verità con il titolo “E intanto il Tesoro è in trattativa con Parigi su Mediaset. Mediaset, Gualtieri tratta con Parigi e il Carroccio cerca la tregua con Fi. Colloquio tra il titolare del Mef e Vivendi. La norma «salva Biscione» è «temporanea ma confermata»” a firma Claudio Antonelli. La somma di questi due articolo evidenzia in modo chiaro la posta in gioco e gli interessi che si intrecciano nel solito crocevia tra politica, economia, finanza e tecnologia. Difficile immaginare che in tale contesto ci possa essere spazio adeguato e sufficiente per affrontare decentemente il tema Rai e di come risolvere i suoi problemi del presente e del futuro. Salvo non dover constatare che la partita Rai è in subordine, o meglio, può divenire merce di scambio per le altre partite più rilevanti (stabilità politica, accordi commerciali, sviluppo tecnologico etc).

Ricordate quando, in epoca non sospetta, abbiamo scritto che il nuovo Consiglio AgCom potrà giocare un ruolo strategico nelle grandi partite TLC? Ecco la prima prova con il compito assegnato dal Governo esattamente per la questione Vivendi/Mediaset. Da tenere a mente le dichiarazioni di Antonello Giacomelli, AgCom: "Ho la sensazione che sarà difficile rispettare esattamente i tempi previsti dallo switch-off del DVB-T2". Per paradossale che possa apparire, i grandi problemi si comprendono più facilmente quando si riducono ai minimi termini.

Per tornare alla premessa: ora si tratta solo e semplicemente di capire se, quando e in che modo, il PD ha la forza, la voglia e il coraggio di affrontare non solo il tema Rai, ma tutto il perimetro della riforma delle TLC... Si tratta solo e semplicemente di capire se ha voglia, forza e coraggio di fare un passo alla volta (riforma della governance Rai subito) oppure mettersi comodo e lavorare ad un disegno più vasto (peraltro previsto dal punto 14 del programma dell’attuale Governo). Da leggere il testo di Giovanni Valentini oggi sul Fatto Quotidiano: “Riforma della Rai: ultima chiamata per i giallo-rossi” dove si legge “i giallo-rossi farebbero bene a modificare la governance dell'azienda radiotelevisiva prima della scadenza del Cda, fissata a giugno 2021. Questa è davvero l'ultima occasione: ora o mai più. In caso contrario, senza una riforma organica, sarà la Restaurazione della vecchia Rai e dell'ancien régime, cioè della partitocrazia”.

Discorso analogo si può fare per i 5S: al di là della difesa d’ufficio dell’AD, ormai sempre più debole, da tempo è stata presentata una proposta di riforma firmata da Roberto Fico che giace in attesa di essere sostenuta e dibattuta proprio come ha sostenuto recentemente Primo Di Nicola in Vigilanza e come lui stesso ha promosso in un recente incontro. Il ragionamento vale per il PD come per il M5S: Di Nicola e Patuanelli stanno nello stesso partito e giocano la stessa partita? Nel PD la senatrice Valeri è nello stesso partito di Boccia e di Gualtieri?

Comunque, in conclusione, facciamola corta. Questo sembra essere il momento giusto per scoprire qualche carta in tavola per capire chi sta da una parte e chi dall’altra. Mancano sei mesi alla scadenza del Cda e ci sarebbe tutto il tempo per fare una modifica/integrazione alla Legge 85 del 2015 e procedere alla nomina di un nuovo Cda con nuovi criteri e, nel frattempo, avviare il lavoro di riforma  di sistema più complessiva delle TLC e del ruolo del Servizio Pubblico. La maggioranza in Parlamento, almeno dal punto di vista teorico, esiste, anche senza l’appoggio di Berlusconi.

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venerdì 20 novembre 2020

Rai: le porte dell'inferno

Era tutto già scritto, era tutto già noto: il nemico alle porte prima o poi avrebbe tentato l’assalto finale. Ora ci siamo. Il Servizio Pubblico radiotelevisivo nazionale è sottoposto ad un assedio che proviene da varie direzioni: il lato politico con vicende mai risolte sul rapporto con il suo diretto competitor, Mediaset e il conflitto di interesse del suo proprietario. Questo tema paralizza l’azione e la visione progettuale. Vedi quanto avviene in questi giorni con la vicenda intrecciata Vivendi/accordo di Governo. Il secondo lato di attacco è quello economico: la Rai è in difficoltà per colpe del presente ma anche per responsabilità del passato dove pochi hanno il privilegio di ritenersi del tutto innocenti. Il terzo fronte riguarda quello delle tecnologie: le sfide per l’innovazione, per l’adeguamento degli asset, per la transizione verso le nuove dimensioni digitali richiede anzitutto soldi, e tanti, ma richiede soprattutto visioni e progetti strettamente intrecciati con gli obiettivi che il Servizio Pubblico deve porsi. Infine, il quarto fronte riguarda la società, i cittadini, i telespettatori. Tutto sta cambiando rapidamente, anche per forza della dannata crisi del Covid, e non è affatto chiaro se e come la Rai sia in grado di intercettare questi cambiamenti e, di conseguenza, accompagnarli.

Oggi ci soffermiamo su una notizia fresca fresca. Tim ha annunciato di aver raggiunto un accordo con Eutelsat per la diffusione della banda larga attraverso il satellite. Leggiamo dal Corriere Economia: “Tim ha siglato un accordo strategico con Eutelsat Communications per ampliare la propria offerta di servizi in banda ultra larga attraverso la tecnologia satellitare, in linea con l’obiettivo di chiudere progressivamente il digital divide in Italia a partire dal 2021 e coprire in questo modo anche le zone più isolate e remote d’Italia. In base all’accordo, secondo una nota dei gruppi interessati, Tim acquisterà per i prossimi anni l’intera capacità di trasmissione per l’Italia sui due nuovi satelliti ad altissime prestazioni che Eutelsat ha attivato e attiverà nei prossimi mesi: il satellite KONNECT per la distribuzione della banda ultralarga satellitare e, successivamente, il satellite KONNECT VHTS che, una volta entrato in funzione, grazie alla sua maggiore capacità, consentirà di offrire connessioni ancora più performanti fino a 200 Mbps e a un numero maggiore di clienti”. Si può leggere questa notizia come una importante operazione dell’operatore telefonico leader in Italia su un terreno di assoluto valore strategico. Evidente però che presenta anche riflessi non meno importanti per il futuro della diffusione dei segnali televisivi digitali. La fruizione di televisione da tempo è sulla strada dello streaming a scapito del broadcast e le cifre che lo dimostrano segnalano numeri costantemente in crescita. Attenzione ai tempi: il prossimo  anno sarà quello dell’avvio sostanziale della transizione al DVB-T2 e il pubblico sarà chiamato a compiere scelte impegnative: rottamare il o i televisori e/o acquistare un nuovo decoder. Cosa potrà guidare la scelta più efficiente, con il rapporto più interessante tra costi e benefici/prestazioni? Facile: chi offre di più al costo minore. Oppure: a parità di costi, chi propone contenuti più interessanti. E così via.

Ieri un attento lettore ci ha segnalato un oggetto che vi proponiamo:

Come si definisce esattamente? Un decoder? Un sintonizzatore già pronto al nuovo standard DVB-T2? Si tratta di interrogativi che, per certi aspetti, potrebbero aprire le porte dell’inferno per il canone Rai. Infatti, la Legge dispone che il canone sia dovuto da chiunque detiene un “apparecchio televisivo”. In altre parole, se in casa si possiede solo pc, smartphone, tablet o Smart Tv priva di sintonizzatore il canone non si paga. Questo oggetto, al modico prezzo di 33 euro, facilmente occultabile e rimuovibile da un apparato ad un altro, potrà costituire un grande problema per la Rai e per il suo futuro economico.

Infine, oggi in mancanza di argomenti più interessanti, vi suggeriamo di dare un occhio a questo link, per darvi un’idea di come e di quanto si spende per affrontare il mercato dei prodotti audiovisivi:  

https://tg24.sky.it/tecnologia/2020/11/19/playstation-piazza-san-marco-venezia-lancio-

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mercoledì 18 novembre 2020

Rai: le verità nascoste

Cosa ci si aspetta dalla prima azienda culturale del paese che, per di più, è (o dovrebbe essere) la principale fonte di comunicazione/informazione nazionale? Anzitutto che sappia fare quello che deve fare: comunicare. E cosa fa la Rai? Non comunica sempre ciò che dovrebbe.

Cosa nasconde? Facciamo un breve riassunto, tanto per rinfrescare la memoria a chi ogni tanto sembra perderla. Iniziamo con la cronaca (nemmeno poi tanto recente). Nei giorni scorsi, grazie a due servizi di Striscia la notizia, qualche milione di italiani ha saputo che la Rai dovrebbe realizzare, secondo quando disposto dettagliatamente dal Contratto di Servizio, due canali, uno inglese e uno istituzionale.

Attenzione: “deve” e non “può”, cioè non rientra nelle sue disponibilità la facoltà di recedere o meno ad un determinato vincolo posto in forza di Legge dello Stato. Ma di tutto questo non è dato sapere nulla, o meglio, si sa che non si fa, per ora. Pensate invece se, un certo giorno, un editore illuminato decidesse: abbiamo il patrimonio artistico più importante del mondo, abbiamo una lingua amata e apprezzata dovunque, siamo proprietari del cosiddetto “made in Italy” che tutti invidiano e poi cibo, luoghi, moda, cinema e quant’altro. Allora, sai che c’è di nuovo? Promuovo un bel canale internazionale, magari pure in rete, con la doppia lingua e pure con le sottotitolature ...tiè … tanto per arricchire …, con un refresh ogni sei ore di notizie, servizi, documentari, inchieste e promozioni (e magari pure a pagamento) e magari cerco accordi e convenzioni con i vari Ministeri, ICE, istituti di cultura italiani nel mondo, associazioni di italiani emigrati e di stranieri appassionati di Italia. Ma voi pensate che una cosa del genere non avrebbe successo??? E non parliamo solo di successo economico, di redditività (come ha sostenuto recentemente il Ministro Gualtieri in Vigilanza Rai) ma anche sociale e politico? Si accettano scommesse. Allora, perché mai la Rai rinuncia a dare una notizia del genere: provate ad immaginare un titolo “Le immagini dell’Italia: il primo canale televisivo dedicato a quanto di meglio offre il Bel Paese realizzato dal Servizio Pubblico” !!! Boom !!! Esagerati !!!   

Andiamo avanti. Pensate se, un certo giorno, qualche autorevole esponente delle istituzioni, magari le più importanti, Camera e Senato, decidessero di realizzare un proprio canale appunto “istituzionale” tutto dedicato a far sapere ai cittadini, giorno per giorno, ora per ora, cosa succede nelle “istituzioni” del Paese (pensate alla perdurante emergenza Covid). La trasparenza (qualcuno ricorda qualcosa del genere?). Detta così potrebbe anche incutere timore e minaccia, allora diciamo un filo meno: informare i cittadini su come e quanto le istituzioni agiscono nel loro interesse. Oddio… forse è troppo anche questo. Allora, riduciamo un filino, facciamo una cosa più semplice: “un progetto di canale tematico dedicato alla comunicazione concernente le Istituzioni secondo i seguenti criteri: i) illustrare le tematiche con linguaggio accessibile a tutti; ii) promuovere il valore dell’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea; iii) diffondere la conoscenza dei ruoli e delle attività delle Istituzioni italiane ed europee” come prevede il Contratto di Servizio, art.25. Boom… Esagerati!!! Pensate ai titoli: “Rai: da oggi su tv, radio e Web tutte le Istituzioni, 24 ore su 24 al servizio dei cittadini”. Il solito esagerato!!!

Andiamo ancora avanti. Pensate se, un certo giorno, all’improvviso, qualcuno vi dicesse: “guarda che da domani (settembre 2021) sul tuo televisore non vedrai più nulla però, se sei collegato in rete, potrai vedere un sacco di belle cose in streaming e magari non paghi più nemmeno il canone” (qualcuno certamente omette di dire che pagherai un abbonamento ad un server e un altro abbonamento ad un fornitore di contenuti, ma questo è un dettaglio, la qualità, si sa costa). Del resto, una Ferrari non può valere come un marca di auto qualsiasi, senza offesa per nessuno. Allora pensate se, invece, qualcuno ti dicesse “guarda che, a partire da settembre 2021 il tuo televisore potrebbe essere da rottamare, hai tutto il tempo per provvedere e, sei hai difficoltà economiche e il tuo ISEE è basso, ti posso dare anche una piccola mano”. Magari pensate pure ad un titolo del genere “La Rai e il suo futuro: con il DVB-T2 un balzo in avanti nella qualità dei prodotti e della tecnologia”. Magari non è del tutto vero (rispetto alla precedente transizione in cambio della rottamazione si offriva molto di più) però magari qualcuno ci crede e si affretta a provvedere. Comunque, almeno, si spera, si potrebbe cercare di limitare i danni rilevanti che già si prevedono. Allora, notizia del giorno, alla faccia di quelli del MISE che non sanno fare la televisione, figuriamoci gli spot, sai che ti immagina un SuperManager di Viale Mazzini ??? “mo te faccio vedè io come se fa’ no spot !!!” chiama qualche genio della lampada che a Viale Mazzini non mancano (uno recentemente è stato pure nominato direttore) e .. zacchete … spara sulle reti tv, radio, web, Rai Play, Rai Doc, Isoradio, televideo e quant’altro che l’Azienda è seriamente impegnata a garantire una transizione al DVB-T2 che avvantaggia gli utenti. È difficile ma ci si può provare e, comunque, l’effetto notizia è garantito. Ma su questo c’è ancora molto da dire, anzitutto sulla “distrazione” di Viale Mazzini su questo tema.

Basta così? No! Possiamo, ad esempio, trattare il tema della banda larga, per il quale è stato recentemente costituito a Viale Mazzini un “gruppo di lavoro”. Oppure possiamo occuparci degli ascolti della televisione, di come si modifica la platea dei telespettatori e, magari, proporre un confronto pubblico, aperto all’esterno della Rai (istituti di ricerca, università etc) ed affrontare il problema direttamente, senza nascondere la polvere sotto il tappeto. Provate ad immaginare un titolo: “La Rai e il suo pubblico, cosa è cambiato e cosa potrà cambiare”. Vogliamo parlare di RaiPlay? Vogliamo parlare del numero delle testate giornalistiche? Vogliamo parlare di RaiNews24? Per oggi ci limitiamo ma andremo avanti, la lista è lunga.

Conclusione, e potrebbe essere il titolo del post di domani, in tutti gli avvenimenti c’è una genesi. È un dibattito antico: i fenomeni si manifestano per circostanze casuali oppure tutto avviene in conseguenza di qualcosa?

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La Rai in nero

Notizia di ieri: il MISE ha rilasciato lo spot di comunicazione ai cittadini per la transizione al DVB- T2. Nei mesi scorsi lo stesso Ministero ha avviato una consultazione tra le emittenti nazionali per concordare una campagna di comunicazione ai cittadini su questa prossima transizione. Nella premessa del documento si legge: “Con l’attuale transizione al nuovo standard DVB-T2, i vantaggi di tipo tecnologico, seppur importanti, saranno meno evidenti per i cittadini. Poiché la transizione tecnologica comporterà un plus per l’efficienza della rete, ma i benefici per i singoli cittadini potrebbero apparire meno immediati, occorre che il messaggio sia facilmente decodificabile da un punto di vista della comunicazione. La transizione naturale a nuovi apparecchi TV potrebbe essere meno rapida senza una tempestiva comunicazione e incentivi di sostegno”.

Ne abbiamo parlato molte volte su questo blog: questa transizione comporterà conseguenze importanti in tutto il settore audiovisivo e, in particolare, per il Servizio Pubblico che potrebbe essere maggiormente penalizzato. Il passaggio a questa nuova modalità di fruizione del segnale televisivo comporterà come prima conseguenza la rottamazione di buona pare del parco televisori esistenti in Italia. A partire dal prossimo settembre ci saranno diversi milioni di apparati televisivi che da un giorno all’altro andranno “in nero”, cioè non saranno più in grado di ricevere nessun segnale. Per poter continuare a vedere la televisione digitale terrestre sarà necessario dotarsi di un nuovo tv o di un nuovo decoder. Tutto questo ancora non è noto al grande pubblico, nonostante che per Rai è previsto un dettagliato e disatteso obbligo dal Contratto di Servizio (2018) all’art. 17: “La Rai garantisce l'informazione al pubblico in ciascuna area tecnica nel corso dell’attuazione della tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, utilizzando le emissioni televisive e radiofoniche e il web. Tale informazione dovrà essere fornita senza interruzioni fino a quando le attività non saranno ultimate in tutto il territorio nazionale”. Questo obbligo, per quanto è dato leggere sul Contratto,  non è in alcun modo legato all'azione del MISE.

Dunque, il MISE avvia la consultazione con i broadcasters con il preciso obiettivo di avviare una campagna di comunicazione (del valore di circa 15 mln di Euro) dove i “cittadini dovranno essere resi edotti:

• dell’atteso cambio di tecnologia che avverrà a giugno 2022, pertanto da tale data non sarà più possibile la ricezione delle trasmissioni televisive, spiegandone i motivi. Un passaggio tecnologico che riguarda l'Italia come tutti gli altri paesi europei;

• che il passaggio avverrà in tempi diversi a seconda delle aree geografiche;

• della disponibilità della misura di sostegno ai consumatori appartenenti alle specifiche fasce ISEE e in particolare: - chi sono i beneficiari del bonus TV/decoder; - qual è l’ammontare del contributo; - quali sono le modalità di fruizione del bonus TV/decoder; - la presenza, nella pagina web del Ministero, della lista dei prodotti per i quali è ammesso il contributo, delle procedure che gli utenti dovranno seguire;

• che tale cambio richiederà la sostituzione dei televisori privi delle nuove caratteristiche tecnologiche o l'utilizzo di decoder adeguato alla trasmissione in DVBT2/HEVC;

• che i nuovi televisori disponibili in commercio, per norma di legge, sono esclusivamente

quelli dotati della nuova tecnologia, spiegandone le caratteristiche ed i vantaggi;

• che chi ha acquistato negli ultimi anni un televisore è bene comunque che si accerti che lo stesso possegga le caratteristiche che diventeranno indispensabili per consentire la visione delle trasmissioni televisive;

• che, per capire sin da subito se il proprio televisore sia già adeguato al nuovo standard è a disposizione degli utenti un canale televisivo di test.

Ebbene, cosa è venuto fuori? Questo il link del MISE dove si può vedere lo spot che andrà in onda nei prossimi giorni: https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/notizie/it/198-notizie-stampa/2041684-al-via-la-campagna-di-comunicazione-sulla-nuova-tv-digitale

Prima di esporre la nostra opinione sui tempi, nel metodo e nel merito di questo spot, attendiamo la vostra opinione.

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martedì 17 novembre 2020

Un nuovo grande accordo ???

Gli anni passano, i figli crescono, i nonni invecchiano. Magari,  verrebbe voglia di pensare pure che qualcosa possa andare meglio di come era prima. Siamo ottimisti e fiduciosi ma, talvolta, ci corre qualche dubbio. In particolare quando si parla di Servizio Pubblico, sembra sempre di essere al punto di partenza che non si sa mai esattamente quale esso sia, tanto è vago e perenne.

Lo spunto di questa riflessione (anche oggi in assenza di notizie) è la lettera pubblicata ieri sul Corriere firmata da Goffredo Bettini, PD, e considerato padre putativo dell’attuale maggioranza di Governo. Leggiamo: “…superare ogni prudenza o valutazione di opportunità, comprensibile in altri momenti, per chiamare anche all'interno dell'esecutivo, le energie migliori e necessarie per competenza e forza politica in grado di offrire, insieme a Conte, un punto di riferimento indiscusso all'Italia e alla Repubblica, così scosse e provate". Si tratta di un progetto strategico, del quale abbiamo già parlato e si riferisce a quella corrente di pensiero che vorrebbe inchiodare gli attuali equilibri politici fino a scadenza mandato, costi quel che costi, compreso un accordo con Berlusconi. Il nemico è alle porte: la crescita di FdI e il mantenimento di una elevata quota di consenso della Lega mette sotto minaccia  già la nomina del prossimo Presidente della Repubblica (inizio semestre bianco a metà del prossimo anno). Tutto questo, nella mente di qualcuno, giustificherebbe il prezzo salato da pagare per i raggiungimento di questo accordo. Qual’è la merce di scambio dell’accordo? La stessa degli anni passati: la sopravvivenza di Mediaset. Verrebbe da definirlo un nuovo “patto del  Nazareno” o “grande inciucio” come negli anni passati. Un po’ gli somiglia e la vittima sacrificale si chiama Rai. Abbiamo recuperato un articolo del compianto Giuseppe D’Avanzo comparso su la Repubblica a maggio del 2001 dove si legge: “Addio alla concorrenza. Arriva la Rai complementare. Con la Fininvest attualmente siamo concorrenti, ma col tempo dovremo diventare complementari visto che la Rai deve fare prevalentemente servizio pubblico ed è auspicabile che possa tener in sempre minor conto il problema dell'audience. Letizia Moratti, presidente della Rai, 22 luglio 1994. "Noi facciamo il nostro mestiere, che è la Tv commerciale. Non siamo pedagoghi. E' la Rai che non fa il suo, il servizio pubblico" Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, 26 giugno 2000”. Il resto dell’articolo è un documento storico di grande attualità, da incorniciare. Ma l’aspetto più interessante che ci riporta ai giorni nostri è esattamente riferito a quanto abbiamo scritto nei giorni scorsi a proposito degli ascolti Rai: abbiamo recuperato alcuni articoli interessanti: Marco Travaglio, l’Unità del 26 novembre 2007, con il titolo “Mediaset  tracolla, per salvarla basta che la Rai perda audience e pubblicità”; poi Marco Mele sul Sole 24 Ore del dicembre 2011: “Ascolti in picchiata, pochi giovani” e infine Remo De Vincenzo su Il Riformista di luglio 2007 con il titolo “Decennio Tv: Mediaset si conferma, la Rai invecchia”.

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lunedì 16 novembre 2020

Piccole storie antiche

In mancanza di storie sul futuro, spesso, ci troviamo a dover raccontare storie del passato, più o meno recente e non son tutte belle storie. Però sono utili a ricordare, almeno per cercare di non fare gli stessi errori.

Storia n. 1: il nuovo Cda Rai. Ne abbiamo scritto a lungo nei giorni scorsi (argomento che ha riscosso molto successo tra i lettori). Non ci interessa (ancora per poco) partecipare il totonomine e non ci prestiamo a giochetti di retrobottega (ancora per poco) nel sostenere tizia o caio. Per ora, ci limitiamo a sollevare il dibattito sui criteri con i quali individuare chi dovrà guidare la Rai in un prossimo futuro che si preannuncia pieno di difficoltà. Come dovrà avvenire la scelta? Con i vecchi criteri della Legge del 2015? Bisognerà pur fare una valutazione definitiva su questa Legge e, se necessario, voltare pagina. Abbiamo già sollevato tre grandi limiti: mette il Servizio Pubblico sotto il tallone di ferro del Governo; i quattro consiglieri, seppure di fonte parlamentare, sono rigidamente riconducibili alle “quote” politiche (per non dire di AD e Presidente) e infine, la concezione di “uomo solo al comando” come si rappresenta l’AD non regge la tenuta di questo tipo di Azienda che richiede invece un modello di gestione maggiormente collegiale. Ci sono in discussione altri modelli di riforma: parliamo di questi, subito.

Ieri abbiamo scritto di una proposta per una donna come AD: non sarebbe una esperienza nuova per Viale Mazzini (alcuni lettori ci ricordano Lorenza Lei) e non sembra entrata nella storia dell’Azienda. Sempre ieri, con il solito scambio di idee, è venuta fuori una idea forse bizzarra ma meritevole di essere presa in considerazione. Sommariamente, una specie “direttorio” di tre figure: una editoriale, una tecnologia e una amministrativa. Si potranno dettagliare pesi e vincoli.

Storia n.2: ieri Repubblica ha titolato “Ascolti in calo, flop e conti in rosso”. A parte l’argomento conti in rosso, gli ascolti meritano una breve riflessione non tanto e non solo sui numeri relativi quanto sulle dinamiche “sociali “ e culturali degli stessi. Già in una precedente occasione abbiamo ricordato come la BBC negli anni passati, appena ha avuto certezza della continua erosione degli ascolti giovanili ha avviato subito un vasto dibattito interno ed esterno, coinvolgendo esperti e studiosi di vario genere. Ne ha fatto materia di confronto pubblico che dura tutt’ora (guardate questo video: https://www.bbc.co.uk/rd/about/vision oppure questo https://www.barb.co.uk/news/understanding-viewers-in-the-2020s/  o ancora questo sito  https://www.smallscreenbigdebate.co.uk/ che già nel titolo dice tutto “piccolo schermo, grande dibattito”). Cosa è successo? Semplicemente che appena hanno avuto chiari i termini dei problemi, li hanno resi pubblici, ne hanno fatto oggetto di iniziativa, di confronto, di riflessione. Cioè esattamente l’opposto di quanto fa Rai. Vi abbiamo riferito di un articolo comparso sull’Huffington Post dei giorni scorsi dove si leggeva di un “rapporto segreto” del Marketing Rai dal quale si evincevano tutti i termini della crisi che investe la riduzione della platea di riferimento Rai ma anche la sua composizione per fasce di età. Il segreto di Pulcinella: questo rapporto circola già come un refolo fresco nella calura d’estate e non da ieri e circola non solo in termini di copia cartacea ma di contenuti. Come ci ha detto un autorevole dirigente di Viale Mazzini: “che ai giovani, e non solo, piace Netflix non è una notizia, non serve un Report “segreto” per scoprirlo”. All’articolo ha risposto Roberto Nepote, direttore del Marketing Rai, che ha evidenziato: “…come l’estrazione solo di alcuni dati e di alcuni commenti in esso contenuti abbia prodotto un quadro complessivamente distorto della situazione del primo semestre 2020”. Già, esatto, si è trattato solo del primo semestre 2020, mentre i problemi sono evidenti già da alcuni anni. In particolare, è del tutto evidente la progressiva erosione dei pubblici giovanili e la costante attenzione dei prodotti editoriali verso destinazioni “adulte”. Il relativo successo de “Il Collegio” nel pubblico giovane non fa primavera. Semplicemente: la platea televisiva tende a ridursi e, all’interno di questo fenomeno, i “giovani” emigrano verso altre piattaforme e altri prodotti. RaiPlay? Ricordate l’avvio delle sua nuova fase l’anno scorso quando venne presentato con Fiorello che introduceva Pippo Baudo e Raffaella Carrà? Certo, siamo in presenza di circostanze eccezionali che rendono tutto anomalo e imprevisto che, a maggior ragione, richiederebbero maggior coraggio di comunicazione e approfondimento. Ma la comunicazione Rai in questo momento sembra presa da tutt’altre faccende. Comunque, nei prossimi giorni approfondiamo con i rapporti Censis, Istat, Comscore, Ergo, EBU e, ultimo, Ipsos- Intesa.

Storia n.3: innovazione tecnologica. Leggete quando scrivono oggi Repubblica A&F “Torri intelligenti e antenne Inwit consolida la svolta” firmato da Stefano Carli “Un drone si posa sulla cima di un traliccio, ricarica la sua batteria e ne approfitta per scaricare i dati raccolti durante il volo…” Cioè la stessa cosa che fa Rai Way con le sue bellissime torri dalle quali si osservano bellissimi panorami!!! Oppure, leggete sul Sole 24 Ore Luigi Gubitosi che sostiene “Il coraggio del futuro. Tecnologie digitali decisive per il rilancio dell’economia”.

Tanto per ricordare la stessa antica storiella: Rai non sta facendo la comunicazione obbligatoria ai cittadini sulla transizione al DVB-T2. Nel corso dell’ultimo Cda il consigliere Laganà lo ha ricordato ma, evidentemente, gli altri consiglieri avevano altro da fare con le nomine.

Storia n. 4: la politica. Come andrà a finire l’accordo nefasto PD e M5S sulla “Golden Power” per la tutela di Mediaset dall’assalto dei francesi di Viventi che già da Bruxelles hanno fatto sapere di non essere particolarmente apprezzata? E come andrà a finire la storia di Ministri che si incontrano con dirigenti  di Autostrade? È lo stesso Ministro che dovrebbe ”governare” il futuro della Rai? E vogliamo dire qualcosa sui verbali desecretati di Albero Banchi, ex presidene della fondazione Open, e delle "interlocuzioni" con vari dirgenti Rai???

Potremmo andare avanti ma non vogliamo abusare della pazienza dei nostri lettori.

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domenica 15 novembre 2020

II nuovo AD Rai sarà una donna ???

Ognuno di noi possiede una biblioteca cartacea o mentale dalla quale attinge pensieri e riflessioni, una specie di personale abbecedario sul quale si è consolidata la propria  conoscenza e cultura. Nella mia personale ce ne sono 4 che appartengono alla categoria delle relazioni umane e, segnatamente, a quelle politiche: il Gattopardo di Tommasi di Lampedusa, il Giulio Cesare di Shakespeare (ne possiedo una piccola collezione di diverse edizioni), l’Arte della guerra di Sun Tzu e l’Oracolo Manuale e Arte di Prudenza di Baltasar Gracián. Quest’ultimo, in particolare, torna particolarmente utile quando mi trovo di fronte a situazioni di difficile interpretazione come quella che si pone ora con le vicende del Servizio Pubblico. Leggiamo una sintesi del suo pensiero: “Il pensiero di Gracián è pessimista …Il mondo è uno spazio ostile e ingannevole nel quale prevalgono le apparenze invece che la virtù e la verità. L'uomo è un essere debole, interessato e malevolo. Gracián intende fornire al lettore i mezzi e le risorse che gli permettano di districarsi nelle trappole della vita. È necessario sapere come farsi valere, essere prudente e avvantaggiarsi della conoscenza basata sull'esperienza, anche dissimulando e comportarsi a seconda dell'occasione”. Ne abbiamo già accennato nei giorni scorsi a proposito della Scuola dei tre caratteri (La natura dell’uomo è originariamente buona). Tutto questo pistolotto, per dare un supporto a qualche nostro lettore che oscilla tra nervosismo  e preoccupazione, in particolare dalle parti del M5S, ed altri che ci invitano ad un “sano” cinismo. Per questo aspetto, vorremmo aggiungere tra i libri fondamentali Capablanca per gli scacchi e il mitico David Sklansky con The Theory of Poker.

Veniamo al dunque. Ieri è comparso un lungo articolo di Valeria Fedeli, capogruppo PD in Vigilanza Rai, dove lancia un sasso nello stagno: una donna a dirigere la Rai. Dopo aver ricordato la consonanza con le dichiarazioni di Zingaretti, la Fedeli rilancia: “oggi più che mai c’è bisogno per la Rai di un management di comprovata professionalità, competenza, esperienza e autonomia”. Interessante il silenzio anche da parte di nostri lettori interpellati, potrebbe dire qualcosa. Intanto una prima domanda si pone: una donna interna o una esterna??? Le “comprovate capacità" a cui si fa riferimento, idonee a ricoprire tale incarico, ci sono dentro l’Azienda??? Quello che a noi risulta per certo è che gira un nome esterno “forte”. Vedremo, siamo solo all’inizio dello showdown di Viale Mazzini.

Alle domande che abbiamo proposto ieri sugli scenari possibili, le prime risposte forniscono esattamente un quadro sintetico di quanto abbiamo avvertito: si vuole girare pagina ma nessuno sa bene con chi, quando e come. I nomi che iniziano a girare hanno tutti aspetti duplici, i tempi sono stretti e complicati, le modalità per avviare una nuova governance ancora da definire e condividere. Sul tappeto ci sono 3 proposte di riforma: quella Fico (M5S), quella di Fedeli e Orlando (PD) e quella di Fornaro (LEU). Tutte che richiedono tempi parlamentari lunghi e complessi, forse non particolarmente agevoli in questo momento. Cosa potrebbe significare? Che non ci sono i tempi per modificare almeno la Legge 85 del 2015? No, la possibilità, ci hanno spiegato, “tecnicamente” esiste, quello che manca è l’accordo politico, appunto, tra PD e M5S. Oggetto di inciampo è la difesa di ufficio che alcuni del 5S si ostinano a fare sull’operato di Salini. Si può essere fiduciosi: un orientamento che potrebbe non reggere a lungo, nel merito e nel metodo di quanto è stato fatto e per di più per quanto non è stato fatto per mettere l’Azienda nelle condizioni in cui versa.

Da leggere oggi con attenzione Giovanna Vitale su Repubblica che spara a palle incatenate già con il titolo: “Ascolti in calo, flop e conti in rosso. La Rai di Foa e Salini è in default”. Leggiamo alcuni stralci: “… a far sprofondare i conti è stata la pessima performance del tandem Salini-Foa, che il Covid non ha fatto che aggravare… L'istantanea di un disastro. Che va di pari passo con la crisi di ascolti fotografata dalla Direzione Marketing di Viale Mazzini in una riservatissima "Analisi di Scenario" che Repubblica ha avuto modo di visionare. Centoventi pagine che, oltre a certificare il calo Rai e la crescita Mediaset, dicono innanzitutto una cosa: è merito degli anziani se la Tv di Stato conserva il primato dello share (35,7), sebbene insidiato sempre più da vicino dalla concorrenza. Dal 2017 a oggi la platea Rai è invecchiata di circa 2 anni: l'età media è passata da 53 a 55 anni, mentre quelle di Canale5 e La7 sono ringiovanite di un anno”. Su questo argomento ci torneremo con attenzione.

Ultima noterella fastidiosa: abbiamo osservato che del “compleanno” di Rai Play nessuno ha avuto notizia e ci siamo chiesti il perché. La risposta è semplice: non è vero!!! Rai Play nasce nel 2015 con un progetto di Piero Gaffuri e Elena Capparelli, ripreso successivamente dal DG Campo Dall’Orto nel 2017 e aggiornato nel 2019. Memoria corta? Si dice in genere che chi rispetta poco il passato intravvede meno il futuro.

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sabato 14 novembre 2020

Il nuovo AD della Rai

Chiuso il capitolo proroga, deroga o surroga dell’attuale Cda di Viale Mazzini si apre ora, subito, quello relativo a quello che verrà dopo. Prima il Ministro Gualtieri con la richiesta di “… un piano serio di riorganizzazione e rilancio dell’Azienda … e poi con un serio impegno ad accompagnare la Rai nella trasformazione digitale … compito da affidare al prossimo Cda …”. A ruota ha precisato Zingaretti: “Per la Rai serve un amministratore delegato esterno, un nome di alto profilo". A questo punto sono partiti i primi palloncini sonda, tanto per capire chi potrà essere alla guida del Servizio Pubblico prossimo venturo,  quando si potrà insediare e come.

Gli interrogativi sono esattamente: dovrà essere il meno peggio tra un esterno, disposto ad accettare un “modesto” compenso di 240 euro lordi (un tema molto avvertito a Viale Mazzini) o il migliore tra gli interni? Argomento e quesito storico di grande interesse. Le precedenti esperienze del passato sono a tinte alternate: alcuni esterni hanno indubbiamente portato una sterzata aziendalista che in Rai se la sognano, altri invece potevano rimanere tranquillamente dove erano prima e nessuno se ne sarebbe accorto. Sugli interni è necessario fare una tara sulla “maturazione professionale” avvenuta negli anni recenti, quando la politica ha dispiegato le sue ali forse in modo più profondo e subdolo rispetto al passato (all’epoca DC, PSI e PC).

Nomi interni in grado di gestire correttamente l’Azienda ci sono, alcuni anche “liberi” da visibili e tangibili ingombri di parentela o tutela politica, non “in quota” come abbiamo letto anche recentemente. Due, in particolare, sono in stand by, pronti ad obbedire quando il Paese chiamerà. Vedremo.

Di nomi esterni, finora, è emerso solo quello di Marco Patuano (Telecom fino al 2016 quando esce con 6 mln di buonuscita e poi Ad di Edizioni, Holding dei Benetton fino al 2019) come candidato “ufficioso” sostenuto dal PD. Ci riserviamo di approfondire.

Ora veniamo al quando. Come abbiamo scritto, si tratta di capire quale sia il male minore o il bene migliore per l’Azienda e per il Paese in questo momento. Con l’avviso di sfratto bollinato e recapitato a domicilio, gli attuali amministratori hanno i mesi contati. Conviene che prendano atto dell’aria che tira si facciano velocemente i bagagli, oppure, come ha suggerito lo stesso Gualtieri, ne approfittino per “…iniziare a lavorare ..per un serio ripensamento dell’Azienda ..”? Ognuno si metta nei panni che si sceglie, ma possiamo immaginare l’imbarazzo che si possa provare quando per ben tre volte si sente usare l’aggettivo “serio” rispetto al proprio operato. Ognuno ha le proprie sensibilità e coscienza. Comunque, rimane il problema: puntellarli con lo scotch per farli rimanere fino a scadenza oppure staccargli le utenze di luce, gas e telefono finché non se ne vanno. Certo, nel frattempo possono godere di qualche difesa d’ufficio di alcuni senatori 5S che non si arrendono alle evidenti nefandezze, come quelle avvenute appunto nell’ultimo Cda con le 18 nomine, 20 dirigenti e un direttore. La risposta a questo problema non è facile.

A quando detto sopra si lega il terzo quesito: come avverrà la successione? Con la vecchia Legge del 2015, la nefasta legge dell’ ”uomo solo al comando” fortemente voluta dal suo ideologo Matteo Renzi, oppure con una nuova legge che definisca un nuovo modello di governance come da più parti e da tempo ormai si chiede? Anche questo interrogativo non è di facile soluzione, visto il palese disaccordo tra PD e M5S (o meglio, parti di questo: Fico e Di Maio non si sono espressi puntualmente nei giorni scorsi e non è detto affatto che le loro opinioni siano le stesse di Di Nicola e Airola). In soldoni: da un lato converrebbe sostenere uno “strappo” per giungere rapidamente ad un accordo e mettere subito l’Azienda in condizioni di operare con un nuovo quadro normativo ed economico (grave). Dall’altro lato converrebbe prendere i tempo necessario per avviare un forte dibattito non solo e non tanto sulla riforma della governance Rai ma su tutto il perimetro delle TLC, visto che, comunque, si dovrà avviare presto questo processo di ammodernamento giuridico e regolamentare.

Abbiamo girato questi interrogativi ai nostri attenti lettori. Attendiamo le risposte.

Nel frattempo, per la cronaca, ieri ci sono stati i “festeggiamenti” per un anno di Rai Play. Chissà perché sui giornali di oggi, a parte il Manifesto, non se n’è accorto quasi nessuno.

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giovedì 12 novembre 2020

Un Paese normale ???

Tranquilli, oggi non ci sono notizie.

Un Paese normale… già… un Paese normale. Facile dirlo, sperarlo o immaginarlo. Altra cosa è viverlo tutti i giorni, lavorarci dentro, andare a scuola, stare bene o stare male, andare al cinema o ad un concerto oppure vedere la televisione. Per poi scoprire che tutto normale proprio non è. Forse non lo è mai stato e forse sarà difficile che possa esserlo. “Un Paese normale” è anche il titolo di un libro di Massimo D’Alema, pubblicato nel 1995, dove scriveva “'Il compito della mia generazione è portare la sinistra italiana al governo del Paese. Altre generazioni hanno fatto cose fondamentali: hanno ricostruito la democrazia, hanno rinnovato il Paese. Ora, per noi, il problema è il governo: vogliamo essere messi alla prova”.

“Un Paese normale” è ancora il titolo di una canzone di Enrico Ruggeri dove nel testo si legge “In un Paese normale, c’è chi dovrebbe pagare il conto e si dovrebbe cambiare davvero sperando di fare in tempo e ci vorrebbe una legge speciale per un Paese normale…”

Già, eccolo il Paese normale, dove il Ministro Gualtieri che ha disposto lo sfratto a tempo ritardato per l’AD Rai sembra essere di fedele scuola dalemiana, quella che, appunto vuole essere messa alla prova nella capacità di governo del Paese. In questo “Paese normale” ci dovrebbe essere chi paga i conti sbagliati e gli errori compiuti e, sempre in un Paese normale, dovrebbe avvenire subito. Invece, in un Paese “normale” come il nostro tutto questo non avviene. Sarebbe troppo facile e scontato prendersela con il tema della sanità e delle catastrofi avvenute non tanto e non solo sul Coronavirus, ma in decenni di sfascio della sanità pubblica, dove nessuno è innocente, nessuno. 

In un Paese normale, il Servizio Pubblico radiotelevisivo avrebbe pari dignità di attenzione e interesse come le grandi infrastrutture di interesse nazionale e gli si dovrebbe riconoscere ciò che gli spetta e non ciò che gli si concede graziosamente. In un Paese normale, dove agiscono Aziende normali, di fronte ad un credito non riscosso, si mandano le ingiunzioni e, se necessario, si procede a norma di codice civile. Quando qualcuno si erge a difensore dell’attuale vertice di Viale Mazzini, potrebbe avere il buon senso di ricordare che su almeno 3, tre partite, non è stato fatto quanto dovuto: recupero dei 150 mln sottratti dal Governo Renzi, recupero per intero dell’extragettito del canone e incasso dei 40+40 mln previsti dalla precedente Legge finanziaria. Sarebbe bastato portare a casa la metà di questi obiettivi e le casse di Viale Mazzini non dico sarebbero sanate, ma quasi. Invece, in questo Paese poco normale, quando si parla di Rai viene quasi automatico doverci ritrovare a parlare di conti che non tornano, di nomine inutili e inopportune, di nan* e di ballerin* (con tutto il rispetto per le categorie) senza arte ne parte. Leggete, ad esempio, questa mattina un articolo su La Verità con il titolo “ La questua a Lotti per andare in Rai” e, per chi la segue, provi a mettere in sovrapposizione questo articolo con le vicende narrate nella fiction Suburra mandata in onda da Netflix. Impressionanti le possibili analogie tra chi “conosce”, chi vorrebbe incontrare qualcuno potente e chi vorrebbe stringere alleanze.

Ci hanno raccontato le facce dei consiglieri appena usciti dalla visione della diretta di Gualtieri in Vigilanza: tutte normali, come se niente fosse avvenuto. Con alle spalle le nomine di 18 vicedirettori e 20 nuovi dirigenti (tutti uomini). Come se nulla fosse, come se fosse un Paese o un’Azienda “normale”.

In un Paese normale, in un’Azienda normale, dopo che l’Azionista di maggioranza ti ha detto chiaro e tondo cosa pensa del tuo operato ci sarebbe poco da fare. Invece, siamo un Paese poco normale, dove forse, sarà opportuno attendere che tutto possa andare a scadenza normale, come lo yogurt in frigorifero. Come abbiamo scritto ieri, in questo Paese più o meno normale, tutto è destinato a rimanere allo stesso modo affinché tutto possa cambiare. Gattopardi e iene, tutti nella stessa savana.

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FLASH !!!

Nel mentre e nel quando molti tacciono, almeno a Viale Mazzini, si intrecciamo telefonate (dannato Covid) messaggi What’sUp, Sms, Mail, piccioni viaggiatori, segnali di fumo etc. e tutti a cercare di capire cosa potrebbe succedere sul futuro della Rai. Riportiamo alcune variabili delle quali si dibatte.

1) dimissioni dell’Ad, da solo o in compagnia di tutto il Cda.

Tesi a favore: dopo le legnate di ieri in Vigilanza e dopo la figuraccia delle nomine avvenute sempre ieri (inutili e  inopportune in questo momento, sia per la questione Piano industriale congelato, sia per il tema costi del personale e perimetro occupazionale) e dopo le dichiarazioni di Zingaretti di questa mattina “Per la Rai serve un amministratore delegato esterno, un nome di alto profilo" (tradotto in italiano corrente, potrebbe anche significare che questo non lo è) non hanno tempo da perdere per preparare i bagagli.

Tesi contro: A) non si può lasciare la Rai allo sbando in questo momento drammatico per il Paese B) la politica non è “attrezzata” a gestire una crisi di tale levatura “… non c’è accordo tra PD e M5S…”

Tesi intermedia: lasciamoli lavorare fino a scadenza mandato, sperando che non facciano ulteriori danni e, appena possibile, cambiare la legge 85 del 2015 sulla governance.

2) dimissioni del rappresentante dei dipendenti, Riccardo Laganà. Avrebbe la sua dignità: nn segnale forte di rottura e separazione dei destini: ognuno si assume le proprie responsabilità. Da tempo il consigliere lancia sassi nello stagno che nessuno raccoglie: per ultimo l’allarme sulla mancata comunicazione agli utenti per la transizione al DVB-T2. Deve rispondere a chi lo ha eletto e a chi lo ritiene fuori dei giochi politici. Potrebbe avere un senso comprensibile. Obiezione: se si dimette solo lui rimangono i “giapponesi” senza controllo e non cambia nulla, anzi, si aggrava. Forse si ma anche no. Ipotesi da prendere in considerazione, magari potrebbe aprire un dibattito importante.

3) lo scambio avvenuto ieri con il generoso contributo sul canone (sic!) ha i piedi di argilla. Deve passare al giudizio delle camere e non sarà affatto facile far digerire una sottrazione di risorse dal bilancio dello Stato finalizzate a tappare un buco determinato da incapacità gestionali.

4) nessuno ha obiettato che nel bilancio Rai è iscritta la partita di 40 milioni erogati dalla precedente Legge finanziaria (+40 per l’anno corrente). Perché intanto non vengono pagati??? Cosa è stato fatto per sollecitare il pagamento ???

5) curiosa anomalia: sui giornali di oggi la notizia sulla Vigilanza di ieri è stata “bucata” da Repubblica e Corriere. A pensare male si fa peccato ma spesso si indovina. Si aprono i giochi? Candidature in ballo?

6) …a ccccaaaa …’nisciuun ‘ efess !!! si può prendere in giro qualcuno qualche volta ma non tutti per sempre…

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Rai: tutti a casa

Tanto tuonò che piovve …  o meglio, arrivò una pioggerella. Ieri Gualtieri in Vigilanza e i titoli di oggi sono tutti orientati allo stesso senso finale. Questo Cda ha fallito e se ne deve tornare a casa. Punto, a capo. Magari non subito (chissà) ma sicuramente a fine mandato e non se ne parla proprio di proroga, deroga o surroga.

Al momento in cui scriviamo, non ci sono commenti da registrare. Tutti tacciono.  Premessa a margine: ieri in Cda sono state fatte nomine non solo improvvide nel metodo ma anche nel merito. Non si capisce perché se il piano Industriale è congelato viene fatta una nomina prevista dallo stesso (Nuovi formati) e, inoltre, se lo stesso Piano prevede le verticalizzazione delle reti, e quindi il loro attuale progressivo prosciugamento, che senso ha nominare sei vicedirettori per rete e 20 nuovi dirigenti??? non solo, ma perchè non si è proceduto immediatamente alla nomina del direttore di Rai Teche, lasciato libero con la nomina di Maria Pia Ammirati a Rai Fiction???

Vediamo in ordine alcuni momenti della giornata di ieri. Anzitutto il contesto politico: PD e M5S sulla Rai marciano divisi mentre su Mediaset colpiscono uniti. Mentre già dalla prima mattina l’autorevole esponente PD,  Andrea Orlando, twittava “E’ grave che prima dell’audizione del ministro Gualtieri sulle prospettive economiche Rai, il Cda proceda una nuova informata di nomine alcune anche di rilevanza strategica” sul sito de La Repubblica si legge “Mediaset: 2020 in utile nonostante la pandemia. Nel terzo trimestre dell'anno Mediaset ha registrato un utile netto di 29,4 milioni, permettendo un risultato positivo anche per il complesso dei primi nove mesi: 10,5 milioni” che si accompagna all’altra notizia del giorno, ripresa sempre da Repubblica: “La norma antiscalate (voluta da PD e M5S n.d.r.) spinge Mediaset”.

Veniamo ora alla Vigilanza e riportiamo alcuni passaggi delle dichiarazioni di Gualtieri a partire da rilevazioni su conti economici di Viale Mazzini segnatamente per gli anni 2018 e 2019, cioè quelli riferiti all’attuale gestione: anzitutto “Posso confermare in questa sede che nell’ambito della prossima Legge di Bilancio dello Stato è stata inserita una norma che prevede appunto che tale ultimo importo  (84 mln) sia riassegnato alla stessa RAI a parziale compensazione degli oneri derivanti dalla crisi economica in atto”. Si tratta di un impegno e non una certezza che si dovrà verificare quando il testo sarà sottoposto al vaglio delle Camere. Poi, si tratta di “riassegnare” una parte del canone indebitamente espropriato nella Legge 85 precedente del 2015, tema tutt’ora oggetto di controversia sulla natura stessa del canone e sulla sua indisponibilità per altri utilizzi diversi da quelli previsti e ribaditi dalla sentenza della Corte Costituzionale (sentenza 284 del 2020: … Il canone radiotelevisivo costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso é, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia), alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (art. 27, comma 8, della legge 23 dicembre 1999, n. 488).

In buona sostanza, Gualtieri altro non fa che riaffermare e proseguire nel dibattuto illecito costituzionale dell’indebito prelevamento e destinazione d’uso del canone e lo si propone come supporto straordinario a copertura dei deficit di bilancio però a condizione che “questo intervento debba essere accompagnato da interventi e da parte del management più ampi e incisivi che puntino a un rilancio più complessivo dell’azienda”. Cioè, vi diamo una mano però a determinate condizioni. Anzitutto ribadisce il principio della centralità del Contratto di Servizio dal quale in primo luogo si evince che “…Tale servizio pubblico viene erogato a valere sulle risorse da canone, in base a quanto disposto dal Contratto di Servizio, e rendicontato nella specifica “contabilità separata”, soggetta a revisione e controllo contabile. Tale strumento consente di identificare con esattezza e trasparenza i costi del servizio pubblico da coprire con i ricavi da canone”. Ed ora si entra nel merito dei problemi: “… per l’azionista Stato riguarda lo sviluppo dell’attività industriale nel rispetto del mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della Società. Tale esigenza è soprattutto sentita dall’azionista di controllo che persegue la strategia della crescita delle proprie società controllate e partecipate e della creazione di valore da parte delle stesse… La redditività non è una mera regola formale con l’obiettivo ultimo, in quanto la missione sociale è comunque la ragion d’essere della società, ma è una disciplina che guida le scelte gestionali indirizzandole verso la sana e prudente gestione… La redditività quindi fa sì che l’appartenenza delle società partecipate dal settore pubblico al diritto privato non sia solo una mera affermazione formale, ossia l’adempimento della richiesta del legislatore, ma costituisca un presidio sostanziale di garanzia del buon funzionamento e della sostenibilità nel tempo delle società".

La redditività e la sana e prudente gestione vanno quindi intesi come capacità di continuare nel tempo a creare valore per la collettività, senza dover ricorrere a intervalli regolari all’utilizzo di risorse pubbliche, che verrebbero distolte da altri impieghi di politica economica e sociale”. Questo tema della redditività è  relativamente nuovo e meritevole di attenzione. Prosegue Gualtieri e affonda il colpo: “I problemi di conto economico della RAI che vi ho rappresentato non riflettono solo una flessione congiunturale dei ricavi, ma mettono a nudo degli squilibri strutturali che richiedono risposte durature, non solo dal punto di vista delle fonti di finanziamento, ma anche da quello di un’adeguata capacità di rilancio dell’azienda e di una rivisitazione del suo piano industriale anche alla luce degli scenari evolutivi connessi alla pandemia e alle trasformazioni e tendenze del mercato radio-televisivo e delle comunicazioni, molto impattato dal processo di digitalizzazione in atto…L’incremento strutturale delle entrate da canone, che come ho detto inseriremo in legge di bilancio, deve impegnare innanzitutto il vertice dell’azienda a presentare un piano serio di riorganizzazione e rilancio della Rai  razionalizzi strutture e costi per assicurare un equilibrio prospettico tra entrate e uscite e garantisca una crescente e migliore capacità di offerta”. Osserviamo solo l’aggettivo “serio” che, tradotto in italiano corrente, porta a supporre che quello attuale non lo sia. Infine: “Tutto questo sarà compito da svolgere nel prossimo futuro, e sarà la missione che vorrei potessimo affidare al prossimo Consiglio di Amministrazione e ai nuovi vertici che si insedieranno entro le scadenze previste”. Amen. Ci sono sei mesi di tempo per preparare i bagagli, sostiene Gualtieri, non sprecateli.

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