Per tutto il resto, per tutti gli altri, il solito imbarazzante silenzio.
Per quanto riguarda il primo, vale sempre la pena ricordare Ettore Petrolini quando, di fronte ad uno spettatore che dal loggione disturbava lo spettacolo, ad un certo punto si interrompe e lo apostrofa: "Vedi, non ce l'ho tanto con te quanto più con il tuo vicino che non ti butta di sotto". Questa considerazione vale per lui in quanto politico e chi lo ho ha votato, quanto più per chi gli ha lasciato praterie dove cavalcano industurbate orde barbariche. Detto questo, veniamo alla sua intervista laddove si occupa di Rai (il titolo minaccioso: "cambio la Rai" è tutto un programma). Se la prende con Fabio Fazio e con i dirigenti Rai senza incarico. Difficile dagli torto: sul primo grava la responsabilità di quanti in nome del "mercato" hanno consentito una mostrosità del genere e la hanno pure rinnovata. Sui dirigenti poi c'è poco da dire: ti pago tanto perchè devi rendere tanto, devi essere più capace, più professionale, più colto e preparato della media dei tuoi colleghi. Punto, molto semplice. Se non è così ti pongo due scelte: o ritorni ad essere un semplice impiegato oppure vai a casa. Il problema, appunto non è il politico che parla, ma l'Azienda che non è Azienda, non ragiona come dovrebbe e come vorrebbero quelli che pure si vantano di essere al suo servizio. In una Azienda "normale" questi temi non avrebbero spazio: i contratti si gestiscono nell'interesse dell'Azienda. Punto, a capo.
Veniamo all'intervista di Laganà. Ha sostenuto argomenti importanti che per buona parte condividiamo: anzitutto l'ingerenza della politica. Argomento storico, centrale, derimente su tutto il resto. Ha ricordato quanto anche anche su questo blog sosteniamo da tempo: è necessario avviare con urgenza una iniziativa politica di riforma della Governance sul Servizio Pubblico. La legge del 2015 è un mostro: porta il Governo a sedere direttamente sulle poltrone di Viale Mazzini. Quel mostro ha generato una pianta malata che produce frutti avvelenati, dove è veramente difficile "capare" quello buono da quello con il baco. Quella Legge ha portato Salvini e Foa allo stesso modo e con gli stessi criteri, i quali hanno poi nominato chi volevano loro senza alcun principio di trasparenza o esperienza (Laganà ne paventa giustamente i pericoli per le nuove infornate di nomine), e sempre loro sono gli stessi che non hanno mai smentito l'incontro a Palazzo Chigi alla vigilia del voto sul Piano industriale. Alla storiella che al settimo piano ci sono due anime, una buona e una cattiva, non crede nessuno (forse pochi). Sono due lati della stessa medaglia e nessuno dei due finora ha dato prova di autonomia dalla politica come alcuni vorrebbero credere. Ad aggravare il quadro, le già note considerazioni sul Piano industriale, sul canale in inglese, sulla nomina di Foa a Rai Com, sul cinema etc etc .
A questo proposito, alcuni nostri lettori si sono impegnati sul tema della "misura" della coesione sociale e di quanto questa sia più o meno contenuta nel Piano industriale. Osservazioni corrette: da tempo si dibatte sui fattori, sulla quantificazione degli elementi che inducono, rafforzano, favoriscono i processi di coesione sociale. Il documento del quale si è dibattuto in Vigilanza a malapena sfiora questo tema. Su questo argomento sarà necessario essere concentrati e su questo argomento sarà necessario fare la tara al Piano industriale, insieme alle risorse sulle quali dovrebbe poggiare.
Sui dati AgCom, leggiamo sostanzialmente il calo progressivo (di poco) degli ascolti Tv, la diminuizione di quanti comprano giornali, aumenta il consumo di telefonia mobile a scapito di quella fissa. Nel mondo Tlc grandi mutamenti: diminuiscono progressivamente le connessioni in rame a favore della fibra, aumenta la velocità e le ore di navigazione sul Web. Interessante.
Per tornare al Piano industriale, siamo rimasti alla Vigilanza e al MISE. Per la prima si prospettano tempi lunghi: potrebbe convocare parti interessate prima di emettere una valutazione (non vincolante) in attesa di minacciati "atti di indirizzo" da parte di Lega e PD. Con le elezioni alle porte è lecito attendere mesi. Il Mise, per conto suo, si tiene il Piano ben stretto tra le mani, consapevole che potrà essere usato come una clava a favore dell'una o dell'altra tra quelle in causa. Ne vedremo delle belle, basta attendere.
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