martedì 31 gennaio 2023

Rai: le "altre" mezze verità


Questa invece è una immagine generata da una AI

Passano i giorni, le ore e passano i minuti e altre mezze verità emergono con chiarezza.

Mezza verità n.1: il budget è stato approvato da meno della metà dei consiglieri.

Mezza verità n.2: il budget è stato approvato dal PD

Mezza verità n.3: il budget è un mistero glorioso

Mezza verità n.4: il budget è stato un atto “rigorosamente” politico

Mezza verità n.5: il budget è stato un pretesto                

Vediamo l’altra parte delle mezze verità:

Altra mezza verità n.1: 3 si, 1 no, due forse (tendente al no) e 1 boh. Se la logica e i numeri hanno un senso (e un senso talvolta non ce l’hanno) il budget 2023 NON è stato approvato. O forse si se la logica NON ha un senso. I fini giuristi si interrogano sul “peso” del voto assente e sull’astensione: è un mezzo si o un mezzo no? Boh.

Altra mezza verità n.2: Chi sono i consiglieri che hanno votato si? Lo stesso AD (in “quota” PD), la presidente Soldi (espressione del PD o di quello che ne resta) e la Bria (espressione del PD o di quello che ne resta). Se poi si vuole sostenere che la Meloni possa avere sottoscritto una specie di “patto” con quella parte di Viale Mazzini (espressione del PD o di quello che ne resta) è altro discorso. Ma che si possa dire che la Meloni abbia portato a casa un risultato sembra alquanto improbabile.

Altra mezza verità n.3: la valutazione di un atto si sottopone a molteplici metri di giudizio: politico, tecnico, morale, culturale etc etc. Ma come si “valuta” un atto (in questo caso il voto dei consiglieri)? Teoricamente, solo entrando nel merito, nel dettaglio, nella conoscenza di ciò che è stato proposto e discusso. Se viene meno l’oggetto ovvero il contenuto della proposta, anche l’atto perde di consistenza e significato pubblico. Provate a chiedere “cosa” ha ottenuto il consenso o il dissenso seppure in forma dubitativa: per il mistero di Fatima sono più ottimisti. Sappiamo, ad esempio, che sarebbe stato tagliato il budget di Rai Play. È vero no? Sappiamo, ad esempio, che è stata fatta una previsione sui ricavi. Quali sono i numeri? Il muro di silenzio (si fa per dire) dietro il quale si celano alcuni consiglieri non aiuta, anzi. Con buona pace della trasparenza e della pubblicità degli atti.

Altra mezza verità n.4: vedi pure la n.2 di cui sopra. Non ci sono, oggi, in discussione i piani di produzione. Non ci sono, oggi, in discussione le scelte editoriali dei vari generi (sic) o altri argomenti più o meno simili. La discussione di ieri era solo concentrata su un solo punto: Fuortes&C devono rimanere o no e, se si, fino a quando? “Dopo” Sanremo, “dopo” le regionali, “dopo” il congresso del PD??? Ogni altra interpretazione ciula nel manico.

Altra mezza verità n.5: vedi pure sopra. La Rai, come al solito, è parte del tutto e preda e ostaggio di problemi ben lontani dal cavallo ferito. Sulla sua pelle, sul futuro del Servizio pubblico, si giocano partite di ben altro spessore e rilievo che gli “umani” del VII non possono (o non vogliono) nemmeno immaginare. Il voto sul budget è stato un pretesto “tattico” utile a prendere misure, misurare equilibri interni ed esterni. Una piccola traccia: questa mattina è uscita fuori una notiziola innocente. “girano voci” sulla candidatura di Zingaretti (PD) alla vigilanza (Il Giornale).

Bene, veniamo ora alla prossima Grande Battaglia di Villa Arzilla sul campo di Sanremo. Gli eserciti si stanno schierando: lo squadrone dei “diversamente giovani” si rinforza. Dopo il trio delle meraviglie Al Bano, Ranieri e Morandi sono annunciati (ma non si garantisce nulla): Gino Paoli (88 anni), Peppino di Capri (83 anni) e Tony Dallara (86 anni). Bobby Solo (77 anni) sembra che sia influenzato. Orietta Berti e Ornella Vanoni rosicano. Iva Zanicchi sta raccogliendo le firme per essere invitata. Qualche mago dell’elettronica vorrebbe proporre avatar di Nunzio Filogamo e Nilla pizzi creati con un nuovissimo algoritmo di AI con la grafica 3D. Sarebbe un colpo da maestri!!! L’esercito dei “giovani” al momento sembra alquanto sbandato: i vari Colla Zio, Olly, Mr Rain, Tananai e Will potrebbero non reggere colpi di tale portata: il confronto sarebbe troppo impari. Si attendono defezioni.

bloggorai@gmail.com

 

 




 

lunedì 30 gennaio 2023

Le mezze verità di Governo e Rai


Il giorno delle tante mezze verità è arrivato e non ci dice nulla di più di quanto era già noto. Un attento, molto informato e acuto lettore ha sintetizzato il voto di stamattina in Cda con una frase lapidaria “Il Governo non è pronto”. È vero ma è solo una parte delle mezza verità. Vediamone alcune altre.

Prima mezza verità: il governo se vuole è pronto. Se vuole, può fare e disfare a volontà. Può fare accordi e cogliere obiettivi a piacimento. Ha due alleati di governo con i quali può, per interposta persona, fare e disfare tutti i Fuortes del mondo: bastava una telefonata a Salvini e Berlusconi e dirgli chiaro e tondo: “Chiamate i vostri in Cda, fategli alzare le chiappe  e ditegli di votare contro, poi tra di noi, ci mettiamo d’accordo”. Meloni non ha potuto o voluto farlo? Ci ha provato e i due gli hanno risposto picche? No, non è vero che il “Governo non è pronto”: si potrebbe meglio dire che “non si è preparato”. Un lancio di agenzia poco fa ha titolato: “Fuortes perde la fiducia del centrodestra e M5S”. Magari ne ha guadagnata da altre parti.

Seconda mezza verità: il Governo non  è pronto nel nome, nel tempo e nello spazio. Non ha un candidato forte, autorevole e credibile tra i vari personaggetti interni a Viale Mazzini e nessuno tra gli esterni ancora palesato all’orizzonte. Tra i nomi circolati a sostituire Fuortes non ne emerge uno meritevole di nota. Non uno tra quelli “in quota” e, tra gli esterni, l’unico che circolava con insistenza con qualche plausibilità è svanito nel nulla sotto i colpi di una possibile “incombenza” giudiziaria. Si, da questo punto di vista il Governo non è pronto: non ha un nome. Il solo che hanno fatto circolare, Giampaolo Rossi, sembra essere stato messo in frigorifero.

Non è poi pronto nel tempo. Questa è una fase delicatissima di transizione per il Servizio Pubblico: troppi, tanti problemi incombono e non è facile gestirli in un contesto molto incerto e confuso. Lo abbiamo scritto e ne siamo convinti: la partita Rai è di serie B mentre la Champions League la giocano lontano da Viale Mazzini. No: il Governo non è pronto perché non ha un’agenda con il titolo “Rai”. Il Governo non ha dato segnali di fumo: non è questa una priorità e su questa non ha idee, visioni o programmi noti.

Non è poi pronto nel merito. Ci sono in ballo non solo i grandi problemi del rinnovo del Contratto di Servizio e del Piano Industriale ma tutto ciò che è dentro e fuori il perimetro Rai: la rete unica, il polo delle torri, il riassetto del mercato  pubblicitario e, last but not least, quello che ci richiede Bruxelles (canone,  European Media Freedom Act - Proposal for a Regulation and Recommendation etc.).

Terza mezza verità. Il voto di oggi è “politico” e non si riferisce solo ad argomenti subordinati per quanto rilevanti. Non c’è da approvare un budget mezzo buono o mezzo cattivo: c’è un budget che si regge o non si regge, difficile supporre che si possa reggere a metà, un pezzo si e uno no, oggi forse e domani chissà. Vediamo il voto dei consiglieri: la Bria ha fato sapere di aver votato a favore per “non consegnare la Rai alla destra”. Argomento al confine della logica e realtà. Delle due l’una: o si vota sul budget e ci si esprime su quel merito o si vota per lo schieramento politico della Rai. Ci si può preoccupare del secondo aspetto ma allora si vota contro il primo che con il secondo non dovrebbe aver riferimento. La Bria, ovvero il PD hanno un disegno, una trama in corso? Agnes e Di Biasio sono un caso a parte: obbediscono. La non partecipazione al voto è un chiaro e forte segnale politico verso la componente maggioritaria del governo: cara Giorgia, siamo noi a decidere e non tu. Di Majo è e resta all’opposizione, l’unica che al momento si palesa evidente contro questo Governo e i suoi derivati. L’astensione “tecnica” e non politica di Laganà non è di facile comprensione: in questo momento ed ora per allora non ci sono in discussione piani di produzione  progetti editoriali che siano ma solo una nuova guida dell’Azienda per l’immediato futuro. La domanda alla quale rispondere è molto semplice: Fuortes&C sono adeguati a gestire l’Azienda nelle determinate circostanze?

Quarta mezza verità. La Meloni, per ora e solo per ora, incassa e porta a casa un qualcosa che "cosa" non è. Nel grande gioco la partita è sempre riferita alla Rai figlia di un governo minore. Prima di Draghi ora di quel che resta del PD. La Meloni con il voto di stamattina ne esce sconfitta sotto i colpi di Lega e FI oppure il suo presunto asse con Fuortes&C ne esce rinforzato? Ne l’una ne l’altra ipotesi reggono in modo granitico: Giorgia per ora in cambio della sopravvivenza dell’AD potrebbe portare a casa qualche rimasuglio di bassa cucina con una nomina qua e una la ma non è questo il cuore del problema: scaramucce, robetta. Non ne esce sconfitta perché porta a casa il mantenimento di Fuortes al posto di comando, almeno per ora, che gli garantisce anche tramite intermediari autorevoli (Vespa&C) la presa sull’informazione. Poi, si vedrà … “dopo” Sanremo, “dopo” le regionali ..comunque  “dopo”. Non ne esce però con la vittoria in mano perché non ha modificato di una virgola gli assetti “politici” dell’Azienda che non conosce e non capisce. Il “suo” uomo Rossi da un po’ di tempo a questa parte appare distinto e distante da Viale Mazzini.

Altre e tante mezze verità ci attendono da rilevare.

bloggorai@gmail.com


 

FLASH: il giorno della mezza verità


Il giorno della mezza verità. Lo abbiamo scritto da tempo e in epoca non sospetta: Fuortes&C mangeranno il panettone, l’uovo di pasqua e faranno la scampagnata del primo maggio … per tanti buoni motivi.

Veniamo ad oggi, a pochi minuti fa: il budget 2023 è stato approvato da Fuortes, Soldi e Bria. Laganà astenuto. De Biasio e Agnes non hanno partecipato al voto. Di Majo ha votato contro. Amen.

A dopo per commenti e valutazioni.            

Nel frattempo, deliziatevi con questo anticipo della Grande Battaglia di Villa Arzilla e provate ad immaginare la sera del prossimo sabato 11 febbraio. 

Il rumore di ferraglia si avvicina.

bloggorai@gmail.com


 

domenica 29 gennaio 2023

Rai: spallata finale o inciucio progressivo? La vera posta in gioco

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

Il Governo della Rai o la Rai del Governo? In questi giorni, in queste ore, è verosimile che sia in preparazione un complotto come poche volte è avvenuto nella storia del Servizio Pubblico. A confronto la congiura dei cesaricidi è un assemblea dei chierichetti delle orsoline. La sintesi della trama è molto semplice ed è ben al di la delle scaramucce sui vari Zelensky, il Vespa, la Ferragni, Amadeus e le canzonette di Sanremo. La posta in gioco è la capacità, la forza e la lucidità della tenuta o meglio della presa del Governo sul futuro della Rai e, molto più in generale, sul futuro dell’intero perimetro delle TLC. Tutti ne sono ben convinti: delle sorti di Fuortes&C interessa poco o punto, dove possa andare quando è sarà uscito da Viale Mazzini importa un ciufolo a ben pochi salvo l’interessato. Se la Soldi in odore di renzismo in combutta con la Bria in odore di un PD che non c’è possa diventare qualcosa di diverso da quello che sono interessa men che meno. Che ci possa essere una “candidatura” interna di qualcuno “in quota” o gradito alla destra destra poi non ne parliamo nemmeno. Qualora fosse, chiunque possa essere il nuovo AD  avrà uno spazio di agibilità politica e gestionale pari a quella di un criceto dentro la rotella. Questa la relativa novità dello scenario.

Dunque, di cosa parliamo? Di due aspetti cruciali. Il primo sarebbe la capacità di Palazzo Chigi, in tutto in parte, di “staccare la spina” al Cda di Viale Mazzini. Non è cosa di piccolo conto: non ci sono in ballo i posti ma la lotta interna ai partiti di Governo: Salvini, Berlusconi e la Meloni sono tre partiti con interessi tattici e strategici diversi. Convergono solo sulla convenienza a coesistere forti di una opposizione che per buona parte non c’è, è svanita. Chi sarebbe il soggetto politico che pigia il pulsante? Salvini è scontato da tempo e il suo consigliere ha già il ditino caldo sul pulsante rosso. Della Agnes si sa poco o nulla ma, del resto, non si è mai saputo gran che. Si dice, si legge, che sia in attesa di indicazioni dai suoi referenti (si dice, si legge, di un certo Gianni Letta). Se dovesse mai arrivare il segnale verde, la sorte di Fuortes&C sarebbe segnata ma, allo stesso tempo, segnerebbe un punto a favore della fronda interna al Governo anti Meloni. È verosimile supporre che FdI riesca a tenere il punto: Fuortes&C rimangono. Come che vada il Cda di domani il segno è lo stesso: sarà il Governo, in tutto o in parte, che decide le sorti di Viale Mazzini per motivi che non sono certo riconducibili al budget 2023. Non è una grande novità ma di questo parliamo.

Il secondo aspetto cruciale parte da una banale constatazione: dei grandi problemi che affliggono il servizio pubblico sembra non ci sia grande interesse e attenzione (eufemismo): canone , riforma della governance, tecnologie, ascolti etc. Una controprova:  osservate attentamente quanto avviene (o non avviene) in Vigilanza Rai e all’AgCom dove le priorità sono ben altre. Al contrario, c’è molta tensione, seppure ancora inconcludente, sul grande malloppo in gioco: il futuro assetto delle TLC. La Rai in questo scenario è la Serie B del campionato, e se poi questo campionato viene posto in relazione agli altri grandi temi sul tappeto del Governo appare come una partita scapoli ammogliati. Quali che siano i futuri assetti del mercato, gli sviluppi e le prospettive delle telecomunicazioni nel nostro Paese, la Rai al momento non ha ruolo, non ha competenze e non ha prospettive. Nella migliore delle ipotesi potrebbe riuscire a strappare un prossimo Contratto di Servizio non troppo esoso rispetto alle richieste che verranno formulate in cambio del canone.

bloggorai@gmail.com

 

sabato 28 gennaio 2023

Rai: sorda, ottusa e confusa

Foto di Maddy Mazur da Pixabay


Ci sono tante buone ragioni per ritenere che la partecipazione di Zelensky a Sanremo sia un errore colossale e non solo per la Rai. Ma una appare più sostenibile tra le altre: l’opinione della maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi in Ucraina. Da quando è iniziata l’invasione russa il sentimento prevalente nel Paese appare chiaro: condanna ma anche un chiaro e forte no all’aumento delle spese militari e invio di altre armi.

L’Ipsos lo ha monitorato da tempo: l’ultimo Report è dello scorso ottobre “La metà degli italiani non prende le parti né della Russia né dell'Ucraina e il supporto a Kyiv è in calo. Se è minima la parte di italiani che rivela di parteggiare per la Russia (7%), esiste la percezione che siano oltre due volte tanto quelli che stanno con Mosca (19%). In crescita chi ha posizioni «equidistanti» e sotto quota 50% il sostegno all’Ucraina. Diminuisce il supporto alle sanzioni applicate alla Russia (42%), oltre un italiano su cinque non ha un’opinione in merito e meno di un intervistato su cinque ritiene che le sanzioni imposte riescano effettivamente a indebolire Mosca. Solo un italiano su quattro crede si debba continuare con l’invio di armi a Kyiv, mentre poco meno di un terzo spingerebbe l’Ucraina a fare concessioni territoriali per porre fine al conflitto”.

Dopo arriva il sondaggio IAI- Laps: “Buona parte degli italiani ha una posizione contraria o scettica sul sostegno militare all’Ucraina. Mentre i favorevoli alle sanzioni economiche contro la Federazione Russa sono un’ampia maggioranza (61%), il 57% si dice invece contrario all’invio di armi a Kyiv, dato che supera il 60% tra gli elettori pentastellati. Soltanto nell’elettorato del centrosinistra (60%) e del terzo polo (72%) i favorevoli al sostegno militare sono la maggioranza”.

Poi arriva Euromedia Research e, proprio dallo studio di Porta a Porta, si legge:

Infine questa mattina La Stampa titola “l’Italia stanca di guerra. No all’invio di altre armi” e si legge “… gli italiani in maggioranza sentono il conflitto russo-ucraino lontano (78,2%) con una percentuale superiore a quella di metà dicembre... Nei dati si conferma quella tendenza che perdura dai primi mesi delle ostilità in cui gli italiani continuano a mostrarsi in maggioranza contrari all'invio delle armi all'Ucraina (52%). Questo trend non ha mai presentato una singola inversione. Si può dire che solo gli elettori di Pd, FI e Azione con Italia Viva si dichiarano maggiormente favorevoli”.

Cosa altre aggiungere? La Rai (Vespa&C) da una parte e gli italiani dall’altra. Punto, a capo.

Ci sono poi due argomenti molto interessanti di cui parlare: il primo lo denuncia Marco Mele questa mattina sul Quotidiano del Sud: “Rai distratta. Niente regole di par condicio per le regionali” e si legge “i i va verso le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia del 12 e 13 febbraio senza che la Rai abbia un Regolamento per la par conditio, al contrario di tv e radio private, quotidiani telematici e non, e periodici. L'Autorità per le comunicazioni, infatti, ha approvato i1 21 dicembre dello scorso anno il proprio Regolamento, valido per tutti i soggetti privati. Le regole valgono dal 29 dicembre. La legge del 2000 assegna però alla Commissione bicamerale di Vigilanza il compito di approvare il Regolamento destinato al servizio pubblico, consultandosi con l'Agcom. La Commissione di Vigilanza non è stata ancora costituita: si è solo deciso che avrà 42 membri anziché 40, (con una determinazione di un'altra commissione, pur essendo fissata dalla legge). Tanto che l'Agcom è stata costretta, ad inviare il proprio regolamento ai presidenti di Camera e Senato” e conclude “La cosa più eclatante, però, è che la mancanza di un Regolamento sulla par condicio per la Rai alle prossime regionali, sia passato sostanzialmente sotto silenzio”. Proprio come è passata nel silenzio più totale l’aumento, forse indebito, del numero dei parlamentari da 40 a 42, approvato all’unanimità, compresi PD e M5S.

Infine, merita un approfondimento il tema della cosiddetta “prominence” ovvero, semplificando, il privilegio per le tv generaliste digitali di avere una posizione rilevante nei televisori smart tv (e quindi nei telecomandi) rispetto agli OTT. L’AgCom ha avviato una consultazione. Ci torneremo, merita grande attenzione.  

bloggorai@gmail.com

 

 

venerdì 27 gennaio 2023

Rai: Associazione Giovanile Trame e Complotti

Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay

Oggi c’è tanto da dibattere, forse troppo pure per Bloggorai. Talmente tanto che non sappiamo da dove cominciare. Cominciamo allora dalla notizia più importante del giorno e si riferisce alla prossima Battaglia di Villa Arzilla.  Un grido di dolore si è levato dal nobilissimo mondo degli ottuagenari: Iva Zanicchi “Amadeus, invitami a Sanremo” (La Stampa). Ha ragione e vorremo lanciare un appello per indurre la Rai a più miti consigli e consentirgli di partecipare al festival, magari pure come Valletta Special, oppure solo per farli raccontare una barzelletta un po’ volgarotta, una sola basta e avanza. Dall’alto dei suoi 83 anni splendidamente portati, rappresenta non solo quella parte sana del Paese in età avanzata ma anche quell’universo canoro femminile (The Voice Senior) ingiustamente discriminato a favore del trio dei maschiettti ever green meravigliao di Ranieri (72), Morandi (79) e Al Bano (80). Non solo, la Zanicchi, pecunia pubblicitariam non olet, è un icona pure di quel vasto pubblico over 45 (oltre l’80%) dei telespettatori Rai, un pubblico benestante che gode di pensioni (sia pure misere), che è proprietario di beni immoli e che influisce su consumi di figlie nipoti. Ingiusto e ingiustificabile, non conviene tralasciare questo pubblico.  Dai Amadeus, fai uno sforzo, magari può essere oggetto di riflessione tra un Zelensky ed un altro.

Bene. Andiamo avanti, ovvero indietro. L’Associazione Giovanile Ordinaria Trame e Complotti RAI è in piena attività. Si sta consumando in queste ore la consunta tragicomica vicenda sulle sorti di Fuortes&C.  Se ne va lunedì 30 sfiduciato dal Cda sul budget 2023? Oppure rimane perché “..è uno che tiene botta” o perché in attesa di “prestigioso incarico”?  Si rimangia qualcosa lui oppure quel che resta del Cda fa un passo a fianco (avanti non sembra averne fatti gran che). Da solo? In compagnia? Tutto e il contrario di tutto sembra possibile. Il Governo che fa? che dice la Meloni? E Rossi è pronto a prendere il suo posto? E le candidature interne saranno condivise? E i partiti (quali: il PD che vorrebbe la Soldi al suo posto???) che faranno?  L’accordo della Vigilanza reggerà? (ipotesi alla quale siamo più affezionati). Siamo fortemente tentati di fare il giochetto delle interpretazioni possibili e immaginabili ma cerchiamo di resistere: c’è chi è molto più bravo e informato di noi (vedi Il Foglio anche di stamattina). Al VII piano tutti parlano con tutti (ahimè, con Bloggorai inquestii giorni parlano poco, ai minimi sindacali) e tutto ciò che ne esce si legge in modo confuso e disordinato. Si parla solo di Tizia, di Caio o di Sempronio. Per fare cosa non è dato sapere. Ma questo è un dettaglio superfluo.

Ci sarebbe da riferire di AGCom, di Contratto di Servizi, di canone, etc etc etc… ma ci sono momenti in cui è necessario fare un piccolo passo indietro, pigiare il tasto “pausa” e soffermarci a rimirare la bellezza di una bella giornata fredda di gennaio nel mentre e nel quando il pensiero torna a Iva Zanicchi e al suo solitario grido di dolore. Lo raccogliamo e ne siamo partecipi.

bloggorai@gmail.com

 

giovedì 26 gennaio 2023

ATTENZIONE: a Viale Mazzini carta vince ... carta perde

 


Non abbiamo fatto in tempo a proporre la “teoria del dopo” che siamo stati subito ricondotti a più umane e terrene considerazioni. Ieri pomeriggio ci arrivano “segnalazioni” del tipo: “Caro Bloggorai, stavolta non ci hai preso. L’Ad & C potrebbe fare i bagagli prima del tempo e le tue strampalate teorie della continuità di Fuortes fino alla conclusione del suo mandato sono minchiate. Nei prossimi giorni ci saranno sorprese”. Accipicchia! Perbacco! La fonte (le fonti) è/sono credibile/i. E stamattina ben tre giornali riportano la notizia: Il Foglio titola “Rai fatale”, Il Fatto titola “Fuortes ora rischia e deve mediare con Lega e forzisti” e i Giornale “L’AD Fuortes vicino al capolinea”. Non si tratta della prima volta che leggiamo/ascoltiamo cose del genere, però stavolta qualcosa sembra diverso. Ripercorriamo brevemente: lo scorso 23 si doveva approvare il budget 2023 ed è stato “rinviato” a dopo Sanremo perché l’AD avrebbe fiutato che non gli sarebbe stato approvato per l’opposizione della maggioranza dei consiglieri. Si ipotizzava che una soluzione si sarebbe potuta trovare appunto “dopo” Sanremo e invece, ieri, i consiglieri hanno chiesto ed ottenuto che il prossimo Cda si dovrà svolgere il prossimo lunedì 30. Cosa è cambiato e cosa potrebbe cambiare? Se è vero, come sembra, che 4 consiglieri voterebbero comunque contro, a meno che Fuortes cambi completamente le carte in tavola, anticipare al 30 gennaio o a dopo Sanremo cambia poco. Quindi, semplificando: o l’Ad si rimangia la proposta di budget 2023 oppure deve preparare le valigie.

Per quanto si legge stamattina, dovrebbe essere buona la seconda. Ma cosa allora sta significare? Perché i consiglieri hanno chiesto, ed ottenuto, questa accelerazione? Se l'obiettivo era correggere il budget si poteva attendere benissimo 10 giorni. Segnali che il Governo ha dato via libera al rimpasto di Viale Mazzini? Possibile, non lo riteniamo ancora verosimile ma plausibile. Non si capisce cosa possa aver modificato l’agenda di Palazzo Chigi su Viale Mazzini. Per quanto noto non ci sono stati segnali tangibili, salvo una interpretazione che più avanti diremo. L’unica fonte da noi interpellata che ci ha dato una spiegazione interessante sostiene che l’aria che tira sui conti Rai è ritenuta assai preoccupante e si vorrebbe porre rimedio prima che sia troppo tardi dove le conseguenze future potrebbero essere addebitate ai prossimi che verranno. L’altra teoria sull’informazione è poco robusta: Meloni & C già occupano la Rai senza bisogno di ulteriori aiutini interni.

Ora rimangono da chiarire due aspetti: ammesso e non concesso che la baracca possa crollare, chi potrebbe essere il nuovo AD? Salterebbe solo lui o tutto il cucuzzaro? Poi, perché la Bria, consigliere in quota PD, voterebbe a favore di Fuortes? Cosa lascia intendere questa posizione? Proviamo ad azzardare ipotesi (che qualche nostro lettore definisce “minchiate”). Sgombrato il campo del rinnovo di tutto il Cda (troppo complesso e in questo momento politico poco percorribile) rimane la teoria per la quale sarebbe pronto Giampaolo Rossi alla sostituzione di Fuortes che però ci appare ancora non attuabile: difficoltà tecniche (secondo mandato) e politiche. Verosimile un rimpasto interno. Circolano nomi bizzarri. Ci ha incuriosito l’ipotesi di sostituzione dell’AD con la Soldi (in questa chiave si potrebbe leggere la posizione della Bria/PD). A questo punto la partita si potrebbe giocare su altri tavoli: la condizione per la sopravvivenza di Fuortes formalmente è legato ad un cambio di rotta sul budget, sostanzialmente però a nuovi equilibri politici interni ed esterni alla maggioranza. Da non dimenticare che è tutt’ora aperta la partita della Vigilanza Rai e della sua presidenza: una posizione non certo secondaria in tutto lo scenario che si sta predisponendo. Da questo punto di vista, è verosimile supporre che ci possa essere stata una trattativa a pacchetto completo e, per quanto riguarda Fuortes, il problema è solo trovare una exit strategy dove possa continuare a fare quello che faceva prima con un Teatro o una Biennale che sia.

Rimanete sintonizzati…

bloggorai@gmail.com


mercoledì 25 gennaio 2023

Rai: un "dopo" incerto tra minaccioso e tranquillizzante


AI

Con l’aiuto dei lettori di Bloggorai vorremmo essere tra i fondatori di una teoria del “dopo”. Sarà una teoria necessaria, financo obbligatoria al netto dei necessari riti apotropaici, specie dopo aver saputo che l’escalation vertiginoso e minaccioso della guerra in Ucraina. Cosa succederà “dopo” l’invio di carri armati sempre più potenti? La Russia sarà sconfitta sul campo? Magari “dopo” l’invio di truppe NATO?

Nella storia dell’umanità c’è sempre stata un fiorente letteratura sulle varie teoria del “prima” con le quali si cercava di ragionare sulla genesi delle cose, l’origine della natura fisica e mentale degli esseri umani, il perchè degli avvenimenti naturali. Alle varie teorie del “prima” si sono poi accompagnate quelle del “durante” con le quali si è cercato e si cerca, tuttora, di spiegare e interpretare il presente, gli accadimenti in corso di svolgimento. A ben pensare e approfondire invece una teoria generale e universale sul “dopo” fatica a comparire se non nelle avventure fantascientifiche e letterature vagamente distopiche. Il quesito che poniamo è semplice: come si può precostituire o immaginare un “dopo” sostenibile, fattibile, accettabile? Abbiamo tanto prologo, discreto svolgimento e poco epilogo.

Bene, dopo questa brevissima introduzione di filosofia pret a porter, un tanto al chilo, cerchiamo di far cadere il cielo sulla terra. Perché ci preoccupiamo del “dopo”? Semplice: perché la Rai è tutta proiettata su un “dopo” immanente e forse poco tranquillizzante. Anzitutto parliamo di un “dopo” Sanremo” quando il Cda si dovrà riunire ancora per approvare il budget 2023. Non si capisce perché se è stato rimandato l’altro ieri a causa di fondati sospetti che qualcuno avrebbe preso una sportellata con il voto contrario cosa potrebbe mai succedere da qui al “dopo” Sanremo per modificare gli orientamenti che i consiglieri hanno lasciato trapelare. Fuortes&C potrebbero rivedere quanto proposto, sconfessando se stessi prima ancora di aver reso noti i  loro intendimenti? Possibile ma, ci dicono, alquanto improbabile “L’uomo fuortes al comando non ammetterà mai di aver sbagliato e non vuole certo correre il rischio di sbagliare proprio ora”. Dunque, quale potrebbe essere un “dopo” Sanremo sostenibile, fattibile e accettabile? Oggi leggiamo su il Foglio un articolo con un titolo sfizioso “Capire il Rai Kaos. Meloni congela il fascicolo Rai (e anche Fuortes).” Dove si legge che “La premier avrebbe deciso di non occuparsi della televisione di stato. Secondo fonti di governo ci sarebbe stata addirittura la promessa a Fuortes, da parte della premier, di lasciarlo in carica fino a fi[1]ne mandato e di non affiancarlo con un direttore generale”. Chi ci segue ormai da anni ricorderà bene che lo abbiamo scritto più volte: non c’è alcuna convenienza per il governo di destra destra modificare questo assetto, almeno per il vertice, quanto più ci saranno operazioni di serie B (direttori vari). Quindi, ci riferiscono, che il “dopo” Sanremo potrebbe apparire solo come una “aggiustatina” ai conti, una romanella amministrativa, un taglia e cuci finanziario. Nulla di più e nulla di meno. Quam sufficit per tranquillizzare anime candide ora in apparente subbuglio. Per tutto il resto, l’imperativo categorico del Governo sembra attestarsi su due capisaldi: 1 - non abbiamo tempo (e modo) per occuparci della Rai; 2 - seppure ne avessimo, non ci conviene ora (perché prendersi l’onere senza onore?). Tutto plausibile. Manca poco più di un anno alla scadenza naturale di questo Cda e perché imbarcarsi ora nell’avventura del nuovo Contratto di Servizio quando all’orizzonte ci potrebbe essere qualcosa che aggiorna e riforma tutto il sistema delle TLC (non ultimo il rinnovo della Convenzione previsto per il 2027). Conclusione: il “dopo” Sanremo potrebbe essere meno minaccioso di quanto sembra. Magari potrebbe non esserlo per gli ascolti, ma questo è un altro problema.

Poi c’è un “dopo” che merita qualche riga. Si riferisce al “dopo” PD, ovvero al “dopo” elezioni regionali del 12 febbraio (proprio pochi giorni “dopo” Sanremo). Ma del “dopo” del PD interessa immaginare cosa ne resterà, cosa sarà, come potrà definirsi nella scena politica e quali potranno essere i suoi intendimenti per un “dopo” del Servizio pubblico verso il quale, finora, non hanno dato segni di vita. Aspettiamo il “dopo” del Congresso.

bloggorai@gmail.com


 

La Minaccia


 

martedì 24 gennaio 2023

I Carri Armati a Sanremo e i riti apotropaici

Abbiamo posto all'AI di proporre un'immagine con questi due termini: guerra e televisione. Ecco il risultato: 


Non ci siamo mai illusi: anche la musica è uno strumento di pace o di guerra, a seconda di come la si usa e di chi suona lo spartito. Evidente che pure il prossimo Sanremo non sarà da meno e parteciperà direttamente o indirettamente al conflitto in corso in Ucraina e la Rai ci sta preparando il terreno. Ieri mattina ci siamo destati con il dubbio ai limiti dell’apotropaico che i  vari Tg e Gr non ci aiutano a risolvere:  quale è il carro armato più potente da "donare" all’Ucraina? Il dubbio è lecito e necessario perché aiuta a capire questo Governo (e questa Rai) che intenzioni hanno riguardo al fine di ricercare una soluzione al conflitto. Già, perché se il dibattito politico si riduce alla qualità e alla quantità di armamenti, tutto il resto ovvero la pace e il temine del conflitto, giocoforza, si allontana. Armi e pace male si conciliano tra loro.

Ieri è comparso un articolo del sempre lucidissimo Lucio Caracciolo su La Stampa dove la dice chiara e tonda: titolo "La Russia ha più uomini, mezzi e risorse. O la NATO entrerà in campo o Kiev perderà" ...  “La guerra in Ucraina avrà una soluzione militare o non ne avrà. Immaginare una soluzione diplomatica è buono e giusto… Tre possibili vie: ridurre il sostegno militare a Kiev fino a convincere Zelensky dell'impossibilità di vincere, dunque della necessità di compromettersi con Mosca; entrare in guerra per salvare l'Ucraina e distruggere la Russia a rischio di distruggere anche sé stessi; negoziare con i russi un cessate-il-fuoco alle spalle degli ucraini per imporlo agli aggrediti … prima o poi l'invio periodico e limitato di armi […] non basterà più. Bisognerà considerare l'invio di nostre truppe in Ucraina. A quel punto ci scopriremo di fronte alla scelta che abbiamo finora evitato di considerare: fare davvero e direttamente la guerra alla Russia oppure lasciare che la Russia prevalga”.

Detto questo veniamo al dunque: si narra che Bruno Vespa sia stato il mentore e intermediario della partecipazione in video di Zelensky alla serata finale di Sanremo. Lasciamo perdere i risvolti interni a Viale Mazzini sul personaggio, la possibile striscia quotidiana che gli si potrebbe assegnare dopo il Tg1 delle 20.30 e la compagnia di giro che lo sostiene e che da tempo immemore lo ha sostenuto nei precedenti governi per cercare di capire il senso e il significato della presenza del leader ucraino al Festival tanto caldeggiato da Vespa. Non potrà fare altro che ripetere quello che da tempo sostiene: dateci armi, armi e ancora armi. Non vorremmo che sia in corso una strisciante intenzione di sostenere l’ipotesi adombrata da Quirico: quando l’invio di armi non saranno più sufficienti, sarà necessario prendere in considerazione l’invio di truppe e allora saranno guai, guai seri. Per tutti. E se il palcoscenico dell’Ariston dovesse servire anche a questo fine? E se Zelensky ci venisse a dire che oltre ai cari armati fosse necessaria anche la presenza della NATO? Comunque, per tenerci leggeri in una serata di musica e spettacolo, per quella sera si prevede un confronto interessante con la De Filippi su Canale 5.

Oggi Quirico torna sull’argomento e leggiamo “Zelensky sa che nel nostro Occidente stanco, esausto, un discorso all'Onu, ormai ingombrante retrovia burocratica della impotenza, non conta quasi nulla. Molto più efficace irrompere al festival di Sanremo o sulla Croisette di Cannes…  Costringendo gli altri a uniformarsi. Ciò significa credere che la vittoria totale contro la Russia, la eliminazione diretta o indiretta di Putin, sia l'unica opzione possibile. E che invece non sia arrivato il tempo del secondo atto”.

Bene, veniamo ad uno dei tanti “dunque” che interessano da vicino la Rai. Oggi era previsto il Cda dove si doveva votare il budget 2023. Leggiamo che l’approvazione è stata rinviata a dopo Sanremo (sic) perché l’AD Fuortes&C hanno fiutato l’aria che tirava: se lo votavano da soli, lui e la Soldi. Nel recente incontro con Giorgetti è emerso che ci sono preoccupazioni per l’indebitamento in crescita. La Battaglia di Villa Arzilla si preannuncia sempre più infuocata. Leggiamo un FLASH di Dagospia: “Lo sbarco della striscia di Vespa in modalità "io sono Giorgia" dopo il Tg1, in agenda dopo Sanremo, sta terremotando gli equilibri dei fratellini d'Italia. Se Paolo Petrecca (RaiNews24) e' amareggiato, Giampaolo Rossi, che fino a ieri era il plenipotenziario riconosciuto di Fdi in Rai, e' inviperito di essere stato scavalcato dall'abile bruneo nel cuore di Giorgia”.

bloggorai@gmail.com


 

lunedì 23 gennaio 2023

I dubbi atroci della Rai gen (d) eralista e militarista


Brrrrrr .. che freddo stamattina. Mettiamo subito tanta legna al fuoco. Cominciano con un dubbio drammatico, atroce e assillante che i vari Tg e Gr ci stanno ponendo da alcuni giorni: quale è il carro armato più forte e potente da fornire all’Ucraina? Non sappiamo da che parte stare: ci dicono che la Germania e la Francia sono d’accordo ma hanno piccole dirvegenze su quale sia il prodotto migliore …Tg e Gr non ce lo spiegano e noi non siamo esperti. Lo abbiamo chiesto a ChatGPT e questa la riposta: “Non esiste un carro armato universalmente considerato come il migliore al mondo, poiché dipende dalle esigenze specifiche della situazione e dalle condizioni in cui deve operare. Alcune delle caratteristiche che possono essere considerate importanti in un carro armato sono la mobilità, la potenza di fuoco, la protezione e la tecnologia di bordo. Al momento attuale, i carri armati più avanzati e performanti sono considerati quelli della Russia, degli Stati Uniti e della Germania.

approfondisci e specifica quali

Alcuni dei carri armati più avanzati e performanti al mondo sono:

  • Il carro armato russo T-14 Armata: è considerato uno dei carri armati più avanzati al mondo, con una torretta senza equipaggio, un sistema di guida automatizzato e una protezione attiva contro i missili.
  • Il carro armato americano M1A2 SEPv3 Abrams: è un carro armato di quarta generazione con un'ottima protezione contro i missili e un'elevata potenza di fuoco.
  • Il carro armato tedesco Leopard 2A7+: è un carro armato di quarta generazione con una protezione attiva contro i missili e un'ottima mobilità.
  • Il carro armato francese Leclerc: è un carro armato di quarta generazione con un'elevata potenza di fuoco e una buona protezione contro i missili.

Tenere presente che le caratteristiche e le performance dei carri armati variano in base alle esigenze specifiche della situazione e delle condizioni in cui devono operare”. Bene, ora sappiamo di cosa si parla ma i Tg e Gr tutto questo non ce lo hanno detto.

Andiamo avanti, o meglio un giorno indietro. Tranquillizziamo i lettori di Bloggorai: siamo avanti con l’età ma non del tutto rimbecilliti. Ieri è comparsa in prima pagina del Corriere un fondo di Aldo Grasso con il titolo: “La Vigilanza Rai, residuo del Minculpop” e si legge una frase importante “In realtà, c'è da chiedersi se abbia ancora senso il servizio pubblico, così com'è inteso ora, o se non sia invece un concetto superato, legato alla cultura del dopoguerra, un bottino per i vincitori”. E’ l’inizio della frase che merita attenzione: “in realtà”. Già, in realtà, la domanda seppure rasposa ha un suo titolo di legittimità. In realtà, ci sono momenti in cui è necessario, quasi doveroso, chiedere se “questa Rai” e non già non “un” o  “il” Servizio Pubblico con le iniziali maiuscole possa e debba avere un senso (e quale ???) nel determinato contesto, politico, sociale e culturale del Paese. In realtà, questo interrogativo, al momento, sono ben pochi a porlo. Poi, in realtà, ci aspettavamo che Grasso, visto che quasi nessuno ha sollevato l’obiezione sull'aumento da 40 a 42 del numero dei parlamentari della Vigilanza, si fosse reso conto della possibile violazione di un dettato normativo per cui una Legge (la 103 del ’75) può essere modificata solo da altra Legge e non da un emendamento di Commissione parlamentare. Evidentemente, in realtà, per qualcuno questo non è un problema.

Andiamo avanti. Ieri nel tardo pomeriggio arriva da Vigilanza.tv una notiziola divertente e si riferisce a Minoli: il noto personaggio partecipa ad una trasmissione pomeridiana domenicale di Ra1 e leggiamo: “È molto cambiata la Rai? - Molto. Non so se in meglio. 4 secondi di imbarazzo - Che tipo di tv vedi? - Sky e Netflix” e dopo di che si è lamentato delle troppe società esterne che lavorano in Rai. Ha ragione: chissà se ne ha parlato con la di lui gentile consorte Matilde Bernabei e della di lei società, Lux Vide. E pensare che non più tardi di qualche giorno addietro qualche benpensante ha avuto la brillante idea di suggerire e far scrivere che questo signore potrebbe far parte di un nuovo ticket a cui affidare le sorti della Rai. Chissà se, in realtà, avesse mai ragione Aldo Grasso.

Questa storia ci fa venire in mente un’altra notiziola ascoltata nei giorni scorsi alla radio: “La Scala, dalla sala allo streaming: nasce la tv del Teatro di Milano - Via libera al nuovo progetto: arriva LaScala.tv, la piattaforma streaming del Teatro che sarà attiva dal 9 febbraio” (Affarititaliani). Meraviglioso. La televisione in crisi di pubblicità ha capito dove rastrellare qualche spicciolo: promuovendo la concorrenza. Ieri Netflix, poi Amazon, ora questo nuovo prodotto editoriale. Che bisogna fare per campare.  

Per finire e per chi ha lo stomaco forte, consigliamo di leggere una vera chicca di giornalismo degna di grande attenzione: un articolo “carino, affettuoso e amoroso” pubblicato da Il Giornale su Stefano Coletta ovvero “Il «Signor Rai» che ha reso fluida la televisione gen(d)eralista. Direttore del Prime Time delle tre reti pubbliche, ha colto lo Zeitgeist arcobaleno dei tempi: da Sanremo alle drag queen”. Non abbiamo grande voglia di commentare ma solo di ricordare quando il sottoscritto ha avuto il piacere di ascoltare il suo raffinato pensiero quando era ancora direttore di RaiTre: a Viale Mazzini si presentava una “nuova” trasmissione con Raffaela Carrà. In verità si trattava di un format di acquisto spagnolo e di mezzo c’era Ballandi. Le sperticate lodi all’agente artistico si accompagnavano all’imbarazzo di dover spacciare per nuova una minestra riscaldata. Ma, evidentemente, non pago di tanta gloria, si è cimentato poi con la copia della copia: vedi il recente Malgioglio. Chissà se, in realtà, avesse mai ragione Aldo Grasso.

bloggorai@gmail.com

 


 

domenica 22 gennaio 2023

Se poi ... la Rai dovesse...essere sull'orlo del baratro


Mah … boh …uhmmm… mumble … mumble… ??? … chissà … forse … vedremo … e così via. Aleggia un vago senso di rassegnato stupore. Più rassegnato che stupore. Bloggorai e qualche altro sfaccendato ce la mettono tutta per cercare di tenere su il morale del Servizio Pubblico proponendo qualche argomento non dico importante ma almeno interessante. Niente, non c’ è niente da fare: è come se dallo sprofondo uscisse fuori una manina nera che ti prende e ti trascina nei gorghi del nulla, tra il poco e il niente. Una palude malmostosa e talvolta maleodorante.

Succede che nel pomeriggio, dopo che da qualche ora gira e si legge Bloggorai, cominciano ad arrivare mail messaggi e telefonate di commento vario. Succede che, da un po’ di tempo a questa parte, si concludono sempre allo stesso modo: “Non ne usciremo mai, la Rai è condannata ad una sopravvivenza relegata in un cono d’ombra mesto e frugale” e qualcuno aggiunge: “Non si vede nemmeno un VII cavalleria che possa giungere in soccorso e liberare l’assedio … Fortezza Bastiani è sempre più sola e abbandonata al suo destino”.

Con ordine: Intelligenza artificiale e algoritmi (ChatGPT), CDN proprietaria, rete unica, refarming delle frequenze, transizione al DVB-T2 e poi canone, pubblicità in calo, telespettatori che mutano e migrano, prodotti editoriali, informazione, piano editoriale, Contratto di Servizio, Piano industriale etc etc etc …

Niente, tra Viale Mazzini e i palazzi della Politica sembra non interessare quasi nulla a nessuno.

Per poi leggere, esterrefatti, che la Vigilanza Rai viene riformata da una Commissione (Affari Sociali) per aumentare da 40 a 42 il numero dei parlamentari quando, come noto, per modificare la legge che la istituisce (la 103 del ’75) sarebbe necessaria un’altra Legge. PD e M5S hanno votato a favore, senza battere ciglio.

Per poi leggere che Bruno Vespa, in odore di partire con una striscia quotidiana dopo il Tg1 delle 20, intervista il Colonnello dei Carabinieri che ha catturato Messina Denaro e gli chiede, con garbo e cortesia, se “ … le donne andavano con Bonafede o con Matteo Messina Denaro?”. Altro che striscia post Tg delle 20.30: uno del genere meriterebbe uno speciale pre Tg ogni mattina, pranzo, pomeriggio e sera. Per quanto abbiamo potuto leggere, nessuno ha battito ciglio. Allora delle due l’una: o Porta a Porta non lo vede nessuno, ma proprio nessuno, oppure qualcuno lo vede e si stuzzica all’idea di sapere se “le donne” andavano con l’uno o con l’altro. Magari, chissà, già che c’era poteva fare pure una domanda da “genere approfondimento giornalistico” e chiedere se “le donne” andavamo con tutti e due … allegramente, tra un covo e l’altro???

Per poi leggere che da Fazio (scuderia Caschetto) c’ è un bel parterre de Roi: la Litizzetto (scuderia Caschetto) con ospiti Saviano (scuderia Caschetto) e Volo (scuderia Caschetto) che per finire in gloria presenterà il suo nuovo film che andrà in onda …ca va sans dire .. su Amazon Prime!!! Se non fosse vero sarebbe necessaria inventarla una storia del genere per renderla credibile. Rumore assordante.

Per poi leggere che Fedez andrà a Sanremo ad accompagnare la di lui moglie che sarà occupata sul palco dell’Ariston e, per ingannare il tempo, proporrà una striscia quotidiana su Rai Due.

Per poi leggere che la destra destra (quella vera) si “pappa” l’informazione Rai: Tg Rai, centrodestra a reti unificate - Alla maggioranza il 70% di tempo. II monitoraggio Agcom fotografa anche la mancanza di donne:" (La Stampa) e da leggere su Il Fatto di oggi.  Gli esponenti politici in tv sono per 1'81% uomini". In altri tempi, dopo aver letto una notizia del genere, si sarebbero mobilitate le masse, chiamato lo sciopero generale, i metalmeccanici in piazza, gli studenti che occupano le scuole, i camionisti che bloccano le autostrade. Ma chè … nulla… tutto tace. da leggere 

Per poi leggere che, secondo l’USIGRAI, roba del genere viene definita  “guerra intestina” nel mentre e nel quando, divagando e trastullando, ieri sera Maria De Filippi ha fatto oltre il 30% di ascolti. La Battaglia di Villa Arzilla sta per iniziare e cominciamo ad avere qualche timore per come potrebbe concludersi.

Se poi ci fossimo dimenticato qualcosa, siamo sempre in tempo a rimediare.. fateci sapere …

Se poi, infine, qualcuno avesse voglia di mandare a quel paese baracca burattini potrebbe non avere tutti i torti.

bloggorai@gmail.com 


 

sabato 21 gennaio 2023

Bruno Vespa, l'Intelligenza Artificiale, l'USIGRAI e la Rai

Foto di Alexandra_Koch da Pixabay

Abbiamo chiesto a ChatGPT di proporci un testo con queste tre parole chiave: Bruno Vespa, televisione potere. Ecco cosa è uscito fuori:

Bruno Vespa è un giornalista e presentatore televisivo italiano, noto per aver condotto il popolare talk show "Porta a Porta" su RAI, la società di trasmissione pubblica nazionale italiana. È anche autore di diversi libri ed è stato un commentatore politico per diverse testate giornalistiche italiane. Alcune persone pensano che Vespa abbia molta influenza nell'industria televisiva italiana”.

Poi ho chiesto di approfondire:

“Bruno Vespa è stato un volto noto della televisione italiana per molti anni, grazie alla sua conduzione del talk show "Porta a Porta" su RAI. Il programma, che va in onda dal 1996, è stato uno dei programmi di maggior successo della televisione italiana, e ha dato a Vespa una vasta platea di spettatori e un'ampia influenza sull'opinione pubblica italiana.

Il potere di Vespa non si limita solo alla sua conduzione di "Porta a Porta", ma si estende anche al suo ruolo come commentatore politico per diverse testate giornalistiche italiane. La sua posizione come conduttore del programma più seguito della televisione italiana e come commentatore politico gli ha dato una grande influenza sull'opinione pubblica italiana e sulla politica italiana.

In passato, alcune critiche hanno sollevato questioni in merito all'equità e all'oggettività delle sue opinioni e delle sue domande nei confronti dei politici ospitati in trasmissione, soprattutto in relazione al suo presunto orientamento politico.

In generale, Vespa e la trasmissione Porta a Porta sono stati spesso considerati come una forma di "potere televisivo" in Italia. La sua influenza sull'opinione pubblica e sulla politica italiana è stata ampiamente discusso e analizzato nei media italiani e nella cultura popolare”.

Ho chiesto ancora di approfondire:

Bruno Vespa è stato un volto noto della televisione italiana per molti anni, ma il suo potere e l'influenza che ha sulla politica e sull'opinione pubblica italiana sono stati oggetto di molte polemiche e discussioni.

In primis, Vespa è stato criticato per la sua presunta mancanza di obiettività nei confronti dei politici ospitati nella sua trasmissione. Alcuni hanno sostenuto che le sue domande e le sue opinioni sono state spesso orientate verso un determinato orientamento politico, e che ha favorito alcuni partiti o leader politiche rispetto ad altri.

Inoltre, l'ampia copertura mediatica che "Porta a Porta" riceve e l'influenza che Vespa ha sull'opinione pubblica italiana, ha portato ad alcune critiche sulla sua influenza sulla formazione dell'agenda politica e sulla narrazione dei fatti. Ci sono stati casi in cui Vespa e il suo programma sono stati accusati di manipolare la narrazione dei fatti e di influenzare l'opinione pubblica in modo da favorire determinati partiti o leader politici.

C'è anche un dibattito sulla sua influenza sulla formazione dell'agenda politica. Alcuni sostengono che Vespa e il suo programma hanno un ruolo importante nella definizione dei temi e dei problemi che sono considerati importanti nella politica italiana, mentre altri sostengono che l'influenza di Vespa sull'agenda politica è esagerata. In generale, l'influenza di Vespa sulla politica e sull'opinione pubblica italiana è stata ampiamente discusso e analizzato nei media italiani e nella cultura popolare. Anche se ci sono critiche sulla sua obiettività e sulla sua influenza sull'agenda politica, non si può negare che Vespa e il suo programma "Porta a Porta" hanno avuto un impatto significativo sulla scena politica e mediatica italiana”.

C’è altro da aggiungere? Si: il comunicato stampa USIGRAI diffuso ieri pomeriggio: “Una striscia di informazione quotidiana a Bruno Vespa che già conduce, con un contratto da artista, Porta a Porta rischia di far diventare l’approfondimento giornalistico della rete ammiraglia del servizio pubblico un Genere che finirebbe per prendere il nome e i tratti dello stesso Vespa. Una Rai che affidi a un solo soggetto la conduzione di tutto l’approfondimento informativo delle fasce di maggiore ascolto di una rete, dà  l’impressione di non avere altra scelta. Chi guida l’azienda sa  invece che tra le giornaliste e i giornalisti della Rai ci sono già le professionalità a cui attingere per diversificare l’offerta di informazione del Servizio pubblico… Ci aspettiamo dunque che i vertici della Rai  valutino in piena autonomia editoriale le scelte da fare sul fronte dell’informazione, in linea con quanto previsto dal Contratto di servizio e senza penalizzare, con sovrapposizioni di palinsesto, i Tg delle diverse reti”.

C’è da rimanere alquanto sconcertati e non si capisce se da quanto scrive ChatGPT o dal Comunicato stampa dei giornalisti Rai dove si legge che "... il sindacato non intende farsi trascinare da guerre intestine ...". Guerra intestina? Una vicenda del genere è considerata banalmente una "guerra intestina"??? Sono mesi che si sente parlare di questa possibile striscia da affidare a Vespa. Sono anni che i “vertici” Rai fanno e disfano a loro piacimento (qualcuno ricorda il tema TGR notturno e come è andato a finire?). Sono anni che si affida a giornalisti esterni la qualunque: da responsabile della comunicazione dell’AD (Caprara) alla conduzione della striscia serale di RaiTre con Damilano.  Di cosa ci si stupisce? Cosa altro ci si aspetta da “questi vertici”? Un incontro .... ah si .. certo . un incontro non si nega mai a nessuno.

Note del giorno: secondo quanto riportato dall’ultimo rilevamento di Radio TER, RadioUno e RadioDue sprofondano a -8,3 e  -4,2. Il Messaggero riporta la notizia di un incontro tra il ministro Giorgetti e l’AD Fuortes: “Attenzione ai conti Rai… Nonostante il pareggio di bilancio raggiunto  nel 2022 resta lontano l'obiettivo di messa in sicurezza, con un indebitamento ancora in crescita dopo la vetta di 625 milioni toccata a giugno”. Infine: articolo di Roselli sul Fatto che, a proposito di Vespa, riferisce una notizia: “Ma c'è anche un retroscena aziendale. Monica Maggioni, direttrice del Tg1, per mollare la poltrona avrebbe chiesto una seconda serata su Rai1 al posto di Porta a porta”. Perfetto: i “corni tontano” come direbbe erroneamente l’AI ma basta chiedere di correggere e allora direbbe “i conti tornano”.

bloggorai@gmail.com


ps: ovviamente, del "pasticciaccio brutto brutto " della Vigilanza Rai nessuno ha scritto una riga...

giovedì 19 gennaio 2023

Vigilanza Rai: grande il disordine sotto il cielo


Questo post non è stato scritto da un sofware di AI ma un software di AI potrebbe scrivere questo post. Sarebbe sufficiente inserire le parole chiave e porre domande in modo corretto per avere ragionevoli possibilità che il testo che ne scaturisce sia alquanto “attendibile” e aggiornato. Noi stiamo usando ChatGPT ma ce ne sono altri non meno interessanti. Allo stesso modo abbiamo sperimentato la variante “immagini”: abbiamo fornito un paio di parole chiave e chiesto di generare un’immagine e il risultato è quello che avete visto oggi e nei giorni scorsi. Sull’argomento è in  corso un vivacissimo dibattito al quale siamo molto interessati. Ve ne daremo conto.

Ieri, riflettendo sull'arresto di Messina Denaro, ci eravamo lasciati con il post che chiudeva così: “Da sempre, da quando inizia la storia delle organizzazioni criminali in Italia, si è posto il problema del rapporto con il potere politico e, da sempre, non si è mai sciolto il nodo gordiano”. Il solito acuto lettore ci ha corretto e aggiornato, anche a seguito delle dichiarazioni del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, con una frase lapidaria: “Non si tratta di nodo gordiano ma di godo nordiano. Amen.

Bene, abbiamo scritto spesso e volentieri che ci troviamo in una contingenza politica dove sulla Rai e il Servizio Pubblico incertezza e confusione regnano sovrane. Ieri ne abbiamo avuto prova provata. Nel pomeriggio si è diffusa questa notizia: “Via libera delle commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera per l'ampliamento dei componenti della Vigilanza Rai che passano dagli attuali 40 a 42. L'allargamento consente la rappresentanza a tutti i gruppi parlamentari sia alla Camera che al Senato” /Adnkronos. Qualcosa non torna. Anzitutto perché la Commissione Giustizia si occupa della Vigilanza Rai e, cosa ancora più rilevante, perché delibera su una materia che deve essere regolamentata da una Legge? Infatti, l’istituzione della Commissione Bicamerale per la Vigilanza Rai è istituita da una Legge, la n. 103 del 14 aprile 1975, che ne fissa la modalità di formazione, il numero dei componenti etc. Come è noto, una Legge può essere sostituita o modificata solo da un’altra Legge di rango equivalente o superiore e, in materia, non risulta che questo Governo o questo Parlamento abbia deliberato una nuova Legge che supera o modifica la 103 del ’75. A tal punto che la stessa riforma dei due rami del Parlamento non ha intaccato questa disposizione che fissa a 40 i componenti della Vigilanza nonostante si sia ridotto il numero dei deputati e senatori. Ne consegue, semplicemente, che la Commissione Giustizia potrebbe aver fatto un errore e forse non di poco conto.

Se non che, poco dopo questa agenzia, se ne legge una complementare alle 19.21: “Potrebbe chiudersi in settimana il capitolo delle commissioni bicamerali. A quanto si apprende da fonti parlamentari, la possibile intesa vede la presidenza M5S della commissione di Vigilanza Rai e il nome che circola è quello di Alessandra Todde, in alternativa a Riccardo Ricciardi su cui la maggioranza avrebbe perplessità, si spiega. Mentre andrebbe al Terzo Polo la guida della commissione d'inchiesta Covid e in ambienti parlamentari non si esclude che possa andare alla presidenza dell'organismo Maria Elena Boschi” /AdnKronos. Successivamente, alle 2016: “Potrebbe chiudersi in settimana il capitolo delle commissioni bicamerali. A quanto si apprende da fonti parlamentari, la possibile intesa vede la presidenza M5S della commissione di Vigilanza Rai e il nome che circola è quello di Alessandra Todde, in alternativa a Riccardo Ricciardi su cui la maggioranza avrebbe perplessità, si spiega. Mentre andrebbe al Terzo Polo la guida della commissione d'inchiesta Covid e in ambienti parlamentari non si esclude che possa andare alla presidenza dell'organismo Maria Elena Boschi” /ANSA. A farla corta, il gioco sembra fatto: raggiunto l’accordo ad estendere il numero dei componenti della Vigilanza si potrebbe aver raggiunto l’accordo per l’assegnazione della presidenza che era un altro “gordo nodiano”. Ora, come pure abbiamo scritto, potrebbe essere un passo avanti in grado si far avanzare la trattativa per il nuovo Contratto di Servizio perché, come noto, la Vigilanza sarà chiamata ad esprimere un parere obbligatorio seppure non vincolante. Da questo punto di vista, potrebbe essere un fatto positivo che sia stato raggiunto l’accordo politico ma che questo sia siglato sulle macerie di quella che si potrebbe configurare come una violazione della normativa non lascia sperare nulla di buono. Da osservare che l’intesa in Commissione Giustizia sia stata raggiunta all’unanimità. PD e M5S compresi. Tanto per gradire.

bloggorai@gmail.com

Ps: rimanete sintonizzati: altre notizie interessanti in arrivo!!!


 

La Televisione e il dito nell'occhio del racconto mafioso


La cattura di Matteo Messina Denaro è come un dito nell’occhio nella lettura mediatica dei grandi fenomeni che avvengono nel Paese: da un lato acceca e riduce le capacità visive, dall’altro aumenta, concentra e migliora sull’altro occhio le possibilità di “vedere” meglio quanto avviene nel mondo circostante.

Ieri sul Corriere (Polito) è stato riproposto un problema millenario: necessario sempre porre il dubbio, la domanda, l’interrogativo, la ricerca del perché succedono fatti e avvenimenti con l’obbligo di approfondire e porre domande. Per quanto ci riguarda ci riteniamo antesignani del presocraticismo. Siamo nati e cresciuti nel sospetto, nell’incertezza e nell’ambiguità di verità mai svelate, di circoli viziosi di omertà e bugie. Appunto, le  grandi bugie di Stato mai svelate. Trame e complotti, misteri e occultismo di vario genere hanno accompagnato da sempre  la storia della Repubblica. Non fa eccezione, ovviamente, la cattura di Matteo Messina Denaro. Perché non si dovrebbero suscitare legittimi dubbi sul come, sul dove e sul quando è avvenuta la cattura? E perché non dovrebbe porsi la solita semplice domanda: ci stanno raccontando tutto e come la stanno raccontando questa vicenda (Federico Geremicca, La Stampa)? La televisione, in particolare, come propone il “racconto” di questa cattura?  

Partiamo dalle immagini: è una cattura ad alto contenuto visuale. Tutto sembra “organizzato” a favore di telecamera: il luogo dove avviene la cattura, avvenuta nel cuore della città, a poca distanza dalle sedi operative di vari soggetti interessati al suo arresto, il personaggio che esce senza manette, i covi,  le conferenze stampa e le varie dichiarazioni dove (curiosamente) è assente “visualmente” la Polizia di Stato ma solo Carabinieri. I testi a supporto dei servizi televisivi sono tutti indirizzati a sostenere il legittimo sentimento di soddisfazione per l’arresto del capo mafioso. Tutto il resto si pone in secondo piano. Il racconto televisivo e giornalistico è tutto incentrato sulla cronaca fattuale. Solo incidentalmente emerge il legittimo dubbio sul come e sul perchè si è giunto solo dopo 30 anni alla sua cattura di cui, si specifica e si sottolinea,  che non ha previsto trattative di alcun genere ma solo “investigazione pura”. I servizi televisivi si soffermano a lungo, spesso e volentieri, su dettagli narrativi apparentemente irrilevanti per comprendere appieno il valore della notizia: la giacca, gli occhiali, i corridoi della clinica "che profumano di pulito" . E non si tratta di un “atteggiamento narrativo” secondario. La decisa marcatura del racconto sul piano della cronaca toglie indubbio spazio sia all’impaginazione complessiva del giornale rispetto alle altre notizie, sia alla lettura analitica del fatto specifico. Fatte X le pagine o i minuti dedicati all’argomento, è assolutamente evidente che questo fattore è in sottrazione rispetto al totale delle altre pagine o minuti complessivi di cui un giornale dispone. Semplificando: "dietro la notizia, niente".

Verrebbe la tentazione di sostenere una tesi forse riduttiva e banale ma non priva di fondamento: alcuni avvenimenti “cascano a fagiuolo” e non pare vero di poterli utilizzare a favore di una “distrazione” mediatica rispetto ad altri di non minore importanza. Il caso di scuola è l’attentato a Togliatti nel 1948. Certo, come sostengono alcuni nostri lettori “L'arresto di Messina Denaro è una notizia che avrebbe fatto comodo a qualsiasi Governo”. Ma oggi fa più comodo assai … al Governo Meloni di quanto non avrebbe fatto comodo ad un governo precedente. La variante è solo nella capacità del Governo di turno di essere in grado, di avere la forza operativa e “contrattuale” per “far accadere” il fatto e creare la notizia. In questa circostanza storica e politica, non pare vero al Governo di turno di potersi permettere questa “distrazione” di tale livello così trasversale in grado di spostare l’asse di attenzione dell’opinione pubblica da altri problemi che pure l’affliggono. Per rendere poi "notiziabili" certi fatti si richiede che, per loro natura intrinseca, debbano essere ridotti e frantumati in dettagli: da un lato sembrano arricchire il racconto, dall'altro invece stordiscono e annacquano la comprensione.

C’è poi un terreno di riflessione che investe la vicenda Messina Denaro più trasversale e complessa che ci riporta al cuore del dubbio socratico. Non è necessario essere esperti di questioni o storia di mafia per sapere che si tratta di un fenomeno criminale organizzato che ha radici profonde e gode di complicità e connivenze in almeno quattro livelli. Il primo è strettamente sociale e locale, composta dalla sua famiglia e da quanti insistono nel suo territorio. Il secondo vede coinvolti vasti settori sociali contigui (la “borghesia mafiosa” di cui ha parlato il Procuratore di Palermo). Il terzo si riferisce alle zone oscure, grigie e opache composte da servizi deviati, logge massoniche e circoli di interessi imprenditoriali di vari genere. Il quarto, forse il più rilevante, si riferisce alle complicità più o meno occulte con la politica. Da sempre, da quando inizia la storia delle organizzazioni criminali in Italia, si è posto il problema del rapporto con il potere politico e, da sempre, non si è mai sciolto il nodo gordiano.  Last minute: c'è infine un quinto livello assai più complesso e trasversale. Si tratta del livello mediatico, ovvero di come di come si descrive il fenomeno criminale organizzato che non è solo "Gomorra" o la "Banda della Magliana". ma questo è un capitolo tutto da scrivere.  

bloggorai@gmail.com


ps: l'immagine di copertina si vede bene?

grazie per eventuali segnalazioni