giovedì 31 dicembre 2020

La fine di un anno bisesto, funesto e nefasto

… Ora però ci costa il non amarsi più... È un dolore nascosto giù nell'anima...

Cosa resterà di questi anni ottanta? Afferrati e già scivolati via ... Cosa resterà?

Già, cosa resterà di memorabile di quest’anno bisesto, nefasto e funesto come una guerra mondiale dell’era moderna? Oltre la tragedia, individuale e collettiva del Covid, cosa rimarrà nella memoria, quali immagini ci porteremo dietro, cosa metteremo nel cassetto dei ricordi? Poco, talmente poco che rasenta il nulla. Il poco è intimo e privato e appartiene alla storia di ognuno di noi, delle persone che gli sono vicine, il nulla è collettivo e condiviso ed è democratico perché appartiene, chi più chi meno, a tutti.

Ci limitiamo a rivedere il film, l’audiovisivo, che ci ha accompagnato durante questi dannati 10 mesi che si potrebbe condensare solo in pochi fotogrammi degni di attenzione. Ve ne proponiamo solo due. Il primo è l’immagine di Papa Francesco, da solo, sotto la pioggia a Piazza san Pietro. Anche chi non è cristiano potrà convenire che si è trattato di una icona, di un segno, di un significato universale perché coglie tutta la solitudine e la disperazione che abbiamo attraversato, tutti, in quelle drammatiche circostanze. Il secondo è un filmato realizzato da Jacopo su un terrazzo di Roma, affacciato su Piazza Navona deserta, mentre suona con la chitarra “C’era una volta in America” di Ennio Morricone (che ci ha lasciato proprio quest’anno): un sentimento forte e struggente come solo alcune note riescono a suscitare. Si potrebbero aggiungere la fotografia dell’infermiera accasciata sulla tastiera dl computer oppure quella dei camion militari che portano via le persone decedute divenute anch’esse iconiche di questi mesi. Ognuno, poi, nel suo immaginario e campo visivo, ritrova momenti e suggestioni, emozioni ed immagini che meglio raccontano a se stessi, prima ancora che agli altri, cosa ha vissuto in questo anno bisesto, nefasto e funesto.

Noi, in questo piccolo blog, ci occupiamo di Rai, di Servizio pubblico radiotelevisivo con uno sguardo sempre attento più verso il suo prossimo futuro che non sul recente o antico passato. In oltre due anni di vita, ormai vicini alle 100 mila visualizzazioni, abbiamo cercato costantemente di andare oltre la cronaca quotidiana, la bassa cucina, pure se consapevoli che anche in quelle zone si nascondono piccole e grandi verità meritevoli di attenzione. Però abbiamo sempre posto attenzione su un aspetto  specifico della “nostra” lettura: come noto, difficile cercare di capire cosa potrà avvenire dopo se non è chiaro cosa è successo prima. Gli eventi, gli accadimenti, hanno sempre una loro dinamica interna ed esterna. Tutto si colloca in un contesto dinamico, fluido, dove nulla succede mai per caso. Come abbiamo scritto spesso e volentieri. Sotto gli alberi del pero non cascano le mele. Allora ci siamo chiesti: cosa resterà di memorabile della Rai per l’anno che si sta per concludere? Siamo andati a rileggere il testo del BloggoRaiReport che sarà inviato per mail ai lettori che ce ne faranno richiesta (grazie in anticipo a coloro che hanno già scritto) ed abbiamo fatto fatica a trovare un solo momento degno di essere ricordato e scritto nel libro di storia. Mentre, al contrario, si sono riempite le pagine di quanto avrebbe, potrebbe e dovrebbe essere stato scritto e invece non è avvenuto. 

Anzitutto, non è stato fatto quanto necessario per informare senza terrorizzare, per comunicare senza intimorire, per aiutare a comprendere, a decifrare, cosa stava avvenendo e cosa ancora potrebbe avvenire. Abbiamo posto da tempo un interrogativo: il Servizio Pubblico, la Rai, ha svolto compiutamente e adeguatamente il suo compito? Ha usato immagini e parole giuste e opportune? Ieri abbiamo citato i numeri sugli ascolti che ci dicono solo che la platea televisiva è aumentata, ma non ci dicono quanto e come i telespettatori hanno metabolizzato il racconto sociale che veniva proposto e cosa ne hanno conservato. Ieri un lettore ci ha inviato questa immagine:  


Note di fine mese. Ieri il Corriere ha pubblicato ben 4 pagine intere di Netflix dove si annunciava la diffusione di una docu-serie su San Patrignano. 

Oggi intervista al direttore di Rai Doc su Italia Oggi a proposito della “balla” sul ritrovamento di Pompei. Come si dice: una smentita è una notizia data due volte e che non solo non smentisce nulla ma anzi … e si legge: “… il progetto su Pompei è iniziato tre anni fa. Ministero dei Beni Culturali e sovrintendenza hanno parlato con la Rai, coinvolgendola … Purtroppo la Rai si sfilò perché all'epoca non era pronta e non aveva la struttura Rai Documentari, ma il progetto Pompei parte italiano ed è rimasto molto italiano, visto che, ad esempio, tutti quelli che parlano nel documentario sono italiani”. Non era pronta??? Parlano italiano??? E ci mancherebbe.. gli italiani che lingua dovrebbero parlare??? Guardate questo lavoro, realizzato dalle stesso Giammaria nel 2017. https://www.raiplay.it/video/2017/08/Gli-scavi-di-Pompei---28072017-67ee5023-f315-4d0e-aadf-4bfaffaeda99.html  e ditemi se la Rai non era pronta. E poi, tutti i documentari di Angela da chi sono stati realizzati? Tutto si può fare nella vita .. fino ad un certo punto, con discrezione.

Ecco, cosa resterà di questo anno bisesto, nefasto e funesto? Forse, una piccola, semplice balla. Qualcuno nei giorni scorsi, a Viale Mazzini, un po’ stizzito ci ha detto “… e che vuoi che sia… voi giornalisti quando qualcuno indica la luna vi limitate a guardare il dito …”… già, il dito. Forse ha ragione: è proprio quel dito che ci interessa: la luna già la vediamo da soli.

Come si dice a Roma … Buona fine e Buon principio a tutti i lettori del Blog … Auguri !!!

Ricordate che dal 2 gennaio sarà disponibile su richiesta il BloggoRaiReport con una sintesi, mese per mese, di quanto avvenuto alla Rai e dintorni.

bloggorai@gmail.com

mercoledì 30 dicembre 2020

Le Balle e le Bolle di fine d'anno

Dal primo gennaio sarà disponibile su richiesta mail il BloggoRaiReport con la sintesi, 

mese per mese, di quanto avvenuto in Rai e dintorni.

Questo fine d’anno (era ora che arrivasse) per il Servizio Pubblico si chiude tra poche edificanti balle, una bolla e qualche conto che non torna. Della balla su Pompei vi abbiamo scritto (oggi riprende il ragionamento pari pari Italia Oggi con la firma di Claudio Plazzotta) mentre delle bolle si comincia a parlare a proposito di Sanremo, dove si vorrebbe chiudere un po’ di gente (pubblico, giornalisti etc.) in una specie di “bolla galleggiante” ancorata di fronte all’Ariston. Ottusamente a Viale Mazzini ripetono che “Sanremo è Sanremo” e magari dimenticano che pure le Olimpiadi di Tokio sono state rinviate per colpa del Covid. Sui conti la situazione è molto semplice: AgCom ha certificato chiaro e tondo che i ricavi quest’anno per il mercato televisivo italiano si confermano in drastica riduzione, riducendosi per Rai, Medlaset e Sky Italia per oltre il 14%, e si attestano a circa 7,9 miliardi dai circa 9,2 che erano nel 2010 mentre la pubblicità è calata di circa il 14%. Per quanto riguarda in particolare i conti di Viale Mazzini vi abbiamo già scritto in abbondanza. Invece, come leggiamo sul Sole24 Ore a firma di Andrea Biondi (che utilizza dati Auditel elaborati dallo Studio Frasi di Francesco Siliato) la televisione generalista quest’anno ha visto generarsi il fenomeno della crescita di ascolti “obbligata” dalle serate in casa a seguito della pandemia. Infatti, è aumentata la platea televisiva, passando ad oltre 2 mln in più rispetto alla media degli anni precedenti mentre sono aumentati i “pubblici” giovani e istruiti. Che tutto questo sia un buon segno è tutto da verificare. Specie se è determinato da una tragedia collettiva come quella che stiamo vivendo: ne avremmo fatto volentieri a meno. In questo stesso anno, è cresciuto anche in modo esponenziale il pubblico delle piattaforme a pagamento attestandosi a circa 12 mln di abbonamenti e circa 16 mln di telespettatori (un abbonamento è utilizzato da più persone). In qualche modo quello che viene presentato come un successo delle televisioni generaliste, purtroppo, soffre il martello del Covid che ha alterato totalmente le dinamiche del mercato audiovisivo. Difficile pure argomentare su perché i giovani si sono avvicinati o tornati al broadcast: appare evidente che, ampliandosi la platea, ne consegue che si ampliano anche le sue componenti. Da qui a supporre che questo dato sia in relazione al riconoscimento di maggiore credibilità potrebbe essere azzardato. Si può sostenere, al più, che l’informazione televisiva è stata un media obbligatorio e prevalente rispetto alla carta stampata che, infatti, ha visto calare ulteriormente il numero di copie vedute.

Torniamo e chiudiamo il ragionamento sulla cultura che negli ultimi giorni ha tenuto molto banco. Tutto inizia nei mesci scorsi quando viene data forma all’idea del Ministro Franceschini di creare una “Netflix della cultura italiana” alla quale, per un verso o per altro, Rai non partecipa. Prima di proseguire però può essere utile l’intervista ad Andrea Salerno , direttore di La7, che si legge oggi sul Corriere a firma di Renato Franco. Già il titolo è interessante: “Su La7 un ritratto dell'Italia Vero servizio al pubblico”. Citiamo poi un passaggio importante: “La tv generalista come può arginare piattaforme come Netflix e Amazon? «La vera differenza è che noi siamo editori: loro ti offrono un bouquet sconfinato di prodotti dove a volte passi più tempo a scegliere che a guardare; mentre il compito di un editore è proporre e indicare una strada. E la stessa differenza che passa tra un ristorante con mille portate dove ti perdi e un oste che ti consiglia i piatti del giorno. Noi continueremo a esistere se sapremo fare questo lavoro: essere editori tutti i giorni. E l'unico modo di competere con potenze mondiali come quelle”. Salerno è stato dipendente Rai. Un consiglio: riprendetelo, magari con 240 mila euro/anno lordi accetta. 

Ecco allora che il ragionamento si chiude e prende forma: la Rai ha abdicato progressivamente, da tempo, dal suo ruolo istituzionale di “editore” al servizio del pubblico per passare ad essere editore di servizio ad un pubblico, quello della politica che, di fatto, è artefice della sua sopravvivenza.

Il terreno della cultura è centrale: il prodotto audiovisivo, complessivamente inteso, è cultura in ogni sua forma e manifestazione. Il Servizio Pubblico, in assoluto, rappresenta, sintetizza, ripropone la Cultura del Paese con le maiuscole. I “contenuti” sono cultura come pure “cultura” sono le piattaforme tecnologiche con le quali vengono distribuiti. Produrre o comprare un contenuto non è la stessa cosa: quando produci sei garante e responsabile di quello che proponi senza mediazioni e inoltre lo fai rispondendo ad atti di indirizzo pubblici, come il Contratto di Servizio, per il quale percepisci il canone. Quando compri sei solo un mercante e devi giudicare in basa ad un semplice e brutale rapporto di costi/convenienza: quanto pago per avere un prodotto che rende X ascolti. Allora la domanda è semplice: Rai produce cultura? La risposta, ovviamente, è altrettanto semplice: Si. Può produrne di più o meglio? Si e no. Forse il perché è noto: non ci sono soldi. Ma questa risposta non è sufficiente. Si può fare di meglio e di più anche con le risorse scarse di cui oggi la Rai dispone. Una prova? Andate a vedere il sito www.raicultura.it e poi andate a vedere sulla tanto citata RaiPlay se trovate gli stessi contenuti. No, non ci sono e non è un caso. I prodotti prevalentemente “culturali” (ci si conceda la sintesi giornalistica) son distribuiti su tre canali: Rai5, Rai Storia e Rai Scuola dove ognuno sembra andare per proprio conto senza identità e progetto editoriale omogeneo. Sembra una cosa tanto semplice e ovvia che è stupefacente che nessuno ci possa aver pensato. O meglio, è verosimile che qualcuno possa averlo fatto ma ha semplicemente fatto una scelta diversa: si privilegia il potentato interno, le scelte “personalizzate” dove ognuno gestisce il proprio piccolo regno che esso sia musicale (dove, ad esempio, ci dicono, da tempo si privilegiano la case musicali main stream a danno dei compositori contemporanei) oppure letterario o artistico. Abbiamo una proposta. Se ci sono lettori che si vogliono associare, si potrebbe proporre a Rai la realizzazione di un documentario sul Louvre, da realizzare con qualche soldo del Recovery Fund e l’aiuto dell’EBU e magari cercare di venderlo alla BBC, a France Tv o ai giapponesi di NHK. Non avremmo bisogno di grandi capitali.

Vi anticipiamo il tema del prossimo anno: 

il Servizio Pubblico Radiotelevisivo tra pubblico e privato, tra Stato e mercato.

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martedì 29 dicembre 2020

Elegia della Bugia o della Mezza Verità

Nei prossimi giorni sarà disponibile un nuovo BloggoRaiReport con una sintesi di quanto avvenuto in Rai e dintorni nel 2020. E' sufficiente richiederlo con la solita mail a bloggorai@gmail.co

Oggi mettetevi comodi. Dove si colloca il sottile confine tra menzogna e mezza verità? In quale modo un’affermazione si può ritenere vera o falsa in relazione al suo contenuto? Fino a che punto possiamo ritenere una bugia accettabile o sopportabile? Si tratta di interrogativi che tutti ci siamo posti, in un modo o nell’altro. Si tratta pure di un argomento che da tempo interessa l’antropologia, la psicologia, la sociologia (categoria benemerita alla quale appartengo) e, non ultima, la politica. Si tratta poi di un tema che sconfina verso altre declinazioni che, appunto, non rientrano appieno nella definizione “tecnica” di bugia o menzogna come, ad esempio, la mistificazione di un fatto, l’alterazione delle sue connotazioni, il camuffamento dietro altri elementi. Per chi avesse voglia di divertirsi sull’argomento e condividere la sua rilevanza pressoché assoluta nella storia delle vicende umane suggeriamo il fondamentale La Menzogna di Sant’Agostino che l’ha definita come “questione straordinariamente oscura” e il più attuale di Hannah Arendt ,Verità e politica.

Veniamo ora ad un aspetto complementare: la menzogna o bugia si colloca solitamente all’interno di un “racconto”, di un narrazione. Si definisce in un certo senso lo stato alterato del messaggio, della relazione tra chi lo emette e chi lo riceve. Ricordate il celebre quadro di Magritte:


Bene, tutto questo per riportare in vicende a noi più vicine, forse piccole nelle loro “dimensioni” ma grandi nel loro significato. Nei giorni scorsi buona parte della stampa italiana ha dato grande attenzione ad un “notizia” sul Termopolio di Pompei che è stata titolata con grande enfasi come si trattasse di un evento imprevisto o casuale. Il Ministro dei beni Culturali Franceschini ha dichiarato: “scoperta straordinaria” "Un grande esempio per la ripresa del Paese” (26 dicembre). Per carità, in momenti come quelli che stiamo attraversando una buona notizia fa solo che bene! Bisogna pur dire però che una buona notizia per essere tale deve pure essere corretta e completa, altrimenti suona male e si prospetta come una mezza verità che, a sua volta, si avvicina alla bugia. Non è corretto sostenere che si  tratta di una “nuova” scoperta in quanto gli scavi sono iniziati oltre due anni addietro e le prime immagini del ritrovamento sono state pubblicate il 2 marzo 2019 (vedi https://www.finestresullarte.info/attualita/scoperti-affreschi-bancone-termopolio-pompei) e ha pure poco di “straordinario” in un sito archeologico dove c’è ancora un patrimonio infinito da scoprire. Fin qui, poco da dire: complimenti ai comunicatori del MiBact che sono in grado di spacciare una mezza verità come una notizia sensazionale. Se non che, si è voluto andare oltre ed investire/coinvolgere pure la Rai al punto di mandare in onda l’altra sera su Rai Due un documentario sul tema e dove si è pure sostenuto che è stato “realizzato” dalla Rai quando non è vero (vedi Comunicato dell’Ufficio stampa Rai “Il docu-film, è uno straordinario progetto documentaristico co-prodotto da Gedeon Programmes e dal Parco Archeologico di Pompei, in collaborazione con France Télévisions, RTBF Télévision belge, Unità Documentari EBU Coproduction Fund. Diretto da Pierre Stine”). Ora che il Ministro possa avere tutto il suo interesse personale ad avere visibilità, che il Governo possa trarne "vantaggio di percezione” presso l’opinione pubblica sul suo operato si può pure comprendere, che la stampa sia stata almeno “distratta” nel  non verificare che si è trattato di una “non notizia” ci può anche stare. Che l’artefice di questa operazione che ora vanta le lodi della Rai sia lo stesso che ha immaginato una “piattaforma della cultura” dove la Rai non è presente, passi. Ma che la Rai possa “sorvolare” su questi dettagli no, come pure che si possa sostenere o far intuire che un documentario del genere sia frutto del genio aziendale no: è stato solo e semplicemente un acquisto “…attualizzato dall’equipe interna di Rai Doc…”. Già, appunto, è necessaria una Direzione per “attualizzare” un prodotto acquistato? Se occorre, ci sono stuoli di pensionati Rai che lo farebbero gratis. Con buona pace di tutti, il filmato su Pompei ha raccolto di fronte alla televisione circa tre milioni di telespettatori e, come ci dicono a Viale Mazzini, tanto dovrebbe bastare. Che poi questo risultato sia stato ottenuto con un documentario acquistato per intero da un consorzio francese, belga e giapponese e non prodotto dalla stessa Rai, come avrebbe potuto e dovuto essere, poco importa. Che poi questo prodotto sia stato di corollario ad una operazione politico mediatica che con la cultura e il Servizio Pubblico avrebbe poco a che fare, importa ancora meno. I documentari sono un prodotto da Servizio Pubblico Radiotelevisivo? Si. Si possono produrre con le poche risorse di cui la Rai dispone? Si. Obiezione di fonte Rai: non abbiamo soldi. La Direzione Rai Doc dispone di circa 13 mln annui. Pochi? Tanti? Bisognerebbe chiedere a Piero Angela, oppure a Geo&Geo che pure di documentari ne sanno qualcosa e vantano una considerevole esperienza. E magari li sanno fare anche meglio. La consigliera Borioni ha twittato: "Perché la cultura non è un semplice evento, è un processo, un’esperienza che si svolge nel tempo, un’abitudine che si acquisisce poco a poco". Ha ragione, da ben prima di Francheschini e di Rai Doc.

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lunedì 28 dicembre 2020

La Rai vorrebbe ma non può, potrebbe ma non deve.

 

Anzitutto un grande grazie ai tantissimi lettori che pure nei giorni scorsi hanno seguito questo Blog. Anche ieri un record di contatti che ci fanno avvicinare ad un traguardo che quando abbiamo iniziato mai avremmo potuto immaginare. Grazie a tutti voi!!!

Nei prossimi giorni sarà disponibile un nuovo BloggoRaiReport con una sintesi di quanto avvenuto in Rai e dintorni nel 2020. E' sufficiente richiederlo con la solita mail bloggorai@gmail.co

Sarà capitato anche a voi… una sera, un po’ impigriti e stanchi… di sparapanzarsi sul divano e  cercare con il telecomando qualcosa di sufficientemente diverso dal solito e poco impegnativo. Il sottoscritto, talvolta, vaga tra il canale 35 e il 52 dove trova storie di famiglie bizzarre che vivono in Alaska, la serie di “come è fatto” un carillon cecoslovacco o un manico di ombrello, oppure le complicate vicende di una coppia di persone tutte nude che cercano di sopravvivere nella giungla. Si tratta di emozioni televisivamente pure, forti, coinvolgenti a tal punto che è garantito il torpore al massimo dopo 10 minuti di visione. La Rai o Mediaset se li sognano prodotti del genere: ci pensa la 27a replica di Montalbano o Don Matteo a tenerci svegli.

Allora, è successo ieri sera che su Rai Due è andato in onda un documentario sulla recentissima (???) scoperta archeologica avvenuta a Pompei. Attenzione: il Termopolio di Pompei è stato scoperto oltre un anno e mezzo fa eppure ci è stato spacciato da tutti i media come una scoperta dell’altro ieri!!! Quasi nessuno ha osservato che si tratta di un progetto di recupero di un’area di Pompei, il cosiddetto “cuneo” oggetto di scavo da alcuni anni. Accipicchia, roba che nemmeno il mitico Giacobbo sarebbe stato in grado di fare! Piatto ricco, mi ci ficco e dopo aver allertato la famiglia, preparo i cuscini sul divano, chiedo ai due gatti gentilmente di spostarsi e mi accingo alla visione felice e contento di trovare un prodotto del genere addirittura su RaiDue, rete generalista di provata fede. Prima però leggiamo il Comunicato dell’Ufficio Stampa Rai: “Il docu-film, è uno straordinario progetto documentaristico co-prodotto da Gedeon Programmes e dal Parco Archeologico di Pompei, in collaborazione con France Télévisions, RTBF Télévision belge, Unità Documentari EBU Coproduction Fund. Diretto da Pierre Stine”. Attenzione: co-prodotto da altri ma non da Rai, che ha solo acquistato!!! Questo è grave !!! Con pure un saluto del Ministro Franceschini che suona falso e beffardo sulla cultura in televisione dopo aver promosso e sostenuto il suo modello di “Netflix” al quale non partecipa la Rai. Bene, allora vediamo ‘sto Pompei franco, belga giapponese. Premessa: nei canali citati prima, spesso si vedono documentari storici o artistici che interessano il nostro Paese (realizzati benissimo !!!) e solitamente a commentare sono sempre studiosi o esperti prevalentemente anglofoni. L’ultimo che ho visto è stato sul Pantheon di Roma: non un italiano a commentare e spiegare!!! Ora, è pur vero che “think local, act global” ma… santa pace…Va bene, facciamola corta e andiamo al sodo. Il documentario di Pompei ieri sera ci è apparso povero, debole, poco televisivo. Il tutto si spiega con l’eterno dilemma le risorse economiche per realizzare prodotti del genere. La Rai non le ha e deve fare quello che può con il poco di cui dispone: circa 13 milioni di euro a fronte delle centinaia che gli altri Servizi pubblici europei destinano alla produzione di documentari. Nella più benevola delle circostanze, appunto, può solo comprare e mettere in onda. Poi c’è sempre qualcuno che sostiene che Rai non debba produrre in proprio ma debba essere volano per l’intero settore audiovisivo. Certo… ci mancherebbe. Torniamo al solito eterno problema: il Servizio Pubblico richiede sostegno di progetto, di programma, di tecnologie e, sostanzialmente, di soldi.

Il documentario di ieri è stato, semplicemente, la fotografia di come la Rai vorrebbe ma non può, potrebbe ma non deve. Ma, non solo: come abbiamo scritto, questo “documentario” riferito esattamente ad una scoperta avvenuta oltre un anno e mezzo fa, viene trasmesso proprio ora con l’enfasi necessaria al Governo per sostenere il racconto del suo buon operato, che tutto va bene. Aleggia un forte sospetto di operazione mediatica, volgarmente e sostanzialmente definita “marchetta”.

Bene, andiamo avanti. Ieri abbiamo scritto del preludio a Sanremo. La storia della nave dove si dovrebbe svolgere il Festival più si gira e più puzza. Da leggere oggi una nota di Balassone su Repubblica dal titolo significativo: “Giovani e Tv: una distanza incolmabile”. È un tema che abbiamo sollevato da tempo. Ribadiamo e rinforziamo: non si sa se e in quali condizioni potrà riprendere la scuola, non sappiamo cosa potrà succedere nel Paese quando scadrà il blocco dei licenziamenti, non sappiamo se e come il sistema sanitario nazionale sarà in grado di reggere la campagna vaccinale e qualcuno ha voglia di immaginare la “nave” di Sanremo???   

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 Ps: Pompei ha ottenuto l'11,4 di share.

domenica 27 dicembre 2020

Tanta infamia e poca lode

Quello che si appresta a terminare, per fortuna, è un anno con molta infamia e poca lode. Ci si aggrappa con rassegnazione o disperazione alla speranza, agli auguri, alle previsioni meteo, agli oroscopi, ai maghi e fattucchiere, agli scongiuri di ogni tipo … a qualsiasi argomento che possa farci immaginare un anno migliore di quello che abbiamo trascorso. 

La domanda ormai stanca “andrà tutto bene?” ha trovato definitiva risposta: NO! Non è andato tutto bene, nemmeno per idea. Per il futuro, vedremo, speriamo, chissà, forse. Poi, ci possiamo “riconsolare con l’aglietto”: siamo stati sufficientemente bravi, diligenti, scrupolosi e rispettosi e allo stesso tempo impauriti e minacciati. Per molti aspetti siamo stati solidali e volenterosi, come pure mascalzoni e egoisti, nel più puro genio italico.

Anche per la Rai, per il Servizio Pubblico, è ora di trarre qualche bilancio di quest’anno e provare a intravvedere cosa ci aspetta per il 2021. Cominciamo intanto a chiudere in bellezza il 2020 con l’inizio della tarantella su Sanremo, il solo argomento di oggi sui giornali, il che è tutto dire. Come noto, la notiziola dei giorni scorsi è stata l’uscita di scena della Rai di Antonio Marano, responsabile della pubblicità. Ci ha lasciato però un simpatico regalo: l’idea di una nave crociera, una specie di Titanic, dove rinchiudere cantanti, ospiti, pubblico, giornalisti e ambaradam vario tutti sigillati e garantiti antivirus. Un genio!!! Uno come lui la Rai se lo doveva tenere legato al cavallo di Viale Mazzini!!! Di uno così si potrebbe dire che potrebbe vendere ghiaccioli agli esquimesi e minestrine calde agli africani. Ce ne faremo una ragione e forse la Rai potrà sopravvivere anche senza di lui. Intanto il Cda ci pensa e qualche consigliere chiederà chiarimenti, magari prima o poi gli verranno forniti.

Ma il tema è un altro: è necessario Sanremo? Se ne può fare a meno? Si può saltare un giro? In ordine: il Papa ha rinunciato a tutte le sue cerimonie, lo stesso Natale è stato celebrato in forma dimessa; tutto il mondo dell’arte e della cultura sono in quarantena con musei, cinema e teatri chiusi e sprangati; gli stadi di calcio sono deserti; le passeggiate sono limitate; le visite ai congiunti contingentate; nelle RSA non si può dare una carezza ad una persona cara; ai nipoti è fatto tassativo divieto di avvicinare i nonni; nelle aziende, fabbriche e uffici, si avverte aria di crisi e di possibili licenziamenti e così via. In tali circostanze si può pensare a Sanremo? 

Facciamo fatica solo ad immaginarlo. Però è stato scritto (Repubblica.it):  Amadeus: "Vogliamo che sia l'edizione della rinascita". Coletta (direttore RaiUno): "All'Ariston e col pubblico". Come pure lo scorso anno qualcuno si avventurò nella collocazione del Festival tra i fenomeni che generano ”coesione sociale”. Fiduciosi e visionari nella migliore delle ipotesi e verrebbe proprio da augurare che possa essere così. Certo, in epoca e in momenti in cui il solo tema che desta attenzione e allarme è se e quando ci sarà una terza ondata e se i vaccini saranno in grado di fronteggiarla, si fatica ad immaginare i primi di marzo con le canzonette di Sanremo. Viene facile ricordare l’attentato a Togliatti del 14 luglio 1948. L’Italia era sull’orlo di una guerra civile e al Tour de France Bartali stava per vincere la gara. Molti storici mettono in relazione i due avvenimenti perché, in qualche modo, la sfida ciclistica distolse le attenzioni sul dramma politico. Che Sanremo 2021 possa assolvere questo compito, che sia in grado di distrarci per qualche sera dalle umane vicende della pandemia non siamo in grado di sapere. Che Sanremo possa generare tanta pubblicità per le pingui casse di Viale Mazzini potrà pure esser cosa buona. Ma nessuno mi toglie dalla testa il pensiero che si potrà sopravvivere anche senza il Festival e magari al suo posto, mandare in onda una maratona di repliche di Montalbano oppure un ciclo di partite storiche della Nazionale di calcio. Gli ascolti sarebbero garantiti e i contratti pubblicitari pure. Gli italiani (una parte, non tutti) potrebbero non accorgersi della differenza. Il 2021 potrebbe anche essere diverso.  

Per i lettori più affezionati: nei prossimi giorni sarà disponibile un Report Rai 2020 con una sintesi, mese per mese, dei principali argomenti e fatti raccontati da questo blog. Il Report sarà disponibile su richiesta inviando una mail al solito indirizzo:

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giovedì 24 dicembre 2020

AuguRai

Auguri !!!



Auguri a tutte le donne e gli uomini del popolo Rai, a chi ci lavora ancora e a chi ci ha lavorato.

Auguri a tutti coloro che credono ancora al Servizio Pubblico e a chi un pò meno.

Auguri a chi guarda la Rai, Mediaset e La7 e pure chi è abbonato a Netflix, a Discovery e a Dismey+.

Auguri a chi ascolta solo la radio e non possiede televisore, computer, tablet e forse nemmeno il cellulare.

Auguri ai “Raiotici” o “Raiologi”, ai complottisti, ai corridoristi, ai tecnicisti, ai retropensieristi, ai cerchiobbottisti, agli specialisti, ai consiglieristi, ai giornalisti e agli antigiornalisti, ai buonisti e ai cattivisti, ai sindacalisti, ai professionisti e agli analisti.

Auguri a chi vorrebbe, potrebbe o dovrebbe dimettersi ma anche a quelli che “hanno famiglia” e aspettano tempi migliori.

Auguri a chi comunica e a chi è comunicato, a chi chiede informazioni e a chi non le fornisce.

Auguri a chi scrive e a chi legge, a chi segue e a chi è distratto, a chi ha memoria e a chi l’ha persa.

Auguri a chi fa politica e a chi la segue, a chi la vorrebbe lontana dalla Rai e chi invece vorrebbe che gli rimanesse vicino (ma non lo dice), a chi vi partecipa e a chi è partecipato, a chi è “in quota” a questo o quel partito e chi è rimasto “fuori quota” o non è stato mai quotato.

Auguri a chi vorrebbe abolire il canone, a chi vorrebbe solo ridurlo, a chi vorrebbe abolire la pubblicità e o chi vorrebbe solo ridistribuirla (un po’ meno alla Rai e un po’ più a Mediaset).

Auguri per chi presto dovrà acquistare un nuovo televisore e a chi invece resisterà fino all’ultimo tubo catodico.

… insomma Auguri un po’ a tutti, ne abbiamo bisogno

Per quanto riguarda il prossimo anno gli scongiuri nei prossimi giorni, intanto Buon Natale !!!

bloggorai@gmail.com

 



mercoledì 23 dicembre 2020

Migliori o peggiori?

Oggi poco da segnalare: solo un articolo su Domani, a firma di Icaro Selli, sui linguaggi della pubblicità in epoca Covid. Si pone sempre il problema se chi scrive testi, sceneggiature, firma regie, o comunque produce audiovisivi si ritenga migliore di chi li consuma. Il pubblico è migliore o peggiore di loro? Chi governa il Servizio Pubblico quale considerazione ha dei propri utenti? 

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martedì 22 dicembre 2020

Una nuova grammatica della televisione

Di fronte al poco e talvolta nulla della televisione tradizionale generalista, come tanti, siamo attratti e ci rivolgiamo sempre più spesso a quella non lineare. Come tanti, abbiamo seguito anche nei giorni scorsi prodotti di grande successo vedi, per ultimo, La regina degli scacchi oppure il remake di Fargo dei fratelli Coen.  Ci sono molti buoni motivi per cui i vari Netflix, Amazon, Disney &Co riscuotono un successo crescente: modello di business, politiche commerciali e piattaforme tecnologiche. Non è sufficiente: sembra di avvertire chiaramente la definizione di una nuova “grammatica della televisione” che non è riassumibile solo nella nuova e diversa mera narrazione o nella proposta di contenuti “alternativi” alla televisione lineare tradizionale. Questa nuova modalità, questo nuovo "confezionamento" di contenuti si compone di sceneggiature, di linguaggi, di capacità attoriali, di regia, di direzione artistica e tecnica del tutto diversa dai prodotti tradizionali, in particolare nelle serialità. Agli occhi di chi era abituato ad una proposta “casareccia” in particolare di fiction  si apre un altro mondo che apre un solco profondo nelle abitudini, nelle modalità di consumo di prodotti televisivi. Come noto, i vari OTT propongono solo a noi ciò che a noi piace tramite un sofisticato meccanismo che consente loro di sapere esattamente i nostri gusti e le nostre preferenze in termini di spazio e tempo di consumo, cosa che la televisione generalista non può fare se non tramite l’analisi degli ascolti che dicono molto ma non dicono ciò che serve sapere appunto sulle modalità di consumo di prodotti audiovisivi in streaming. Questo solco si sta scavando in profondità nelle diverse fasce di età dei telespettatori e anche su questo terreno si dovrà confrontare il futuro del Servizio pubblico.

Bene, perdonate la divagazione, ma stamattina ci sarebbero tante cose da scrivere, pensierini nataolizi destinati per lo più agli “esperti di Raiologia” come ha detto ieri il consigliere Rossi di FdI o ai “corridoristi” come pure ha detto una volta un nuovo arrivato a Viale Mazzini.

Nota 1. Abbiamo tutti famiglia e la più nota, proprio in questi giorni, è quella del Presepe natalizio. La vicenda di quello “laico” destinato a Viale Mazzini non è nota al grande pubblico (per fortuna) ma è da ricordare nei libri di storia. Il Direttore di Rai Canone, Nicola Sinisi, ordina (ma non paga) un presepe artistico che viene scaricato nel palazzo ma non piace: è troppo “laico” e troppo costoso (oltre 35 mila euro). Un presepe “laico” non è mai visto e mai si dovrebbe vedere non foss’altro per una evidente contraddizione in termini. Si dovrebbe poi aggiungere che un presepe, per sua natura, dovrebbe essere destinato all’esposizione pubblica e chiuderlo dentro un palazzo che, per sua natura, è chiuso al pubblico appare almeno bizzarro. Infine, il costo: l’arte, è noto, costa e gli artisti devono pur campare. Ma l’importo (a quanto sembra non pagato) appare decisamente rilevante e chi e come si tappa il buco? Il provvido Ministro Franceschini ci mette una buona parola e, in accordo con il sindaco di Firenze Nardella, lo sposta prontamente agli Uffizi dove chissà se verrà retribuito il grande artista. Morale della favola: ma chi ci abita a Viale Mazzini? Gengis Kan???

Nota 2. Gli agenti: una piaga dolorosa che non si riesce o non si vuole sanare. Ieri ci è capitato di leggere un articolo, segnalato da Dagospia, che vi proponiamo:  https://bezzifer.myblog.it/2020/12/20/il-fil-rouge-che-lega-m5s-la7-fatto-quotidiano/ . Tanto per ricordare che si tratta di un tema sul quale la Rai ha precisi adempimenti da assolvere come deliberato dalla Vigilanza e come da sua “autoregolamentazione” dello scorso luglio. In particolare si legge “Rai si impegna ad evitare che ruoli primari di una stessa opera televisiva e multimediale del genere intrattenimento, prodotta direttamente da Rai o da un Produttore in regime di coproduzione o appalto, siano affidati in quota prevalente ad Artisti rappresentati dallo stesso Agente: gli Agenti non possono rappresentare più del 30% degli Artisti ricompresi in una produzione televisiva”. Ci sono molte domanda da porre e chissà se qualcuno ha voglia di farlo, a partire da Fazio &Co (Caschetto: lo stesso Fazio, Littizzetto, Stefanenko e ospiti vari) per finire al prossimo Sanremo.

Nota 3. Antonio Marano, storico dirigente leghista della prima ora lascia la Rai. Ponti d’oro al nemico che fugge e la storia ci dirà se la sua presenza in Rai è stata sempre finalizzata al bene dell’Azienda. Speriamo solo che ci venga risparmiata la tiritera su “una risorsa pregiata” che lascia l’Azienda.

Nota 4. Nei giorni scorsi abbiamo notato una pagine del Corriere dove si dava notizia di “Corriere Daily è il podcast che, dal lunedì al venerdì, racconta e approfondisce l'attualità attraverso le voci dei giornalisti del Corriere della Sera. Storie, analisi, temi di dibattito: ogni giorno 20 minuti di informazione ascoltabili ovunque" realizzata in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti, la stessa che partecipa all’operazione “piattaforma della cultura”. Interessante: ci siamo chiesti se c’è qualcosa in ballo che possa interessare anche la Rai. Sull’argomento “piattaforma della cultura nazionale”, rimaniamo in attesa di chiarimenti richiesti all’AD e non ancora pervenuti. Bontà sua.

Nota 5. Nelle settimane scorsa è stata nominata Maria Pia Ammirati alla direzione di Rai Fiction e il suo posto è andato ad interim all’AD Salini. Perché non si è proceduto contestualmente alla nuova nomina?

Nota 6. L'ultima conferenza stampa di Conte dei giorni scorsi è stata troncata da Rai della parte finale con le domande dei giornalisti. Perché ? cosa giustifica una tale scelta? Le domande sono parte stessa della conferenza stampa, ne sono un corollario ineludibile, ancor più per una testa giornalistica di Servizio Pubblico. Tutti tacciono, l’Usigrai non ha nulla da dire?  

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lunedì 21 dicembre 2020

La Rai di destra

Questa mattina merita particolare attenzione l’intervista che il consigliere Rai Giampaolo Rossi (in quota a FdI) ha concesso a La Verità con la firma di Antonio Di Francesco. Leggiamo alcuni passaggi: “Consigliere Rossi, di fronte alla crisi della tv pubblica, c'è chi chiede un cambio di passo. Da realizzare subito, addirittura con un nuovo Cda. «La Tv pubblica non è in crisi: nonostante l'emergenza Covid, mantiene conti sostenibili. Sono mesi che assistiamo al totonomine dell'amministratore delegato, alla lotteria dei candidati che potrebbero sostituire Fabrizio Salini. Questo meccanismo interessa solo i grandi esperti di "Raiologia". Una parte della politica alimenta questi temi per utilizzarli come merce di scambio». Nessun cambio all'orizzonte, quindi? «Non lo ritengo realistico. In un momento come questo, nessuno, dotato di senno, si sognerebbe di aprire una crisi in un'azienda come la Rai, a 6 mesi dalla scadenza del Cda». La proroga dei vertici è stata già scongiurata dal Ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri. Eppure, potrebbe non essere scontata. «In questa contingenza critica, mi auguro che questo consiglio possa arrivare a fine mandato e poi governo e parlamento decideranno cosa fare. Più che polemizzare sull'ad, »”. Prosegue “«Il servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale è strettamente connesso alla sua funzione di garante del pluralismo e dovunque è legato all'identità della propria nazione. Nell'epoca della globalizzazione digitale, quale dovrebbe essere il suo ruolo? In Francia e in Gran Bretagna si sono sviluppati dibattiti che hanno portato a riforme. In Italia, la discussione si limita a come cambiare la governance della Rai»”. Per quanto riguarda poi la piattaforma della cultura Rossi sostiene: “Come si spiega la mancata partecipazione della Rai alla «Netflix della cultura», fortemente sponsorizzata da Dario Franceschini? «Per come era stato costruito il progetto non c'erano le condizioni per partecipare. Chi punta sulla valorizzazione della cultura italiana non può non considerare la Rai come elemento centrale di qualsiasi progetto. Al Ministero hanno pensato alla Rai come un soggetto accessorio, tanto che l'interlocuzione è avvenuta solo con Cassa Depositi e Prestiti, quindi su un piano puramente tecnico e non editoriale. In più c'erano una serie di questioni relative ai tempi imposti che hanno fatto sì che la Rai avesse difficoltà a intervenire»”. Infine, per quanto riguarda i conti in rosso: “Tra minori introiti di pubblicità e canoni, a causa del Covid, a bilancio avremo 150 milioni di euro in meno rispetto al flusso preventivato. Quelli dell'extra gettito non sono un regalo, ma soldi della Rai che siamo riusciti a farci restituire. Dal 2016 i diversi governi hanno utilizzato parte dei soldi del canone (che è il più basso in Europa) per altri scopi, creando a mio avviso un meccanismo di illegittimità. Nessun consiglio di amministrazione precedente al nostro ha mai ottenuto questo risultato: i consiglieri che si sono insediati prima di noi non avevano mai neanche posto il problema»”.

C’è molto da riflettere. Anzitutto il ruolo del consigliere in questo passaggio politico che attraversa il Governo e, giù pe li rami, la Rai. Rossi dicono avere un "peso specifico" all’interno del Cda ben superiore agli altri e che sia bene ascoltato dall’AD. In questo periodo, è la sola voce fuori dal coro significativa. Tutti gli altri tacciono, in attesa di risposte e chiarimenti da parte di Salini. Nella prima dichiarazione a proposito del “cambio di passo” usa concetti chiari: questo Cda rimane in carica fino a fine mandato e non è detto che non possa essere prorogato. Ragionevolmente, rimette la palla in campo del Governo e del Parlamento che poi decideranno. Ma intanto, appunto come ha sostenuto Gualtieri, si rimane fino a scadenza. Rossi non sembra volersi schierare con il “complotto del 28” o meglio dire lo “swap” Salini/Matassino. Lui e il suo partito hanno tutto l’interesse possibile a lasciar cuocere a fuoco lento la situazione critica in cui si trova la Rai.

Poi Rossi pone un tema che sottoscriviamo: “la politica dovrebbe interrogarsi su quale funzione debba avere il servizio pubblico nell'era dei grandi player globali”. Come abbiamo scritto e sosteniamo da tempo, questo il problema centrale intorno al quale ruotano tutti gli altri: governance, risorse e tecnologie. Se non è chiaro a quali compiti dovrebbe assolvere il Servizio pubblico nei prossimi anni, è difficile poi progettare tutto il resto. Per quanto riguarda invece la “piattaforma della cultura nazionale” Rossi sostiene l’inderogabilità del ruolo della Rai, altrimenti l’operazione voluta da Franceschini diventa altra cosa: una mera alchimia tra il finanziario e il politico che con la cultura nazionale potrebbe aver poco a che fare. Infine, per quanto riguarda la crisi economica e il bilancio Rai lo stesso Rossi si associa a quanti, noi compresi, da tempo scriviamo e sosteniamo: il prelievo dell’extragettito è illegittimo e gli 80 mln che ora si apprestano a restituire alla Rai non si tratta di “regalo” ma di restituzione del maltolto.  

Divertente porre il dubbio: Rossi è un fedele lettore di questo Blog o questo Blog è un sostenitore occulto di Rossi? ça va sans dire: nessuna delle due. Si tratta di argomenti di “buon senso” e di pragmatica politica che spesso fatica ad affermarsi. Nel merito delle sue osservazioni, in particolare su quanto sarebbe necessario fare subito a proposito della governance dell’Azienda in questo momento, ribadiamo: l’obiettivo primario è salvare la Rai dalle prospettive di crisi non solo economiche che dovrà affrontare da subito. Ne consegue che occorre, da subito, un governo dell’Azienda forte, autorevole e credibile. Ci sono due possibilità: o un “rimpasto” (proprio come potrebbe avvenire al Governo Conte) con le “dimissioni” di Salini o programmare già da ora come si dovrà nominare il prossimo Cda, con la vecchia Legge del 2015 o con una nuova. Questo è il solo interrogativo sensato che deve porsi la politica in questo momento.

Da leggere pure con particolare attenzione l’intervista a Pier Silvio Berlusconi sul Corriere di oggi, a firma Daniele Manca: “Faremo il polo europeo della tv Vivendi non ci fermerà» Il CEO del gruppo: l'emendamento Mediaset? Solo da noi fa scandalo. L'Italia si sta riprendendo, la televisione generalista ha aumentato la sua centralità. I veri mostri? I giganti del web che sfuggono ai controlli fiscali e di trasparenza”. Da ritagliare e conservare, ci torneremo.

Infine, pure da ritagliare e conservare, il commento di Francesco Manacorda su Repubblica A&F: “In questi giorni natalizi, che molti di noi trascorreranno bloccati a casa davanti a un televisore e costretti a un forsennato zapping pomeridiano, saremo spettatori inconsapevoli anche di una battaglia che si svolge non sullo schermo, ma dietro lo schermo. Per la precisione nelle stanze della politica italiana, francese ed europea e nelle sale dei consigli d'amministrazione di importanti gruppi. Dietro lo schermo della tv si giocano infatti in queste settimane due partite dai destini incrociati. La prima, più rovente che mai, riguarda i rapporti tra francesi di Vivendi e l'italiana Mediaset, di cui i primi hanno il 28,8%. La seconda, ancora più lontana dal nostro schermo televisivo, ma non per questo meno importante, è la battaglia sulla rete unica - quella che dovrà portare i dati ad alta velocità in tutte le case, gli uffici e le fabbriche - dove Vivendi gioca un ruolo in partita come azionista di Tim”. Ecco, esattamente anche su questo tema si misura la distanza della Rai dai grandi disegni che interessano il Paese. 

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domenica 20 dicembre 2020

sabato 19 dicembre 2020

Ahhhh ... la crisi ... la crisi

Ci sono crisi che si sentono e si vedono (quella del Covid) e altre che si avvertono incombenti (quella politica). Sulla prima c’è poco da dire se non constatare che il “modello Italia” non ha funzionato come avrebbe dovuto: non c’era un Piano pandemico aggiornato, il Covid ha trovato un sistema sanitario a pezzi (viene da lontano e pochi si possono ritenere del tutto innocenti) e la risposta all’emergenza è stata spesso improvvisata e poco strategica.

Sulla crisi politica invece c’è molto da ragionare. Anzitutto leggete le prospezioni elettorali di Pagnoncelli sul Corriere di oggi. Prima domanda: perché Renzi tira la corda proprio in questo momento? Non ne avrebbe nessuna convenienza ad andare alle urne, ne uscirebbe con un prefisso telefonico milanese. Lo fa per il bene della Patria??? Da ridere. Agisce “per nome e per conto”? Probabile: si presta ad essere il braccio armato dei molti che vedono Conte con sofferenza. Potrebbe essere un antagonista pericoloso alle prossime elezioni, in grado di raggranellare un gruzzolo di voti importanti. Tanto vale toglierselo dalla scatole subito e rimandarlo a fare l’avvocato. PD e M5S ringraziano Renzi. Potrebbe anche essere “per nome e per conto” di altri esterni al Parlamento: il primo indiziato è la nuova Presidenza Biden che, notoriamente, non sembra aver dimostrato grandi simpatie per il capo del Governo sospettato di eccessiva simpatia con Trump mentre il secondo potrebbe essere un certo Signor Mario Draghi, il Salvatore della Patria che da molte parti si vorrebbe in capo ad un esecutivo di transizione verso la nuova legislatura post 2023. In cambio di questo tutto suo operato, Renzi potrebbe avere laute ricompense: ci sono in gioco molte posizioni interessanti, per lui e i suoi sodali. Comprese quelle che si potrebbero rendere disponibili a Viale Mazzini.

Eh già … la Rai. Che c’entra la Rai con una ipotesi di crisi di Governo??? C’entra, c’entra. Per tanti buoni motivi. Il primo è antico: controllare l’informazione pubblica viene (forse erroneamente) ritenuta una leva strategica per acquisire/consolidare consenso politico. Non è una novità: avere un direttore di un Tg o di una rete come amico è meglio che averlo come nemico (tautologia) ma non tanto e non solo perché potrebbe mettere al riparo da attacchi e congiure, quanto più perché sono in grado di garantire un atteggiamento “amicale” (eufemismo) verso qualcuno o verso qualcosa. In altra epoca si sarebbero chiamate “marchette”, oggi in epoca digital potrebbe avere altra definizione.

Allora fatto sta che da alcuni giorni, in modo molto, molto strisciante, sotterraneo, occulto, sembra, pare, dicono che sia in corso un trattativa per uno “swap” (come piace dire al VII piano di Viale Mazzini) tra Salini e il suo fido (???) collaboratore Matassino. Sembra di capire che in modo più o meno palese che il primo sia sostenuto da una parte del M5S (quale?) e il secondo sia “vicino” ad una parte del PD (quale?). Un nostro lettore, qualificato ed esperto, oltre che navigato assai, ci ha detto “non si muove paglia se i Santi non ti vogliono in Paradiso” e questi altri non sarebbero che Zingaretti e Di Maio. Ieri una “cusiosa” nota di Dagospia: “… a Di Maio e Zingaretti non è piaciuta affatto la difesa dell'amministratore delegato Salini, compiuta peraltro durante l'intervista alla Gruber su La7. Oltre alla testa di Salini, dalla maggioranza chiedono a Di Maio di trovare un sostituto a Giuseppe Carboni alla direzione del Tg1, considerato troppo appiattito sulle veline di Casalino”.

Comunque, ha ragione il nostro lettore. Il PD, tramite il Ministro Gualtieri e non solo, ha fatto sapere chiaro e tondo che è necessario cambiare e di proroga non se ne parla proprio. Il secondo, Di Maio, sul tema negli ultimi tempi è stato più intanato e, sotto traccia, potrebbero aver agito alcuni dei suoi, forse non in modo omogeneo. Tanto per intenderci e ipotizzare qualche nome: Patuanelli e Spatafora. Ma, per quanto abbiamo potuto verificare e comprendere, la partita si è mostrata molto più complessa di quanto alcuni potevano immaginare per due buoni ordini di problemi. Il primo sono i tempi. Quando potrebbe avvenire una operazione del genere? Nei giorni scorsi, in modo tanto misterioso quanto confuso, è girata con insistenza la voce del prossimo 28 dicembre. Perché proprio questa data non è dato sapere se non che quel giorno si vota la Legge di Bilancio (e dopo aggiungiamo una nota in proposito). Fumo negli occhi, polpetta avvelenata, wishful thinking??? Forse, banalmente, una “sciocchezza” (eufemismo). Per fare un’operazione del genere occorrono passaggi lunghi e complessi, pressoché impossibili da attuare in questo momento. La sola possibilità potrebbe essere che Salini si dimetta, magari perché chiamato ad altre e più profittevoli imprese. Difficile, molto difficile. Il secondo ordine di problemi riguarda i tempi. E’ in questo preciso momento che si compongono gli schieramenti e la battaglia si appresta ad entrare nella fase cruciale. Torniamo un passo indietro. Se è vero come sembra che il governo Conte è pressoché cotto si tratta di accompagnare la sua uscita con “altri orientamenti” (da nostra fonte) come si legge pure su Repubblica questa mattina a firma di Emanuele Lauria: “È proprio un cambio di passo radicale quello invocato dall'ex sindaco di Firenze, che a corredo delle sue richieste avanza pure quella del rinnovo del vertici Rai”. Già, ma quando? Come abbiamo più volte scritto, cambiare tutto il vertice Rai, ora, non è possibile e, seppure fosse, dovrebbe avvenire con la vecchia Legge del 2015 che non è quello che richiede e propone il PD, in buona compagnia di tutti coloro (compreso il sottoscritto) che vorrebbero una modifica del modello di governance del Servizio Pubblico. Se non ora quando? A scadenza mandato, a fine giugno. Esattamente come ha proposto il Ministro Gualtieri nella ormai storica audizione in Vigilanza il mese scorso.

D’altra parte invece si sta cercando una “exit strategy” da applicare subito, in condizioni date e con quanto di meglio le mediazioni politiche possono raggiungere. Questa pista porta alle manovre più o meno occulte di cui abbiamo scritto: trovare il modo per “accompagnare” Salini fuori da Viale Mazzini e sostituirlo con …??? Un "esterno" come comunque è Matassino (ha un contratto a tempo determinato) oppure un interno??? Già, come abbiamo pure scritto, il Giulio Cesare di Shakespeare non lo abbiamo letto solo noi. Difficile immaginare che l’AD e chi gli è vicino si lascino fare le scarpe senza nulla in cambio. Allora, la trattativa continua. Esito molto incerto. Se dovessimo scommettere un caffè, il risultato è 0 a 0, almeno fino al prossimo 28 (dicembre, gennaio…???).

Notizie del giorno: ricordate la famosa storia dei 40+40 mln previso dalla Legge finanziaria 2019? Sembra, come scrive Andrea Biondi oggi sul Sole 24 Ore, che la prima trance sia in arrivo. Da ricordare però a “condizione che…” siano rispettati i vincoli previsti di finalizzazione agli adempimenti del Contratto di Servizio e rendicontazione periodica. Da rileggere attentamente quanto scritto da Aldo Fontanarosa nel dicembre 2019 su Repubblica.it: “Il Ministero dello Sviluppo Economico chiede che la televisione pubblica documenti in modo puntuale le spese che affronterà. La tv pubblica, dunque, dovrà comunicare al ministero dei "Piani operativi". Questi Piani conterranno: - la descrizione delle spese e la loro distribuzione nel tempo; - il livello del personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi; - le tecnologie in campo; - la tempistica necessaria a centrare gli "obblighi" che derivano dal Contratto di Servizio. Ma i "Piani operativi" non bastano. Prima di pagare i soldi stanziati dalla legge di Bilancio, il ministero dello Sviluppo riceverà dalla Rai una "Relazione consuntiva", entro il 30 aprile del 2020 ed entro il 30 aprile del 2021. Solo dopo aver letto le due Relazioni, il Ministero sbloccherà i milioni, in tutto o in parte”. Ora, questi “piani” sono stati forniti da Viale Mazzini nelle scadenze previste? Non ne siamo molto sicuri.

Ultima nota: Amazon è scesa in campo di calcio acquistando i diritti della Champion's League. Il nemico è alle porte e non prende prigionieri.

ps: dal Cda dei giorni scorsi ordinaria amministrazione e l'audizione di Salini in Vigilanza rinviata a causa del voto al Senato. Gli è andata bene, per ora. 

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venerdì 18 dicembre 2020

In attesa...

Oggi pausa ... in attesa ... di sapere, di capire, di chiarimenti, di risposte.

Stamattina Salini in Vigilanza. 

giovedì 17 dicembre 2020

Rai: trame e canzonette

Ad ognuno di noi sarà capitato di affrontare una crisi di relazione pubblica o privata: delusioni, tradimenti, sorprese o inganni di varia natura. Fa parte dell’ordine naturale delle cose. Abbiamo già suggerito su questo post di dotarsi di una “cassettina degli attrezzi” che potrebbe tornare di aiuto per comprendere le nostre e altrui nefandezze: il Giulio Cesare di Shakespeare, Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e l’Arte della Guerra di Sun Tzu. In ultimo abbiamo aggiunto il Primo libro degli scacchi di Josè Luis Capablanca.

Oggi parliamo di tutto questo e si riferisce a casa Rai.

Dopo oltre due anni, 850 post e decine di migliaia di visualizzazioni, abbiamo forse intuito chi sono i nostri lettori grazie a Google Analytics. La maggior parte appartengono al mondo Rai, direttamente e indirettamente. Quelli che non vi fanno parte sono comunque interessati ai temi del Servizio Pubblico. Succede quindi che, talvolta, scriviamo di argomenti “comprensibili” solo ad una parte dei nostri lettori mentre ad altri, specie quando scendiamo nel sottoscala, non gliene importa nulla. Però, suggeriamo di prendere nota perché si possono intravvedere storie comuni a tanti ambienti umani, cambiano i nomi o le circostanze, ma le dinamiche sono le stesse.

Quella che vi stiamo per raccontare appare come una storia di fuffa, di nulla condito con niente ma che ha una forma e una sostanza non irrilevante per il futuro della Rai. Il presupposto di questa vicenda è molto semplice: prima o poi, l’AD di Viale Mazzini e tutto il suo consiglio, dovranno lasciare l’incarico. Si tratta di capire quando potrà avvenire e con chi verrà sostituito. Tema corollario fondamentale: con AD interno o un esterno? Ci sono tante varianti: prima se qualcuno si dimette e il Cda rimane zoppo, ma questo è già accaduto in passato e potrebbe non succedere nulla. Oppure, potrebbe succedere che all’AD potrebbe venire offerto un incarico fuori che non potrebbe rifiutare, allora si cambia solo l’AD e si avanti. La partita in ballo è consistente: si tratta di comporre un nuovo consiglio che si dovrebbe insediare a cavallo dell’inizio del semestre bianco di Mattarella e che dovrebbe chiudere (nel caso riproporre) un nuovo piano industriale visto che quello attuale, sospeso fino al 31 dicembre, scade appunto nel 2021. Siamo pure in una contingenza economica alquanto complessa per le casse di Viale Mazzini. Tutto questo in un clima politico natalizio traballante. 

Succede allora che spunta fuori dal cilindro di qualche maghetto della politica (bene accompagnato da valletti interni a Viale Mazzini l’idea di cambiare (o meglio “swappare” come si usa dire in queste ore al VII piano) Salini con Matassino, suo fido (???) collaboratore nelle vesti (indebite perché la Legge ha abolito questa figura) di DG. Se ne parlava da tempo e già a maggio scorso abbiamo letto di Aldo Fontanarosa: “Ma nel totonomine entra anche l'attuale direttore generale della Rai, Alberto Matassino, il manager che lavora a più stretto contatto con Salini. Matassino ha consuetudine con la sinistra, grazie alla vecchia amicizia con Enrico Letta e con Pier Luigi Celli, che molto lo stima. Ma ha costruito buoni rapporti anche con il mondo grillino. Un mese fa Matassino era sul punto di sommare - alla sua carica di direttore generale - anche quella di presidente di Rai Way, società delle antenne quotata in Borsa. Poi Matassino è sembrato rinunciare a Rai Way, forse tentato dalla corsa verso la madre di tutte le poltrone, quella di amministratore delegato della tv di Stato”. A quanto ci dicono nostre fonti, da allora tra i due le cose non sembrano siano andate gran che bene. Anzi. Silenzi e mugugni. “Salini avrebbe mangiato la foglia e intuito che stava covando la serpe in seno, mentre lui tramava per una proroga, l’altro gli stava apparecchiando il servizietto” ci ha riferito una nostra fonte solitamente attendibile. Nei giorni scorsi, appunto, ha cominciato a circolare una strana battuta: “Il prossimo 28 ci sarà lo “swap” Salini/Matassino” ci dicono alcuni mentre altri obiettano “ma siamo tutti in ferie... Figurati !!!”. E perché proprio il 28 chiediamo noi? Ci potrebbe essere un buon motivo ma lo vedremo più avanti, dopo aver cercato di capire chi sarebbe l’artefice occulto di tale manovra. 

Gli indizi portano in casa PD ma potrebbe essere un depistaggio, una polpetta avvelenata. Gualtieri e la Fedeli sono stati chiari: occorre un manager di provata capacità imprenditoriale, lasciando intendere che si dovrà cercare altrove. Abbiamo cercato altri indizi: “Matassino è stato incaricato proprio da Salini a febbraio scorso di gestire la Direzione Transformation Office…” quella prima diretta da Piero Gaffuri che poco dopo ha lasciato l’Azienda. In soldoni, e chiudiamo, chi è il portatore sano di questo virus? Prima ipotesi: si tratta di wishful thinking forse su suggerimento di alcuni suoi amici di area PD. Probabile ma poco credibile: le sue “consuetudini” con una certa sinistra potrebbero non essere sufficienti per garantire “l’altra sinistra” alla quale lui non sembra appartenere. Ma altri indizi ci hanno portato ad altra ipotesi, dietro arguto e malizioso suggerimento, a guardare in casa AD e ai fini strateghi che gli sono vicini. Si legge Sunt Tzu: “18. Fondamentale in tutte le guerre è lo stratagemma. 19. Quindi, se sei capace, fingi incapacità; se sei attivo, fingi inattività. 20. Se vuoi attaccare in un punto vicino, simula di dover partire per una lunga marcia; se vuoi attaccare un punto lontano, simula di essere arrivato presso il tuo obbiettivo”.

In sostanza: una complessa partita a scacchi con una scacchiera con molti lati e tanti giocatori.  

Bene. Cosa potrebbe succedere il 28? Il solo appuntamento di un certo rilievo è la votazione in Parlamento della Legge sul bilancio dello Stato dove, all’art. 120, compare la nota concessione di una parte dell’extragettito del canone alla Rai. Cosa c’entra tutto questo con lo “swap” Salini/Matassino ancora non è chiaro. Forse, sono solo canzonette, fumo negli occhi o polpette avvelenate. Oggi, purtroppo, non c'è di meglio. Domattina Salini andrà in Vigilanza.

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martedì 15 dicembre 2020

Nefandezze fuori controllo

In un Paese normale … in un Paese normale quando si pone una domanda si trova anche una risposta. Molti si chiedono da tempo perché proprio in Italia si registra un numero così elevato di vittime da Covid? Ci sono tante risposte possibili ma due sono molto chiare: la prima è perché il nostro sistema sanitario è stato massacrato da anni, in lungo e in largo, saccheggiato, derubato, svilito e al soldo di mille ladroni. Un altro buon motivo è perché ci siamo trovati del tutto impreparati di fronte ad un rischio possibile, probabile e in parte previsto. Le pandemie non sono una novità nella storia dell’umanità e, anche nel recente passato, ci abbiamo fatto i conti. Proprio per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha disposto che ogni paese debba dotarsi di un Piano pandemico da aggiornare e verificare periodicamente. Il nostro era vecchio di oltre 10 anni e quando la pandemia è scoppiata non avevamo neanche gli occhi per piangere. Punto. Chi doveva sapere non sapeva e chi sapeva ha fatto finta di non sapere. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, il 26 febbraio 2020 ha dichiarato: “In questi giorni si capisce l’importanza della ricerca e della scienza – ha proseguito Speranza – come anche l’importanza di condividere su piattaforme internazionali le competenze e le conoscenze. L’Italia farà tutto quello che può per metterle a disposizione della comunità”. Una sola semplice domanda: il ministro sapeva o no del Piano pandemico? Leggiamo sul sito de Ilgiornale.it: “… il prossimo 22 dicembre il ministero è chiamato a comparire …per discutere il ricorso presentato da Galeazzo Bignami e Marcello Gemmato. I deputati di FdI, che avevano presentato un accesso agli atti rimasto senza risposta, chiedono ai giudici di decretare “l’illegittimità del silenzio serbato” e di condannare viale Lungotevere Ripa 1 a pubblicare quel “piano segreto” tanto discusso. Il ministero, dal canto suo, è intenzionato a “resistere al ricorso”. In un paese normale non si dovrebbe arrivare davanti ad un giudice per sapere la verità.

Veniamo alle beghe di Viale Mazzini e dintorni. Anzitutto necessario riportare il pezzo de Il Foglio di oggi con il titolo “La verifica pure in Rai” a firma Lorenzo Marini dove si riporta una notizia che leggiamo “Il problema è che, se finora il Pd ha giocato di rimessa per mancanza di alternative a Salini, ora sembra averne individuata una nel direttore generale corporate Alberto Matassino. E' lui l'uomo con cui il Pd vorrebbe sostituire l'ad. Ce la farà?”. Ce la farà??? Il PD vorrebbe sostituire Salini con Matassino, il suo (forse) più fido collaboratore??? L’uomo venuto da lontano e che lontano è rimasto rimarrebbe a carico del bilancio Rai alla faccia e in scorno di ogni possibile candidatura interna? Tanti Auguri!!! Il pezzo si chiude con “La situazione è fuori controllo: ormai nessuno risponde più a nessuno e l'azienda è allo sbando. Si può arrivare fino a luglio in queste condizioni?". Per parte nostra siamo orientati a pensare di no e rimaniamo sempre dell’idea “contadina”: sotto l’albero delle pere non cascano le mele e viceversa. Se la Rai oggi è “fuori controllo” qualcuno ne sarà responsabile o no? E chi l’ha diretta finora?

Le chiacchere stanno a zero: la Rai deve fare i conti con le tre C. I Conti (in rosso), i Contenuti (scarsi e costosi) e il Cavo (o rete che dir si voglia). I conti non si sa bene come sanarli: la promessa di un contributo “straordinario” di storno sull’extragettito (estorto illecitamente) dovrebbe essere inserito nella nuova legge finanziaria (dovrebbe) mentre non si sa nulla dei famosi 40+40 mln già messi in bilancio e non ancora incassati. Non parliamo di canone e pubblicità: il primo è sempre sotto minaccia di riduzione e senza speranza di recupero totale e della definitiva assegnazione come “tassa di scopo indisponibile” mentre la pubblicità, secondo i recenti dati Nielsen, non promette nulla di buono per i mesi a venire. A proposito dei Contenuti, non ne parliamo: la Rai si regge sulla fiction mentre per tutto il resto annaspa tra il fosco e il losco con repliche di Montalbano e Angela come fosse acqua fresca. Nuovi prodotti, nuovi formati??? Chi li ha visti? Sul Cavo, ovvero sulla rete Unica, dopo la creazione di un “gruppo di lavoro” interno a Viale Mazzini del quale, ovviamente, non si sa nulla … sempre a nulla siamo rimasti. Non foss’altro perché, anche in questo campo “pagare moneta, vedere cammello” e di moneta, come detto prima, non ce n’è poi tanta. A parziale scusante per Viale Mazzini, si può sempre dire che pure gli altri non stanno messi meglio.

Questi i temi che oggi e domani si aggirano nella Sala Orsello per il Cda di fine anno dove si dovrebbe discutere del bilancio, dei palinsesti e di qualche varia ed eventuale … non di poco conto. Su sollecitazione di Borioni e Laganà si dovrebbe sapere qualcosa sul perché e sul per come Rai non ha partecipato alla vicenda della “piattaforma italiana della cultura” promossa dal Ministro Franceschini o, se ha partecipato, perché poi si è ritirata. L’AD risponderà ai quesiti posti di consiglieri? Bhò !!! Non è che in precedenza alle tante richieste di chiarimenti avanzate sempre dai due consiglieri siano state prove di grande “garbo istituzionale” … diciamo pure che spesso e volentieri è stato buttato tutto in caciara o, ben che vada, con un “caro Riccardo … ne riparliamo… ti farò sapere”. Vedi pure la storiella dello spettacolo di Natale, già previsto e concordato contrattualmente a Terni e poi, misteriosamente (nemmeno poi tanto…vedi alla voce: “potere degli agenti in Rai”), spostato a Roma e non diciamo nulla sulla storiella edificante del Presepe laico pagato 38 mila euro del quale, forse, se ne parlerà domani in Vigilanza dove è atteso Salini in audizione.

Ieri un attentissimo e qualificatissimo lettore ci ha rimproverato di aver sollevato il tema delle dimissioni dei consiglieri che incontrano qualche “difficoltà” con l’operato di questo vertice e, in particolare di Laganà: “… è l’unico baluardo rimasto per conoscere le nefandezze che si potranno compiere ancora…”. Il problema, molto semplice, è che le nefandezze avvenute sono, appunto, già avvenute e quando si viene a saperle è già troppo tardi perché, appunto, in Rai vale la legge delle sportellate sui denti. Una volta che le hai prese, te le tieni. Però, come abbiamo scritto, ognuno ha la sua coscienza e ne risponde in proprio. Finiamola così, per ora.

Ultima nota: leggiamo dal Corriere a firma Andrea Ducci “Il processo è già in atto, ma pochi sembrano esserne al corrente o tenerne conto. Tanto che si rischiano ritardi, passaggi a vuoto e un danno per un settore economico vitale del nostro sistema produttivo». A lanciare il segnale di allerta è Franco Siddi, presidente di Confindustria Radio Televisioni, prefigurando il rischio di un «corto circuito» in vista del passaggio che entro il giugno 2022 renderà necessario adeguare o sostituire circa 30 milioni di apparecchi televisivi per consentire la ricezione attraverso il nuovo standard denominato DVB-T2”. Da tempo segnaliamo questo ritardo, solo a Viale Mazzini sembrano non accorgersene.

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La Spallata ???

In attesa di capire/sapere gli esiti della "verifica" di Governo, oggi ci sono tre notizie che meritano attenzione. La prima si riferisce alla scontro Vivendi/Mediaset dove si legge che il Governo italiano ha intenzione di opporsi ai rilievi di Bruxelles sulla norma in salvataggio di Berlusconi e della sua azienda. Si definisce “una norma tecnica” quella che ha tutte le caratteristiche di una “norma politica” che, in questi di “verifica” e “confronti maggioranza” può rappresentare una cambiale a futura riscossione.

Altra notizia importante si riferisce all’accordo tra Sky e Amazon. Si arricchisce l’offerta di un player e concorrente importante nel panorama dell’offerta televisiva con in più una prospettiva di grande rilievo sul fronte del calcio dove Amazon è fortemente interessata. Per il broadcast tradizionale non sarà facile tenere il confronto con una concorrenza di tali dimensioni.

Infine, secondo quanto ha dichiarato David Kenny, CEO di Nielsen, a partire dal prossimo anno inizierà il rilevamento degli “ascolti totali”. Leggiamo da www.adginforma.it : “La nuova metodologia sarà in grado di offrire un’analisi che comprenda tutte le piattaforme eliminando le duplicazioni, ovvero i dati di chi ha fruito dello stesso contenuto su più sistemi diversi. Programmi televisivi e film sono ormai cresciuti su una molteplicità di piattaforme, un panorama crossmediale più grande di quanto qualcuno potesse mai immaginare. I consumatori non sono più limitati nella fruizione dei contenuti video a un orario o posto particolare. Hanno possibilità infinite per vedere quello che vogliono, quando vogliono”.  Per il Servizio Pubblico potrà essere un bel problema.

Torniamo ora su vicende di “casa Rai”. Ha suscitato un certo interesse il tema che abbiamo proposto ieri sulle dimissioni di Borioni e Laganà dal Cda Rai e il numero dei lettori molto elevato ha premiato l’argomento e merita qualche nota aggiuntiva. In attesa del Cda previsto per domani e dell’audizione dell’AD salini in Vigilanza il prossimo venerdì, proponiamo un passo avanti. Per quanto riguarda la consigliera, il problema evidentemente non è la persona ma il partito che rappresenta, il PD, e quanto questo ha intenzione o meno di agire in modo efficace sulla Rai. Ritorna il solito antico problema: partito di lotta o di governo? E poi quale partito? Quello di Franceschini o quello della Fedeli? Difficile trovare una risposta e rimangono solo le sue dichiarazioni di impotenza rispetto a quanto avviene in Cda. 

Per Laganà il ragionamento è molto diverso: quando ci furono le elezioni del rappresentante dei dipendenti, venne eletto con oltre 1900 voti, staccando di molto Roberto Natale, candidato dall'Usigrai con  oltre 1300 voti e Gianluca De Matteis Tortora, candidato dai sindacati con 1200 voti. Segnalò un dato di fatto significativo: le organizzazioni sindacali “forti” dell’Azienda non hanno riscosso il consenso che si aspettavano. Un argomento delicato, sul quale quasi nessuno ha proposto una riflessione. Salvo dover constatare che ad un recente incontro semiclandestino promosso da un grande sindacato il rappresentante dei dipendenti non ha partecipato. E’ stato invitato?

Laganà dunque ha il vincolo/mandato di rispondere solo ai suoi elettori del suo operato. Sono loro, infatti, che si sono posti, e supponiamo si pongano ancora, un solo interrogativo: qual è l’interesse preminente dell’Azienda e come può essere sostenuto/difeso in modo efficace? Vedi l’ultimo problema sulla “piattaforma della cultura” promossa dal Mibact e scansata dalla Rai. Su un tema di tale rilievo strategico per il Servizio Pubblico il Cda non ne sapeva nulla. Questo era ed è un tema di interesse strategico per la Rai o no? Per Laganà la soluzione potrebbe essere molto semplice e consiste nel sottoporre ai suoi elettori, a tutti i dipendenti Rai, un solo quesito: l’interesse dell’Azienda e di chi ci lavora si difende meglio cercando di dare una spallata a questo Cda per averne uno nuovo più autorevole e credibile al più presto, oppure lasciando che tutto si dissolva nelle nebbie e nel declino al quale sembra avviata la Rai? Così come ha costituito un precedente storico la sua elezione, anche questo strumento della consultazione potrebbe costituire un precedente storico. Non si vedono controindicazioni, anzi! Certo, non saranno le dimissioni di un consigliere a dare una spallata ed è già avvenuto in precedenza che un gesto simile non ha provocato nessuno scossone. Ma, in questo caso, ci troviamo di fronte ad una relativa novità rispetto al passato: questo Consiglio è stato il primo eletto con la Legge del 2015 e Laganà è il primo consigliere eletto dai dipendenti. Le sue possibili dimissioni potrebbero anche essere lette come una significativa sfiducia di una parte consistente dei dipendenti Rai verso questo vertice. Difficile non tenerne conto. 

Se poi aggiungiamo la nota orticaria che molti (tutti?) hanno verso le dimissioni, un gesto del genere potrebbe avere un grande significato. Intanto, l’obiettivo è l’approvazione del prossimo bilancio e non sarà una passeggiata. Vedremo … vedremo.

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lunedì 14 dicembre 2020

Rai, di meglio, di più: dimissioni!

Andare all’edicola, prendere i giornali, dare un occhio veloce ai titoli mentre prendo il solito caffè al bar sotto casa e farsi prendere dallo sconforto è un tutt’uno. “Mai ‘na gioia” commenta il barista. In effetti, pare di vivere un momento presente tutto evanescente mentre si prospetta un futuro assai inconsistente.

Il Governo è appeso alle parole dei tanti che ricattano, minacciano, tramano  e complottano in ogni direzione. In ballo ci sono i seggi in Parlamento, il Sindaco di Roma, le elezioni del Presidente della Repubblica e, buon ultimo, il nuovo Cda Rai che, prima o poi, si dovrà rinnovare con la vecchia o con una nuova Legge. Su tutto questo grava la pandemia che altera e confonde tutto, capovolge le prospettive e le visioni. Sarebbe sufficiente chiarire la vicenda del Piano pandemico falso, taroccato, scaduto come uno yoghurt ammuffito in frigorifero per chiedere che qualcuno debba andare a casa, di corsa, prima che facciano altri danni.  

Oggi c’è poco da leggere. Il solo spunto interessante lo ha offerto la consigliera Rai Rita Borioni. Leggiamo dal suo FB: “… in Rai si preferisce usare la stampa, le veline, le indiscrezioni invece delle comunicazioni ufficiali per informare il CdA anche su temi che, a mio modestissimo avviso, sono di competenza del Consiglio o di cui, almeno, il Consiglio nel suo insieme dovrebbe essere informato prima della stampa… Lo sprezzo e la sufficienza con cui il CdA (o almeno parte di esso) è trattato questi vertici dimostrano che manca terzietà e garanzie minime per svolgere un sereno e informato lavoro in CdA”. Verrebbe da essere solidali con i Consiglieri che esprimono queste considerazioni ma ci dobbiamo limitare a constatare che sono almeno un paio di anni che avviene quanto denunciano e non è cambiato nulla, anzi! Si può fare di meglio e di più: dimettersi! Potrebbe essere un gesto forte, di rottura, di denuncia che non passerebbe inosservato e potrebbe mettere a nudo tutti i nodi drammatici che interessano la Rai e il Servizio Pubblico. Metterebbe la politica, o una sua parte importante, con le spalle al muro e costringerebbe molti ad assumersi responsabilità verso le quali sfuggono come anguille. Il PD ha da fare obiezioni su Salini (come avvenuto ieri con le dichiarazioni di Michele Bordo, vice capogruppo alla Camera: “"La vicenda 90° minuto dimostra che la Rai di Salini sia ormai un'azienda senza controllo. Mancanza di pluralismo quasi totale che vede penalizzato quasi sempre il Partito Democratico. Non si capisce più chi controlla quello che accade nel servizio pubblico…”. Se il PD vuole “capire” ha tutti gli strumenti per farlo.

Si potrebbe obiettare che le dimissioni di due consiglieri potrebbero lasciare libero il campo ad una maggioranza “inconsueta” (M5S con la fantasmica Coletti, FdI con Rossi e il padano DeBlasio) di fatto già presente in Cda che si troverebbe totalmente libero di fare quello che meglio crede consapevole di non avere testimoni scomodi. Obiezione debole: tutto questo e quanto denunciano Laganà e Borioni già avviene, da tempo, con l’implicito ed esplicito accordo di Salini e Foa. Dunque? A loro vantaggio gioca anche la contingenza temporale: mancano pochi mesi alla scadenza e ci sarebbe tutto il tempo per affrontare e risolvere il grave problema del futuro prossimo dell’Azienda che non potrebbe, non dovrebbe essere lasciato in balia degli eventi determinati dall’evoluzione del quadro politico. L’obiettivo potrebbe essere, appunto un Cda nuovo subito, con la vecchia o con una nuova legge, purché sia in grado di gestire il prossimo anno meglio di come avvenuto finora.

Tanti anni di lavoro in Rai mi hanno insegnato una semplice verità, valida forse dovunque: gli spazi di credibilità, di agibilità, di autorevolezza, non te li regala nessuno. Devi prenderteli a suon di sportellate. 

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venerdì 11 dicembre 2020

Dubbi esistenziali: la crisi di Governo e la Rai

Non abbiamo la sfera di cristallo. Non sappiamo se ci sarà una crisi di governo e quali esiti potrà avere. Il dubbio è lo stesso che abbiamo posto giorni addietro: conviene cambiare subito perché c’è una grave crisi sanitaria in corso che richiede chiarezza di obiettivi e fermezza nel cercare di raggiungerli oppure proprio perché c’è una grave crisi in corso è bene non modificare nulla in attesa che si risolva, magari ritenendo pure che quanto è stato fatto finora è stato tutto giusto e corretto? Bella domanda, difficile risposta.

Questo blog non si occupa di Politica con la P maiuscola ma è evidente che assegna alla politica un ruolo fondamentale nella gestione di quanto invece ci riguarda e interessa particolarmente: il Servizio Pubblico radiotelevisivo e la Rai. Ne consegue che la possibilità o meno che si possa aprire una crisi di governo pone qualche interrogativo di non facile soluzione su quale prospettiva sostenere.

Scenario A: la Baracca regge e tutto rimane come prima, si continua a galleggiare tra una minaccia e un ricatto ma la prospettiva di andare a nuove elezioni non conviene a nessuno. Tutte le partite in corso si trascineranno per le lunghe e, in particolare, quella del punto 14 del programma di governo, la riforma del sistema delle TLC, non avrà alcuna speranza di essere conclusa. Nel migliore dei casi, nel 2021 potrebbe forse vedere la luce la nuova società per la rete unica perché non se ne può fare a meno, si potrebbe scrivere un nuovo Tusmar perché ce lo chiede Bruxelles, si assisterebbe all’avvio problematico della transizione al DVB-T2 e poco più. A Viale Mazzini si dovrà rimettere mano al Piano industriale e cercare di portare a casa qualche modesto risultato e intanto, salvo clamorosi colpi di scena, il Cda dovrà cominciare a preparare i bagagli in vista di giugno quando scadrà il loro mandato.

Scenario B: la Baracca scricchiola, i partiti reggono la tensione, si fa una “verifica” e provano a fare un “rimpasto”. Difficile da gestire e da rendere credibile agli occhi di quanti, tutti, farebbero fatica a comprendere di cosa possa significare tra MES, Recovery Fund e Piano pandemico inesistente. La Baracca non è crollata formalmente ma lo è di fatto. Però, alla fin fine, per le note considerazioni (non conviene, si perderebbero le elezioni e comunque “tutti hanno famiglia”) più o meno tutto rimane come prima. Per la Rai non cambia nulla se non qualche “riallineamento" di Tizio, Caia o Semproni* e comunque si “tira a Campari” fino  giungo. Amen.

Scenario C: la baracca crolla e questa volta si va tutti a casa. Addio sogni di gloria (quale?) e si gioca d’azzardo di brutto. Elezioni anticipate? Difficile credere che qualcuno voglia affrontare uno scenario del genere però “il popolo è sovrano” e “basta con i governi tecnici” che poi tecnici non sono per nulla, anzi, sono fortemente “politicizzati”. Per la Rai potrebbe essere lo scenario peggiore o il migliore, dipende dai punti di vista. Il peggiore perché lascia l’Azienda con il culo per terra, tanto per usare un eufemismo, e mette a serio rischio il suo futuro per i noti problemi di crisi economica in cui versa. Il recente accordo per l’erogazione di una parte dell’extragettito indebitamente sottratto dalle casse di Viale Mazzini potrebbe a malapena essere sufficiente a coprire qualche buco ma non a coprire le possibili voragini e tantomeno consentire spese per investimenti e sviluppo. Lo scenario migliore potrebbe essere quello che vede un cambio di passo rapido, parallelo e contestuale con quello del governo: tutti a casa subito per dotare l’Azienda di un nuovo Cda “relativamente” forte e autorevole, in grado di affrontare a brutto muso la situazione e cercare soluzioni efficaci. Certo. Si tratterebbe di un nuovo Cda ancora espressione della vituperata Legge del 2015 (un uomo solo al comando). In questo scenario il tempo non gioca a favore: alla fine di  giugno inizia il semestre bianco di Mattarella e negli stessi giorni scade il Cda. Sarà necessario sincronizzare gli orologi a seconda di quale partito ne uscirà con le ossa meno rotte dell’altro.

In ogni caso si pone il problema: si farà in tempo? Ci saranno le condizioni per avviare le procedure per un nuovo Cda che si dovrebbe insediare alla fine di luglio? Forse che si, forse che no. L’escamotage, l’exit strategy, è stata già collaudata con la nomina del Consiglio AgCom e funziona perfettamente: il Parlamento rinvia, rimanda, annebbia e sposta in avanti le decisioni. Proroga, deroga, surroga: la musica è la stessa.

Su questi scenari c’è sempre incombente la quarta dimensione: il tempo. Questo fattore non gioca a favore della sopravvivenza e del futuro della Rai (per “un” Servizio Pubblico prossimo venturo ci potrà essere tempo per definirlo in modo diverso da quello che abbiamo conosciuto finora). Abbiamo scritto più volte che il nemico è alle porte e non farà prigionieri: per qualche anno ancora broadcast e broadband potranno convivere ma alla fine non vincerà il più forte ma il più veloce ad adeguarsi al mutamento. Come da sempre è avvenuto. La Rai, purtroppo, non sembra nelle condizioni, almeno economiche, di competere su questo fronte.

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Tessere sparse

Spesso succede che sia molto difficile comporre un puzzle quando le tessere che lo compongono sono assai sparpagliate. Intanto le raccogliamo, poi vediamo cosa ne esce fuori.

AgCom: il nuovo consiglio insediato alla fine dell’estate si è trovato tra capo e collo la spinosa faccenda Vivendi/Mediaset ed ha sei mesi di tempo per tirare fuori un parere e, nel caso, adottare provvedimenti risolutivi. Inoltre dovrà affrontare l’altro grande tema della rete unica e, infine, la revisione del TusMar a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea. A proposito di rete, proprio nei giorni scorsi il nuovo presidente AgCom, Giacomo Lasorella, ha dichiarato “…la transizione verso il 5G assume rilevanza strategica, dal momento che avrà un impatto diretto sulla struttura stessa di reti e mercati…Ogni mercato ha bisogno di regole che promuovano competizione e sviluppo, e a maggior ragione in un settore come quello delle telecomunicazioni”. Evidente come si tratta di un perimetro di azione di enorme importanza strategica dove si giocherà tutta la “neutralità e imparzialità” del nuovo Consiglio. A Bruxelles non stanno a guardare e attendono che le disposizioni assumano il rilievo di legge e il fronte di attacco non sarà solo sulla componente economica (concentrazione di mercato) quanto più sul fronte del pluralismo dell’informazione. Mentre sul fronte delle posizioni dominanti nel settore del Web sono in arrivo interventi pesanti da parte della Commissione UE con l’introduzione di norme impegnative mirate a contrastare i colossi della Rete.

Il fronte regolatorio dunque è in grande fermento e, come già avvenuto nel passato, si tratterà di capire bene come e quanto il settore broadcast sarà posizionato in testa o in coda all’agenda.

Sul 5G da registrare due notizie. La prima è sempre di fonte AgCom: l’Autorità ha rilevato che la nuova tecnologia non è ancora “abilitata” compiutamente e dovrà poggiare ancora sulla precedente 4G. Intanto Rai, come riporta Wired, ha cominciato le sperimentazioni Rai sulle “torri broadcast, quindi una sorgente per servire più terminali, “come layer superiore di una copertura mista” che poi si appoggia a quelle degli operatori. Di fatto high power high tower (hpht) in numero limitato di Rai; low power low tower capillari delle telco”. A proposito di torri, Questa mattina, il Sole 24 Ore riporta la notizia della prossima vendita di Towertel, la società di Ei Towers (con capitale del 60% di F2i e del 40% di Mediaset) che gestisce le torri di trasmissione. Quando si porrà il problema di Rai Way, del suo costo per Rai, della sua efficienza e della opportunità di mantenerla attiva?

Sulle altre vicende Rai, tutto sembra in stand by: non si sa nulla sul fronte delle risorse (ricorso per il versamento dei famosi 40+40 mln previsti dalla precedente legge finanziaria) come pure non si sa nulla del famoso “gruppo di lavoro” creato a Viale Mazzini per valutare le possibilità di inserimento nel progetto BUL. Non ne parliamo proprio dei vari adempimenti previsti dal Contratto di Servizio come pure della “scadenza” del Piano Industriale congelato fino al 31 dicembre. Della transizione al DVB-T2, a parte la parentesi “ministeriale” con lo spot andato in onda nelle scorse settimane, la pratica è stata rimessa nel cassetto.

Nel frattempo però registriamo un piccolo fenomeno dei giorni scorsi: lunedì 7 nel pomeriggio è andato in onda su Rai Uno lo speciale pomeridiano per l’apertura della Scala e veniamo a scoprire che si trattava di una “mezza diretta” con addirittura del balletto di Bolle copiato e incollato; martedì sera sempre su Rai Uno è andata in onda l’ennesima replica di Montalbano mentre mercoledì è stata riproposta l' ennesima replica di Albero Angela su Pompei.

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