ATTENZIONE:
questo post è in aggiunta a quello quotidiano già pubblicato questa mattina ed è rivolto ai lettori interessati alla storia che stiamo per raccontare.
“… al mattino gli uomini vengono gettati in pasto ai leoni e agli orsi, a mezzodì alla mercè dei loro spettatori. Chi ha già ucciso deve affrontare altri che lo uccideranno e il vincitore viene serbato per un altro scempio; il destino dei combattenti è la morte: la tenzone è condotta con fuoco e spade. Va avanti sino a che l’arena è sgombra” (Seneca, epistole morali, a Lucilio). Non sono passati poi così tanti anni da quando i nostri antenati assistevano e partecipavano direttamente a questo spettacolo nel Colosseo e, forse, Betty, non sapeva che nel DNA di questa città tutto questo è scritto da secoli sul marmi bianchi che decoravano i Fori Imperiali.
Come si dice a Roma: altezza è mezza bellezza e l’altra metà Betty l’aveva di suo. Così la descrive Vincenzo Cerami due anni dopo il suo omicidio, avvenuto il 23 giugno 1986 in Via dei Prefetti 46: “Un corpo gitano, capelli lunghi e neri, la bocca grande e morbida. Era alta più di un metro e ottanta e guardava il mondo con pupille appena strabiche, che aumentava in quella giovane creatura un’aria smarrita e incredula”. Nel Rione Campo Marzio si notava la sua presenza, non poteva passare inosservata come pure non passò inosservata quando giunse a Roma un paio di anni prima piena di sogni e ambizioni.
Il racconto della sua presenza in città inizia nella sua città Cagliari, dove cresce in una famiglia benestante, figlia accudita insieme alla sorella Elena, anch’essa bella e corteggiata ma con altre ambizioni. Betty invece sentiva stretta la sua isola e aveva voglia di un altro mondo possibile dove la sua bellezza, della quale era pienamente consapevole, avrebbe potuto avere altro successo. La Capitale, il cinema, lo spettacolo, la televisione sono irresistibili e così decide di lasciare la sua città.
Non ci sono notizie dei primi tempi a Roma se non che incontra subito un facoltoso commerciante con il quale comincia una storia, forse fatale. Appartamenti in centro, uno vicino Fontana di Trevi, quasi una sede di rappresentanza del suo status sociale dove ospita Betty. Per lei, un bel colpo di fortuna: una bella casa e con la persona giusta nel momento giusto, non poteva chiedere di meglio. Quest’uomo, con un vasto giro di conoscenza in diversi ambiti, la introduce nei giri che contano, o meglio, che presumono di contare in un sottobosco tutto romano fatti di “impicci” e di conoscenze, di rapporti e relazioni spesso ambigui e talvolta loschi. Fatto sta che, almeno nei primi tempi, tutto sembra andare nel migliore dei modi: i due si frequentano intensamente e si propongono in pubblico come una coppia. Lei cucina e sembra anche bene e spesso organizzano cene con amici e conoscenti. Betty si sente tranquilla e fiduciosa e, forse, in cuor suo, potrebbe aver avuto la sensazione di aver trovato subito un rifugio sicuro dal quale iniziare la sua nuova vita. Le persone che la incontrano si dicono tutti pronti a darle una mano: “Ti faccio conoscere Tizio … ci vediamo a pranzo con Caio …” e forse tutti, con il retro pensiero di poter fare qualcosa di più … tanto, si sa, nel mondo dello spettacolo funziona spesso così. A quel tempo non c’era il Me Too.
Se non che, c’è un piccolo problema: l’uomo tanto generoso con il quale si accompagna è sposato e, come talvolta avviene, promette a Betty che presto avrebbe chiesto il divorzio per iniziare una nuova vita insieme a lei. Le cose vanno per le lunghe e si trascinano in un tira e molla inconcludente. Lei conta su di lui come trampolino di lancio, lui forse si accontenta di avere a fianco una bella donna da mostrare come preda e di lasciare sua moglie non ci pensa proprio. È in questa fase che Betty comincia a raccogliere nomi e numeri di telefono delle persone che incontra e le trascrive in una agenda curiosa, dove tante frasi sono scritte al contrario, che verrà ritrovata sulla scena del delitto. Ne vengono contate oltre 500 che saranno poi oggetto di indagini.
Arriva il momento in cui Betty capisce che quello che poteva essere un sogno sicuro diventa un incubo probabile. Dalla prospettiva di un matrimonio felice, in un ambiente benestante e bene introdotto, si passa a un territorio inesplorato dove ogni giorno devi correre più veloce del leone che ti insegue. Entra in una terra di mezzo, di “comparsate”, di provini, di “book” fotografici per agenzie di modelle, di “… ti faremo sapere ..” cioè poco più di niente. Capisce, forse, che se non sei nel giro giusto, a Roma non vai da nessuna parte e la bellezza, da sola non è sufficiente. Chissà, potrebbe essere stato questo l’errore che l’ha indotta ai passi falsi che farà in seguito: credere, essere convinta, che essere una bella donna, intelligente e simpatica, possa bastare per essere apprezzata almeno nel primo “girone” infernale nel quale si è trovata appena sbarca a Roma: nel cosiddetto “generone”.
Chi sono costoro, chi appartiene a questo mondo? Così lo descrive Giosuè Carducci : “... una borghesia di affittacamere, di coronari, di antiquari, che vende di tutto, coscienza, santità, erudizione, reliquie false di martiri, false reliquie di Scipioni, e donne vere; un ceto di monsignori e abati in mantelline di più colori, che anch'esso compra e vende e ride di tutto; un'aristocrazia di guardia portoni”. Ma è una definizione del secolo scorso, mentre quella attuale si potrebbe riferire meglio alla Roma del secondo dopoguerra, quella dei palazzinari, dei nuovi arricchiti con il commercio, dei funzionari pubblici, dei politici che animano il Parlamento e dintorni. Si tratta di un amalgama sociale di difficile connotazione culturale e geografica. Sono persone che abitano indifferentemente in belle case del centro come nelle villette scarupate di mezza periferia. Possono essere persone di buona istruzione o somari come uno sportello di frigorifero arrugginito. Il solo legame che li unisce è una certa agiatezza economica e la diffusa sensazione di potere, di essere in grado di arrivare dovunque nelle sfere del potere romano, dalla burocrazia comunale al potere vaticano.
È proprio in questo ambiente che Betty cerca disperatamente il suo destino. E proprio in questo stesso ambiente vale la legge della foresta: se non hai chi ti protegge entri in una zona d’ombra dove i predatori sono sempre in agguato e ciò che interessa loro è solo, semplicemente, la sua bellezza.
Fatalmente, il perimetro della sua vita si circoscrive in un ambito, quello del Rione, che è allo stesso tempo sintesi fotografica e umana di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, parteciperanno al suo spietato omicidio aggravato da un’offesa sul suo corpo dilaniato che solo una mente fredda, forse lucida o forse malata, può compiere: gli lascia una banconota da 50 mila sulle ferite delle tante coltellate con cui viene uccisa. È un gesto significativo: per gli inquirenti apre subito una comoda e facile pista investigativa.
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Il primo capitolo è stato pubblicato domenica scorsa, 18 aprile
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