mercoledì 7 aprile 2021

La comunicazione di Draghi, la Rai e la Sindrome di Anzaldi

Questa mattina non ci sono grandi notizie da commentare. Però, sul Fatto Quotidiano con la firma di Giacomo Salvini, si legge un articolo di grande interesse che ci porta direttamente nel cuore di un tema che ci è caro: la comunicazione. Leggiamo il titolo: “Draghi in calo. Chigi cerca l’esperto social” e nel pezzo “…la strategia del “comunicheremo solo se abbiamo qualcosa da dire” comincia a vacillare”. Come al solito, come per tutti, prima o poi, si arriva sempre allo stesso punto: la comunicazione o si gestisce o si subisce. L’approccio strategico di Draghi, abituato alle stanze felpate della finanza europea, ora deve fare i conti con Twitter, Instagram, Facebook etc. e, evidentemente, il solo supporto della sua portavoce Paola Ansuini non basta. Bene: Draghi, benvenuto a bordo del circo Barnum del sistema mediatico italiano.

Prima di proseguire su questo tema, vi proponiamo una riflessione di un nostro lettore che in una lunga, dettagliata e documentatissima mail ci scrive: “Rai24 Non deve partire? Chi non vuole il lancio di un progetto pronto interamente a costo Zero, tutto con risorse interne, in una fase di bilancio in pesante rosso aziendale? E la vigilanza in parlamento, non sa, o fa il pesce in barile?” e descrive la storia e i riferimenti normativi di questa, ennesima, mancata occasione per conseguire risparmi ed efficienza, oltre che presenza sul mercato dell’informazione, anche per quanto esplicitamente disposto dal Contratto di Servizio. Condividiamo pienamente quanto il lettore ci scrive e da tempo lo sosteniamo, citando pure il caso di Rai News24 dove lavorano poco meno di 200 giornalisti per fare uno share di ascolto da prefisso telefonico: 0,6%. Già, l’interrogativo posto dal lettore è pertinente: chi non vuole e non ha voluto realizzare questo ed altri progetti di tale importanza?  

Detto questo, oggi non ci resta che piangere… sui fatti e misfatti, sui riti e sui miti della televisione ai tempi del Covid in epoca di vaccini.  Avviso ai lettori: l’argomento che affrontiamo ora potrebbe non interessare chi non segue da vicino le vicende Rai (allontanate i minori innocenti).

Così, tanto per divagarci, vi proponiamo una riflessione sulla Sindrome (sostantivo femminile): nella pubblicistica, a proposito di psicosi collettive, vere o presunte… o di patologie connesse a situazioni esistenziali esasperanti, tratto da Oxford Languages Dic.

Più o meno, prima o poi, una sindrome non si nega a nessuno. La più famosa e meno problematica forse è quella di Stendhal (disturbo psico-somatico che si manifesta con una sensazione di malessere diffuso associato ad una sintomatologia psichica e fisica, di fronte ad opere d'arte o architettoniche di notevole bellezza, specialmente se si trovano in spazi limitati). Anche quella di Stoccolma è interessante: situazione paradossale, in cui la o le vittime di un sequestro si affezionano al loro o ai loro sequestratori, anche a dispetto di un comportamento inizialmente violento da parte di quest'ultimi. Poi ci sono quelle più piccole, intime, familiari con il nostro corpo o con la nostra mente, alcune forse pure inconfessabili. Poi ce ne sono di innumerevoli che spaziano da quelle cliniche, a volte drammatiche, a quelle sociali (Disturbo d'Ansia Sociale: è una condizione di disagio e paura marcata che un individuo sperimenta in situazioni sociali nelle quali vi è la possibilità di essere giudicato dagli altri, per timore di mostrarsi imbarazzato).

Bene, oggi quella di cui vogliamo parlare è la sindrome dell’Assedio che colpisce buona parte del popolo dei raiotici (talvolta definiti anche “raigotici”), cioè di quella particolare categoria di figure umane che ogni mattina, quando il sole sorge su Viale Mazzini e dintorni, entrano in stato di agitazione, ansia e agitazione motoria quando sono costretti o indotti a leggere i giornali e sapere cosa succede intorno a loro. Quale è la sua origine e quali elementi sono in grado di farla emergere? “È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!” (Deadline, di Richard Books). Dove sorge questa particolare forma di sindrome? Dove si trovano i suoi germi? Di cosa si alimenta? Vediamo una giornata tipo raiotica: i dolori di pancia cominciano intorno alle 7 del mattino quando sulle mail dei dipendenti Rai arriva la Rassegna stampa. Che si dirà di noi oggi? Con chi se la prenderanno? Con un personaggio, una rete, un Tg? Chi sarà la vittima di turno? Ohhh che dolore!!! Dopo di che, il raiotico/a inizia il calvario di sofferenza e spinto/a da una pulsione irrazionale va a consultare Dagospia e li c’è la sofferenza pura perché oltre al testo, spesso, si trova anche qualche immagine e vedersi sbattuti con la propria foto sulla home page del sito di informazione on line più diffuso in Italia altro che mal di pancia, è orticaria allo stato primordiale. La giornata prosegue e il raiotico/a si trovano, più o meno volontariamente, a frugare su messaggi What’s Up e si trovano link ad altri siti che non perdono occasione di randellare e menare sportellate sui fatti e misfatti che nessun altro giornale si azzarda a trattare. Infine, arriva il colpo, la mazzata finale, la madre di tutte le Sindromi di alcuni dirigenti Rai, che richiede un pronto intervento della Protezione Civile: quella di Michele Anzaldi. Ogni volta che il prode Michele interviene un brivido freddo corre sui nervi scoperti e cosparge di polvere urticante le poltrone dove sono seduti molti autorevolissimi superdirettori di Viale Mazzini. I quali, in questo caso, hanno un solo antidoto da utilizzare: dare la colpa ai giornalisti, sempre e comunque, a priori, non a tutti, beninteso, ma solo a quelli che non capiscono, non conoscono, non sanno leggere i documenti. Magari, forse, hanno pure ragione. Poveracci, in mancanza di meglio, si debbono accontentare di quello che passa il convento, cioè poco o nulla. Ogni volta che fanno una domanda, chiedono un documento, pongono un problema o suscitano una riflessione, vengono subito collocati nella categoria “rompipalle” oppure in quella ancora più perfida e malvagia di coloro che “non vogliono bene alla Rai”.

Non perderemo tempo a suggerire come si possa guarire da questa Sindrome di Anzaldi &Co, ma possiamo garantire che il metodo c’è ed è ampiamente sperimentato: basta comunicare e informare bene, correttamente e tempestivamente, a tutti e allo stesso tempo. E se poi scrivono cazzate si può sempre richiedere di rettificare, correggere, integrare. Tutto molto semplice e la Sindrome di Anzaldi guarisce subito, senza effetti collaterali.

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