Buona domenica e buon 25 aprile
“Capitale corrotta, nazione infetta” titolò L’Espresso l’11 dicembre 1955. Ero appena nato e già sentivo l’aria che tirava. Oggi il quadro è leggermente differente ma l’aria non è molto diversa: è certamente vero che il Paese è infetto (dal Covid) come pure la capitale è in buona compagnia, insieme ad altre “capitali” più o meno morali. Infatti, così ancora ha titolato l’Espresso nelle scorse settimane: “La banda dei giudici corrotti: l'inchiesta che sta sconvolgendo la magistratura. Sentenze vendute, elezioni annullate, depistaggi. C'è una vera e propria rete di toghe sporche al lavoro da Milano alla Sicilia”. E ancora non si sapeva nulla delle vicende del giudice di Milano, Piero Gamacchio, emersa solo nei giorni scorsi come pure quella del giudice di Bari Giuseppe De Benedictis. Bene, c’è da avere fiducia come si dice … la speranza è sempre l’ultima a morire.
C’è un esercizio che proponiamo a tutti, amici, parenti e conoscenti: la mattina presto, andate su uno dei tanti siti che propongono le prime pagine dei quotidiani in edicola per poter avere una panoramica sufficientemente attendibile di quello che passa il convento. Se lo fate oggi, potete osservare facilmente come il tema prevalente sia sul Recovery, che non è proprio esattamente il massimo della chiarezza, sia nei confronti di Bruxelles (dove Draghi avrebbe dovuto fare la voce grossa per farsi rispettare …andiamo bene!!!) sia per quanto riguarda le tensioni tra i partiti. Non sfugge a nessuno che un boccone così prelibato in termini economici si riflette fortemente sul piano politico ed ogni partito giocoforza sarà indotto a voler mettere le mani nel piatto ricco che si prospetta. Lasceranno che sia Draghi il solo a distribuire i posti a tavola? Un perno della tensione, infatti, è la “cabina di regia” e la ripartizione dei fondi a disposizione. Sono leciti dubbi e perplessità. Vedremo.
Scendiamo di un piano e veniamo alle cose più terrene, di quelle che fanno bene alla salute. Non è un caso che sulla stampa quotidiana (non parliamo nemmeno della Rai) non si trova pressoché traccia del Rapporto del Censis “Disinformazione e fake news durante la pandemia” presentato lo scorso venerdì. Perché? Semplice: hanno quasi tutti la coscienza sporca. Quasi tutti sono complici e colpevoli di avere contribuito a raccontare la pandemia in modo confuso, ansiogeno, eccessivo e “pauristico”. Quando non si sapeva cosa dire si prendeva la scorciatoia degli esperti che si contraddicevano l’uno con l’altro e pure quando anche loro tacevano, si facevano “parlare” le immagini che da sole illustravano tutto il dramma che stavamo e in parte stiamo ancora attraversando. Si capisce bene perché nessuno ne ha parlato o scritto una riga. Oggi, 25 aprile 2021, siamo ancora nel guado di chi sostiene che sia necessario “aprire” e di chi, al contrario, richiede importante mantenere le chiusure.
Scendiamo ancora di un piano e vediamo cosa è successo lo scorso venerdì al Cda di Viale Mazzini. In discussione il bilancio 2020 da approvare, passo fondamentale per procedere al rinnovo dello stesso Cda. È successo che tra Salini (M5S) e Foa (Lega) sono volati gli stracci, come si dice a Roma. Oggetto della contesa sarebbe un supplemento di chiarimento richiesto dal Presidente, in accordo con il consigliere De Biasio (Lega) in merito al documento presentato dall’AD. Il quale ha risposto più o meno “Non se ne parla proprio, è tutto già chiaro”. Si dirà: un pigolio, robetta, schermaglie amministrative .. che volete che sia. Forse si, oppure forse non se si legge questo avvenimento con la lente della politica. La Lega, per un verso “tira a Campari” per aggiustarsi qualche affaruccio (il Prix Italia a Milano anticipato a giugno) e magari, se dovesse mai capitare, mettere un pensierino sulla nomina di 8 nuovi direttori di sedi regionali che si dovranno pur fare prossimamente. Non è robetta da poco: in autunno ci saranno le elezioni in importanti capoluoghi e avere qualche influenza sulle Testate giornalistiche regionali può tornare sempre utile. Questo lo scenario entro il quale, traslato modo, quegli stesi partiti dovrebbero trovare un accordo per nominare tutti il prossimo vertice di Viale Mazzini. Molti cantano la stessa musica “tanto decide Draghi”. Sarà possibile che possa avvenire così, ma è lecito dubitare che questa decisione possa essere presa senza un preventivo placet di Letta (Franceschini), Salvini (Giorgetti), Conte (Di Maio) e compagnia cantando. Chi molla l’osso? Chi rinuncia ad un patronage su una posizione di tale rilievo? Rimane comunque un tema di agenda politica: il Governo è in grado, ha la chiarezza progettuale di mettere mano al dossier Rai nelle condizioni in cui si trova e alla vigilia di cambiali in scadenza molto onerose? Da più parti si invoca, giustamente, la riforma della governance di Viale Mazzini come pure, allo stesso tempo, è difficilmente percorribile un percorso che possa vedere questa riforma scollegata dal contrato un cui la Rai è costretta ad operare, cioè tutto il sistema delle Telecomunicazioni dove, però, fino a prova contraria, in questo momento, al primo posto c’è il tema banda larga.
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