Questa mattina ci prendiamo un momento di pausa (si fa per dire), necessario per approfondire e capire meglio cosa potrà succedere nelle prossime settimane.
Intanto, prendiamo nota di due notizie. La prima la riporta Andrea Biondi sul Sole 24 ore con il titolo “Accordo Serie A- Ei Towers. Prove di media company”. Si legge: “La Serie A ha approvato a larga maggioranza il progetto di creazione di un centro di produzione televisiva della Lega Serie A presso Ei Towers”. Quest’ultima è controllata al 60% da F2i e partecipata al 40% da Mediaset e “…garantirà locali e attrezzature tale da garantire la possibilità di produrre e distribuire i Top Match in 4K, nonché il trasporto di 13 segnali a partita che consentiranno didi realizzare già dal prossimo campionato la remote production di determinati incontri”. Possiamo bene immagine la portata di questa notizia: basta ricordare che anche la Rai vorrebbe/potrebbe/dovrebbe essere una "media company": come, quando, con chi e con quali risorse è tutto da scoprire.
La seconda notizia, che gli si connette indirettamente, la riporta Italia Oggi con la firma di Marco Livi con il titolo: "Pubblicità, il bimestre a -14,7%” e, più specificamente, si legge che la Tv è in calo del 12,3%. Ecco la tempesta perfetta che si sta abbattendo su tutto il perimetro del sistema audiovisivo: risorse economiche, tecnologie e contenuti. La sopravvivenza di ogni broadcaster è legata all’equilibrio che riesce a sostenere in questi tre ambiti. Le risorse sono scarse e non danno segni di ripresa. Per la Rai il rischio è duplice. Da un lato risorse calanti e dall’altro minacce costanti sul canone che, ben che vada, da alcune parti politiche della maggioranza di governo si vorrebbe ridurre. Sulle tecnologie, lo ripetiamo da tempo, quest’anno ci sono in agenda due appuntamenti inderogabili che non potranno essere rinviati: il refarming delle frequenze è già pianificato mentre l’avvento della banda larga, quale che sia la soluzione che verrà adottata (il famoso piano B di Colao: 5G e FWA) è solo questione di tempo. Sui contenuti, è del tutto evidente che il mercato non farà prigionieri: verrà occupato da chi sarà in grado di offrire prodotti migliori alle migliori condizioni di prezzo e qualità e il calcio, come si legge proprio in questi giorni, è un prodotto di grandissimo interesse sul quale anche le piattaforme OTT si sono lanciate con molta energia.
Ecco tornare il motivo per cui sosteniamo con forza il terzo
requisito di assoluto rilievo strategico che dovrà avere il prossimo amministratore
delegato della Rai: l’immediata operatività e conoscenza del settore in cui
dovrà intervenire subito. Non gli sarà concesso tempo per “studiare i dossier”:
quando, teoricamente tra la fine di giugno e i primi di luglio, si potrebbe insediare,
si potrebbe trovare tra capo e collo anzitutto la riscrittura del nuovo piano
Industriale che scade esattamente nello stesso periodo e poi i palinsesti delle
stagioni successive. Non farà in tempo a fare qualche giorno di vacanza ad
agosto e, al ritorno con il fresco settembrino si troverà la patata bollente
del refarming delle frequenze (consigliamo di rivedere Il Punto di Paolo Pagliaro
di lunedi: https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/transizione-digitale-la-tv-e-a-rischio-12-04-2021-374921
) che i suoi predecessori non hanno voluto affrontare. Dovrà far fronte ad una potenziale
perdita di telespettatori stimata in qualche milione. Scusate se è poco.
Ed ecco tornare, infine, la battaglia in corso sulle nomine
del prossimo Cda di Viale Mazzini. Il quotidiano La Verità, con un articolo a
firma di Giorgio Gandola, titola “Corsa alla sedia per il rimpasto Rai anche se
Draghi vuole posticipare”. Non si legge alcuna precisazione sul fatto che
Draghi possa o voglia posticipare la decisione sui rappresentanti del Governo
in Cda ma certamente si può convenire sul senso del titolo: in questo momento il
dossier Rai potrebbe non essere al centro delle sue attenzioni, non foss’altro poi
perché le “trattative” tra i partiti sembrano in alto mare. Si riaffaccia un
fantasma, un incubo da indigestione di pizza non lievitata, che non smette di
aleggiare: la proroga “silenziosa” che si potrà verificare con la sola,
semplicissima riproposizione di quanto avvenne già in passato, sia nella stessa
Rai e più recentemente in AgCom. Si tratta, per l’azionista di maggioranza, il MEF,
di rinviare sine die la proposta dei due nomi di sua competenza. A Viale Mazzini
è già avvenuto in passato con il consiglio in carica nel 2002, quando addirittura
ci fu un’occasione in cui il Cda era composto da soli tre membri ed una famosa
riunione addirittura svolta in due: il Presidente Baldassarre e il consigliere
Albertoni con Staderini sull’orlo delle dimissioni (il 21 novembre 2002). Storia analoga con il precedente consiglio di
AgCom, rimasto a bagno maria per oltre un anno, e solo quando il Presidente
Mattarella ha battuto i pugni sul tavolo la politica si è decisa a nominare i
nuovi vertici.
Non lo nascondiamo, il timore è lecito. Per qualcuno si
tratta di sopravvivenza, per l’Azienda si potrebbe trattare dell’annuncio di
una lenta, pericolosa e dannosissima agonia dalla quale difficile poi
riprendersi.
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