Il tema centrale di questi giorni interessa il Governo e i suoi delicatissimi (e forse pure fragili) equilibri interni. Dietro l’apparente sostegno dei partiti che ne fanno parte si cela un tangibile malumore e si intrecciano sottili e impercettibili trame. Il SuperTecnico Draghi deve fare i conti con la politica, sporcarsi le mani e magari prendersi pure qualche sportellata da quanti soffrono la sua ingombrante presenza e il suo problematico destino (un argomento che riprenderemo).
Questo semplice ragionamento si ripercuote, drammaticamente dal nostro punto di vista, sul futuro della Rai. I Ministri che hanno maggiore impatto sull’Azienda (Franco, Giorgetti e Colao) stanno lavorando (forse) sottotraccia e non danno segnali. Se ne possono fare diverse deduzioni: 1) che hanno affidato la ricerca dei nuovi amministratori a due società di cacciatori di teste (secondo Il Tempo sarebbero Egon Zhender e la Key2People) e tireranno fuori presto dal cilindro un coniglietto innocente 2) non sanno che pesci prendere e aspetteranno che i partiti trovino un accordo decente... oppure 3) hanno altro da fare e non se ne stanno proprio occupando. In tutti e tre i casi, non c’è da essere molto ottimisti.
Tutto ebbe inizio con l’URI (Unione Radiofonica Italiana),
poi venne l’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) e infine arrivò la
RAI (Radio Audizioni Italiane) che, nel 1954, divenne l’attuale RAI -
Radiotelevisione Italiana S.p.A. Ne è passata di acqua sotto i ponti e dopo
oltre 65 anni sembra di essere ad un punto di svolta cruciale. Ieri due nostri lettori
ci hanno proposto suggestioni interessanti: il primo ci ha proposto di rivolgere lo
sguardo verso il pianeta rosso dove dovrebbe funzionare la RTM (Radio Televisione
Marziana) e poi chiedere qualche informazione al Marziano su come vanno le cose
su da loro. Ci proviamo, cercheremo di contattarlo e proveremo a fargli un’intervista.
Se avete domande da sottoporgli, ce ne faremo carico.
Il secondo lettore invece ci scrive una mail con una metafora
grigia e cupa: la stazione ferroviaria. Come noto, si dice spesso che i treni
arrivano in ritardo però, solitamente, partono quasi sempre in tempo. È fatale (e
anche al sottoscritto è successo… con esiti negativi) che per una manciata di
secondi si vedesse sfilare sotto il naso il treno in partenza. Hai voglia poi a
cercare giustificazioni: la colpa è del gatto, il traffico, il semaforo sempre
rosso, la caffettiera lenta, i calzini spaiati… niente… il treno è partito e
non c’è più nulla da fare. Ecco, ieri abbiamo riportato la notizia dell’accordo
Lega Calcio Serie A con Ei Towers per dare plasticamente l’idea dei treni che
partono intorno alla Rai e che difficilmente potranno poi essere ripresi. In altre
occasioni abbiamo utilizzato un’altra metafora: una ricca tavola imbandita dove
l’ospite che rappresenta la Rai arriva in ritardo, gli altri commensali sono
già al loro posto e il pranzo è avviato. Tutti si guardano con un filo di imbarazzo,
si cerca una sedia supplementare, uno strapuntino, si prova ad imbastire un
nuovo posto a tavola chiedendo, gentilmente, agli altri ospiti di fare un po' di
spazio (accettano con lo sguardo torvo) e si chiede, infine, ai camerieri di
vedere in cucina se è rimasto qualcosa per l’ultimo arrivato. Sia l’una (il
treno che parte) che questa seconda metafora danno abbastanza bene l’idea di
quali condizioni potrebbe vivere la Rai in queste determinate circostanze.
Nei giorni scorsi ci siamo concentrati (e ci torneremo) sul
tema “contenuti” e di calcio in particolare. Oggi riprendiamo un articolo di
Italia Oggi a firma di Andrea Secchi, con il titolo “Fiction tv, 100 titoli all’anno
in UE” dove si legge che nella classifica europea “per trovare tracce dell’Italia,
le cui case di produzione non arrivano alle Top 20 generale si deve guardare
alle classifiche delle serie da 2 a 13 episodi dove, al 18° posto si trova Mediaset.
Non c’è traccia di Rai perché “…la sua produzione interna non è così massiccia
da apparire in questa top 20”. Bene, torniamo a capo. Su quali contenuti strategici
di produzione interna e su quali di acquisto si potrà fondare il futuro del
Servizio Pubblico? Andiamo per esclusione: il grande sport è ormai pressoché
assente (se parte pure la Coppa Italia alla quale sembra fortemente interessata
sempre Mediaset) non rimane che la Serie B e i dilettanti che pure meritano grande
attenzione. Grande cinema poco o nulla (fra poco parleremo di Garrone e di
Gomorra); intrattenimento leggero… lasciamo perdere; documentari… come andare
di notte nel bosco di castagne senza scarpe; rimane l’informazione che ancora
regge, come che si come che no. Torniamo sempre al solito punto: non ci sono
soldi e, come è noto, per fare buoni prodotti occorrono soldi e tanti. Magari,
non sempre: può succedere pure di avere buone idee che costano poco, ma ci
vuole coraggio, molto coraggio, che non sempre è facile da trovare, specie in
epoca di cambiamento.
Chiudiamo su Matteo Garrone e Gomorra: domani sera su RaiTre
andrà in onda la versione rivista e corretta del film di tanto successo. Così titola Il Tempo di Oggi: “Male e
violenza. Il mio Gomorra è ancora attuale”. Già, male e violenza, quella degli
altri, quella stessa che tanto piace a tanto pubblico televisivo osservare dal
buco della serratura. Quella stessa che ci accompagna ogni giorno nella cronaca
quotidiana di fatti e misfatti che accompagnano la vita di ogni giorno, vicino
e lontano, talvolta più vicino di quanto si possa immaginare, dentro la
famiglia. Si, forse era proprio necessario rivedere, correggere e aggiornare
Gomorra. Dal lontano 2008 tante cose sono cambiate.
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