venerdì 9 aprile 2021

La coscienza sporca della Rai

Questa mattina non ci sarebbero molti argomenti da trattare. Quello che merita particolare attenzione si riferisce alla conferenza stampa di Draghi di ieri pomeriggio. La lettura al volo dei titoli dei giornali la dice lunga: di tutto ciò che è stato detto, la notizia prevalente si riferisce alla sua battuta sui “furbetti” che saltano la fila per avere prima il vaccino, nonostante che siano stati tanti altri argomenti di non minore importanza. Sacrosanta indignazione, condivisibile, ma qualcosa non torna nella forma e nel contenuto del messaggio specie quando la prima prende il posto del secondo. 

“Buongiorno, buonasera, grazie, prego, per favore etc.”: i nostri genitori ci hanno insegnato queste prime essenziali regole di buona educazione non perché erano particolarmente attenti all’etichetta, ma forse perché erano consapevoli che si trattava di un “linguaggio sociale”, una modalità di relazione necessaria e funzionale alla necessità di garantire il funzionamento delle regole di comportamento collettivo. Perché questa osservazione? Alla conferenza stampa di Draghi ci hanno colpito subito due piccoli dettagli: l’appuntamento era previsto per le ore 18 e invece è iniziato alle 18,34 e Draghi non ha “comunicato” nulla ma ha sollecitato le domande ai giornalisti senza prima aver salutato i presenti e, con l’occasione, scusarsi pure del ritardo. Va beh… che vuoi che sia mezz’ora di ritardo? Con tutti i problemi che ci sono… No, è un piccolo dettaglio ma, è noto, che i grandi disegni sono composti da tanti tasselli e la "buona" comunicazione non è proprio tra quelli più piccoli. Con ordine: presentarsi in conferenza stampa senza una dichiarazione introduttiva e richiedere subito le domande è un fatto anomalo. La prassi vuole che si introduca l’argomento, si espongano le proprie argomentazioni, progetti etc e subito dopo si pongano le domande dei giornalisti. Draghi invece ha stravolto questa prassi. Se si tratta di un modello più vantaggioso, più efficace o più efficiente ai fini della comprensione dei problemi è tutto da verificare. Rimane un punto fermo: il Capo del Governo si sta convincendo che la sua partita necessita di una “punta” o di un “falso nueve” sulla comunicazione senza il quale la SuperTecnica non va da nessuna parte e dovrà sempre fare i conti con i vari Salvini o Bersani di turno con i quali regolare i conti prima di andare in Conferenza stampa. Traslato modo: avrà bisogno pure di un "supetecnico" alla Rai?

Bene, andiamo avanti ed ora la riflessione che vi proponiamo è nel cassetto da tempo e questa mattina Aldo Grasso sul Corriere ci fornisce l’opportunità di farla uscire. Si tratta della vicenda di Denise Pipitone, la bambina sparita nel settembre del 2004. Scrive Grasso: “Scegliere di raccontare nei dettagli questo reality non significa partecipare al circo mediatico? La logica del mostrare le immagini per deprecarle non è anche un mezzo per mostrare quelle immagini?”. La trasmissione di Rai Tre, Chi l’ha visto, con questo argomento ha tirato su ascolti da record. Ci torna in mente che proprio 40 anni fa, giugno 1981, inizia la lunga saga della “televisione del dolore” con la vicenda di Alfredino Rampi a Vermicino. Abbiamo accanto, sulla scrivania, un libro fondamentale su questo tema: “Davanti dal dolore degli altri” di Susan Sontag, da poco settimane tornato in distribuzione. È un argomento sul quale il Servizio Pubblico, la Rai spesso, ha nascosto nel suo armadio degli scheletri tutta la sua coscienza sporca che ancora, evidentemente, non ha ripulito. Ne riparleremo ancora, torneremo su questo tema.

Ultima nota: ieri si è svolto un dibattito (dicasi anche sportellate) tra Gubitosi (TIM) e Bassanini (OpenFiber) con il ministro Colao a fare da arbitro: “il governo non accetterà posizioni dominanti. Il nostro piano banda larga pronto entro l'estate". Morale della favola: siamo ancora a “carissimo amico … ti scrivo …”.

Infine, a seguito del nostro post precedente sulla “Sindrome Anzaldi” che colpisce molti autorevoli dirigenti di Viale Mazzini: abbiamo dimenticato un elemento che da oltre un anno fa venire le contorsioni digestive alla sera, durante l’ora di cena. Si tratta di “Striscia la notizia” che non perde occasione di randellare fatti e misfatti dentro e intorno a Viale Mazzini. Nel merito dei problemi che solleva c’è poco da dire. Quello che incuriosisce molto è sapere quanto questi argomenti possano interessare i suoi telespettatori. A spanne, si direbbe molto, perché, semplicemente, se così non fosse, non andrebbero in onda. Con buona pace di chi soffre della “Sindrome Anzaldi”.  

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