Ci sono giorni in verrebbe tanta voglia di occuparsi di tante cose belle che la vita ci offre: passeggiare con il gatto, raccogliere margherite primaverili sui campi, preparare dolci e, se avanza tempo, dipingere acquerelli, ascoltare musica e leggere libri. Una bella vita in un mondo piacevole. Molti lo fanno, altri no. Succede invece che quasi ognuno di noi sia indotto o costretto a scendere nei bassifondi delle vicende umane con tutte le sue beghe, rogne, difficoltà e problemi di varia natura e provenienza. Con tutto questo è necessario fare i conti e, se avanza tempo, si potrà fare altro.
Questa storia del rinnovo dei vertici Rai ci avvicina sempre
più ad un gorgo turbolento in grado di trascinare al fondo velleità e desideri,
prospettive e grandi disegni. Il cielo scende sulla terra e dovrà incontrare uomini
e donne in grado di seguire i disegni del Destino, di guidarli o semplicemente
di accompagnarli. Ecco allora che sarà
necessario sporcarsi le mani, uscire allo scoperto, prendersi responsabilità,
partecipare alla competizione.
Bene, detto questo, andiamo avanti. Nei giorni scorsi abbiamo
proposto una specie di “schedina del totonomine” con una serie di nomi di
candidati al posto di AD o di Presidente e non passa giorno senza che qualche
giornale, opportunamente ispirato, si faccia carico di riproporre Tizio o Caia.
Ormai, se tutto dovesse andare come fosse un Paese normale (e forse non sempre
lo è), ci dovremmo avvicinare ai giorni cruciali. Rifacciamo il punto a partire
dal candidato a rappresentante i dipendenti Rai: ieri è stata pubblicata dal
quotidiano Il Foglio una lettera firmata da Vittorio Di Trapani, segretario
nazionale USIGRAI, il sindacato dei giornalisti Rai dove si leggono argomenti
interessanti. Anzitutto che il Parlamento, prima di procedere alle nomine dei 4
consiglieri di sua competenza, debba avviare un dibattito sulla missione del
Servizio Pubblico. Poi, si propone di individuare una candidatura unitaria per
il Cda Rai e che questo possa essere poi nominato Presidente. Ottime idee, da
sottoscrivere subito. Ma si avverte una stonatura: come Di Trapani sa bene, nel
frattempo, è nota una sola candidatura ed è quella di Riccardo Laganà. Sarebbe stato
più chiaro e forse più utile sapere da subito se lui e il suo sindacato sono
disponibili a sostenerlo oppure stanno pensando ad un altro nome. Per fare
certe scelte, come lui stesso scrive, occorre coraggio. Bene, cominciasse lui
con un atto coraggioso: proponesse un nome nuovo unitario oppure dichiarasse
chiaro e tondo che appoggia Laganà.
Usciamo ora dal palazzo di Viale Mazzini e rivediamo i nomi
rimasti nell’arena. Alcuni ne sono usciti (Nardello, Vaccarono, Ripa) mentre
altri continuano a girare con ostinata insistenza. Possiamo dare un aiuto a
sgombrare il campo da qualche suggestione. Ci sono nomi che, per loro natura,
per origine, per marchio di fabbrica, sono a dir poco problematici. Ci riferiamo
in particolare a nomi in “quota” al PD o a qualche suo autorevole esponente. Ci
riferiamo esplicitamente al nuovo segretario Letta. Al suo nome vengono spesso
associati, più o meno lecitamente, i due canditati più citati: la Andreatta e l’attuale
DG Matassino. La prima per le note relazioni legate al suo nome. Argomento sgradevole
ma del quale difficile non tenerne conto. Il secondo per una esplicita
vicinanza a Letta per frequentazioni politiche comuni. Con tutte le beghe che Entico
Letta ha per la testa si può aggiungere pure quella di essere esposto all’impallinamento
per aver sostenuto/avvallato/sorretto o condiviso una scelta di “lottizzazione”
allo stato puro? Tutto è possibile, ci mancherebbe. Ma poi, hai voglia a fare
le morali sulla malapolitica e compagnia cantando. No, per il bene dell’Azienda,
di candidato AD “in quota” PD non ce n’è bisogno più di quanta ce ne possa essere
per uno/a “in quota” al M5S (abbiamo già dato) o altri partiti di varia natura.
No grazie, abbiamo già dato. Ci chiediamo solo perché un ragionamento tanto semplice
e leggibile non sia condivisibile da tanti colleghi che trattano questo
argomento.
Per parte nostra lo ribadiamo con forza: c’è spazio per
sostenere una forte e autorevole candidatura interna alla Rai per il ruolo di AD.
Al momento, le sole obiezioni che abbiamo registrato riguardano le “completezza”
delle loro competenze (editoriale e tecnologico). Si risolverebbe facilmente: i
due nomi che abbiamo in mente possono essere complementari, uno come AD e l’altro
come DG. Temiamo invece che lo strano silenzio che avvertiamo su questa
proposta possa celare due orientamenti: il primo si riferisce a chi sostiene
che la dirigenza Rai è ormai perduta, irrecuperabile a sani e corretti principi
di buon governo dell’Azienda. Ne abbiamo sentiti e più volte di questi ragionamenti
e, per dircela tutta, forse non riguardano tutti ma parte di quei dirigenti ormai
rassegnati o invischiati in giochi di “quote” partitiche. Uno in particolare,
ha sostenuto che questa sensazione sia avvertita anche in area di Governo e che
quindi sosterrebbe Draghi, o chi per lui, a gettare sale grosso sulle macerie
di Viale Mazzini e chiamare quindi un “generale di corpo d’armata” ad avviare
una Rai-fondazione (Minoli dixit). Il secondo ragionamento che abbiamo ascoltato,
in sintesi, sostiene implicitamente che la politica debba assumere questa responsabilità
e, di conseguenza, debba esprimere il nome del vertice. Vedremo, ancora qualche
settimana di lavoro.
Infine, una vicenda oscura e nemmeno poi tanto: ieri sera
Striscia la Notizia ha reso nota una lettera di fonte interna Rai con la quale
si “giustifica” la nomina di Claudia Mazzola come direttore dell’Ufficio Studi
di Viale Mazzini. Leggiamo una parte: “…i vertici aziendali hanno ritenuto la risorsa
in questione idonea a ricoprire l’incarico di Direttore dell’Ufficio Studi. E
come accade nella maggior parte dei casi per i ruoli di Direttore, avendo i
vertici piena conoscenza delle risorse apicali e ritenendo pertanto sufficiente
una ricognizione interna sulla base dei curricula professionali, non è stato
attivato lo strumento del job posting”. Della serie: “io ‘so io e voi nun sete
un c…o!!!” Cosa vuol dire una “ricognizione interna” e in cosa si differenzia da
“un job posting”? Risposta semplice: con la prima si decide senza rendere a
conto a nessuno, con il secondo si è costretti a dover confrontare altre
candidature, comprese quelle dei due vicedirettori già operativi all’Ufficio
Studi che, al minimo, già sono pienamente operativi, competenti e in grado di gestire
gli ambiti della propria direzione. Il CV allegato alla risposta Rai dice tanto
ma non dice tutto e non spiega perché in così breve tempo si possa diventare
Direttori quando per lo stesso percorso altri suoi altrettanto autorevoli ed
esperti colleghi sono al palo, da molti, troppi, anni. Si capisce poi perché ad alcuni alti dirigenti
Rai venga la “Sindrome Anzaldi”. Si guarisce facilmente: basta fare le cose “per
bene”.
bloggorai@gmail.com
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