venerdì 5 marzo 2021

I nomi per il nuovo AD Rai

Ieri un qualificato ed attento lettore ci ha posto il problema dei titoli di questo Blog: ha ragione, no sempre si riesce a cogliere la sintesi del testo ed attrarre adeguatamente l'attenzione. Ne terremo conto. Le notizie del giorno sono due: la prima l’ha fornita ieri l’ISTAT e ci ha detto che in Italia, nell’ultimo anno, durante la pandemia, le persone che versano in gravissimo stato di povertà sono aumentate di oltre un milione in più rispetto all'anno precedente. Il totale porta a circa 5,6 mln che vivono in fortissimo disagio economico e sociale e fanno salire l'indice di povertà assoluta dal 7,7 al 9,4%. È un numero drammatico di scenario che impone di leggere tutti i fenomeni sociali, culturali ed economici con altri punti di vista. Segnala anzitutto che il Paese non sembra affatto coeso, anzi, al contrario evidenzia fratture che rischiano di incancrenirsi sempre più.

La seconda notizia si riferisce alle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario del PD. Si tratta di un notizia in parte attesa: le fibrillazioni, la guerra per bande all’interno del partito sono note da tempo e non stupisce più di tanto che ci sarebbe stata prima o poi una resa dei conti, in particolare ora che il Governo Draghi comincia a dispiegare i suoi provvedimenti. Per quanto ci interessa, questa notizia ci porta dritti al cuore di un tema che abbiamo sollevato e proseguiremo a proporre ai nostri lettori: quali conseguenze ci potranno essere nella delicatissima partita appena iniziata sul rinnovo dei vertici Rai? Necessario ricordare che proprio il PD, per bocca dell’ex Ministro Gualtieri in audizione in Vigilanza, è stato il primo a porre in modo netto la necessità di portare a compimento il mandato attuale del Cda e procedere senza indugio al suo rinnovo alla scadenza naturale. Solo nei giorni scorsi si sono uniti a questa richiesta l’intero gruppo parlamentare in Vigilanza dello stesso PD e della Lega, insieme ad una generica dichiarazione di Grillo sulla riforma della Rai all’interno della riforma dell’intero sistema delle TLC. Ora, che i Dem possano avere “mire” e attenzioni per quanto potrà succedere a Viale Mazzini è cosa nota come pure è noto che molti “in quota” PD, interno ed esterni a Viale Mazzini, hanno già fatto pervenire le proprie autocandidature per le poltrone che si dovranno rinnovare, una in particolare, quella di AD. Ora, indubbiamente, il fianco scoperto offerto con le dimissioni di Zingaretti, apre qualche spiraglio di crisi, in particolare tra gli aspiranti interni che, in qualche modo, si sentivano “coperti” dal segretario, mentre altri, schierati con altre correnti (Franceschini) possono aver tratto un segnale positivo.

Comunque, torniamo a questo Blog. Premesso che conosciamo bene quanto dispone la Legge 220 del 2015 che definisce puntualmente i criteri di nomina del Cda, riteniamo che possa esserci uno spazio di iniziativa che può essere occupato prima che possano prendere quota e forma nomi di improbabili candidature di persone che di questa Azienda non sanno nemmeno l’indirizzo o, seppure, lo conoscono talmente bene che farebbero carte false per tornarci.

Si tratta quindi di sottoporre all’autonoma capacità del Ministro dell’Economia la possibilità di tenere in debita considerazione una rosa ristretta di nomi espressi dall’interno dell’Azienda con specifiche, particolari e riconosciute capacità ed esperienze manageriali e professionali in grado di consentire la guida dell’Azienda Pubblica Radiotelevisiva efficace, efficiente e anzitutto rapida, 1 minuto dopo il suo insediamento e non dopo i mesi necessari all’ultimo arrivato che potrebbe non sapere nulla di come funziona una macchina così complessa e delicata.

Evidente che si tratta di una iniziativa irrituale e del tutto innovativa che mira sostanzialmente a sostenere il principio fondamentale che a dirigere la Rai possa essere, oggi più che mai, una persona che in primo luogo conosca perfettamente la sua natura, la sua storia, la sua cultura di Servizio pubblico, i suoi complessi meccanismi editoriali e tecnologici, che sia in grado di dialogare con le istituzioni e con gli utenti. Questa semplice e banale descrizione del profilo dell’AD sarebbe già sufficiente a sgombrare il campo da una minaccia incombente: che anche il candidato interno sia espressione mascherata, ombra, di una persona in ”quota” a questo o quel partito” cioè esattamente la peste nera che andrebbe evitata a tutti i costi. Non solo, ma è necessario ricordare che gli azionisti di maggioranza del Governo Draghi, come abbiamo scritto, sembrano consapevoli di una riforma della governance Rai che, giocoforza, non potrà avvenire a breve e allora il nuovo Cda sarebbe di fatto di transizione verso un nuovo modello di gestione che, si spera, possa essere definito tempi rapidi. Significa quindi che il nuovo Cda sarebbe di transizione, con il solo compito di traghettare l’Azienda verso nuovi obbiettivi e forse anche di una sua nuova “missione” che è ora di aggiornare e rivedere. Infine, il termine di questo Cda coincide con due appuntamenti importanti previsti nei prossimi mesi: la definizione dei nuovi palinsesti, previsti intorno alla fine di giugno, e la stesura del Piano industriale prossimo alla sua scadenza. Tutto questo induce ad un accelerazione dei tempi: speriamo vivamente che se ne possa tenere conto.

Il tema allora si pone, da subito, sull’individuazione di nomi di persone interne all’Azienda candidabili per il ruolo di AD (in subordine per quello di DG ma su questo tema la situazione è molto più complessa). Come abbiamo scritto, sarebbe pure possibile fare una specie di “primarie” ma richiederebbe una macchina e una determinazione collettiva interna a Viale Mazzini che verosimilmente non c’è. Nel frattempo, come molti nostri lettori sanno bene, nel nostro piccolo, abbiamo provato a sollecitare un piccolo esercizio di scrematura di nomi. Al netto di autocandidature improbabili, di profili non ancora ben definiti e consolidati, di pressioni provenienti dall’esterno, i nomi veri e qualificati, spendibili e credibili, sono sostanzialmente tre: due uomini e una donna (a questo proposito, ci è stato fatto notare, in questo senso mancano altri nomi che la dice lunga sulla diversità di genere all’interno dell’Azienda; se qualcuno è in grado di proporli  sarebbe utile farle conoscere).  

Si tratta ora di scegliere, di uscire allo scoperto e di dire chiaro e tondo come si intende andare avanti. Almeno su questo, una smarcatura da Bisanzio e dalla cultura partitica sarebbe possibile, forse... magari.

A seguire, più tardi, la nota su Sanremo n.2

(ANSA) - SANREMO, 05 MAR - Sono stati 10 milioni 596 mila, pari al 42.4% di share, i telespettatori che hanno seguito ieri su Rai1 la prima parte della terza serata del Festival di Sanremo, dedicata alle cover della musica d'autore; la seconda parte ha ottenuto 4 milioni 369 mila con il 50.6%. Il festival risale la china degli ascolti: la seconda serata aveva ottenuto 10 milioni 113 mila spettatori con il 41.2% nella prima parte e 3 milioni 966 mila nella seconda con il 45.7%. L'anno scorso la serata duetti aveva fatto registrare 13 milioni 533 mila spettatori con il 53.6% di share nella prima parte e 5 milioni 636 mila con il 57.2% nella seconda.

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