mercoledì 17 marzo 2021

Indiana Jones e la Rai

Chi vi scrive è appassionato di cinema e, come tanti, soffre la chiusura delle sale, il piacere del grande schermo che nessuna Tv a 54 pollici UHD con Home Theatre potrà mai eguagliare. Provate ad immaginare la differenza nel vedere Indiana Jones e I predatori dell’Arca perduta con i due schermi: non c’è paragone!!! Comunque, la citazione non è casuale: ieri un qualificato e attentissimo lettore ci ha proposto la scena famosa quando Henry Walton "Indiana" Jones, Jr. si trova al mercato alla fine di un vorticoso inseguimento e si trova di fronte un omone armato di scimitarra minacciosa e lui, semplicemente, tira fuori la sua Colt e spara. Perfetta metafora di un'altra famosa scena di Per un pugno di dollari e Ramon dice: «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto».

Bene, tutto questo racconta e sintetizza esattamente la Rai in questa fase storica, nelle attuali contingenze della politica, della cultura, dell’economia e della tecnologia. Quando la Rai, con la fionda affronta i colossi del digitale attrezzati con i Big Server, la Rai soccombe. Spesso, ci siamo stupiti quando sulla stampa non trovavamo notizie di interesse sul Servizio Pubblico oppure, quando in occasione di grandi eventi la Rai non è stata invitata (vedi gli stati generali dell’economia lo scorso anno). Lo stupore durava poco: giusto il tempo di ricollocare tutte le tessere del mosaico al loro giusto posto. Ci avviciniamo velocemente al cambio di stagione (non solo climatico) e sarà ora di fare bilanci e pensare alla nuova che si appresta ad arrivare.

Prima di proseguire, segnaliamo due importanti articoli di oggi: il primo lo troviamo su La Repubblica a firma Paolo Garimberti con il titolo “Costruiamo una Rai digitale modello BBC”. Leggiamo: “… interferenza dei partiti che mortifica i non pochi talenti e i tanti bravi giornalisti della Rai, ha contribuito a rallentare il processo di modernizzazione e, di conseguenza, a ridurre la capacità di attrazione dell’offerta informativa non tradizionale…” e giù snocciolando dati sul ”digital divide” tra la Rai e i servizi pubblici radiotelevisivi europei che da tempo hanno investito nell’innovazione dei sistemi  e dei prodotti . Conclude Garimberti: “La digitalizzazione e la presenza sul più ampio spetto possibile di strumenti non è solo una scelta di sopravvivenza. È un dovere morale e un contributo alla modernizzazione del Paese”. Ha ragione, peccato che non dice una parola sul fatto che tutto questo costa e neanche poco e, notoriamente, nelle casse dell’Azienda ci sono buchi che potrebbero diventare voragini. Piccolo passo indietro: ieri sul Sole, con la solita firma di Andrea Biondi, è comparso un articolo con il titolo “Su banda ultralarga e 5G la scommessa per garantire all’Italia un futuro digitale”. Bene. Qualcuno ha letto o sentito mai proferire verbo su questi temi provenire dal vertice di Viale Mazzini? A ottobre dello scorso anno, Aldo Fontanarosa, sul sito di Repubblica, pubblicò un articolo con il titolo “Rete unica per Internet, le condizioni della Rai: "I nostri canali a tutti e gratuitamente". Dopo di che il nulla. È iniziato il dibattito su Sanremo ed ha steso un velo di cemento su tutto il resto che permane tutt’ora, tanto alla fin fine, come dicono in molti a Viale Mazzini, ha fatto share e portato a casa qualche milione.

Ancora: oggi sul Manifesto Vincenzo Vita propone una interessante riflessione sul flusso di notizie in quest’ultimo periodo: “la cronaca del contagio induce ad abbassare lo sguardo e ridurre ogni velleità critica…la dialettica tra vero e falso diventa un obbligo civile, necessario per tutelare democrazie e civiltà”.

Allora, come dicevamo prima: Rai è fuori dai grandi disegni della politica che, bene che vada se ne occuperà in occasione delle prossime nomine in Cda (e poi scriveremo una nota). Per il resto (un'idea, un progetto, una visione) non c’è tempo e forse nemmeno la fantasia. La Rai è fuori dai grandi processi di narrazione culturale del Paese con la sola eccezione (e ci sarà pure da riflettere a lungo su questo tema) delle fiction dove riesce a mantenere share e ascolti, per il resto ..spiccioli. Tanto per non dimenticare nulla: vedi il canale istituzionale e quello in lingua inglese che ancora non riescono a vedere la luce eppure si tratta di vincoli e di opportunità vantaggiose per l’Azienda e per il Paese. Vedi pure tutta la vicenda della piattaforma della cultura tanto cara al Ministro Franceschini. La Rai è fuori dai grandi disegni dell’economia digitale: sarà un miracolo se il Ministro Colao riuscirà a far rientrare qualcosa nel Recovery Plan a seguito del suo recente incontro con Salini. Inoltre, è fuori perché non ha una strategia sulla banda larga, sul 5G, sulla CDN e, seppure ci fosse qualche idea non sarà certo questo vertice a tirala fuori (ed è meglio). La Rai, infine, è fuori dai grandi disegni dell’economia nazionale per tutti i grandi filoni che gli potrebbero interessare: a partire dal canone costantemente minacciato per finire alla pubblicità in costante riduzione. Ma, ancor più, è fuori perché non riesce a collocare la sua identità, il suo ruolo, nel contesto delle grandi infrastrutture di interesse strategico nazionale al pari delle altre e stenta a candidarsi come “priorità” di interesse.

Allora il tema è semplicemente: come se ne esce? Ci sono ragionevoli percorsi virtuosi da seguire? Si, ne siamo “relativamente” convinti, ci sono persone e correnti di pensiero in grado di esprimere idee e progetti. Il problema è che faticano ad uscire allo scoperto e, spesso, stentano a tenere in ordine l’agenda temporale degli appuntamenti, delle scadenze che sono scritte e inderogabili.  

Veniamo alla bassa cucina, quella che interessa pochi intimi: non citiamo più i soffietti che girano con i tanti nomi candidabili al posto di Salini e Foa. Registriamo però un fatto curioso: torna con evidenza il nome della Andreatta che sarebbe in “sofferenza” a Netflix dove è approdata dopo l’uscita da Viale Mazzini. Vorremmo non credere nemmeno lontanamente ad una ipotesi del genere non per la persona in quanto tale ma per quello che potrebbe rappresentare e significare dopo l’arrivo di Enrico Letta come segretario del PD.

Per parte nostra, proprio per quanto leggiamo, siamo sempre più convinti che lo spazio per un candidato forte espresso dall’interno dell’Azienda sia sempre più agibile e praticabile. Con calma, proseguiamo a lavorare su questo fronte: qualcuno, un giorno, ci dovrà pur spiegare che Tizio è meglio di Caio per competenze, esperienze e capacità manageriali e non perché “in quota” alla Lega, al PD o al M5S.

bloggorai@gmail.com

Nessun commento:

Posta un commento