Chi vi scrive è appassionato di cinema e, come tanti, soffre la chiusura delle sale, il piacere del grande schermo che nessuna Tv a 54 pollici UHD con Home Theatre potrà mai eguagliare. Provate ad immaginare la differenza nel vedere Indiana Jones e I predatori dell’Arca perduta con i due schermi: non c’è paragone!!! Comunque, la citazione non è casuale: ieri un qualificato e attentissimo lettore ci ha proposto la scena famosa quando Henry Walton "Indiana" Jones, Jr. si trova al mercato alla fine di un vorticoso inseguimento e si trova di fronte un omone armato di scimitarra minacciosa e lui, semplicemente, tira fuori la sua Colt e spara. Perfetta metafora di un'altra famosa scena di Per un pugno di dollari e Ramon dice: «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto».
Bene, tutto questo racconta e sintetizza esattamente la Rai
in questa fase storica, nelle attuali contingenze della politica, della
cultura, dell’economia e della tecnologia. Quando la Rai, con la fionda affronta i colossi del digitale attrezzati con i Big Server, la Rai soccombe. Spesso, ci siamo stupiti quando sulla
stampa non trovavamo notizie di interesse sul Servizio Pubblico oppure, quando in
occasione di grandi eventi la Rai non è stata invitata (vedi gli stati generali
dell’economia lo scorso anno). Lo stupore durava poco: giusto il tempo di
ricollocare tutte le tessere del mosaico al loro giusto posto. Ci avviciniamo
velocemente al cambio di stagione (non solo climatico) e sarà ora di fare
bilanci e pensare alla nuova che si appresta ad arrivare.
Prima di proseguire, segnaliamo due importanti articoli di
oggi: il primo lo troviamo su La Repubblica a firma Paolo Garimberti con il titolo
“Costruiamo una Rai digitale modello BBC”. Leggiamo: “… interferenza dei
partiti che mortifica i non pochi talenti e i tanti bravi giornalisti della
Rai, ha contribuito a rallentare il processo di modernizzazione e, di
conseguenza, a ridurre la capacità di attrazione dell’offerta informativa non
tradizionale…” e giù snocciolando dati sul ”digital divide” tra la Rai e i servizi
pubblici radiotelevisivi europei che da tempo hanno investito nell’innovazione
dei sistemi e dei prodotti . Conclude
Garimberti: “La digitalizzazione e la presenza sul più ampio spetto possibile di
strumenti non è solo una scelta di sopravvivenza. È un dovere morale e un contributo
alla modernizzazione del Paese”. Ha ragione, peccato che non dice una parola
sul fatto che tutto questo costa e neanche poco e, notoriamente, nelle casse
dell’Azienda ci sono buchi che potrebbero diventare voragini. Piccolo passo
indietro: ieri sul Sole, con la solita firma di Andrea Biondi, è comparso un articolo
con il titolo “Su banda ultralarga e 5G la scommessa per garantire all’Italia
un futuro digitale”. Bene. Qualcuno ha letto o sentito mai proferire verbo su
questi temi provenire dal vertice di Viale Mazzini? A ottobre dello scorso anno, Aldo Fontanarosa,
sul sito di Repubblica, pubblicò un articolo con il titolo “Rete unica per
Internet, le condizioni della Rai: "I nostri canali a tutti e
gratuitamente". Dopo di che il nulla. È iniziato il dibattito su Sanremo
ed ha steso un velo di cemento su tutto il resto che permane tutt’ora, tanto alla fin fine, come dicono in molti a Viale Mazzini, ha fatto share e portato a casa qualche milione.
Ancora: oggi sul Manifesto Vincenzo Vita propone una interessante
riflessione sul flusso di notizie in quest’ultimo periodo: “la cronaca del
contagio induce ad abbassare lo sguardo e ridurre ogni velleità critica…la
dialettica tra vero e falso diventa un obbligo civile, necessario per tutelare
democrazie e civiltà”.
Allora, come dicevamo prima: Rai è fuori dai grandi disegni della
politica che, bene che vada se ne occuperà in occasione delle prossime nomine
in Cda (e poi scriveremo una nota). Per il resto (un'idea, un progetto, una
visione) non c’è tempo e forse nemmeno la fantasia. La Rai è fuori dai grandi
processi di narrazione culturale del Paese con la sola eccezione (e ci sarà
pure da riflettere a lungo su questo tema) delle fiction dove riesce a mantenere
share e ascolti, per il resto ..spiccioli. Tanto per non dimenticare nulla: vedi
il canale istituzionale e quello in lingua inglese che ancora non riescono a
vedere la luce eppure si tratta di vincoli e di opportunità vantaggiose per l’Azienda
e per il Paese. Vedi pure tutta la vicenda della piattaforma della cultura
tanto cara al Ministro Franceschini. La Rai è fuori dai grandi disegni dell’economia
digitale: sarà un miracolo se il Ministro Colao riuscirà a far rientrare
qualcosa nel Recovery Plan a seguito del suo recente incontro con Salini. Inoltre,
è fuori perché non ha una strategia sulla banda larga, sul 5G, sulla CDN e,
seppure ci fosse qualche idea non sarà certo questo vertice a tirala fuori (ed è
meglio). La Rai, infine, è fuori dai grandi disegni dell’economia nazionale per
tutti i grandi filoni che gli potrebbero interessare: a partire dal canone costantemente
minacciato per finire alla pubblicità in costante riduzione. Ma, ancor più, è fuori
perché non riesce a collocare la sua identità, il suo ruolo, nel contesto delle
grandi infrastrutture di interesse strategico nazionale al pari delle altre e stenta
a candidarsi come “priorità” di interesse.
Allora il tema è semplicemente: come se ne esce? Ci sono ragionevoli
percorsi virtuosi da seguire? Si, ne siamo “relativamente” convinti, ci sono persone
e correnti di pensiero in grado di esprimere idee e progetti. Il problema è che
faticano ad uscire allo scoperto e, spesso, stentano a tenere in ordine l’agenda
temporale degli appuntamenti, delle scadenze che sono scritte e inderogabili.
Veniamo alla bassa cucina, quella che interessa pochi intimi:
non citiamo più i soffietti che girano con i tanti nomi candidabili al posto di
Salini e Foa. Registriamo però un fatto curioso: torna con evidenza il nome
della Andreatta che sarebbe in “sofferenza” a Netflix dove è approdata dopo l’uscita
da Viale Mazzini. Vorremmo non credere nemmeno lontanamente ad una ipotesi del
genere non per la persona in quanto tale ma per quello che potrebbe rappresentare
e significare dopo l’arrivo di Enrico Letta come segretario del PD.
Per parte nostra, proprio per quanto leggiamo, siamo sempre
più convinti che lo spazio per un candidato forte espresso dall’interno dell’Azienda
sia sempre più agibile e praticabile. Con calma, proseguiamo a lavorare su
questo fronte: qualcuno, un giorno, ci dovrà pur spiegare che Tizio è meglio di
Caio per competenze, esperienze e capacità manageriali e non perché “in quota”
alla Lega, al PD o al M5S.
bloggorai@gmail.com
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