Care lettrici, cari lettori, buon inizio di settimana. Oggi, se volete, prendetevela comoda: come al solito, il lunedì ci sono molte cose sulle quali riflettere. Ieri (consigliamo la rilettura) abbiamo pubblicato un post con alcuni frammenti del Giulio Cesare di Shakespeare che, in qualche modo, sarebbero dovuti servire ad interpretare, preventivamente, quanto ha detto Enrico Letta all’Assemblea del PD.
Si è trattato di un evento molto rilevante per almeno tre
livelli: il primo squisitamente politico (aggettivazione quanto mai
pertinente), il secondo decisamene mediatico e il terzo ci interessa più da
vicino per quanto ci ha potuto far intendere quale potrà essere il suo
approccio verso la comunicazione pubblica e la Rai.
Sul primo punto, vi proponiamo come sintesi assoluta la vignetta di Staino sulla prima pagine de La Stampa: “Bellissimo il discorso di Letta!” … “Ma lo ha capito che si tratta di fare il segretario del PD e non il capo del Governo?”. Ebbene, ieri mentre lo ascoltavamo abbiamo avuto le stessa precisa, identica sensazione: non parlava solo al suo partito ma all’intera coalizione e, traslato modo, al suo capo, Mario Draghi. La semplificazione porterebbe a dire: “tecnici, state in campana, è la politica che comanda !!!”. A questo punto, sempre durante l’ascolto, abbiamo fatto caso ad alcuni elementi: ha citato tutto il pantheon ex democristiano di sinistra confluito nel PD e mai gli è venuto in mente il mitico slogan che molti ex figiciotti dovrebbero ricordare bene: “Togliatti, Longo, Berlinguer”. Vabbhè, ci mancherebbe, peccato veniale: se ci si rivolge ai giovani è giocoforza ritenere che costoro, forse, non sanno nemmeno chi sono. Amen.
Ma le citazioni e i nomi delle persone, riportano, inevitabilmente, a esercizi storici che non possono esser sottaciuti. Lui per primo e Prodi, tanto citato ieri, difficilmente hanno dimenticato quanto successo 7 anni fa. Forse, hanno perdonato, ma non dimenticato. Siamo andati a rileggere quello che è accaduto in quelle settimane del marzo/aprile del 2013 quando si trattava di proporre un candidato alla Presidenza della repubblica (Romano Prodi). Tutt’ora è uno dei misteri più fitti della storia italiana: non uno dei congiurati (ricordate sempre il Giulio Cesare di ieri) ha declamato le lodi di Prodi dopo averlo pugnalato. Non uno è uscito allo scoperto dichiarando apertamente il perché. Non solo: difficile dimenticare pure quanto successo nel 2015 a Roma con il “golpe” contro il sindaco Ignazio Marino che venne cacciato non da un voto palese in Aula comunale (che, non a caso, si chiama, appunto Giulio Cesare) ma da una nota vergata da un notaio al quale si erano rivolti i 26 “pugnalatori”. Da ricordare che Marino poi è stato completamente assolto dalla Cassazione.
Comprensibile, dunque, che Letta ieri abbia fatto continui riferimenti al tema dell’unità del partito. C’è da crederci: aveva di fronte a se (seppure in modo remoto e virtuale) molti degli stessi congiurati degli anni passati. Altre note: prima Nicola Zingaretti “Mi vergogno del mio partito” poi segue Letta prima della Direzione “Non cerco l'unanimità ma la verità” poi, in direzione, “Se diventiamo il partito del potere, noi moriamo...” in risposta alla presidente del Partito che invocava “un partito di lotta e di governo” (una cosa nuovissima!!!). Repubblica oggi titola: “La rivoluzione copernicana di Letta: archiviare il passato pe vincere domani”. Le parole pesano, sono segni, simboli e significati forti.
Nostra sintesi strettamente personale: Draghi,
Salvini e Meloni potrebbero dormire sonni tranquilli, non si sono ascoltate
trombe di guerra ma pacati, ragionevoli, proponimenti di buon senso. Che sia questo
l’approccio (mediatico) richiesto da chi poi dovrà mettere una scheda nell’urna
e far tornare indietro gli oltre 6 milioni di voti persi per strada, è altro
discorso. Da osservare che si è trattato
della prima Assemblea nazionale del PD trasmessa in diretta Facebook, come pure
prima da registrare il Tweet di Zingaretti con il quale ha annunciato le sue
dimissioni. La comunicazione politica ha ormai assunto in modo radicale e
fondamentale l’utilizzo dei nuovi strumenti “social”, nuove modalità, nuovi
linguaggi e nuove piattaforme di dialogo e interlocuzione.
Veniamo ora ad una nota finale: Letta ha detto che in questo
momento il PD non ha tanto necessità di un nuovo segretario ma di un nuovo PD. Un
sottile gioco di parole che la dice molto più lunga di come la si racconta. Un
nuovo PD significa una rivoluzione appunto copernicana, che spiana le macerie
del passato per gettare le fondamenta di quelle nuove che non sono solo i giovani
a cui tutti, indistintamente guardano con fiducia, sempre. Non abbiamo avuto la
sensazione che sia apparsa all’orizzonte la betoniera carica di cemento. Chissà,
forse, ci siamo sbagliati. Auguri comunque.
Allora, veniamo alle faccende di casa nostra, la bassa
cucina di Viale Mazzini. Non sappiamo ancora nulla di cosa possa avere in mente
Letta sulla situazione della Rai, sul suo immediato presente e sul suo prossimo
futuro. Da quanto ha detto ieri sera da Fazio e dal suo discorso in Direzione non abbiamo colto nessun segnale di fumo sul tema "telecomunicazioni" se non un un sommario riferimento ad Internet. Sappiamo bene invece quanto aveva in mente il suo predecessore Zingaretti e il suo
Ministro dell’Economia Gualtieri. Certo è che presto, molto presto, dovrà
uscire allo scoperto e esprimere un suo pensiero compiuto sulle scelte immediate
ed altre di più lungo respiro che si dovranno fare sul destino della Rai. Sappiamo però per certo che da alcuni giorni c’è
molta agitazione tra i piani alti del palazzo, alla caccia di chi è stato, è
tutt’ora, amico parente o conoscente di “Enrico”, dentro e fuori la Rai… chissà
…una parola buona non ha mai fatto male a nessuno, anzi, in tanti casi, aiuta.
La Rai come pure Alitalia, Autostrade, Ilva e le nomine delle circa 500 consociate e partecipate delle Stato, saranno un bel banco di prova della rivoluzione copernicana di Letta.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento