Questo piccolo Blog fa gran fatica ad essere moderato, ragionevole, pacato, attento e sensibile ad intercettare tutte le possibili sfumature, a non toccare nervi sensibili, a non urtare facili permalosità. Inoltre, mettiamo sempre grande attenzione a cercare e proporre temi e problemi che sfuggono alla cronaca quotidiana per cercare soluzioni, intravvedere squarci di un possibile futuro che possa interessare, direttamente o indirettamente, il Servizio Pubblico radiotelevisivo. Ma, purtroppo, non sempre è possibile e allora anche una sana “indignazione” (e siamo educati) è giusta, doverosa, necessaria. I nostri lettori spero ci perdoneranno se oggi divaghiamo su questo “lato oscuro” della Rai anche se ci sarebbero altri argomenti da trattare.
Ci sono comportamenti umani che nemmeno le scienze cliniche
possono spiegare. La mente genera spesso mostri dalla natura indefinita e
questi traggono alimento da antiche e remote fratture sociali, familiari e
culturali. Oppure si tratta di comportamenti primordiali, ancestrali, primigeni
che milioni di anni non sono stati in grado di sanare e ricondurre alle sfere
del razionale e del “civile”. Ancora una volta e per chissà quanti anni ancora,
si ripropone l’eterno dilemma tra natura e cultura. Il primate che è dentro di
noi vive ancora nella giungla (dove magari sta meglio di noi che viviamo nella “civiltà”)
e, a quanto sembra, non ne vuole proprio venire fuori.
Tutto questo per cercare di capire cosa succede nei meandri
oscuri delle menti di alcune persone che risiedono stabilmente a Viale Mazzini.
L’argomento è noto e se ne parla (poco) da tempo: lo spazio, gratuito che Rai concede
ai suoi concorrenti più agguerriti e famelici di erodere telespettatori a loro
vantaggio. Una volta è Mediaset o altra volta Netflix o Amazon Prime, la musica
è sempre la stessa: con la scusa di invitare un personaggio che appartiene a
quella “scuderia”, di fatto, si regala visibilità, riconoscibilità e identità
alla concorrenza senza nulla in cambio. È successo ancora una volta ieri con Mara
Maionchi ospitata da Mara Venier su RaiUno che ha pubblicizzato una sua trasmissione presto diffusa appunto da Amazon Prime. Come già vi abbiamo riportato, la
risposta della Rai su questo tema in Vigilanza si limita a dire che “la Rai è da sempre
orientata a criteri di rispetto e apertura verso tutte le opinioni… anche
laddove tali opinioni siano espressione di esponenti di media concorrenti. In
tale quadro si collocano anche le presenze di volti legati a Mediaset
all’interno dei palinsesti Rai, fenomeno che ha una sua reciprocità, sebbene la
presenza di ospiti Rai nei programmi della concorrenza sia meno frequente”. Ma è
chiaro come il sole che non si tratta di opinioni ma di pubblicità occulta ai
danni della Rai, ai limiti del danno erariale. Allo stesso tempo, a proposito di
reciprocità, non ci mai capitato di vedere o sapere che Mediaset, Amazon Prime
o Netflix abbiano mai mandato in onda servizi “redazionali” a favore di Rai o
di qualche suo prodotto. Chissà se a Pinuccio di Striscia la Notizia, sempre
attento agli sprechi Rai, gli è mai venuto in mente che in questo caso non si
tratta di “spreco” ma ben di peggio. A questo punto sorgono i dubbi: come è mai
possibile che avvenga continuamente tutto questo? Si tratta di ottusità
tetragona oppure qualcuno persegue interessi privati di natura non ben definita?
Già, l’Azienda... la stessa Azienda dove regna indisturbato il potere palese o
occulto dei vari agenti o delle case di produzione che dettano l’agenda, il palinsesto,
i modi, i linguaggi, le scelte strategiche che invece gli dovrebbero essere del
tutto estranee.
Bene. Anzi... male. Comunque andiamo avanti e spostiamo lo
sguardo sul tema che seguiamo da tempo: la rete unica. Oggi sui supplementi economia
del Corriere e La Repubblica compaiono due titoli quasi uguali: “Agenda Colao:
terza via per la rete unica (tra pubblico e privato)” e “Banda larga pubblica o
privata, un dilemma che dura da 25 anni”. La lettura congiunta dei due articolo fornisce
materiale sufficiente a rendere comprensibile il momento politico, economico e
tecnologico in cui si colloca il problema dello sviluppo della rete digitale
nel nostro Paese. L’articolo di Repubblica ricostruisce in modo attendibile lo
scenario storico che fa da sfondo alla situazione attuale e le scelte che i
vari governi, compresi di centrosinistra, hanno compiuto da quando si sono “invaghiti”
delle grandi privatizzazioni ed hanno ceduto pezzi importanti di beni pubblici
ai privati. Ora tornare indietro è assai difficile e non è nemmeno scontato che
ci possa essere una nuova e diversa volontà in questa direzione: Draghi non sembra
avere nel suo DNA un tale orientamento, non foss’altro perché nel suo CV questo
tema è scritto in neretto. Anche in questo caso, come sopra, ritorna il solito
eterno dualismo: Stato o mercato, pubblico o privato?
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