martedì 24 maggio 2022

I 90 giorni di guerra del Tg1



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90 giorni di orrore, terrore e timore. Da tre mesi anche tutti noi siamo “bombardati” da notizie di guerra che non producono vittime innocenti quante in Ucraina ma che segnano profondamente le nostre coscienze. Poniamo una sola e semplice domanda: quanto e come hanno le immagini del Tg1 hanno inciso sulla formazione del “sentimento” nazionale per quello che è avvenuto in queste settimane? 

Non abbiamo molto materiale “grezzo” sul quale riflettere ma solo qualche dato: l’unica fonte disponibile che ci risulta attenta a misurare questo aspetto è l’IPSOS che lo scorso 13 maggio ha pubblicato il secondo Report “Il conflitto in Ucraina - Monitoraggio del sentiment dell’opinione pubblica” dove viene rilevato Lo stato d’animo e le preoccupazioni degli italiani e La posizione riguardo al conflitto e al coinvolgimento dell’Italia. In questa seconda parte, in particolare, si riportano due slides: la prima è titolata “Sono oltre 4 italiani su 10 a giudicare i media italiani come troppo sbilanciati nei confronti dell’ucraina e solo un quarto giudica oggettiva la nostra informazione. E’ però la metà a condividere la posizione di alcuni talk show di dare la possibilità a giornalisti e membri del governo russo di difendere le posizioni del Cremlino” e la seconda “Giudizio sull’informazione – trend” dove si legge che per il 41% degli intervistati è “troppo sbilanciata a favore dell’ucraina e di Zelensky” mentre il 27% “non sa” e il 26% la ritiene “neutrale e oggettiva”. Da osservare la variazione dei dati rispetto al mese precedente: aumentano coloro che sono convinti dello sbilanciamento e diminuiscono gli incerti (da 32 a 41% e da 33 a 27%). 

Da riferire poi il sondaggio di Ilvo Diamanti per Repubblica “Secondo i risultati della rilevazione quasi metà degli italiani (il 46%) ritiene l’informazione sul tema distorta e pilotata” mentre  quello realizzato da IndexResearch per Piazzapulita riporta dati su "il Gradimento dell'operato dell'Europa e il Gradimento dell'operato della Nato nella situazione internazionale. A entrambi i quesiti le risposte sono state nette: il 59,5% degli intervistati dice di apprezzare "poco o per nulla" le posizioni UE. Ancora più alta la contrarietà alle politiche Nato: qui i "poco o per nulla" raggiungono il 60,8%”. Vi risulta che il Tg1 riflette questi orientamenti o ne fornisce notizia? A noi no… però magari ci è sfuggito qualcosa.

Come vi abbiamo già scritto, si possono accompagnare questi dati con quelli (molto empirici e “casarecci” ma di fonte Auditel) che segnalano un fuga continua di telespettatori dal Tg1 nelle due edizioni principali (vedi Post dello scorso 2 maggio quando abbiamo titolato “L'informazione Rai: frutto avvelenato di albero malato” e scritto: 

Noi ci siamo limitati solo e semplicemente a prendere i dati Auditel delle edizioni del Tg1 delle 13.30 e delle 20.00 di aprile 2021 e li abbiamo comparati con quelli di aprile di quest’anno. Nulla di più … nulla di meno, senza se e senza ma, senza contesto e senza altra considerazione: dati semplici e basta.

In sintesi questo è quanto emerge:

Edizione delle 13.30 del 2021 totale ascolti da sabato 3 a venerdì 30 aprile             = 113.994

Edizione delle 13.30 del 2022 totale ascolti da domenica 3 a sabato 30 aprile         =   98.976

Variazione % =  -13,2%

Edizione delle 20.00 del 2021 totale ascolti da sabato 3 a venerdì 30 aprile             = 155.224

Edizione delle 20.00 del 2021 totale ascolti da domenica 3 a sabato 30 aprile         = 135.259

Variazione % = -12,9%

Potrebbe darsi che l’ostinata convinzione che ha animato il Tg1 di sostenere senza esitazione e dubbi le scelte del Governo possa aver indotto i telespettatori ad assumere un “sentiment” di opposizione alle scelte dello stesso Governo? È possibile poi che il calo di telespettatori sia stato in conseguenza delle scelte editoriali (immagini e testi) che venivano effettuate e mandate in onda? Non siamo in grado di dare riposte esatte e puntuali ma sappiamo per certo che il Tg1 anzitutto NON è cresciuto in modo significativo e rilevante negli ascolti come invece dovrebbe avvenire durante un momento storico di tale importantza e non ha proposto e riferito adeguatamente quanto il Paese stava maturando sul tema della Pace: vedi ad esempio il ritardo sulle parole del Papa per la vergogna al riarmo. Ma il vero problema non è tanto la distanza dal “sentiment” del Paese quanto la distanza di un Servizio Pubblico che non riesce ad assumere quei tratti di imparzialità  rispetto alle scelte del Governo come sarebbe invece necessario. Il tutto, da ricordare, condito sapientemente dalle polemichette sugli ospiti nei Talk (vedi Fuortes e i suoi corifei  che  hanno sollevato il problema). 

Chiudiamo con due temi aperti: il primo riguarda il dibattito sul nuovo Contratto di servizio. Notizia di venerdì scorso: è ufficiale la nomina di Luca Mazzà, direttore delle Relazioni istituzionali Rai, come coordinatore del gruppo di lavoro incaricato di “ … coordinare le attività finalizzate alla definizione del testo del Contratto di servizio per il quinquennio 2023-2027”. Semmai fosse necessaria una prova di come l’Azienda pone attenzione a questo tema eccola servita su un piattino d’argento. Nel merito del documento approvato dal Cdm nei giorni scorsi ci torneremo spesso e volentieri ma intanto registriamo un fatto: silenzio pressoché totale. Si è librata in aria una bolla di sapone senza che quasi nessuno se ne accorgesse. Magari ci è sfuggito qualcosa ma ancora non abbiamo letto interventi significativi sul tema. Silenzio. Per non dire quanto prosegue l’incredibile silenzio sul tema canone: sta per cadere un meteorite sul tetto di Viale Mazzini e sembra che nessun se ne preoccupa (salvo un bizzarro parlamentare) che ha proposto le “bollette alterne”.   

Il secondo tema che abbiamo sollevato lo scorso sabato si riferisce ai “documentari Rai” che in qualche modo si riconduce pure al tema Contratto di servizio e che ha sucitato molta attenzione tra i nostri lettori. Con singolare tempismo, proprio ieri abbiamo ricevuto l’originale della Disposizione Organizzativa della Direzione Documentari dove si legge che deve “Proporre e fornire - in linea con gli obiettivi di servizio pubblico e sulla base di fabbisogni indicati dalla Direzione Distribuzione e obiettivi di posizionamento forniti dalla Direzione Marketing - prodotti documentaristici attraverso la produzione, coproduzione o il preacquisto, per arricchire l’offerta editoriale delle piattaforme lineari e digitali di Rai e garantendo la declinazione cross-piattaforma Presidiare e contribuire allo sviluppo del Settore Documentaristico italiano, anche nell’ottica di raggiungere una vasta platea, attraverso produzioni e co-produzioni internazionali”. Attenzione al dettaglio: la  “…produzione, coproduzione o il preacquisto …” potrà avvenire a valere su un budget di poco più di 3 (tre) milioni di Euro. Facciamo un tanto al chilo, grossolano: le tre voci diviso tre milioni fanno un milione a voce… come dire che per produrre (come sarebbe d’obbligo) documentari in proprio è disponibile solo un milione. Tanto per dare un’idea in Francia per lo stesso obiettivo vengono destinati oltre 100 (cento) milioni di Euro. E parliamo del Paese dove Macron ha promesso di abolire il canone.

Rimanete sintonizzati … c’è tanto ancora da riflettere (per il dibattito ci sarà tempo).

bloggorai@gmail.com


 

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