Allora, visto che alle 17.20 di questo caldissimo giorno d’estate
(il mio termometro agricolo, in pieno sole, segna 42,7 gradi) sono tantissimi i
lettori del Blog che hanno cercato refrigerio in questo angolo di “pensiero
debole” e visto che sulla stampa non c’è nulla da segnalare e infine, visto che
ci è appena giunta notizia e conferma di quanto abbiamo allarmato da tempo …eccoci
qui a scrivere due righe tanto per gettare un po' di benzina sul fuoco.
Parliamo di canone, di quella che tanti (amici e nemici)
definisco tra le tasse più odiate dagli italiani. Ricorderete che l’8 maggio scorso
il Messaggero per primo e noi per secondi abbiamo sollevato il pericolo che con
l’approvazione del PNNR venisse introdotta una norma, cosiddetta “anti concorrenza”
per la quale i fornitori di energia elettrica non dovranno più incassare oneri
non direttamente derivanti dal loro business. In altre parole, non dovranno più
riscuotere oneri tipo gas e, appunto, il canone Rai. Si tornerebbe in sostanza
a quando le bollette si pagavano all’Ufficio postale, cioè a quando l’evasione
del canone si aggirava intorno al 20% del totale dovuto. Tradotto in soldoni: alcune
centinaia di euro in meno nelle casse della Rai. Un nostro attento e scrupoloso lettore ci ha
precisato: “La norma è stata inserita fra gli obiettivi del PNRR a pag.345,
bottom of the page – objectif to be realized Q4 2022-
Increase transparency on the electricity bill by giving consumers access to the
sub-components of the “spesi per oneri di sistema”- Remove the requirement for
suppliers to collect charges unrelated to the energy sector”. Amen.
Tutto chiaro? A noi si, ma non siamo ancora certi quanto lo sia a Viale Mazzini.
Certo, per coloro che stanno per uscire, la questione potrebbe anche non
appassionarli più di quanto sia avvenuto anche con altri temi non meno
rilevanti (il refarming delle frequenze), però ad almeno un paio di direzioni l’argomento
avrebbe dovuto far suonare un campanello di allarme e magari, chissà, con un
pizzico di attività “di lobby” forse, magari, si poteva tentare di arginare il
problema in tempo utile. Si tratta di attività tipica da “potere forte”. Ma, evidentemente, ben altri problemi si agitavano
da quelle parti. Doppio amen.
Ora tutto questo ci porta ineffabilmente a ragionamenti già
accennati su questo blog nel recente passato: che cosa si vuole fare di questa
Rai? Questo Governo, nel momento in cui si accinge a nominare i nuovi
amministratori tirati fuori dal cilindro magico che progetti, quale visione ha
della Rai? Stamattina il consigliere Laganà, unico in parte sopravvissuto e per
altra parte già impegnato nel prossimo Cda, ha scritto una riflessione su
futuro della Rai su FB. L’interrogativo che pone si riferisce al giornalismo di
inchiesta e scrive “Per rimanere in tema: cosa ha in mente la nuova governance
rispetto al giornalismo di inchiesta in RAI? Investire, potenziare o subdolamente
andare a sottrazione? Cosa si vuole fare del perimetro industriale? nel mondo
delle Media Company dove la tecnologia evolve a ritmi incessanti, come può RAI
sostenere un modello che prevede tempi di acquisizione lunghi anche due o tre
anni?”. Già … domanda pertinente ma, dobbiamo osservare, che prima ancora sarà
necessario che qualcuno dica chiaro e tondo se si vuole “investire, potenziare
o andare in sottrazione” sul più vasto tema delle risorse Rai. Una volta, un
altro attento lettore ci ha suggerito una citazione di Hemingway in Fiesta dove
si legge: “Come hai fatto a fare bancarotta? In due modi, gradualmente prima e
improvvisamente poi”.
Sembra di capire che ci possono essere mille modi per
affossare il servizio pubblico: tra questi potrebbe funzionare benissimo,
appunto, il modello “Jenga”. La Torre regge, regge fino al punto in cui togli
un ultimo tassello e crolla giù tutto. fino a non molto tempo addietro andavamo sostenendo che l'arena principale dello scontro tra Rai e il resto del mondo sarebbe stata quella tecnologica, ora cominciamo ad addrizzare il tiro: forse sarà prima quella economica.
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