martedì 15 giugno 2021

Poker Rai: la posta in gioco


                                                                                   Foto di David Mark da Pixabay

Bene, torniamo al post di qualche settimana addietro, quando abbiamo scritto del Tempo Sospeso. Avevamo dimenticato di fare un’annotazione a margine: questa frazione di tempo solitamente non è gratis e non è priva di conseguenze. Ci riferiamo ovviamente alla perdurante incertezza su come e sul quando avverranno le nuove nomine del Cda di Viale Mazzini in attesa dell’Assemblea degli Azionisti dove il SuperTecnico Draghi ci farà la grazia di rendere noti i nomi che a sua insindacabile scelta, senza alcun criterio noto e verificabile, verranno chiamati a dirigere la prossima Rai. Analogo discorso, ça va sans dire, riguarda i partiti che se ne guardano bene dal farci sapere come e quando nomineranno i loro 4 rappresentanti in Cda. Bontà loro.

Per raccontare questa calda giornata di giugno ci viene in mente una metafora che, in parte descrive sufficientemente bene la situazione nella quale ci troviamo… noi che abbiamo visto Viale Mazzini…

Una regola non scritta del Poker “all’italiana” (niente a che vedere con il moderno Hold’em) vuole che il rilancio su una puntata debba essere necessariamente immediato. La ragione sta tutta nella logica intrinseca del gioco: chi propone di vedere il punto, chi chiama la puntata, poggia buona parte della sua “manovra” sull’effetto tempo. Si presume che possa avere in mente una strategia su quella determinata mano che prevede anzitutto di non lasciare spazio all’avversario per meditare, riflettere e valutare se “vedere” il punto o meno. Si tratta di frazioni di minuto ma sufficienti ad elaborare rapidamente una azione/reazione. All’avversario però è concesso chiedere “tempo” per dare modo di “spizzare” le carte, giusto per il tempo di valutare le diverse incognite ed eventualmente rilanciare. Questo meccanismo ha un “costo” nell’economia del gioco e se quindi il rilancio non è immediato, perde il suo effetto e non viene accettato. Lo stesso ragionamento può essere applicato in molti altri settori: dalle scienze militari alle dinamiche sociali e dunque economiche. Il ritardo talvolta non è ammesso e seppure lo si deve sopportare ha un prezzo. Quando si vuole ottenere un effetto immediato e tangibile della propria azione, quando si vuole inviare un “messaggio” agli avversari o anche ai propri alleati per testimoniare la propria forza, la propria autorevolezza e credibilità, si agisce prontamente. Se questo non avviene, direttamente o indirettamente, si paga pegno.

Quale pegno paga la Rai per questo tergiversare, per questo annebbiamento, per questa incertezza e confusione? Ne paga tanti e a caro prezzo. Lo ripetiamo fino all’esaurimento: anzitutto nella difficoltà per non dire nell’impossibilità a decidere il proprio futuro, a pianificare, ad organizzare le proprie forze in vista di sfide inderogabili e non rinviabili. Ogni giorno, ogni ora significa semplicemente lasciare spazio agli avversari che non faranno prigionieri su tutti i fronti: risorse economiche, tecnologie e contenuti. Nel precedente consiglio, il ritardo accumulato per “mettere a terra” (e lasciarlo in quelle condizioni, solo in parte causa Covid) il Piano industriale fu un elemento fatale per il suo affossamento pressoché definitivo. Per inciso, quel Piano Industriale scade proprio in queste settimane e se ne dovrebbe varare uno nuovo. Avrebbe dovuto essere un compito del precedente Cda ma, per quanto ne sappiamo, nessuno si è preso la briga di spendere oltre un milione di Euro in una consulenza esterna per predisporne uno nuovo. Che vuoi che sia… un Piano industriale in più o uno in meno… tanto non lo segue nessuno. Le Società di consulenza sentitamente ringraziano, sia quella incaricata di redigerlo sia quella che successivamente avrebbe dovuto applicarlo.

Questo Blog segue tanto ma non tutto. Alcuni argomenti perché troppo lontani dai filoni che ci interessano e che in parte conosciamo, altri perché dichiaratamente li riteniamo irrilevanti o perlomeno poco interessanti. In questi giorni ne circolano due, in qualche modo correlati tra loro: il primo si riferisce al presunto spostamento a Milano di una parte delle produzioni Rai e l’altro riguarda l’inizio del Premio Italia, sempre a Milano a partire da ieri. Sul primo argomento c’è poco da dire: per un verso molta fuffa utile solo a dare fiato a trombe, trombette e tromboni senza alcuna prospettiva rilevante, immediata e significativa, sia per il versante del si che per quello del no. Per non dire dell’ennesimo e finale pasticciaccio del Cda che vorrebbe ma non potrebbe decidere qualcosa che non gli compete. Se non che, appunto, il tema Milano si incrocia con il Premio Italia dove a molti non pare vero di ristrombazzare questo argomento. Sia detto di passaggio: del Premio Italia, non frega quasi nulla a nessuno. Ve lo dice uno che lo ha vissuto da dentro, lo ha organizzato, promosso e gestito e sul quale ha fatto a sportellate anzitutto dentro la Rai per farlo sostenere. Ovviamente, senza alcun risultato. Un solo argomento: i prodotti audiovisivi realizzati dagli altri servizi pubblici, molti dei quali di grande qualità, non possono essere mandati in onda sulle reti Rai per il semplice motivo che non si possiedono i diritti di diffusione. Amen. Capitolo chiuso.

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