venerdì 25 giugno 2021

La Rai, Salini e i suoi generali: l'ultima battaglia


Condizionale futuro probabile, incerto, dipende, chissà, vedremo... boh!!! Questo per dire che il 7 luglio dovrebbe, potrebbe avvenire la votazione tra Camera e Senato per nominare i quattro consiglieri di loro competenza. A questo punto, siamo costretti a chiedere ai lettori di questo Blog un piccolo obolo di sostegno necessario a pagare le scommesse che si perderanno per aver scritto che si potrebbe andare ad una proroga dell’attuale Cda. Intendiamoci, nella vita, come nella politica tutto è possibile. Come faranno i partiti a mettersi d’accordo su questo passaggio, sarà frutto di un miracolo dell’estate. Litigano su tutto e tra tutti: al loro interno si scannano tra correnti, bande e fazioni, nelle aree di competenza (centro, centro destra e centro centro (ripetuto due volte) sinistra (sinistra ??? quale???) come pure a destra (destra ???) o centro centro destra (ripetuto due volte) e così via. Litigano su ogni argomento: sui licenziamenti, sul decreto Zan, sulla riforma della giustizia, su Alitalia, sull’Ilva e via dicendo però… però... sulla Rai trovano fatalmente un accordo. Miracolo... Miracolo!!! Ci sarà pure un buon motivo??? Si, c’è! Sulla Rai si gioca quel poco che rimane del primato della politica: Draghi non può fare a meno di passare le forche caudine degli intrallazzi dei partiti, la Rai non è la BCE, non è la Banca d’Italia, non è Cdp. Il capo del Governo potrà anche trovare un uomo o una donna di suo pari livello che poi però si dovrà però sporcare le mani con gli agenti artistici, con le case di produzione esterne, con i parenti, gli amici e i conoscenti che si dovranno nominare in una rete o in una testata senza alcun criterio trasparente, solo appartenenza ad una “quota” piuttosto che un’altra. È la politica… bellezza!!!

Detto questo, vedremo. Anche questo Blog può sbagliare, altrimenti sarebbe Il WSJ, il FT o più semplicemente un Big Influencer. Comunque, però, non sarebbe un Blog... aggratisse, magari con un pizzico di pubblicità... tanto per pagare un caffè a qualche direttore di Viale Mazzini.

A proposito di Direttori, vi avevamo promesso una breve e sommaria riflessione sui “generali” e ci riferiamo ovviamente a quelli di Viale Mazzini e ci siamo interrogati su quanto le loro capacità, la loro credibilità, la loro professionalità abbiano contributo in termini di qualità e quantità a chiudere questo triennio. Salini non è stato solo: una parte dei suoi “generali” se li è trovati in casa, altra piccola parte se li è scelti e portati da fuori (due in particolare, Matassino e Giannotti). Come vi è noto, siamo appassionati di cultura napoleonica e, su questo argomento vi è una ricca e interessante letteratura, sviluppata in particolare nell’analisi della sconfitta ferale di Waterloo. Fu tutta colpa di Napoleone o degli eventi atmosferici (la notte prima della battaglia aveva piovuto molto e il terreno era fangoso)?  No, decisamente no. Gli storici concordano e un nostro affezionato lettore ci suggerisce: “Napoleone ha sbagliato la scelta dei suoi generali nella campagna di Waterloo: a coordinare le operazioni come capo di stato maggiore c'era Soult, ottimo maresciallo ma meno competente del fido Bertier che aveva accompagnato tutte le precedenti campagne. Anche la scelta di Ney, a comandare l'ala sinistra il primo giorno dello scontro e la cavalleria durante le celebri cariche ai quadrati inglesi, e di Grouchy, che comandò l'inseguimento dell'armata prussiana in fuga, non hanno dato i risultati sperati. Come si sa, Napoleone sceglieva i suoi generali anche in base alla loro fortuna, che mancò durante la campagna finale. Si dice anche che il giorno di Waterloo Napoleone stesse male (ulcera?), e la mattina a colazione aveva parlato poco con i suoi generali, limitando la discussione sulla strategia da tenere e la sua comprensione delle vere condizioni sul campo”. E pensare che fino a tarda mattinata Napoleone era convinto di vincere e se la battaglia di Waterloo si fosse risolta in modo diverso? Forse l'Europa attuale non sarebbe la stessa.

Fatte le debite proporzioni, poste le necessarie distanze, lontano da paragoni indebiti, e senza voler assegnare glorie immeritate a nessuno, se invece qualcuno volesse cimentarsi nell’analisi dei “generali” di Salini e di come questi hanno interagito con lui si capirebbe molto del perché e del per come l’Azienda oggi si trova più o meno laddove era qualche anno addietro, con una sola differenza: il mondo è cambiato e cambierà ancora con un velocità incrementale e la Rai non ha la forza, non ha le risorse, per stare al passo. Tutta colpa sua, del “napoleone” di turno e dei suoi generali? No, certamente no: la politica ci ha messo tanto del suo e tanto pure. Ma questa non è una giustificazione: di fronte ad un giudice questa considerazione potrebbe essere pure essere un aggravante piuttosto che una attenuante. Salini e i suoi generali avevano tutte le armi a disposizione per gestire il confronto e, laddove non le avevano, potevano usare l’arma totale: le dimissioni anticipate. Invece, a nostra memoria, si ricordano le processioni a Palazzo Chigi, gli incontri riservati con qualche segretario di partito (tutte notizie mai smentite) e via dicendo.  Amen. Se tutto va bene, a metà luglio si cambia e speriamo che vada bene (non è detto).

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