domenica 29 gennaio 2023

Rai: spallata finale o inciucio progressivo? La vera posta in gioco

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

Il Governo della Rai o la Rai del Governo? In questi giorni, in queste ore, è verosimile che sia in preparazione un complotto come poche volte è avvenuto nella storia del Servizio Pubblico. A confronto la congiura dei cesaricidi è un assemblea dei chierichetti delle orsoline. La sintesi della trama è molto semplice ed è ben al di la delle scaramucce sui vari Zelensky, il Vespa, la Ferragni, Amadeus e le canzonette di Sanremo. La posta in gioco è la capacità, la forza e la lucidità della tenuta o meglio della presa del Governo sul futuro della Rai e, molto più in generale, sul futuro dell’intero perimetro delle TLC. Tutti ne sono ben convinti: delle sorti di Fuortes&C interessa poco o punto, dove possa andare quando è sarà uscito da Viale Mazzini importa un ciufolo a ben pochi salvo l’interessato. Se la Soldi in odore di renzismo in combutta con la Bria in odore di un PD che non c’è possa diventare qualcosa di diverso da quello che sono interessa men che meno. Che ci possa essere una “candidatura” interna di qualcuno “in quota” o gradito alla destra destra poi non ne parliamo nemmeno. Qualora fosse, chiunque possa essere il nuovo AD  avrà uno spazio di agibilità politica e gestionale pari a quella di un criceto dentro la rotella. Questa la relativa novità dello scenario.

Dunque, di cosa parliamo? Di due aspetti cruciali. Il primo sarebbe la capacità di Palazzo Chigi, in tutto in parte, di “staccare la spina” al Cda di Viale Mazzini. Non è cosa di piccolo conto: non ci sono in ballo i posti ma la lotta interna ai partiti di Governo: Salvini, Berlusconi e la Meloni sono tre partiti con interessi tattici e strategici diversi. Convergono solo sulla convenienza a coesistere forti di una opposizione che per buona parte non c’è, è svanita. Chi sarebbe il soggetto politico che pigia il pulsante? Salvini è scontato da tempo e il suo consigliere ha già il ditino caldo sul pulsante rosso. Della Agnes si sa poco o nulla ma, del resto, non si è mai saputo gran che. Si dice, si legge, che sia in attesa di indicazioni dai suoi referenti (si dice, si legge, di un certo Gianni Letta). Se dovesse mai arrivare il segnale verde, la sorte di Fuortes&C sarebbe segnata ma, allo stesso tempo, segnerebbe un punto a favore della fronda interna al Governo anti Meloni. È verosimile supporre che FdI riesca a tenere il punto: Fuortes&C rimangono. Come che vada il Cda di domani il segno è lo stesso: sarà il Governo, in tutto o in parte, che decide le sorti di Viale Mazzini per motivi che non sono certo riconducibili al budget 2023. Non è una grande novità ma di questo parliamo.

Il secondo aspetto cruciale parte da una banale constatazione: dei grandi problemi che affliggono il servizio pubblico sembra non ci sia grande interesse e attenzione (eufemismo): canone , riforma della governance, tecnologie, ascolti etc. Una controprova:  osservate attentamente quanto avviene (o non avviene) in Vigilanza Rai e all’AgCom dove le priorità sono ben altre. Al contrario, c’è molta tensione, seppure ancora inconcludente, sul grande malloppo in gioco: il futuro assetto delle TLC. La Rai in questo scenario è la Serie B del campionato, e se poi questo campionato viene posto in relazione agli altri grandi temi sul tappeto del Governo appare come una partita scapoli ammogliati. Quali che siano i futuri assetti del mercato, gli sviluppi e le prospettive delle telecomunicazioni nel nostro Paese, la Rai al momento non ha ruolo, non ha competenze e non ha prospettive. Nella migliore delle ipotesi potrebbe riuscire a strappare un prossimo Contratto di Servizio non troppo esoso rispetto alle richieste che verranno formulate in cambio del canone.

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