lunedì 23 gennaio 2023

I dubbi atroci della Rai gen (d) eralista e militarista


Brrrrrr .. che freddo stamattina. Mettiamo subito tanta legna al fuoco. Cominciano con un dubbio drammatico, atroce e assillante che i vari Tg e Gr ci stanno ponendo da alcuni giorni: quale è il carro armato più forte e potente da fornire all’Ucraina? Non sappiamo da che parte stare: ci dicono che la Germania e la Francia sono d’accordo ma hanno piccole dirvegenze su quale sia il prodotto migliore …Tg e Gr non ce lo spiegano e noi non siamo esperti. Lo abbiamo chiesto a ChatGPT e questa la riposta: “Non esiste un carro armato universalmente considerato come il migliore al mondo, poiché dipende dalle esigenze specifiche della situazione e dalle condizioni in cui deve operare. Alcune delle caratteristiche che possono essere considerate importanti in un carro armato sono la mobilità, la potenza di fuoco, la protezione e la tecnologia di bordo. Al momento attuale, i carri armati più avanzati e performanti sono considerati quelli della Russia, degli Stati Uniti e della Germania.

approfondisci e specifica quali

Alcuni dei carri armati più avanzati e performanti al mondo sono:

  • Il carro armato russo T-14 Armata: è considerato uno dei carri armati più avanzati al mondo, con una torretta senza equipaggio, un sistema di guida automatizzato e una protezione attiva contro i missili.
  • Il carro armato americano M1A2 SEPv3 Abrams: è un carro armato di quarta generazione con un'ottima protezione contro i missili e un'elevata potenza di fuoco.
  • Il carro armato tedesco Leopard 2A7+: è un carro armato di quarta generazione con una protezione attiva contro i missili e un'ottima mobilità.
  • Il carro armato francese Leclerc: è un carro armato di quarta generazione con un'elevata potenza di fuoco e una buona protezione contro i missili.

Tenere presente che le caratteristiche e le performance dei carri armati variano in base alle esigenze specifiche della situazione e delle condizioni in cui devono operare”. Bene, ora sappiamo di cosa si parla ma i Tg e Gr tutto questo non ce lo hanno detto.

Andiamo avanti, o meglio un giorno indietro. Tranquillizziamo i lettori di Bloggorai: siamo avanti con l’età ma non del tutto rimbecilliti. Ieri è comparsa in prima pagina del Corriere un fondo di Aldo Grasso con il titolo: “La Vigilanza Rai, residuo del Minculpop” e si legge una frase importante “In realtà, c'è da chiedersi se abbia ancora senso il servizio pubblico, così com'è inteso ora, o se non sia invece un concetto superato, legato alla cultura del dopoguerra, un bottino per i vincitori”. E’ l’inizio della frase che merita attenzione: “in realtà”. Già, in realtà, la domanda seppure rasposa ha un suo titolo di legittimità. In realtà, ci sono momenti in cui è necessario, quasi doveroso, chiedere se “questa Rai” e non già non “un” o  “il” Servizio Pubblico con le iniziali maiuscole possa e debba avere un senso (e quale ???) nel determinato contesto, politico, sociale e culturale del Paese. In realtà, questo interrogativo, al momento, sono ben pochi a porlo. Poi, in realtà, ci aspettavamo che Grasso, visto che quasi nessuno ha sollevato l’obiezione sull'aumento da 40 a 42 del numero dei parlamentari della Vigilanza, si fosse reso conto della possibile violazione di un dettato normativo per cui una Legge (la 103 del ’75) può essere modificata solo da altra Legge e non da un emendamento di Commissione parlamentare. Evidentemente, in realtà, per qualcuno questo non è un problema.

Andiamo avanti. Ieri nel tardo pomeriggio arriva da Vigilanza.tv una notiziola divertente e si riferisce a Minoli: il noto personaggio partecipa ad una trasmissione pomeridiana domenicale di Ra1 e leggiamo: “È molto cambiata la Rai? - Molto. Non so se in meglio. 4 secondi di imbarazzo - Che tipo di tv vedi? - Sky e Netflix” e dopo di che si è lamentato delle troppe società esterne che lavorano in Rai. Ha ragione: chissà se ne ha parlato con la di lui gentile consorte Matilde Bernabei e della di lei società, Lux Vide. E pensare che non più tardi di qualche giorno addietro qualche benpensante ha avuto la brillante idea di suggerire e far scrivere che questo signore potrebbe far parte di un nuovo ticket a cui affidare le sorti della Rai. Chissà se, in realtà, avesse mai ragione Aldo Grasso.

Questa storia ci fa venire in mente un’altra notiziola ascoltata nei giorni scorsi alla radio: “La Scala, dalla sala allo streaming: nasce la tv del Teatro di Milano - Via libera al nuovo progetto: arriva LaScala.tv, la piattaforma streaming del Teatro che sarà attiva dal 9 febbraio” (Affarititaliani). Meraviglioso. La televisione in crisi di pubblicità ha capito dove rastrellare qualche spicciolo: promuovendo la concorrenza. Ieri Netflix, poi Amazon, ora questo nuovo prodotto editoriale. Che bisogna fare per campare.  

Per finire e per chi ha lo stomaco forte, consigliamo di leggere una vera chicca di giornalismo degna di grande attenzione: un articolo “carino, affettuoso e amoroso” pubblicato da Il Giornale su Stefano Coletta ovvero “Il «Signor Rai» che ha reso fluida la televisione gen(d)eralista. Direttore del Prime Time delle tre reti pubbliche, ha colto lo Zeitgeist arcobaleno dei tempi: da Sanremo alle drag queen”. Non abbiamo grande voglia di commentare ma solo di ricordare quando il sottoscritto ha avuto il piacere di ascoltare il suo raffinato pensiero quando era ancora direttore di RaiTre: a Viale Mazzini si presentava una “nuova” trasmissione con Raffaela Carrà. In verità si trattava di un format di acquisto spagnolo e di mezzo c’era Ballandi. Le sperticate lodi all’agente artistico si accompagnavano all’imbarazzo di dover spacciare per nuova una minestra riscaldata. Ma, evidentemente, non pago di tanta gloria, si è cimentato poi con la copia della copia: vedi il recente Malgioglio. Chissà se, in realtà, avesse mai ragione Aldo Grasso.

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