Con l’aiuto dei lettori di Bloggorai vorremmo essere tra i fondatori di una teoria del “dopo”. Sarà una teoria necessaria, financo obbligatoria al netto dei necessari riti apotropaici, specie dopo aver saputo che l’escalation vertiginoso e minaccioso della guerra in Ucraina. Cosa succederà “dopo” l’invio di carri armati sempre più potenti? La Russia sarà sconfitta sul campo? Magari “dopo” l’invio di truppe NATO?
Nella storia dell’umanità c’è sempre stata un fiorente letteratura sulle varie teoria del “prima” con le quali si cercava di ragionare sulla genesi delle cose, l’origine della natura fisica e mentale degli esseri umani, il perchè degli avvenimenti naturali. Alle varie teorie del “prima” si sono poi accompagnate quelle del “durante” con le quali si è cercato e si cerca, tuttora, di spiegare e interpretare il presente, gli accadimenti in corso di svolgimento. A ben pensare e approfondire invece una teoria generale e universale sul “dopo” fatica a comparire se non nelle avventure fantascientifiche e letterature vagamente distopiche. Il quesito che poniamo è semplice: come si può precostituire o immaginare un “dopo” sostenibile, fattibile, accettabile? Abbiamo tanto prologo, discreto svolgimento e poco epilogo.
Bene, dopo questa brevissima introduzione di filosofia pret a porter, un tanto al chilo, cerchiamo di far cadere il cielo sulla terra. Perché ci preoccupiamo del “dopo”? Semplice: perché la Rai è tutta proiettata su un “dopo” immanente e forse poco tranquillizzante. Anzitutto parliamo di un “dopo” Sanremo” quando il Cda si dovrà riunire ancora per approvare il budget 2023. Non si capisce perché se è stato rimandato l’altro ieri a causa di fondati sospetti che qualcuno avrebbe preso una sportellata con il voto contrario cosa potrebbe mai succedere da qui al “dopo” Sanremo per modificare gli orientamenti che i consiglieri hanno lasciato trapelare. Fuortes&C potrebbero rivedere quanto proposto, sconfessando se stessi prima ancora di aver reso noti i loro intendimenti? Possibile ma, ci dicono, alquanto improbabile “L’uomo fuortes al comando non ammetterà mai di aver sbagliato e non vuole certo correre il rischio di sbagliare proprio ora”. Dunque, quale potrebbe essere un “dopo” Sanremo sostenibile, fattibile e accettabile? Oggi leggiamo su il Foglio un articolo con un titolo sfizioso “Capire il Rai Kaos. Meloni congela il fascicolo Rai (e anche Fuortes).” Dove si legge che “La premier avrebbe deciso di non occuparsi della televisione di stato. Secondo fonti di governo ci sarebbe stata addirittura la promessa a Fuortes, da parte della premier, di lasciarlo in carica fino a fi[1]ne mandato e di non affiancarlo con un direttore generale”. Chi ci segue ormai da anni ricorderà bene che lo abbiamo scritto più volte: non c’è alcuna convenienza per il governo di destra destra modificare questo assetto, almeno per il vertice, quanto più ci saranno operazioni di serie B (direttori vari). Quindi, ci riferiscono, che il “dopo” Sanremo potrebbe apparire solo come una “aggiustatina” ai conti, una romanella amministrativa, un taglia e cuci finanziario. Nulla di più e nulla di meno. Quam sufficit per tranquillizzare anime candide ora in apparente subbuglio. Per tutto il resto, l’imperativo categorico del Governo sembra attestarsi su due capisaldi: 1 - non abbiamo tempo (e modo) per occuparci della Rai; 2 - seppure ne avessimo, non ci conviene ora (perché prendersi l’onere senza onore?). Tutto plausibile. Manca poco più di un anno alla scadenza naturale di questo Cda e perché imbarcarsi ora nell’avventura del nuovo Contratto di Servizio quando all’orizzonte ci potrebbe essere qualcosa che aggiorna e riforma tutto il sistema delle TLC (non ultimo il rinnovo della Convenzione previsto per il 2027). Conclusione: il “dopo” Sanremo potrebbe essere meno minaccioso di quanto sembra. Magari potrebbe non esserlo per gli ascolti, ma questo è un altro problema.
Poi c’è un “dopo” che merita qualche riga. Si riferisce al “dopo” PD, ovvero al “dopo” elezioni regionali del 12 febbraio (proprio pochi giorni “dopo” Sanremo). Ma del “dopo” del PD interessa immaginare cosa ne resterà, cosa sarà, come potrà definirsi nella scena politica e quali potranno essere i suoi intendimenti per un “dopo” del Servizio pubblico verso il quale, finora, non hanno dato segni di vita. Aspettiamo il “dopo” del Congresso.
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