Ci sono tante buone ragioni per ritenere che la
partecipazione di Zelensky a Sanremo sia un errore colossale e non solo per la
Rai. Ma una appare più sostenibile tra le altre: l’opinione della maggioranza degli
italiani è contraria all’invio di armi in Ucraina. Da quando è iniziata l’invasione
russa il sentimento prevalente nel Paese appare chiaro: condanna ma anche un
chiaro e forte no all’aumento delle spese militari e invio di altre armi.
L’Ipsos lo ha monitorato da tempo: l’ultimo Report è dello
scorso ottobre “La metà degli italiani non prende le parti né della Russia
né dell'Ucraina e il supporto a Kyiv è in calo. Se è minima la parte di
italiani che rivela di parteggiare per la Russia (7%), esiste la percezione che
siano oltre due volte tanto quelli che stanno con Mosca (19%). In crescita chi
ha posizioni «equidistanti» e sotto quota 50% il sostegno all’Ucraina. Diminuisce
il supporto alle sanzioni applicate alla Russia (42%), oltre un italiano su
cinque non ha un’opinione in merito e meno di un intervistato su cinque ritiene
che le sanzioni imposte riescano effettivamente a indebolire Mosca. Solo un
italiano su quattro crede si debba continuare con l’invio di armi a Kyiv,
mentre poco meno di un terzo spingerebbe l’Ucraina a fare concessioni
territoriali per porre fine al conflitto”.
Dopo arriva il sondaggio IAI- Laps: “Buona parte degli
italiani ha una posizione contraria o scettica sul sostegno militare
all’Ucraina. Mentre i favorevoli alle sanzioni economiche contro la
Federazione Russa sono un’ampia maggioranza (61%), il 57% si dice invece contrario
all’invio di armi a Kyiv, dato che supera il 60% tra gli elettori
pentastellati. Soltanto nell’elettorato del centrosinistra (60%) e del terzo
polo (72%) i favorevoli al sostegno militare sono la maggioranza”.
Poi arriva Euromedia Research e, proprio dallo studio di Porta
a Porta, si legge:
Cosa altre aggiungere? La Rai (Vespa&C) da una parte e
gli italiani dall’altra. Punto, a capo.
Ci sono poi due argomenti molto interessanti di cui parlare:
il primo lo denuncia Marco Mele questa mattina sul Quotidiano del Sud: “Rai
distratta. Niente regole di par condicio per le regionali” e si legge “i i
va verso le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia del 12 e 13 febbraio
senza che la Rai abbia un Regolamento per la par conditio, al contrario di tv e
radio private, quotidiani telematici e non, e periodici. L'Autorità per le
comunicazioni, infatti, ha approvato i1 21 dicembre dello scorso anno il proprio
Regolamento, valido per tutti i soggetti privati. Le regole valgono dal 29
dicembre. La legge del 2000 assegna però alla Commissione bicamerale di
Vigilanza il compito di approvare il Regolamento destinato al servizio
pubblico, consultandosi con l'Agcom. La Commissione di Vigilanza non è stata
ancora costituita: si è solo deciso che avrà 42 membri anziché 40, (con una
determinazione di un'altra commissione, pur essendo fissata dalla legge). Tanto
che l'Agcom è stata costretta, ad inviare il proprio regolamento ai presidenti
di Camera e Senato” e conclude “La cosa più eclatante, però, è che la
mancanza di un Regolamento sulla par condicio per la Rai alle prossime
regionali, sia passato sostanzialmente sotto silenzio”. Proprio come è
passata nel silenzio più totale l’aumento, forse indebito, del numero dei
parlamentari da 40 a 42, approvato all’unanimità, compresi PD e M5S.
Infine, merita un approfondimento il tema della cosiddetta “prominence”
ovvero, semplificando, il privilegio per le tv generaliste digitali di avere
una posizione rilevante nei televisori smart tv (e quindi nei telecomandi)
rispetto agli OTT. L’AgCom ha avviato una consultazione. Ci torneremo, merita
grande attenzione.
bloggorai@gmail.com
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