venerdì 13 gennaio 2023

Rai Vietnam


Tenetevi forte e questa mattina invece del caffè consigliamo una tiepida tisana alla camomilla.

“Mi piace l’odore del napalm di mattina. Una volta una collina la bombardammo per dodici ore e, finita l’azione, andai lì sopra. Non ci trovammo più nessuno, neanche un lurido cadavere di Viet. Ma quell’odore… si sentiva quell’odore di benzina. Tutta la collina odorava di … di vittoria. Prima o poi questa guerra finirà”.

La battuta del colonnello Kilgore è logora ed abusata ma è sempre efficace quando si tratta di trovare una sintesi dei tempi che si stanno preannunciando.

Bene, parliamo di guerra, dentro e fuori la Rai. Anzitutto consigliamo di rispolverare tre libretti che non dovrebbero mai mancare nelle “cucine” degli italiani: L’arte della Guerra di Sun Tzu, Il Libro dei Cinque Anelli di  Miyamoto Musashi e I Trentasei Stratagemmi (Sanshiliu-ji) anonimo. La somma, una sintesi efficace,  di queste tre perle di saggezza strategica porta in una sola direzione: la vittoria migliore si ottiene con una guerra non combattuta.

La prima guerra esterna: Mediaset. Ieri abbiamo titolato “Mediaset Rai” e non “Rai Mediaset”. Ci spieghiamo meglio e correggiamo il tiro. Cologno Monzese non ha dichiarato guerra a Viale Mazzini perché, semplicemente, l’ha già vinta pur senza combattere. L’ha vinta da quando ha iniziato, con evidenti complicità interne (ricordate per caso una certa Struttura Delta) a infiltrare uomini e donne all’interno e intorno a Viale Mazzini. Le truppe avversarie sono accampate da anni nei giardinetti sotto il cavallo. “Artisti” che vanno e vengono (l’ultima la Marcuzzi) e programmi scimmiottati non tanto nel format quanto nella loro natura primordiale. È la logica stessa della televisione commerciale che si è insinuata nei profondi meandri mentali di tanti dirigenti Rai. Mediaset non deve fare altro che raccogliere i frutti: vedi i giovani cantanti di Amici ergo DeFilippi che affollano Sanremo.

Nel dettaglio: ora la scaramuccia si sposta sul terreno delle fasce di età: il predominio tattico della Rai è fragile. Nessuno si può permettere di ignorare chi ha i soldi e gli anziani i soldi li hanno: hanno un potere di spesa che i giovani, purtroppo, non hanno. Le loro piccole o medie pensioni, comunque, pagano le bollette e comprano/pagano ciò che è necessario. Gli Over 50  sono un terreno di conquista dove Rai non ha strumenti di difesa ed è destinata, lentamente, a soccombere: Mediaset ha più risorse e più “tutele” politiche da spendere, è più forte ora per allora.

Vedi tabella sugli andamenti della pubblicità:  



Nota a margine: una guerra molto interessante è quella in corso tra Meloni e Berlusconi dove il suo braccio armato Mediaset è caricato a pallettoni contro la capa del Governo: vedi articoli di oggi sul Fatto e La Stampa.

La seconda guerra esterna: la politica. Non c’è partita, nel senso che non ci sono i contendenti in campo. Provate a chiedere in giro chi sono i nuovi parlamentari che si dovrebbero occupare di Rai oppure chi sono i responsabili o gli esperti della comunicazione dei partiti. Silenzio imbarazzante. La Vigilanza Rai è in alto mare e questo la dice lunga sulla situazione. Ma non mancano solo i partiti, di governo o di opposizione: mancano dal campo tutti gli altri soggetti (gli “stakeholders” come a qualcuno piace definirli) di varia natura e cultura. Anche questa è una guerra persa senza combattere: il Contratto di Servizio può attendere e, con esso, il futuro della Rai. Tutto sommato, per alcuni, potrebbe anche essere un vantaggio.

La guerra all’interno di Viale Mazzini 1. Da mesi si legge di Fuortes mezzo azzoppato, sfiduciato anche con il suo “presunto Piano industriale di Salini”, sull’uscio della porta e pronto ad essere sostituito ad ogni stomir di fronda con Tizio, Caio o Sempronia. Oggi si legge su La Stampa, a firma della solita Michela Tamburino, l’ennesima ricostruzione del brontolio Rai dove si vorrebbe pronto un nuovo ticket con il trio delle meraviglie: Soldi, Minoli e Sergio. Non abbiamo dubbi che il pezzo goda di buone fonti. Ma nutriamo forti sospetti sulla loro credibilità. Da quanto anni sono che il Minoli della situazione ambisce a fare qualcosa di più di quello che fa? Non è una notizia fresca di giornata. Come pure quella di Sergio. Tutto questo si chiama semplicemente “wishful thinking”, nulla di meno, nulla di più. 

Come potete bene immaginare, dopo 40 anni passati nel Palazzo, conosciamo tante persone, dai direttori in giù, e con tutti spesso e volentieri ci scambiamo batture e pensieri: “come va?” … “Come vuoi che vada.. qui so’ tutti scoglionati”. Questo il pensiero ricorrente, unico e fondamentale. “Non c’è un vertice credibile e autorevole, non c’è un progetto, non c’è una prospettiva ma solo accozzaglie di scelte più o meno sgangherate”. Amen. Battaglia persa.

La guerra all’interno di Viale Mazzini 2. C’è un esercito stabilente accampato nei corridoi di Viale Mazzini che come i Lanzichenecchi depreda e saccheggia pure la carta delle fotocopiatrici. Mi è capitato tra le mani un articolo dello scorso 29 agosto de Il Giornale con il titolo “Beppe Caschetto, Il Richelieu della televisione: decide lui cosa farci guardare” e proprio ieri sul tema ci è tornato LaVigilanzaTv con il titolo “D’Amico vira sul trash con Wanna Marchi e Caschetto domina la serata Rai”. Se si volesse aprire il capitolo agenti artistici e società di produzione, si sa da dove si inizia ma difficile immaginare dove si finisce. La sola cosa certa è che la loro forza non sarebbe sufficiente a garantire gli spazi di manovra di cui godono. Ci sono complici, sub agenti, amici, parenti o conoscenti che danno una mano? Nemmeno la Vigilanza della scorsa legislatura è riuscita ad intaccare la loro potenza. Battaglia persa.

Vogliamo poi parlare delle pubblicità più o meno occulte fatte a favore della concorrenza più agguerrita (Netflix e Amazon Prime)??? Battaglia persa.

La guerra all’interno di Viale Mazzini 3. Si è detto del ritorno di Minoli con il suo Mixer rivisto e corretto (malissimo) su Rai Tre. Solo il Fatto con la firma di Gianluca Roselli ha ricordato che qualcosa non torna.  Il titolo dell’articolo è “La Storia siamo noi, ma se la tiene lui: Minoli torna in Rai anche se non potrebbe lavorarci” e si legge che “Il problema, però, è che Minoli ritorna nonostante abbia un contenzioso aperto con l'azienda sui diritti di un'altra sua trasmissione: La storia siamo noi, in onda dall'ottobre 2002 al giugno 2013, oltre mille puntate. Quindi in teoria, a fronte del contenzioso, non potrebbe lavorare per la Rai”. Già, per quanto sappiamo, non potrebbe e non dovrebbe. Eppure lo fa. Ma nessuno è in grado si sapere quanto costa questo suo “gentile” ritorno a casa Rai. Il compenso per Mixer riscaldato in padella verrà scontato dal contenzioso milionario in corso con la Rai? E come è stato aggirata la norma che vieterebbe il suo ritorno in video (oltretutto pure pensionato)? Battaglia persa: si combatte su altri fronti (vedi punto battaglia n. 1).

Ce ne sono tante altre di battaglie già perse e altre che si perderanno… con calma ve ne parleremo.

bloggorai@mail.it

 

 


 

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