sabato 7 gennaio 2023

Radio e Tv e il "sentimento" degli italiani


Passata la festa, gabbato lo santo. Torniamo alla nostra banale normalità. Oggi proponiamo tre notarelle a margine, forse quelle giuste da sabato mattina.

La prima ce la suggerisce Giovanni Valentini oggi sul Fatto Quotidiano a proposito di Radio. I titolo è “Questa radiovisione tradisce il fascino discreto della radio” e si riferisce a quella specie di ubriacatura in corso sulla televisione che diffonde la radio. Leggiamo “Rai Radio ha imboccato una deriva che minaccia di omologarla alle emittenti private, alterandone la natura e le caratteristiche. Diventa sempre più difficile riconoscere le differenze anche tra una rete e l'altra del servizio pubblico, benché siano coordinate da un'unica direzione, con scambi di trasmissioni, i conduttori o conduttrici… è la tendenza a quella mutazione genetica che va sotto il nome di "radiovisione": un ibrido, una commistione non sempre felice fra i contenuti e il linguaggio radiofonici e quelli televisivi. Su questa strada, la radio pubblica rischia di smarrire le sue peculiarità distintive e di mutuare i difetti della tv”. Già, da tempo avevamo questa storia sotto tiro, da quando abbiamo cominciato a riflettere che il metro sul quale si misura l’attenzione verso un prodotto, verso una piattaforma, è il tempo speso sullo specifico device. “Vedere” la radio toglie tempo e spazio alla televisione senza aggiungere valore. Cosa mette di più "osservare" i personaggi/conduttori con la cuffia in testa, perché solo di questo si tratta e di altro non si può trattare? Altrimenti sarebbe sola e semplice tv. E, come osserva giustamente Valentini, in cosa si differenzia Radio Rai da una radio commerciale qualsiasi nel momento in cui ne scimmiotta linguaggi e comportamenti? Proseguire su questo terreno porterebbe ineluttabilmente a riprendere il discorso sui contenuti offerti da Rai Tv rispetto a quella della concorrenza. Pochi ne parlano.

La seconda nota ce l’ha proposta nei giorni scorsi Nando Pagnoncelli sul Corriere con il suo consueto sondaggio sugli “umori degli italiani”. Titolo: “Il sondaggio, inflazione e guerra spaventano 8 italiani su 10. Così il clima sociale è peggiorato in un anno”. Contenuto: le opinioni degli italiani sembrano distinte e distanti da quelle di chi governa oggi e da quelle di chi ha governato ieri. Le preoccupazioni principali sono su lavoro ed economia, welfare e assistenza e solo in fondo compaiono guerra e tensioni internazionali. Il problema più urgente da affrontare è il lavoro e l’economia e non si sono tracce invece degli interventi e delle spese militari. “Il 2022 ha fatto registrare un netto peggioramento del clima sociale, soprattutto se confrontato con il 2021, ossia con l’anno della ripresa della normalità dopo la massiccia campagna vaccinale, l’anno del significativo aumento del Prodotto interno lordo, l’anno del governo di (quasi) unità nazionale…”.

A proposito della guerra in corso, le opinioni sembrano molto chiare e sono perfettamente in linea da quelle che già erano note a giugno dello scorso anno: “Il protrarsi della guerra ha fatto registrare un progressivo cambiamento delle opinioni degli italiani, la maggior parte dei quali (55%) inizialmente si dichiarava a favore delle sanzioni contro la Russia nonostante l’aumento dei prezzi di alcuni prodotti alimentari e del costo dell’energia, a fronte del 31% di contrari. Oggi si è ridotto il consenso per le sanzioni (46%) ed è aumentata la contrarietà (37%). E anche la posizione rispetto ai Paesi in guerra è cambiata: se a marzo il 57% dichiarava di stare dalla parte dell’Ucraina, il 38% non prendeva posizione e il 5% parteggiava per i russi, oggi la maggioranza relativa (47%, in aumento del 9%) dichiara di non appoggiare nessuno dei due Paesi, il 45% (in diminuzione di 12%) è più vicino all’Ucraina e l’8% alla Russia”.

La domanda che poniamo, ancora una volta, è molto semplice: quanto, in che misura, l’informazione pubblica è in grado di riflettere questo “sentimento” collettivo nazionale che non sembra molto convergere con il Governo di turno (compreso quello precedente ala Meloni)?

Altra nota: lo spazio dedicato alla morte e ai funerali del Papa Emerito e quello dedicato alla scomparsa di Gianluca Vialli. Abbiamo osservato qualcosa di anomalo che ancora ci sfugge nella sua esatta dimensione religiosa per un verso e sportiva per l’altro ma anche politica e umana. Merita una riflessione.

Ultima nota. Ieri abbiamo riportato una frase di Tim Davie, attuale DG della BBC, dove ha sostenuto che il broadcast radio e tv si appresta a terminare ed è necessario prepararsi in questa nuova dimensione. Ovviamente una frase del genere non poteva sfuggire ai nostri lettori digitali terrestri più “oltranzisti” che argomentano come invece il DTT sia ancora, e lo sarà per molti anni a venire, la piattaforma di distribuzione più efficiente. In un certo senso è vero, ma non sempre l’efficienza si coniuga con la convenienza e l’opportunità: la grande guerra dell’audiovisivo prossimo venturo sarà ancora e forse per sempre su un solo terreno: i contenuti e vincerà chi sarà in grado di produrne sempre nuovi e appetibili su uno scenario quanto più amplio possibile, ovvero il "mercato". I “contenuti” costano e i servizi pubblici, la Rai, non hanno risorse, tutto molto semplice. O ci si "sgancia" dal mercato o si diventa periferici, puro supporto occasionale. A meno che un Governo qualsiasi, di destra o di centro, possa o voglia decidere il contrario.

bloggorai@gmail.com  

Nessun commento:

Posta un commento