martedì 23 giugno 2020

La Truffa


Il racconto della giornata inizia con un articolo pubblicato da La Stampa, a firma di Ilario Lombardo, con il titolo: “Nuova Pax televisiva: spot a Mediaset e La/, più canone alla Rai”. Incredibile ma vero: si tratta di una ricostruzione, di notizie certe e confermate non ce ne sono, ma la dice lunghissima sul tema risorse economiche del sistema delle TLC, sul futuro della Rai e del Servizio Pubblico. Ovviamente, il racconto prosegue con l’uscita di Andreatta dalla Rai.

Allora, leggiamo sul La Stampa: “In un capolavoro di equilibrismi, Giuseppe Conte potrebbe mettere d’accordo la Rai e i suoi diretti avversari sul mercato. Il Governo lascerebbe a Viale Mazzini una porzione maggiore del canone tv, nell’ordine di 150-200 milioni di euro, in cambio della rinuncia di una quota della pubblicità … gli spettatori più interessati a questa vicenda sono Silvio Berlusconi e Urbano Cairo …” etc etc etc.

Allora, con ordine: anno 2014, governa Renzi, si sottraggono in modo costituzionalmente dubbio 150 milioni di euro dalla casse Rai e si obbliga (???) a vendere una parte di Rai Way per tenere i conti in equilibrio; poco tempo dopo, il canone viene prelevato in bolletta e una parte dello stesso viene dirottato per altri scopi (fondo per l’editoria); dal primo governo Lega-5S al secondo PD-5S, inizia un coro avverso al canone Rai che vede tutt’ora cantare autorevoli esponenti (Patuanelli e Boccia, accompagnati direttamente e indirettamente da Giacomelli e Anzaldi) con il ritornello “abbasso il canone, ingiusto e ingiustificato”. Inizia poi l’attacco frontale al tema pubblicità, accusando la Rai di fare dumping sul mercato che proprio nei giorni scorsi, in coincidenza del crollo dovuto al Coronavirus, ha messo in seria difficoltà tutti i broadcasters.

Che il Governo Conte non avesse proprio la Rai nelle sue priorità ne avevamo avuto segnali di vario genere, e l’ultimo è stato, appunto, non aver posto il tema informazione/comunicazione o pure il sistema TLC nell’agenda degli Stati Generali appena conclusi. Dove però, non a caso, è spuntata dal cilindro questa notizia del presunto accordo. Ora, ci sarebbe da far girare le scatole a trottola: viene spacciata come “mediazione” quella che in realtà è l’ennesima truffa da carta perde carta vince. Nemmeno la più smaliziata paranza di trucchettari da Porta Portese saprebbe far di meglio. Questi soldi sono dovuti e non sono o non dovrebbero essere oggetto di accordo o mediazione dove a guadagnare, o a rimettere, è solo una della parti in causa, la Rai. Ci aspettiamo una vigorosa, clamorosa, forte e determinata presa di posizione di Salini-Foa, dei 5 Consiglieri, dell’Usigrai e di tutti coloro che hanno a cuore gli interessi dell’Azienda.

Veniamo ora alla vicenda Andreatta. È una storia che potrebbe far venire l’orticaria. Mettiamo in ordine. Anzitutto la Legge: una precisa disposizione ANAC impone che i manager non possano rimanere nel loro ruolo per più di 8 anni e lei li aveva superati. Delle due l’una: o si applica la Legge, sempre, oppure la si cambia ma non si può derogare in virtù di non si sa bene cosa.  Secondo: il tetto degli stipendi. Anche lei sottoposta alla “dura” legge del compenso limitato a 240 mila euro l’anno. Il mercato offe di più? E allora? Dov’è il problema? Qualcuno forse dimentica che già prima di lei, è uscito Andrea Fabiano per andare a TIM oppure che si è “dimesso” Piero Gaffuri, figura chiave per l’applicazione del Piano Industriale poi miseramente accantonato? Non si ricorda tutto questo clamore e ci sarebbe materia per essere smaliziati. Magari ricordando il tema delle società di produzione esterne che potrebbero veder ridotto il loro peso in modo significativo. Anche in questo caso: o si accetta il presupposto che la Rai opera nel “mercato” e ne subisce o gestisce le regole, oppure ne è fuori. La sua natura ibrida la espone a tutto questo ma nessuno mai, finora, ha avuto voglia e coraggio di affrontare questo tema. Infine, Andreatta fino a non molte settimane addietro, era data “piazzata” per la successione a Salini di cui si diceva, appunto, che sarebbe andato a Netflix. Come ci piace ripetere: sotto l’albero del pero non cascano le mele.

Ieri pomeriggio, quando si stava spargendo la notizia, le nostre chat si sono animate e alcuni hanno espresso preoccupazioni sulla Rai (“una pedita per l’Azienda” … “una vera manager” etc). Personalmente, abbiamo qualche riserva già solo nel definire una persona “la regina delle fiction” come se, ad esempio, Montalbano fosse opera sua oppure Elena Ferrante una sua invenzione. Ognuno di noi è parte di un processo dove agiscono tanti elementi e riassumere in una figura onori e meriti non ci è mai piaciuto.

Detto questo, rimane dover constatare che la Rai è ormai sul piano inclinato di un impoverimento di risorse economiche, tecnologiche e per ultimo umane sempre più accentuato e non si avvertono rumori di guerra in sua difesa. Dal fortino di Viale Mazzini le sole voci che si sentono riguardano i vari personaggi e personaggetti che dovrebbero animare i vari talk show.

Nel frattempo, quello si, il mercato galoppa furente. Segnalo solo due articoli: il primo riguarda Rai Way e lo riporta MF : “Investitori schierati sulle torri. Il settore è in fermento per l'avvento del SG, che potrebbe portare a operazioni di M&A in Italia e in Europa. Raiway la più interessante …” a firma di Emerick De Narda. Si capisce perfettamente la logica finanziaria dell’operazione Rai Way per come è avvenuta per quanto la si vuole mantenere in vita: gli azionisti godono con i soldi pubblici.

Il secondo articolo lo pubblica il Sole 24 ore con il titolo “Tv, ecco il polo europeo dei contenuti” a firma Andrea Biondi. Appunto, il mercato si muove più velocemente di quanto qualcuno immagina e non aspetta e non consente ritardi in Italia e nel resto d’Europa. Netflix, appunto, corre, mentre la Rai è ferma. Punto. A capo.
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