Per cercare di comprendere meglio l’affare Andreatta (perché
di questo si tratta e cercheremo di capire chi ne trae profitto e chi ci
rimette) sarà necessario fare un paio di passi indietro e altri di lato. Il
primo passo lo ritroviamo tra le vecchie scartoffie di ritagli di giornali e
risale allo scorso anno quando, ottobre 2019, Reed Hastings, CEO di Netflix,
annuncia un importante accordo con Mediaset. Leggiamo su Repubblica.it: “Accordo
Netflix-Mediaset: si realizzeranno una serie di film italiani da rendere
disponibili in tutto il mondo. Varata la partnership tra il colosso di
intrattenimento in streaming fondato da Reed Hastings e il gruppo tv di cui è
vicepresidente Pier Silvio Berlusconi. La piattaforma investirà 200 milioni di
euro con una parte destinata ai film per Canale 5. Partenza nel 2020”. A questo
accordo mancava un tassello che era ben chiaro a tutti: la persona giusta in grado
di consentire a Netflix di “sbarcare” nel mondo italiano delle grandi produzioni
cinematografiche di fiction televisiva. Mancava a Netflix e non a Mediaset che
invece ne ha in abbondanza. Ma, come noto, business is business, e nel
frattempo, il buon Hastings metteva le mani in diversi altri affari. Siamo sempre a ottobre 2019 e sul sito
ilPost.it si legge una interessantissima ricostruzione della politica
commerciale di Netflix: accordi con tutti per diversificare e “personalizzare”
l’offerta sul mercato italiano https://www.ilpost.it/2019/10/28/netflix-accordi-con-mediaset-sky-rai/.
Ieri pomeriggio ci è venuto di aiuto una chiaccherata con un autorevole e influente dirigente di Viale Mazzini: “Andreatta
non è andata a Netflix ma a Mediaset che, di fatto, è l’altro braccio armato
della fiction italiana, dove, attenzione, non si fanno i conti senza gli osti delle
grandi case di produzione che, piacciano o meno, hanno fatto e fanno il bello e
cattivo tempo”. A Netflix era necessario come il pane avere una “interfaccia” in
questo mondo e da tempo lo aveva dato ad intendere (vedi precedente presunto
interesse per lo stesso Salini). Su questa osservazione abbiamo raccolto un
altro commento: “In Rai, da alcuni anni e in certi ambiti, se non possiedi
capacità di “mediazione” o di “interlocuzione” tra l’Azienda e altri interessi
esterni non potrai mai essere direttore di qualcosa. Si tratta di entrare nel mood,
nel mainstream di interfaccia tra dentro e fuori e non è un caso che questa
vicenda salta fuori proprio ora che si vorrebbe applicare il documento della
Vigilanza sul potere degli agenti esterni e delle società di produzione”. Se a tutto questo si aggiunge la banale verità
dovuta al fatto che, comunque, Andreatta avrebbe dovuto lasciare Rai Fiction per raggiunto limite di permanenza imposto dall’ANAC, il conto torna. Altro discorso
riguarda l’uscita di Andrea Fabiano, avvenuta
sempre lo scorso autunno dello scorso anno, per dirigersi verso Tim
Vision che, guarda caso, realizzerà un importante accordo sempre con Netflix
con l’obiettivo di diventare il principale OTT italiano fornitore di servizi e
di contenuti. Tutto torna.
Viene proprio a proposito l’articolo di oggi, a firma di
Michela Tamburino, pubblicato sulla Stampa: “Piano per le tv agita la politica. Il mercato
va regolamentato. Più risorse alla Rai grazie al gettito del canone rinforzato
e di contro più pubblicità alle concorrenti Mediaset e La7”. Il messaggio è
forte e chiaro anche se non trova tutti d’accordo: regolamentare si ma il
problema è come. Canone e pubblicità: l’attacco è concentrico e mira tutto allo
stesso punto: mettere le mani su risorse sempre più scarse di fronte a
concorrenti sempre più agguerriti. Ieri abbiamo scritto che questo presunto “piano”
del Governo Conte altro non è che l’ennesimo scippo ai danni della Rai: il canone
non è e non dovrebbe essere oggetto di trattativa e/o mediazione. Sul punto
leggiamo, sempre su La Stampa, il consigliere Giampaolo Rossi “Il canone spetta
per intero alla Rai e invece se lo tiene il governo». Vittorio Di Trapani per
il sindacato Usigrai tuona: «Prima si restituisce il maltolto, poi si parla di
pubblicità e di limiti antitrust. A meno che non si voglia far passare per
conquista una semplice restituzione di denaro tolto con una norma su cui pende
il giudizio di costituzionalità». Leggiamo
poi un comunicato dell’ADRAI dove si legge a proposito dell’Andreatta che “… è
stata “strappata” al Servizio Pubblico senza che quest’ultimo potesse
avere potere negoziale (come già successe a settembre scorso con un altro
dirigente passato a TIM con incarico di vertice). Non è più tollerabile la
sistematica destabilizzazione della RAI da parte del suo stesso Azionista…
“
Stupefacente: anzitutto lo strappo, nel merito e nel metodo. Se ricordiamo
bene, lo stesso Presidente ADRAI non molto tempo addietro, sempre settembre
2019, ebbe a dichiarare: “Pur di togliere di mezzo tutte queste idiozie e
attacchi ingiustificati, siamo pronti anche alla privatizzazione. Abbiamo le
capacità di stare sul mercato, basta che non ci vengano calate dall'alto leggi
che minano la nostra capacità competitiva”. Per quanto riguarda la non tollerabilità,
il problema è molto semplice: in che modo, con quale intensità e con quali
risultati durante questi due anni il vertice dell’Azienda si è fatto portatore
sano del contrasto alla destabilizzazione della Rai da parte del suo azionista
di maggioranza? Quando, quanto e quali i dirigenti che aderiscono all'ADRAI che si sono fatti muro contro tutte le nefandezze avvenute contro gli interessi dell'Azienda negli ultimi due anni???(vogliamo ricordare sempre il caso Gaffuri???) E in che modo, quanto e con quali risultati, l’ADRAI ha
sostenuto questo giusto impegno?
Infine, una nota urticante ma che non possiamo sottacere. Riportiamo
semplicemente un articolo del 2013 pubblicato sul Fatto Quotidiano con il
titolo “Rai, Fico (M5S): “I soldi per le fiction alle aziende dei figli di” https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/11/rai-m5s-soldi-per-fiction-alle-aziende-dei-figli-di/709057/.
E chi sono i “figli di…” ? Leggiamo un post di FB sempre di Roberto Fico, attuale
Presidente della Camera, pubblicato nel 2015: “I Raccomandati in Rai,
un’azienda fondata sull’albero genealogico. Ecco a voi una lunga lista di
dipendenti Rai legati da parentela o amicizia a qualche personaggio famoso. La
Rai - azienda pubblica radiotelevisiva italiana - è da sempre alla mercé della
politica, essendo spartita dai partiti e dai dipendenti stessi, i quali vi
hanno messo a lavorare coniugi, fratelli, sorelle, figli, nipoti e amici, in barba
a qualsiasi regola di selezione fondata sul merito. Interessato a scovare gli
innumerevoli raccomandati, ho trovato sul Blog di Beppe Grillo un bel listone
esauriente che riporta tutti i dipendenti Rai legati tramite parentela o
amicizia a qualche politico, personaggio influente o semplice dipendente”.
(https://www.facebook.com/roberto.fico.5/posts/i-raccomandati-in-rai-unazienda-fondata-sullalbero-genealogico-ecco-a-voi-una-lu/1069548789737653/.
(https://www.facebook.com/roberto.fico.5/posts/i-raccomandati-in-rai-unazienda-fondata-sullalbero-genealogico-ecco-a-voi-una-lu/1069548789737653/.
Ci sono circostanze in cui un dignitoso silenzio è meglio di
un fragoroso imbarazzo.
bloggorai@gmail.com
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