Urticaria e prurito. Se un tizio parcheggia la macchina in
divieto di sosta e poi paga la multa, non è che poi esce dall’Ufficio Postale e
sventola il bollettino sostenendo di essere un fervido sostenitore delle casse
dello Stato. Sei anzitutto uno che viola il Codice della strada e poi uno che
ne paga le conseguenze. Punto. Leggiamo stamattina sul Corriere, a firma Aldo
Grasso, “La «riforma Salini» e il principio di massima trasparenza in Rai”. La “riforma
Salini” ??? di quale riforma stiamo parlando? Quale grande innovazione,
cambiamento o metamorfosi si immagina? Nulla, semplicemente nulla: si tratta
solo ed unicamente dall’applicazione di quanto direttamente ed esplicitamente
previsto e indicato dalla Vigilanza Rai già da alcuni mesi (dell’argomento se
ne parla da anni). Semmai, il problema è che l’indirizzo della Vigilanza è
stato accolto in ritardo e in solo parte perché il tema è anche relativo alle
società di produzione esterna e non solo allo strapotere degli agenti. Sarebbe stato lo stesso Sanremo 2020 senza tre artisti della stessa scuderia di Presta (Amadeusu, Fiorello e Benigni)? Verrebbe
da fare i complimenti al genio della lampada della comunicazione di Viale
Mazzini per essere riuscito a spacciare acqua calda per pan bagnato. Da ricordare
sempre il vecchio principio di questo mestiere: chi di comunicazione ferisce, di
comunicazione perisce.
Veniamo a cose più serie e torniamo, ancora per poco, all’affare
Andreatta. Ieri (dannazione, sempre con filo di ritardo, però è buon segno: i neuroni collettivi funzionano)
ci è stata proposta una riflessione suggestiva e porta dritto nel cuore della
politica, o meglio, del PD. L’affare Andreatta “non sarebbe andato in porto
senza una benedizione governativa importante: il ministro Dario Franceschini !!!”. Non sarà mai lo stesso che potrebbe avere "stoppato" l'affare Salini a Netflix? Già, a questo punto andiamo
a ricercare sempre nei nostri ritagli di giornale e che ti viene fuori? Salta in
evidenza una recente sortita del fervido ministro datata aprile scorso dove
immagina “… la creazione di una
piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura
italiana a pagamento, una sorta di Netflix della cultura …”. Detto dal ministro
della cultura che assume Netflix come modello cui ispirarsi e non fa
riferimento a quanto invece dovrebbe e potrebbe fare la rai sullo stesso
argomento è tutto un programma !!! Tra le righe, dove ha tirato fuori un’idea
geniale del genere? Proprio in casa Rai, in un trasmissione di RaiTre !!! Una
cosa che somiglia un po’ a come vendere
corde in casa dell’impiccando. Rimane un dato ormai consolidato: Netflix è un
paradigma, un punto di riferimento accettato e condiviso, una pietra miliare
del sistema audiovisivo. I primi a sostenerlo abitano a Viale Mazzini: ho
ripescato un articolo dell’AGI del novembre 2018 https://www.agi.it/politica/rai_nomine_sfida_netflix_raiflix-4671741/news/2018-11-26/
e lo stesso presidente Foa, poco tempo prima aveva dichiarato “Sogno una Rai
che si avvicini a Netflix, una Raiflix” mentre Salini dichiarava “Sfida a
Netflix per conquistare i giovani” per arrivare poi, alla presentazione di Rai Play, quando Fiorello ha dichiarato “"Il nome è stato
sbagliato sin dall'inizio, RaiPlay sembra che facciamo rivedere le cose,
dovevamo chiamarlo Raiflix la vedevano tutti". Quindi, è necessario
mettersi l’anima in pace: Andreatta non è stata “strappata” dalla Rai ma il suo
passaggio è un semplice tassello di un strategia in corso di redistribuzione di poteri ed equilibri più vasta con la benedizione del Governo. Se in
più, si aggiunge un quasi raddoppio dello stipendio per l’interessata, il gioco
è fatto. Argomento che, peraltro, riaccende le speranze di gettare sul mercato
(privato) quel poco di pubblico che ancora dovrebbe caratterizzare la Rai. Ieri
ci hanno fatto notare “perché al momento
della nomina o assunzione di un nuovo dirigente non si fa sottoscrivere un “patto
di non concorrenza” di almeno 3 anni? Perché la Rai deve formare “sottocosto”
qualificate professionalità che poi passano all’altra sponda?”. Già …perché ?
E veniamo ora ad un tema complesso quanto di importanza strategica
che interessa direttamente anche la Rai: il tema delle rete. Questa mattina sul Messaggero
compare un’intervista a Elisabetta Ripa, AD di Open Fiber, con un titolo illuminante: “Il problema non è la
rete unica ma la banda larga in ogni casa”. «Avviare ora una fusione con Tim
bloccherebbe attività e investimenti… La rete unica? Forse risponderebbe ad
altre esigenze ma ora non aiuterebbe il Paese». L’argomento è importante ci
riporta a quanto abbiamo scritto ieri:
si pone in questo momento nel Paese una esigenza strategica prioritaria e consiste esattamente
nel garantire a tutti i cittadini un accesso alla rete a condizioni eque, efficienti e
sostenibili. Se questo debba o possa avvenire attraverso una fusione societaria
o una mera alchimia finanziaria si potrebbe anche considerare una variabile
subordinata. Intanto, e la drammatica esperienza del Coronavirus, lo ha evidenziato
in tutta la sua rilevanza, tutti hanno diritto di accedere almeno ad un soglia
sostenibile di banda, in grado di consentire quello svolgimento di attività
fondamentali come l’istruzione e il lavoro a distanza. Si tratta, per certi aspetti
come la Rai, di una infrastruttura pubblica di interesse nazionale dove la fibra
ottica assume il peso simile a quello delle autostrade (il riferimento non è
casuale). Il 5G è già presente e non può
attendere ritardi. La partita ora è tutta nelle “concettualizzazioni” che la
politica opera sul controllo della rete dove il ruolo di CdP è strategico. Intanto,
la riflessione di Ripa è importante: prima le rete per tutti, in tutte le aree,
comprese quelle cosiddette "a fallimento
di mercato” dove gli operatori hanno
poco interesse ad investire, poi la sostituzione del rame con la fibra e poi si
potrà parlare di rete unica e si vedrà la composizione societaria. Argomentazione
convincente. Tornando a Rai, ci torna una proposta di un nostro autorevole lettore:
“in attesa di una transizione al DVB-T2 che non è affatto chiara se e quando
si potrà completare, si potrebbe ipotizzare di garantire un dongle, esterno o interno
agli apparati televisivi, per accedere ad internet tramite WiFi, LTE, 5G con gratuità per il
download televisivo a qualità standard (che ora è l’HD) senza abbonamento ad
operatori particolari… questo consentirebbe
all’Azienda di veicolare i propri prodotti in modo efficiente e
concorrenziale rispetto ai suoi competitors”… già … i competitors? E chi sarebbero?
Netflix ??? Mediaset??? e chi li dovrebbe fronteggiare?
bloggorai@gmail.com
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