venerdì 26 giugno 2020

Le false verità


Urticaria e prurito. Se un tizio parcheggia la macchina in divieto di sosta e poi paga la multa, non è che poi esce dall’Ufficio Postale e sventola il bollettino sostenendo di essere un fervido sostenitore delle casse dello Stato. Sei anzitutto uno che viola il Codice della strada e poi uno che ne paga le conseguenze. Punto. Leggiamo stamattina sul Corriere, a firma Aldo Grasso, “La «riforma Salini» e il principio di massima trasparenza in Rai”. La “riforma Salini” ??? di quale riforma stiamo parlando? Quale grande innovazione, cambiamento o metamorfosi si immagina? Nulla, semplicemente nulla: si tratta solo ed unicamente dall’applicazione di quanto direttamente ed esplicitamente previsto e indicato dalla Vigilanza Rai già da alcuni mesi (dell’argomento se ne parla da anni). Semmai, il problema è che l’indirizzo della Vigilanza è stato accolto in ritardo e in solo parte perché il tema è anche relativo alle società di produzione esterna e non solo allo strapotere degli agenti. Sarebbe stato lo stesso Sanremo 2020 senza tre artisti della stessa scuderia di Presta (Amadeusu, Fiorello e Benigni)? Verrebbe da fare i complimenti al genio della lampada della comunicazione di Viale Mazzini per essere riuscito a spacciare acqua calda per pan bagnato. Da ricordare sempre il vecchio principio di questo mestiere: chi di comunicazione ferisce, di comunicazione perisce.

Veniamo a cose più serie e torniamo, ancora per poco, all’affare Andreatta. Ieri (dannazione, sempre con filo di ritardo, però  è buon segno: i neuroni collettivi funzionano) ci è stata proposta una riflessione suggestiva e porta dritto nel cuore della politica, o meglio, del PD. L’affare Andreatta “non sarebbe andato in porto senza una benedizione governativa importante: il ministro  Dario Franceschini !!!”. Non sarà mai lo stesso che potrebbe avere "stoppato" l'affare Salini a Netflix? Già, a questo punto andiamo a ricercare sempre nei nostri ritagli di giornale e che ti viene fuori? Salta in evidenza una recente sortita del fervido ministro datata aprile scorso dove immagina “… la creazione di una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana a pagamento, una sorta di Netflix della cultura …”. Detto dal ministro della cultura che assume Netflix come modello cui ispirarsi e non fa riferimento a quanto invece dovrebbe e potrebbe fare la rai sullo stesso argomento è tutto un programma !!! Tra le righe, dove ha tirato fuori un’idea geniale del genere? Proprio in casa Rai, in un trasmissione di RaiTre !!! Una cosa che somiglia un po’ a come  vendere corde in casa dell’impiccando. Rimane un dato ormai consolidato: Netflix è un paradigma, un punto di riferimento accettato e condiviso, una pietra miliare del sistema audiovisivo. I primi a sostenerlo abitano a Viale Mazzini: ho ripescato un articolo dell’AGI del novembre 2018   https://www.agi.it/politica/rai_nomine_sfida_netflix_raiflix-4671741/news/2018-11-26/ e lo stesso presidente Foa, poco tempo prima aveva dichiarato “Sogno una Rai che si avvicini a Netflix, una Raiflix” mentre Salini dichiarava “Sfida a Netflix per conquistare i giovani” per arrivare poi,  alla presentazione di Rai Play, quando  Fiorello ha dichiarato “"Il nome è stato sbagliato sin dall'inizio, RaiPlay sembra che facciamo rivedere le cose, dovevamo chiamarlo Raiflix la vedevano tutti". Quindi, è necessario mettersi l’anima in pace: Andreatta non è stata “strappata” dalla Rai ma il suo passaggio è un semplice tassello di un strategia  in corso di redistribuzione di poteri ed equilibri  più vasta con la benedizione del Governo. Se in più, si aggiunge un quasi raddoppio dello stipendio per l’interessata, il gioco è fatto. Argomento che, peraltro, riaccende le speranze di gettare sul mercato (privato) quel poco di pubblico che ancora dovrebbe caratterizzare la Rai. Ieri ci hanno  fatto notare “perché al momento della nomina o assunzione di un nuovo dirigente non si fa sottoscrivere un “patto di non concorrenza” di almeno 3 anni? Perché la Rai deve formare “sottocosto” qualificate professionalità che poi passano all’altra sponda?”.  Già …perché ?


E veniamo ora ad un tema complesso quanto di importanza strategica che interessa direttamente anche la Rai: il tema delle rete. Questa mattina sul Messaggero compare un’intervista a Elisabetta Ripa, AD di Open Fiber, con  un titolo illuminante: “Il problema non è la rete unica ma la banda larga in ogni casa”. «Avviare ora una fusione con Tim bloccherebbe attività e investimenti… La rete unica? Forse risponderebbe ad altre esigenze ma ora non aiuterebbe il Paese». L’argomento è importante ci riporta  a quanto abbiamo scritto ieri: si pone in questo momento nel Paese una esigenza  strategica prioritaria e consiste esattamente nel garantire a tutti i cittadini un accesso alla rete a condizioni eque, efficienti  e sostenibili. Se questo debba o possa avvenire attraverso una fusione societaria o una mera alchimia finanziaria si potrebbe anche considerare una variabile subordinata. Intanto, e la drammatica esperienza del Coronavirus, lo ha evidenziato in tutta la sua rilevanza, tutti hanno diritto di accedere almeno ad un soglia sostenibile di banda, in grado di consentire quello svolgimento di attività fondamentali come l’istruzione e il lavoro a distanza. Si tratta, per certi aspetti come la Rai, di una infrastruttura pubblica di interesse nazionale dove la fibra ottica assume il peso simile a quello delle autostrade (il riferimento non è casuale). Il  5G è già presente e non può attendere ritardi. La partita ora è tutta nelle “concettualizzazioni” che la politica opera sul controllo della rete dove il ruolo di CdP è strategico. Intanto, la riflessione di Ripa è importante: prima le rete per tutti, in tutte le aree, comprese quelle cosiddette  "a fallimento di mercato”  dove gli operatori hanno poco interesse ad investire, poi la sostituzione del rame con la fibra e poi si potrà parlare di rete unica e si vedrà la composizione societaria. Argomentazione convincente. Tornando a Rai, ci torna una proposta di un nostro autorevole lettore: “in attesa di una transizione al DVB-T2 che non è affatto chiara se e quando si potrà  completare,  si potrebbe ipotizzare  di garantire un dongle, esterno o interno agli apparati televisivi, per accedere ad internet tramite WiFi, LTE, 5G con gratuità per il download televisivo a qualità standard (che ora è l’HD) senza abbonamento ad operatori particolari… questo consentirebbe  all’Azienda di veicolare i propri prodotti in modo efficiente e concorrenziale rispetto ai suoi competitors”… già … i competitors? E chi sarebbero? Netflix ??? Mediaset??? e chi li dovrebbe fronteggiare? 

bloggorai@gmail.com



Nessun commento:

Posta un commento