sabato 20 giugno 2020

Il Sabato del Villaggio

Il sabato del villaggio. Questa mattina iniziamo con osservazioni di un nostro attento lettore. Ieri abbiamo scritto di “non luogo” e il riferimento alla Rai, non al Servizio Pubblico, era diretto a sostenere che “questa” Rai, questa Azienda incaricata di svolgere una “missione” di Servizio Pubblico comincia a da visibili e tangibili segni di sofferenza. Si tratta di sofferenza di identità (cosa è oggi ma anzitutto cosa dovrà essere domani), di credibilità (la percezione che si avverte nel Paese), di autorevolezza (non è più al centro della “narrazione” sociale, politica e culturale del Paese) di unicità e specificità. E’ divenuto un “operatore Tlc” al pari degli altri per quanto compete sul mercato della pubblicità mentre “dialoga” con la politica dalla quale ne deriva tutta la sua fragilità esistenziale. Ha ragione il nostro lettore: Augè si riferiva a “non luoghi” come gli aeroporti, le autostrade, i centri commerciali, i parcheggi cioè luoghi privi o deboli di propria identità sociale. Si potrà dibattere se e quanto è rilevante l’identità sociale e culturale della Rai ma si potrà, e forse si dovrà, dibattere quale sia la sua missione incerta, confusa e disordinata soprattutto se proiettata al prossimo futuro. I processi, come dicono gli avvocati, “si subiscono o si gestiscono”. Vedi pure quanto avviene negli altri Servizi Pubblici in Europa (BBC in particolare). Inoltre, lo stesso lettore, ci propone una ulteriore divagazione che ha molto il sapore storia: cosa sarebbe stata la Rai se invece che trasferirsi a Roma fosse rimasta a Torino dove è nata? Bella domanda, agli storici l’ardua risposta.

Un altro nostro lettore, dopo aver letto approfonditamente la rassegna stampa di oggi, ci suggerisce una domanda che in verità ci frullava per la testa da questa mattina quando abbiamo sentito dal Gr che oggi agli Stati Generali dovrebbe avvenire un confronto con le società partecipate dalla Stato e ci siamo chiesti: la Rai è stata invitata? La domanda del lettore è esattamente “Nella ricerca di una via italiana al digitale, noi (Rai) dove siamo?”. Si riferiva ad articoli comparsi oggi sul Sole e Repubblica. Domanda complessa ma una bozza di risposta noi l’abbiamo già data: negli investimenti in innovazione tecnologia, nel futuro della rete, nelle diverse piattaforme di distribuzione del prodotto editoriale siamo arretrati e senza progetto, senza visione oppure, nel migliore dei casi, se  pure qualcuno ha una visione non ha poi i soldi per sostenerla. Tutto qui. Semplice.

Sarebbe d’obbligo citare stralci dell’intervista di Celli oggi sul Fatto Quotidiano. No comment. Per quanto ci riguarda, a lui, a quel periodo storico ed al contesto politico che lo ha caratterizzato, facciamo risalire colpe e peccati di buona parte di quanto di negativo è avvenuto in Rai da allora in poi. L’ideologo, l’artefice, il pioniere delle “esternalizzazioni” è stato  proprio lui. Amen.

Infine, ieri seconda riunione del Cda: nominati i direttori del canale inglese (Ferragni) e Istituzionale (Mazza) con i voto contrario di Borioni e Laganà uscito dalla stanza. In alto mare i palinsesti.  

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