Il sabato del villaggio. Questa mattina iniziamo con
osservazioni di un nostro attento lettore. Ieri abbiamo scritto di “non luogo”
e il riferimento alla Rai, non al Servizio Pubblico, era diretto a sostenere
che “questa” Rai, questa Azienda incaricata di svolgere una “missione” di
Servizio Pubblico comincia a da visibili e tangibili segni di sofferenza. Si tratta
di sofferenza di identità (cosa è oggi ma anzitutto cosa dovrà essere domani),
di credibilità (la percezione che si avverte nel Paese), di autorevolezza (non
è più al centro della “narrazione” sociale, politica e culturale del Paese) di
unicità e specificità. E’ divenuto un “operatore Tlc” al pari degli altri per
quanto compete sul mercato della pubblicità mentre “dialoga” con la politica
dalla quale ne deriva tutta la sua fragilità esistenziale. Ha ragione il nostro
lettore: Augè si riferiva a “non luoghi” come gli aeroporti, le autostrade, i
centri commerciali, i parcheggi cioè luoghi privi o deboli di propria identità
sociale. Si potrà dibattere se e quanto è rilevante l’identità sociale e
culturale della Rai ma si potrà, e forse si dovrà, dibattere quale sia la sua
missione incerta, confusa e disordinata soprattutto se proiettata al prossimo futuro.
I processi, come dicono gli avvocati, “si subiscono o si gestiscono”. Vedi pure
quanto avviene negli altri Servizi Pubblici in Europa (BBC in particolare).
Inoltre, lo stesso lettore, ci propone una ulteriore divagazione che ha molto
il sapore storia: cosa sarebbe stata la Rai se invece che trasferirsi a Roma fosse
rimasta a Torino dove è nata? Bella domanda, agli storici l’ardua risposta.
Un altro nostro lettore, dopo aver letto approfonditamente
la rassegna stampa di oggi, ci suggerisce una domanda che in verità ci frullava
per la testa da questa mattina quando abbiamo sentito dal Gr che oggi agli
Stati Generali dovrebbe avvenire un confronto con le società partecipate dalla
Stato e ci siamo chiesti: la Rai è stata invitata? La domanda del lettore è
esattamente “Nella ricerca di una via italiana al digitale, noi (Rai) dove
siamo?”. Si riferiva ad articoli comparsi oggi sul Sole e Repubblica. Domanda complessa
ma una bozza di risposta noi l’abbiamo già data: negli investimenti in
innovazione tecnologia, nel futuro della rete, nelle diverse piattaforme di
distribuzione del prodotto editoriale siamo arretrati e senza progetto, senza
visione oppure, nel migliore dei casi, se
pure qualcuno ha una visione non ha poi i soldi per sostenerla. Tutto qui.
Semplice.
Sarebbe d’obbligo citare stralci dell’intervista di
Celli oggi sul Fatto Quotidiano. No comment. Per quanto ci riguarda, a lui, a
quel periodo storico ed al contesto politico che lo ha caratterizzato, facciamo
risalire colpe e peccati di buona parte di quanto di negativo è avvenuto in Rai
da allora in poi. L’ideologo, l’artefice, il pioniere delle “esternalizzazioni”
è stato proprio lui. Amen.
Infine, ieri seconda riunione del Cda: nominati i direttori
del canale inglese (Ferragni) e Istituzionale (Mazza) con i voto contrario di
Borioni e Laganà uscito dalla stanza. In alto mare i palinsesti.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento