Questa mattina mettetevi comodissimi, tanto non c'è altro da leggere.
Su questo blog, da epoca non sospetta, è stato sollevato più
volte il tema di Rai Way e del cosiddetto “polo delle torri di trasmissione" che,
periodicamente, torna a galla. Abbiamo scritto, da anni, che le torri in ferro “di
alta quota” sono destinate all’estinzione come i dinosauri e che ogni giorno
che passa potrebbero perdere valore e interesse strategico.
Quando si affronta
questo argomento, curiosamente, riaffiorano antichi dilemmi ed emergono nuove
preoccupazioni. Per il passato, ricordiamo sempre i dubbi di costituzionalità (da
rileggere sempre come la Bibbia i pareri di Ainis, Pace e Cheli) tuttora irrisolti che hanno portato alla
vendita di un pezzo della “gioielleria di famiglia” posseduta da Viale Mazzini (circa il 35% nel
2014 ad opera del Governo Renzi). Per il presente, e per il prossimo futuro, si
torna a parlare di polo delle torri
“…sicchè gir ne conviene all’altrui
posta…”.
Nei giorni scorsi è stata Sara
Bennewitz sulle colonne di Repubblica a riaccendere la miccia con un fiammifero
molto pericoloso e questa mattina ci torna ancora su Repubblica AF con il
titolo “La Cdp a capotavola nella partita delle reti - Autostrade, Sia-Nexi,
Tim-Open Fiber, Raiway-Ei Towers: tutte le concentrazioni allo studio vedono
protagonisti il ministero dell'Economia e la Cassa depositi e prestiti. Che può
diventare il socio di riferimento delle grandi infrastrutture. Come
consolidare: le grandi infrastrutture sotto un unico cappello … dorsali
strategiche, le reti che trasportano le telecomunicazioni, i pagamenti
elettronici, gli aeroporti e le autostrade … un'Italia sempre più in ginocchio
per il virus, con infrastrutture inadeguate rispetto al resto d'Europa”.
Veniamo a Rai Way. Nei giorni scorsi è riemerso il tema del
buco di bilanci che Rai potrebbe soffrire anche in conseguenza delle perdite
previste su fronte pubblicità. Aggiungiamo noi: anche per le minacce mai tanto
velate e mai sopite pure sul tema del
canone. Non ci sono soldi e ce ne potrebbero essere sempre meno. Potrebbero non
esserci soldi per la gestione, figuriamoci per il futuro, per gli investimenti.
Ecco allora che da più parti emergono idee e progetti su come risparmiare: nei
giorni scorsi Laganà ha proposto di utilizzare una clausola di revisione dei
contratti artistici da applicare in modo non lineare ma mirato a quei grandi
compensi che certamente non soffrirebbero più di tanto per una eventuale riduzione
del 10%.
Contemporaneamente, come abbiamo scritto nei giorni scorsi,
è riemersa, appunto, la nota questione “polo delle torri”. Prima di riferirvi,
sommariamente, quanto siamo riusciti a interpretare è bene fissare alcuni
paletti.
La Concessione tra lo Stato e la Rai e il Contratto di
Servizio che ne deriva prevedono esplicitamente che a Rai compete (art. 1, 3,a)
“… l'attività di produzione e diffusione su tutte le piattaforme distributive
di contenuti audiovisivi e multimediali” …a) l'installazione e l'esercizio
tecnico degli impianti destinati alla diffusione di programmi sonori e televisivi
e i connessi collegamenti di tipo fisso necessari per la produzione e la
distribuzione”. Il Contratto di Servizio all’art. 15 prevede che: “La Rai è
tenuta a operare, anche
tramite la propria partecipata Rai Way… ad assicurare un uso ottimale delle
risorse frequenziali messe a disposizione dallo Stato … con l'adozione di ogni
perfezionamento consentito dal progresso tecnologico”. In questo testo compare
una parola fastidiosa: “anche”
che sta a dire esattamente “non solo” cioè che per lo svolgimento del compito
che a Rai è stato assegnato ci si potrebbe avvalere “anche” di altre Società.
Speriamo, su questo, non ci siano dubbi. Traduciamo in soldoni: la capacità
trasmissiva di cui Rai ha bisogno per esercitare i suoi obblighi non è detto necessariamente
che debba essere fornita da Rai Way, soprattutto se i suoi costi potrebbero
risultare superiori a quelli di mercato o comunque non adeguati alle sue necessità
operative e di prospettiva industriale. Basterebbe fare una prova e cercare sul
mercato quanto costa lo stesso prodotto fornito da altri operatori del settore
( non mancano e sembrano più efficienti). Già, ma ci obiettano autorevoli fonti
interne, Rai Way è un “asset strategico di Rai, al pari dei prodotti
editoriali”. Cioè, abbiamo inteso noi, “potrebbe anche esser conveniente ma
potrebbe non essere opportuno”.
Bene, veniamo ai problemi di opportunità e anche in questo
caso, fissiamo alcuni punti fermi granitici e prendiamo i bilanci depositati
dal 2014, anno della sua quotazione. Come noto, Rai paga un “canone” a Rai Way
di oltre 180 milioni l’anno e questo rappresenta la fonte principale sul quale
si forma il “profitto” della quotata. Allora succede che (vedi solitamente a
pag. 21 della Relazione annuale) che i
ricavi provenienti da Rai sono cresciuti da 172,3 mln del 2014 a 188,2 mln del
2019 a fronte di ricavi provenienti da terzi che, nello stesso periodo, scendono
da 35,1 mln del 2014 a 33,2 mln del 2019 (leggiamo nella nota: “i ricavi da
terzi sono pari a Euro 33,2 milioni in aumento di Euro 0,1 milioni rispetto al
periodo precedente (+0,4%)”. Cioè hanno guadagnato sul mercato 100 mila Euro. In
altre parole, Rai Way non trae profitti rilevanti o significativi dal mercato
dove dovrebbe operare ma semplicemente dalla quota canone Rai. Argomento sul quale
anche Consob, forse se abbiamo inteso bene, potrebbe avere qualche osservazione
da rilevare (vedi Regolamenti Mercati Consob art. 16,b come pure Regole Borsa art .2.2.2).
Nel frattempo (sempre da documenti ufficiali presenti sul sito di
Rai Way: http://www.raiway.it/web/guest/remunerazione)
si legge che gli amministratori aumentano il loro compenso lordo tra parte
fissa e variabile in modo significativo: l’AD passa da circa 459 mila Euro del
2017 a circa 491 mila Euro del 2018 e, in proporzione, crescono anche i
compensi per gli altri dirigenti strategici tutti oltre “soglia “ dei 240 euro
previsti per gli amministratori pubblici (ergo di quelli della controllante
Rai).
Se volete, si tratta di note a margine perché il vero problema consiste
in altre semplici domande, cioè semplici
e fondamentali interrogativi che abbiamo posto a numerosi nostri lettori
aziendali, istituzionali ed esperti “neutri” alcuni dei quali di elevata competenza
e spessore professionale sia dal punto di vista tecnologico sia dal punto di
vista finanziario:
1) Rai Way è ancora un asset strategico per Rai? Ha un
valore? Quanto e per quanto tempo ancora? Di conseguenza, è necessario o opportuno
cedere anche la quota residua e fare “cassa” per tappare i buchi Rai
esattamente come avvenuto nel 2014?
2) Quali convenienze potrebbe avere Rai Spa per sostenere o
ostacolare il processo di aggregazione delle torri di trasmissione?
3) I piani di riferimento sono tre: finanziario, tecnologico
e politico. Quale dei tre deve prevalere? Dove si riscontra il maggiore
interesse pubblico e dove invece quello privato?
Di tutto questo non vi era e non vi è traccia nel moribondo
Piano Industriale ma non c’è dubbio che si tratta di interrogativi strategici
per il futuro della Rai che, forse, non potrebbero più essere coincidenti con
quelli di un Servizio Pubblico radiotelevisivo nazionale. Ma questo è un altro
tema… ne riparleremo come pure vi riporteremo le sintesi di quanto stiamo
riscontrando su Rai Way.
bloggorai@gmail.com
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