"Cesare, guardati da Bruto; sta' attento a Cassio; non avvicinarti a Casca; tieni d'occhio Cinna; non fidarti di Trebonio; fa' attenzione a Metello Cimbro; Decio Bruto non ti ama; hai fatto torto a Caio Ligario. Questi uomini han soltanto un proposito ed è diretto contro Cesare".
W. Shakespeare, Giulio Cesare, A. II, S. III
Tramano e trattano, ordiscono e complottano, sottotraccia. Intendiamoci bene: Giampaolo Rossi non è e non sarà mai nemmeno lontanamente paragonabile a Cesare e, allo stesso modo, intorno a lui non si vede nessun Bruto e tantomeno c’è Ottaviano o Marco Antonio. Però, il clima della congiura rimane lo stesso, dentro e fuori il Palazzo Rai, seppure ormai svuotato ed ombra di se stesso. E, a dirla tutta, la congiura si estende oltre i giardini di Viale Mazzini per arrivare fino in Parlamento. La battaglia di Azio è lontana e ancora non è noto chi saranno i contendenti.
Con ordine: per il prossimo giovedì 27 si stava palesando una sventagliata di nomine in Cda, alcune delle quali in sospeso da tempo. Rossi voleva chiudere la partita presto per non rimanere con il cerino in mano e essere costretto a gestire solo la paralisi dell’Azienda ma non ha fatto bene i conti con i congiurati, anzitutto suoi amici.
Per rimanere nel paragone: Cesare ha proseguito il suo percorso nonostante l’avviso di Casca e Rossi, prudente o forse meglio ancora “avvisato”, ha fatto un passo indietro. Non ci interessa il “risiko delle nomine” e sulle persone che vi partecipano ma poniamo attenzione sui “segni” e sui “significati”.
L’AD in Rai non sembra godere di un buon clima. Il “filosofo di Colle Oppio” sa bene di avere il fiato sul collo anzitutto dei suoi “alleati” di Governo: la Lega con Marano e Sergio vicino ad un’area centrista simile a FI (a suo tempo si è letto di lui di aver ricevuto un endorsement sempre della Lega). I due non mollano la presa, anzi: sanno bene di avere loro le carte in mano. Marano, in qualità di Presidente, sia pure pro tempore, ha in mano il pallino del Cda e Sergio, dicono, non ha ancora digerito del tutto il suo ruolo da scalda posto a Rossi che gli ha succeduto come AD e qualcuno sostiene che potrebbe essere pure una carta da giocarsi per la presidenza qualora la Agnes uscisse dal gioco.
Rossi poi sa pure bene di avere un “clima” aziendale in fermento
per tanti buoni motivi: dal rinnovo del Contratto dei dipendenti alla riorganizzazione
reti/generi, dal Piano industriale che non fa un passo avanti, da RaiWay all’emergenza
trasferimento di Viale Mazzini e così via. Il 9 novembre scorso Il Foglio titolava
“Marano e Sergio i veri ad Rai” e
non andava lontano dal vero. L’uno e l’altro, oltre che essere considerati “vecchi
volponi” hanno un merito difficile da sottrarre: conoscono benissimo l’Azienda
molto di più di quanto Rossi non ha la più pallida idea. Il suo capo Staff è un
certo Davide Di Gregorio, un nome che a molti non dice nulla ma dentro il Palazzo
dice moltissimo. Non a caso poi Rossi vorrebbe come super direttore dei generi Stefano
Coletta che seppure "pare dicono forse" appartenere all’area “dem” (!!! cioè???)
gli garantirebbe una sorta di “copertura” sul prodotto tv.
Allora, il “segno”
di questo rinvio del Cda è semplice e duplice: per un verso l’AD sa bene che le
scelte che vorrebbe proporre si possono infrangere sugli scogli dei
delicatissimi equilibri interni e, per altro verso, sa altrettanto bene che fare
i conti senza gli “osti” esterni al palazzo, ovvero i partiti, non è possibile. E
sa ancora meglio che fintanto che la partita presidenza Rai non si sblocca (e
non si sblocca, almeno per ora) si rimane nel guado, nella palude. Non passa
giorno, ora o minuto senza leggere le lotte intestine, le faide, gli scontri,
le trame e i complotti non solo all’interno della maggioranza di Governo ma anche
nelle file dell’opposizione. Shakespeare avrebbe materiale per scrivere un’enciclopedia
dei complotti e tradimenti.
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