Approfittiamo della rete stabile e del caldo che ancora non si fa sentire e completiamo il primo giorno africano con piccole, brevi e sommarie note di viaggio. Ieri pomeriggio ci siamo incamminati verso il mare, l’Oceano laddove avevamo prima visto un “parcheggio” a secco di piroghe da pesca coloratissime. Mentre il sole calava si era levato un venticello fresco, una brezza tonificante. Raggiungiamo la spiaggia: animatissima. Erano da poco sbarcati i pescatori con il loro carico di pesce. Accanto, sulle bancarelle, si cuoceva e si mangiava. Un infinito numero di piroghe, tanta gente intorno, e odore di mare, di pesce, di fuoco.
Basta, la giornata poteva anche essere sufficiente e,
sulla strada del ritorno a casa, ne approfitto per un paio di considerazioni. Le
persone: sono tutti molto belli, nella media più le donne degli uomini. Lo sguardo
colpisce: indifferente allo straniero, non ostile ma solo e semplicemente
indifferente. Se poi invece vieni introdotto dal nostro accompagnatore, che parla
perfettamente francese e alquanto bene il Wolof, lingua locale, allora tutto
cambia e ci si scambiano calorose strette di mano accompagnato da un sincero e
accogliente sorriso.
Altro argomento che ci colpisce (e ci rimanda alle cose di
casa nostra) è il rapporto tra pubblico e privato: solo apparentemente sembra
che tra i due termini non ci siano confini. Tutto sembra pubblico e tutto
sembra privato allo stesso tempo. Ad esempio lo spazio: ognuno sembra poter
occupare quello che ritiene utile e necessario, in particolare per esercitare
il commercio che, come noto, è il motore della civiltà. Non avverte luogo,
spazio pubblico che non si possa occupare più o meno arbitrariamente, senza
regolamentazione, per commerciare, vendere o comprare o esercitare una attività
artigianale. Forse, dietro una formale apparenza, potrebbe non essere così ma
questa è la percezione e di queste vi raccontiamo. Le strade sono costellate di
venditori e di botteghe dove si costruisce e, soprattutto si ripara. Colpiscono
i meccanici: non ci sono tracce di “officina” tutto è in terra e non è
pensabile che possa essere solo disordine casuale. Tutto deve avere pure una
sua logica e un senso. La stessa impressione vale per i falegnami e per i
sarti: la “bottega” spesso semplicemente non c’è. Ma una su tutte ci ha
colpito: una dove si preparavano “giri giri” cioè potentissimi amuleti in grado
di fare miracoli. Quattro persone in un paio dimetri che tagliavano, arrotolavano,
cucivano e lisciavano legno, corde, osso e metallo. Ne ho chiesto uno anche se
in verità ne sarebbero necessari anche di più, ma l’argomento era troppo delicato
per essere trattato in quel modo, in quel momento e in quelle circostanze. Sono
bianco e pur sempre straniero e pure di passaggio: “à bientôt” … un cenno con
gli occhi del più anziano tra loro. Si magari, a presto. Ne abbiamo bisogno
tuti di “giri giri”.
Dall’Italia giunge poco: sappiamo solo che la Vigilanza Rai
è ancora impantanata ma sappiamo ancora che non è assolutamente chiaro per
colpa di chi. Chi ostacola, chi si oppone chi rinvia? Non è affatto scontato
che la colpa, la responsabilità sia solo del Governo. Son leciti i dubbi che riguardano
pure le relazioni le tensioni, all’interno dell’opposizione. La distanza non ci
consente di vedere persone, telefonare e approfondire. Rimane il fatto che in questo
momento è la parte più grave che incombe sul presente sul futuro della Rai. Ovviamente,
anche dalla lontana Africa, emergono con chiarezza assonanze concettuali,
similitudini e metafore su temi della comunicazione, dell’informazione e del “Servizi
Pubblico” ... quale che esso sia. È nella sua natura primordiale, concettuale che
ancora è necessario lavorare. Come sul suolo africano: occupare uno spazio
pubblico e renderlo privato, poi, semmai, un giorno, forse, qualcuno si
occuperà di regolamentare ma allora potrebbe essere già troppo tardi.
Il sole si sta alzando, comincia a fare caldo, molto caldo.
bloggorai@gmail.com
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