martedì 14 marzo 2023

I giornalisti Rai potrebbero essere come quelli della BBC?

Foto di mohamed_hassan da Pixabay

Il rumore arriva ottuso e stemperato dalla sabbia del deserto ma arriva. Ci hanno parlato del caso Lineker e la BBC: oggi ne scrive Duilio Giammaria su Domani e riassume bene la vicenda. Proviamo a fare un volo pindarico e immaginario. Proviamo ad immaginare che uno qualsiasi dei quasi 2000 giornalisti Rai, un Vespa esterno o una Maggioni interna, o uno dei quasi 200 di Rai News24, volesse fare un’intervista a Carlo Fuortes, Amministratore Delegato Rai, magari cogliendo l’occasione del giro di boa a quasi metà mandato. 

Il tema: il bilancio della sua esperienza e il futuro dell’Azienda. Provate ad immaginare che la prima domanda si riferisce al “suo” piano industriale, ovvero quello ricevuto in eredità pari pari dal suo predecessore Salini. La domanda potrebbe essere: quale è stato il suo contributo originale nella stesura di questo Piano? Domanda complementare: ritiene che la cosiddetta “riforma per generi” (idea vecchia di oltre 20 anni) abbia portato risultati positivi e, nel caso, quali? Cominciamo ad immaginare un filo di imbarazzo, sottile sottile, quanto basta. Domanda successiva: la sua teoria del “pareggio di bilancio” ritiene sia adeguata e sufficiente a garantire all’Azienda un futuro che richiede risorse crescenti per rimanere sul mercato? E, a proposito di risorse, indipendentemente da quanto il Governo potrà o dovrà fare per risolvere il problema della riscossione del canone, quale è la sua personale opinione? Siamo sempre nel campo dell’immaginazione: lo sguardo si fa torvo e si incupisce. La risposta vaga nel bon ton della cortesia istituzionale: io sono qui per gestire e non per decidere… ci sono i partiti etc etc… ok, va bene… ci rendiamo conto … ma, ci dica, come si può sostenere che nel recente piano di produzione approvato lo scorso 3 marzo è previsto che si possa appaltare il 50% all’esterno tagliando fuori tutte le professionalità interne con un indubbio aumento dei costi? A questo punto, immaginiamo sempre, che il microfono possa caracollare e la penna del povero giornalista incespicarsi tra le dita. Rimane in sospeso la domanda del giorno: ritiene che dopo il suo recente incontro con la Meloni la Rai sia stata di fatto “commissariata”?  

Basta, è troppo, non è cosa e pure la fantasia ha i suoi limiti. Oltre non è possibile andare e supporre, indipendentemente da chi regge il microfono e dalle domande che possono essere fatte. Non è questo il momento storico. Del resto, ci dicono i tamburi lontani, a Palazzo Chigi ancora non si è palesato il “Funiciello della situazione” e che il “metodo Meloni” ancora non sia stato messo a punto. Almeno prima c’era Draghi con la sua fantomatica agenda che ora tutti hanno dimenticato ma almeno c’era. Ora, ci dicono, sia il turno di un certo Gaetano Caputi (capo di gabinetto) che, a differenza del precedente, sembra non sia molto pratico dell’ambiente e in questa chiave alcuni spiegano lo stato confusionale in cui versa il governo sulla partita delle nomine.

Qui, nella lontana Africa, giungono segnali di fumo. Rarefatti ma giungono e almeno per ora ci dicono e confermano quanto sappiamo, cioè che il personaggio di cui sopra resterà a lungo. Pronti a pagare pegno se ci siamo sbagliati, ma ogni giorno le notizie si fanno sempre più complicate per il suo futuro: anche la Scala ha chiuso le porte e Meyer resterà ancora al suo posto. Poste Italiane? Ma si perché no, una minchiata vale l’altra. Ma il vero problema non è se lui se ne va o meno ma chi viene o rimane e, su questo fronte, a quanto sembra, nonostante il ”wishfull thinking” di alcuni interni, i giochi sono ancora impaludati: c’è tensione tra due contendenti e i loro “referenti” Lega e FdI.

Infine e alfine: è stata convocata la Vigilanza Rai per il prossimo 21 marzo con i suoi 42 (si, due in più rispetto a prima. Nessuno ha battuto ciglio su questo aspetto e nessuno ha posto il dubbio se sia stata un’anomalia legislativa (una legge si modifica solo con un’altra legge) come pure nessuno ne ha lamentato il ritardo ingiustificato. Ora il tema è la Presidenza di cui ancora “si dice che…” possa andare al M5S. Poi, chissenefrega se una parlamentare della Commissione sia stata “… di recente condannata in via definitiva dalla Cassazione a un anno e sei mesi…” come scrive il Corriere. Sciocchezze, gossip, bassa cucina della politica. Ora, però, dalla prossima settimana “torneremo a rivedere le stelle” e allora sì che ci divertiremo.

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